I direttori artistici delle case discografiche? Gente dissoluta e oziosa, "che si alza tardi, ascolta un sacco di musica, passa il tempo nei club e con gli artisti e pretende di sapere che cosa venderà e cosa no". L'amministratore delegato della EMI Guy Hands ha sbottato un'altra volta contro l'andazzo corrente dell'industria discografica, in quello che è sembrato un attacco esplicito e diretto ai 260 A&R stipendiati dalla sua società. La soluzione proposta dal finanziere inglese rischia di essere molto impopolare: trasferire il potere decisionale ai "suits", gli uomini in giacca e cravatta più avvezzi a setacciare bilanci che a drizzare le orecchie alla ricerca della "next big thing", il nuovo talento capace di stravolgere le classifiche e di lasciare il segno nell'immaginario collettivo. "E' quello che faremo", ha promesso Hands (ma non aveva appena detto che l'A&R è il cuore di una casa discografica?). "Trasferire il potere dai direttori artistici a quelli che devono escogitare il modo di vendere la musica". Alcune etichette del gruppo EMI, sostiene il nuovo boss, hanno speso in marketing più di quanto abbiano fatturato. "A quel punto, gli ho detto, tanto valeva mettere una banconota da 50 sterline in ogni cd". <br> Le sue parole, inutile dirlo, non hanno mancato di provocare vivaci reazioni. "E' un'idea totalmente e profondamente ridicola", ha commentato Jazz Summers, manager di Verve e Badly Drawn Boy. "La vera essenza di una casa discografica, il motivo della sua riuscita, è avere un buon reparto A&R. Se Hands vuole avere successo con la EMI ha bisogno di un esercito di talent scout e deve sbarazzarsi dei burocrati...Non ha imparato nulla, anzi sta andando all'indietro".