Prima di inguaiarsi in un giro di squillo d’alto bordo che l’ha costretto a rassegnare in fretta e furia le dimissioni (vedi News), il temuto governatore di New York Eliot Spitzer aveva avuto il merito di ricordarci che le “payola”, i passaggi radiofonici di canzoni barattati con mazzette di denaro, regali e favori sottobanco, non erano un vetusto retaggio del ventesimo secolo. Le major che tuttora controllano il mercato discografico, Sony BMG, Warner e Universal, hanno dovuto recitare pubblicamente il mea culpa e pagare multe salate nell’ordine di decine di milioni di dollari perché, negli Stati Uniti, la promozione occulta di un prodotto viene punita penalmente. <br> In Italia vicende del genere non sono mai finite in tribunale e raramente anche sulle pagine dei giornali, ma pensare che il do ut des che in inglese si traduce come <i>pay for play</i> non appartenga al costume nazionale sarebbe come credere alla regolarità di certi concorsi pubblici o delle ultime elezioni in Russia. Altra cosa, però, è imbattersi nelle prove, nero su bianco, di quello che si è sempre saputo: nel caso specifico, uno scambio di e-mail tra un ineffabile funzionario radiofonico e un esterrefatto discografico di cui Rockol è venuto in possesso per gentile concessione del destinatario. Ne riparliamo lunedì, chi è interessato resti sintonizzato…