Clamoroso ripensamento del governo inglese, che finora non aveva manifestato alcuna intenzione di modificare la durata dei copyright sulle registrazioni fonografiche (50 anni). Il segretario per la Cultura del gabinetto di Gordon Brown, Andy Burnham, è intervenuto nei giorni scorsi nel dibattito sostenendo che i termini di protezione debbano essere estesi a 70 anni: meno di quanto propongono altri suoi colleghi europei, ma comunque un “salvagente” importante lanciato in direzione degli artisti e delle case discografiche i cui master stanno per diventare di pubblico domino (tra cinque/sei anni toccherebbe alle prime incisioni di Beatles e Rolling Stones). <br> L’annuncio a sorpresa effettuato da Burnham ha ovviamente suscitato il plauso dell’industria discografica britannica. “Il copyright”, ha subito replicato l’ad dell’associazione di categoria BPI Geoff Taylor, “è la linfa vitale della nostra economia creativa, stimola gli investimenti nel talento musicale e incoraggia l’innovazione. Un termine di protezione più equo andrà a beneficio di migliaia di artisti, centinaia di case discografiche e tutti i fan inglesi della musica”. Di diverso avviso altri osservatori e addetti ai lavori, che pronosticano vantaggi solo per gli artisti più famosi, maggiore rigidità sui prezzi dei cataloghi discografici e in definitiva meno possibilità di scelta per il consumatore. <br> I ripensamenti del governo inglese, che con il “rapporto Gower” del 2006 si era schierato per il mantenimento dello status quo, fanno seguito alla proposta del commissario europeo per i Mercati Interni Charlie McCreevy, che in sede comunitaria aveva proposto un’estensione dei copyright sulle registrazioni a 95 anni (vedi News); su questa linea si stanno muovendo diversi paesi europei, a cominciare dalla Francia.