Paul Resnikoff di Digital Music News prende spunto dalla recente pubblicazione dei dati di consuntivo 2008 da parte della associazione RIAA e di Nielsen SoundScan per riflettere sul crollo dell’industria discografica americana (e mondiale). Nel 2000, ricorda il giornalista, le case discografiche statunitensi vendevano complessivamente oltre 943 milioni di pezzi. Ma già un anno dopo, sotto i colpi di Napster e dei suoi epigoni, l’acquisto di cd calava a 803 milioni di unità. A fine 2008 la situazione appare molto più drammatica e compromessa: le vendite di album, in formato fisico e digitale, si sono ridotte a 428,4 milioni di pezzi. Conclusione: in nove anni appena il mercato discografico americano ha subito una flessione del 54,6 % perdendo per strada oltre mezzo miliardo di pezzi venduti (514,6 milioni per la precisione). <br> Buone notizie? Poche, scrive Resnikoff, ricordando il traguardo superato del miliardo di download legali (vedi News), la nascita di nuovi supporti – peraltro già in declino – come le suonerie per telefoni cellulari, e il cambio di strategia dei discografici a fronte del dilagare del file sharing pirata. E’ finita un’epoca, conclude mestamente l’editorialista americano: l’epoca in cui <i>teen bands</i> come gli ‘N Sync erano in grado di vendere oltre due milioni di copie di “No strings attached”, doppio platino, in una sola settimana.