Apple e industria discografica vanno d’amore e d’accordo, dopo l’ultimo compromesso che ha spinto Steve Jobs ad accettare un regime di prezzi variabili su iTunes in cambio dell’impegno delle major a rinunciare al software anticopia DRM? (vedi News). Niente affatto, scrive Tim Arango sul New York Times, riferendo di un colloquio telefonico dai toni molto accesi che Jobs ha avuto proprio alla vigilia dell’ultimo Natale con Rolf Schmidt-Holtz, “boss” della Sony Music Entertainment. Il manager tedesco, riferisce il giornalista sulla base di indiscrezioni raccolte da fonti rigorosamente anonime ma a quanto pare bene informate dei fatti, è stato l’ultimo a capitolare alle richieste del capo supremo della Apple, impuntandosi perché l’introduzione su iTunes di download a prezzi diversificati (più alti per le novità e i successi, più contenuti per i titoli di catalogo) non è stata immediata. Le frizioni tra i due sarebbero solo la punta dell’iceberg e rifletterebbero rapporti tutt’altro che sereni tra la discografia e iTunes, forte di una posizione quasi di monopolio sul fronte della musica digitale. Le concessioni di Jobs, scrive Arango, sarebbero legate al suo desiderio di assicurarsi i diritti di distribuzione del catalogo delle major sull’iPhone, l’arma con cui spera di cavalcare la nuova frontiera della musica “mobile” acquisendo un vantaggio competitivo sugli agguerriti concorrenti. Le case discografiche, dal canto loro, propenderebbero invece a incoraggiare gli sforzi di Nokia e Sony Ericsson, i produttori di telefonini che sul terreno della mobile music potrebbero contrastare lo strapotere (anche negoziale) della casa di Cupertino a tutto vantaggio dei suoi interlocutori musicali. <br> Jobs ha finora condotto in prima persona e a muso duro le trattative con la discografia, ma che succederà ora che ha annunciato un suo progressivo ritiro dal fronte per motivi di salute? (vedi News). Poco o nulla, sostengono i bene informati, dal momento che il suo vice Eddie Cue, formalmente responsabile dei rapporti con le case discografiche, sembra perseguire un’indetica filosofia basato sul pugno di ferro (spesso neanche mascherato da un guanto di velluto). <br> Le relazioni commerciali tra discografici e distributori digitali, sostengono gli esperti di mercato, potranno tornare ad essere più equilibrate solo nel momento in cui l’accesso via telefono cellulare e tramite abbonamento mensile a un grande database di canzoni prenderà il sopravvento sull’acquisto di singoli brani musicali con il computer. Ipotesi magari plausibile, ma certo non immediata: recenti statistiche di Forrester Research stimano in 1 miliardo e mezzo di dollari il volume d’affari generato dai negozi on-line come iTunes nel 2008, contro gli appena 70 milioni di dollari prodotti dalle vendite di musica in modalità wireless. Nel frattempo, ha ammesso al New York Times l’ex presidente Epic Charlie Walk, Apple continua a fare il bello e cattivo tempo. “Piaccia o no alle case discografiche, la classifica di iTunes è diventata un fattore importante della cultura pop americana ed esercita un’influenza notevole sul modo in cui i ragazzi scoprono nuova musica e ne parlano con i coetanei”.