Con le vendite dei cd ai minimi storici e il download di file musicali difficile da controllare, editori musicali e case discografiche (e le rispettive agenzie di <i>collecting</i>, SIAE e SCF) guardano con sempre maggiore attenzione alle possibilità di ricavo connesse alla pubblica diffusione delle opere musicali: in radio, in tv e sul Web, nei bar e nelle discoteche, nei supermercati e nelle palestre, nei negozi e negli studi dentistici, nei saloni da parrucchiera e nelle parrocchie. Il sistema di rilevazione e di certificazione, però, è ancora empirico: la collecting dei discografici, per esempio, incassa cifre a forfait calcolate in base al giro d’affari dell’ente di broadcasting o alla metratura dell’esercizio commerciale; col risultato, secondo chi contesta il sistema, di generare un gettito indifferenziato che va sempre a vantaggio dei “potenti” che detengono le maggiori quote di mercato. Urgono soluzioni: un possibile contributo alla trasparenza del mercato e alla identificazione puntuale degli aventi diritto potrebbe arrivare da Rendi, un sistema di rendicontazione automatica dei diritti musicali messo a punto dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova in collaborazione con il Gruppo La Cosa, da 15 anni partner principale di Mediaset per i servizi di sonorizzazione dei programmi tv. Il programma, presentato al pubblico in occasione del Midem 2009 a Cannes, permette di rilevare e identificare automaticamente (anziché manualmente) le canzoni diffuse in pubblico, intercettando e isolando la fonte sonora anche in contesti particolarmente rumorosi come possono essere i bar, i pub e le discoteche: il riconoscimento del brano avviene con il metodo dell’<i>audio fingerprinting</i>, confrontandone le caratteristiche sonore con quelle dei 300 mila titoli archiviati e classificati nella banca data gestita dalla Direzione Musica di R.T.I.. <br> Quest’ultima sta sperimentando le possibilità di applicazione della tecnologia, sia ad uso interno (per verificare e rendicontare l’uso di musiche nei palinsesti televisivi delle reti Mediaset) sia come servizio disponibile a terzi, società di collecting e utilizzatori dei repertori di musica registrata. La Cosa e R.T.I. non pensano ad un utilizzo univoco della tecnologia: Rendi, spiegano, potrebbe risultare utile per stilare analisi statistiche e classifiche di popolarità dei brani, essere impiegato a scopi commerciali (vendita dei download tramite pc o telefonino, sfruttando il sistema di riconoscimento in tempo reale del brano) e persino come supporto scientifico d’indagine nelle cause per plagio, grazie alla possibilità di comparare le “impronte digitali” di diverse canzoni. E nel caso delle esecuzioni dal vivo? Lì il <i>fingerprint<i> non è abbastanza affidabile, e rischia di non riconoscere le similitudini tra performance e brano registrato: resta necessario l’intervento umano, e l’orecchio dell’esperto.