Tra i gestori dei locali pubblici italiani e la SCF, che riscuote i diritti sull’uso pubblico della musica registrata per conto di artisti e discografici, è in corso da tempo un aspro contenzioso, dettato dal simultaneo obbligo che gli esercenti hanno di pagare la SIAE (che tuttavia rappresenta altre categorie professionali, gli autori ed editori di musica) e dai dubbi espressi da taluni di loro sulla rappresentatività “universale” del Consorzio Fonografici (a cui aderiscono 280 case discografiche). Ora però si è arrivati a una svolta: la FIPE, Federazione Italiana Pubblici Esercizi ha firmato con la stessa SCF una convenzione che consentirà agli associati, oltre 230 mila bar e ristoranti, di pagare l’“equo compenso” per la musica che utilizzano nei loro locali sulla base di tariffe agevolate, purché provvedano spontaneamenta a regolarizzare la loro posizione entro il 31 maggio. Le somme dovute sono commisurate alle diverse forme di utilizzo (stagionale, tv, radio, “radio in store”), mentre nel caso in cui l’esercente confezioni da sé cd o altri supporti “personalizzati” deve pagare alla SCF un compenso aggiuntivo e assolvere tramite l’apposizione del bollino i diritti SIAE. <br> “In Italia”, spiega il presidente di SCF Gianluigi Chiodaroli, “oltre il 75 % dei bar e più della metà dei ristoranti utilizzano regolarmente musica”. E dunque, in base alla legge sul diritto d’autore e alle direttive europee, sono soggetti al pagamento dell’ “equo compenso” ad artisti e case discografiche. La firma della convenzione, sempre secondo Chiodaroli, “consolida l’impegno del mondo associativo sul fronte della tutela dei diritti discografici e riconosce il ruolo centrale della musica nel valorizzare l’attività e la produttività delle imprese commerciali, come ampiamente confermato da numerosi studi e ricerche di mercato”.