Uno degli obiettivi forti dichiarati per l’anno 2025 da Rockol MusicBiz, esplicitato nelle ultime settimane con una <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/music-startups-364108">copertura sempre più densa e continuativa</a>, è quello di accendere un faro sulla situazione delle startup musicali.

Il nostro focus forte, all’interno di questo obiettivo, è su quelle italiane. Al punto che, di recente, abbiamo avviato una <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751569/stai-innovando-la-musica-raccontacelo-speciale-startup-musicbiz">call to action</a>&nbsp;per strutturarne il racconto attraverso la narrazione dei diversi progetti, modelli di business e protagonisti.

E, mentre continuiamo a ricevere riscontri e presentazioni da parte di diversi giovani imprenditori, è con grande piacere che siamo già in grado di annunciare una partnership di alto livello sull’intero progetto: quella con Music Innovation Hub.

“E’ un’ottima notizia non solo per il nostro progetto, che riceve una validazione di alto livello”, commenta Giampiero Di Carlo, CEO di Rockol, “ma anche e soprattutto per la nostra industria, perché Music Innovation Hub è la prima realtà italiana attiva nella promozione sistematica dello sviluppo dell'imprenditoria nel settore musicale, a livello nazionale ed europeo”.

"Nella trasformazione digitale, troppo spesso l’Italia si è trovata a seguire e non a guidare i processi di innovazione", ha dichiarato Andrea Rapaccini, Presidente di Music Innovation Hub: "L’industria musicale nazionale non fa eccezione. Le multinazionali investono nell’innovazione ma nei rispettivi Paesi di provenienza, mentre imprese e startup nazionali non trovano un adeguato ecosistema di supporto in Italia. In più, oggi l’innovazione non deve essere puramente tecnologica, ma deve saper reinventare nuovi modelli di business. Deve anche essere in grado generare valore condiviso per gli azionisti e per gli stakeholder di riferimento. Una innovazione responsabile, quindi, &nbsp;tanto più se si parla di imprese creative e culturale.&nbsp;La partnership tra Rockol e MIH intende contribuire a coprire questo gap nel nostro Paese e ad ingaggiare l’industria nazionale sui processi di innovazione europei e globali".

Di questo e delle prospettive che la partnership apre abbiamo parlato con Anna Zò (nella foto),&nbsp;Responsabile Area Innovazione presso Music Innovation Hub.

Perché il sostegno alle realtà innovative italiane, in questo momento, è particolarmente importante?

Nel 2019, durante la quinta edizione di Linecheck Music Meeting and Festival, MIH ha lanciato la prima call italiana dedicata alle startup musicali, raccogliendo oltre 50 candidature spontanee provenienti da tutta Europa. Grazie a una costante presenza in conferenze internazionali e al dialogo con le principali associazioni di settore legate all’innovazione musicale, è emerso un chiaro gap nel panorama italiano rispetto al contesto europeo. Questo divario riguarda la rappresentanza, le opportunità di confronto, le piattaforme di networking, i programmi di supporto e le possibilità di finanziamento per startup e innovatori nel campo della musica.

Come si è mossa Music Innovation Hub, in questo senso, negli ultimi anni?

Per colmare questa lacuna, a partire dal 2020 MIH ha avviato una serie di MusicTech Meetup, incontri informali mensili dedicati a far conoscere le realtà italiane più innovative nel settore musicale, esplorando temi all’avanguardia come Blockchain, Intelligenza Artificiale, XR/VR/AR. Questi appuntamenti hanno permesso di creare un tavolo di confronto inclusivo, che unisce professionisti e appassionati di tecnologia e innovazione musicale.&nbsp;Il riconoscimento internazionale conquistato nel settore MusicTech e la collaborazione con partner europei hanno portato MIH, nel 2021, a ricevere un finanziamento dalla Commissione Europea per lanciare il primo programma di accelerazione paneuropeo dedicato alle startup MusicTech. La prima edizione dell’acceleratore, che ha supportato 10 startup, è stata un successo tale da permettere a MIH di ottenere un finanziamento europeo di un milione di euro per proseguire il progetto Music Tech Europe Academy per altri tre anni, ampliando partner e beneficiari.

Venendo, invece, al presente...

Nel 2025, MIH ha accompagnato oltre 30 startup europee nel loro percorso di ingresso nel mercato musicale, favorendo la validazione tecnologica e la sostenibilità finanziaria, oltre a facilitare il contatto con investitori, clienti e partner strategici. Nel 2024, questa esperienza europea è stata integrata nel contesto italiano con il progetto GetIt!4Music, promosso da Fondazione Cariplo, che sostiene startup e realtà innovative musicali orientate allo sviluppo di prodotti, servizi e soluzioni a impatto sociale.

Quali saranno i temi che verranno approfonditi nell'ambito della partnership tra Music Innovation Hub e Rockol?

Sicuramente un'analisi del panorama italiano delle startup musicali, dalle definizioni tecniche ai dati di mercato, esplorando i trend attuali e le innovazioni che stanno trasformando l’industria.&nbsp;Non mancheranno&nbsp;un&nbsp;focus sull’ecosistema italiano e sul ruolo del progetto Get it! nella promozione di un modello imprenditoriale responsabile e sostenibile, con interviste ai partecipanti e promotori del progetto, e un&nbsp;approfondimento del mercato europeo, delle opportunità e delle sfide, con un’attenzione al ruolo dell’Italia attraverso le iniziative Music Tech Europe e Music Tech Europe Academy, oltre - ovviamente - a una panoramica&nbsp;sugli investimenti nell’innovazione musicale a livello nazionale ed europeo, con mappatura degli investitori attivi e delle opportunità per le startup.

Industria

Startup, partnership tra Rockol MusicBiz e Music Innovation Hub

Insieme per rafforzare e comunicare il collegamento tra industria musicale e nuove economie creative

Andreas Carlsson è uno dei nomi di punta della fabbrica del pop svedese: tanto per dare un'idea, compare nei crediti di "I Want It That Way" dei Backstreet Boys, "Baby One More Time" di Britney Spears, "Bye Bye Bye" degli NSYNC e molte altre hit. Proprio per questo, quindi, fa notizia il lancio della sua nuova start-up: una app battezzata Hyph, che si rivolge ad aspiranti produttori e autori.

In sostanza, tramite un sistema chiuso permette di utilizzare un ampio catalogo di suoni gratuiti per creare remix e nuove versioni di brani, poi condivisibili con gli altri utenti. La versione base, gratuita,&nbsp;permette semplicemente di scambiarseli con gli amici, mentre quella pro, che costa 19,99 dollari al mese, è riservata a chi ambisce a distribuirli sui vari DSP o addirittura vendere parte delle proprie creazioni (voci, beat e via dicendo) a terzi, attraverso un marketplace dedicato.&nbsp;

L'autore svedese Andreas Carlsson lancia un'app di music-making

Si chiama Hyph e si rivolge ad aspiranti songwriter e produttori, dilettanti e non

C’è chi costruisce AI che compongono canzoni, chi inventa strumenti per musicisti non vedenti, chi crea marketplace per royalties digitali, chi trasforma i fan in collaboratori. Ogni giorno nascono startup che innovano il modo in cui la musica viene creata, vissuta, promossa, condivisa. Nel nostro lavoro quotidiano di osservazione e racconto dell’industria musicale, intendiamo offrire spazio e visibilità continuative a queste realtà. Cerchiamo quelle storie di innovazione che parlano il linguaggio della musica, della tecnologia e della cultura e vogliamo conoscere chi sta lavorando oggi su ciò che domani sarà normale.

Cerchiamo startup musicali, progetti, tecnologie e intuizioni che stanno trasformando l’industria. Se la tua realtà sta riscrivendo le regole del gioco, vogliamo conoscerla – e raccontarla. Che sia una startup appena nata o una realtà già attiva, se copre musica e tecnologia in modo originale può interessarci: stiamo costruendo un osservatorio permanente sulle startup musicali italiane e internazionali, e pubblicheremo articoli, interviste e approfondimenti sulle storie più interessanti, promettenti o ispiranti. Non ci interessa (solo) il funding. Ci interessano la visione, l'impatto, il cambiamento che si cerca di apportare alle abitudini del settore o dei suoi protagonisti.

Perché uno <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/startup-musicali-lo-speciale-di-rockol-musicbiz-503780">speciale startup musicali</a>

Crediamo che l’innovazione musicale abbia bisogno di attenzione, visibilità e racconto. E crediamo che, per farla emergere, servano spazi come questo. Se stai costruendo qualcosa di nuovo nel mondo della musica, mettiti in contatto con noi. 
Sarà un piacere ascoltare la tua storia. E magari, farla ascoltare anche agli altri.

Come proporre il tuo progetto

Per aiutarci a valutare la tua proposta, ti chiediamo di inviarci una breve scheda informativa che includa i seguenti dati:

<ul>
	<li>
	Nome del progetto/startup
	</li>
	<li>
	Anno di fondazione
	</li>
	<li>
	Sede operativa
	</li>
	<li>
	Nome e ruolo dei fondatori
	</li>
	<li>
	Descrizione sintetica dell’attività (max 1000 caratteri)
	</li>
	<li>
	Che problema risolvete, per chi e come?
	</li>
	<li>
	In cosa consiste l’innovazione?
	</li>
	<li>
	Stato attuale (idea, prototipo, beta, mercato)
	</li>
	<li>
	Partnership o investitori (se presenti)
	</li>
	<li>
	Link utili (sito web, social, demo, press kit)
	</li>
	<li>
	Contatti diretti
	</li>
</ul>

Puoi inviare la tua proposta a: musicbiz@rockol.it 
Oggetto: [Startup musicale – Nome progetto]

Stai innovando nella musica? Raccontacelo

Cerchiamo realtà che stanno riscrivendo le regole del gioco per conoscerle e raccontarle

Yamaha ha annunciato l’istituzione del Yamaha Music Innovations, fondo da 50 milioni di dollari creato per investire in startup attive in ambito musicale e mediatico: come riferito dalla stessa azienda l’operazione è volta al consolidamento della “posizione di leadership dell'azienda come innovatrice nei campi di pro audio e musicale”.

"Da quando abbiamo stabilito il nostro quartier generale nella Silicon Valley, nell'aprile 2024, abbiamo collaborato con sei startup sfruttando le risorse del nostro gruppo come principale produttore completo di strumenti musicali con la quota di mercato numero uno", ha dichiarato il presidente e CEO di Yamaha Music Innovations Yusuke Sugino: “Attraverso le nostre attività di investimento e le collaborazioni aziendali che utilizzano i nostri asset, stiamo portando i nostri meccanismi per creare nuovo valore e nuove attività a una fase successiva”.

Managing Partner di Yamaha Music Innovations è Andrew Kahn, già Partner di Crush Ventures (società madre dell’agenzia di management Crush Music, che vanta nel proprio roster - tra gli altri - Miley Cyrus, Panic! at the Disco, Fall Out Boy, Lorde, Sia, Weezer, Green Day e Lil Nas X) con un trascorso professionale in Live Nation. "Con questo fondo sosterremo i fondatori visionari e in fase iniziale all'intersezione tra cultura, creatività e tecnologia”, ha dichiarato Kahn: “Dagli strumenti creativi di nuova generazione e dall'intelligenza artificiale ai media interattivi, alle esperienze musicali immersive, alle piattaforme di apprendimento e ai nuovi modelli di collaborazione e di empowerment dei creatori".

Le aree di investimento entro le quali opererà il Yamaha Music Innovations sono hardware e software musicali, media innovativi, community ed empowerment e accessibilità.

Yamaha, un fondo da 50 milioni di dollari per le startup

Per ‘consolidare la leadership’ dell’azienda in campo musicale

Descritta dai suoi creatori come&nbsp;"una piattaforma digitale che permette agli artisti di vendere musica e contenuti esclusivi direttamente ai propri fan, prima che vengano distribuiti su altri canali", la startup Heartist è basata - come ha spiegato a Rockol MusicBiz il fondatore Alberto Marenco (nella foto) -&nbsp;"un modello innovativo che valorizza il legame artista-fan e offre nuove opportunità di monetizzazione attraverso prodotti digitali in anteprima ed esperienze personalizzate".&nbsp;"Non è un’alternativa allo streaming", ha precisato Marenco,&nbsp;"ma un’integrazione che mette al centro la community e il valore culturale della musica".

A che profilo di artista si rivolge, tendenzialmente, Heartist? Cosa vi ha guidato nel selezionare e mettere sotto contratto i primi artisti partner?

In questa prima fase ci stiamo concentrando su artisti indipendenti che abbiano una fanbase attiva e un forte controllo creativo sul proprio progetto. Questo ci consente di lavorare con chi è pronto a sperimentare modelli di distribuzione e monetizzazione più diretti, senza vincoli contrattuali troppo stringenti. La selezione dei primi artisti partner è avvenuta con grande cura, privilegiando chi ha una visione chiara, un’identità forte e soprattutto un dialogo autentico con il proprio pubblico. Heartist nasce per dare potere agli artisti: non cerchiamo "catalogo", ma storie, personalità e comunità vive.

Qual è il razionale che ha definito il vostro modello di business?

Abbiamo costruito un modello centrato sui prodotti digitali, venduti in anteprima ed esclusiva&nbsp;ai fan più affezionati. Ci rivolgiamo in particolare al segmento dei superfan, persone disposte a supportare economicamente un artista in cambio di contenuti speciali, accessi prioritari, esperienze personalizzate. È un modello che restituisce valore alla musica, trasformandola da semplice flusso da ascoltare passivamente a prodotto culturale da collezionare e vivere. I margini sono più equi, la relazione tra artista e fan è più forte, e la sostenibilità economica ne esce rafforzata.

Ritenete che l'approccio artist centric adottato da DSP come Spotify e Deezer possa rivelarsi un vantaggio o uno svantaggio per gli utenti di Heartist?

Crediamo che ogni tentativo di avvicinarsi agli artisti sia positivo, ma la realtà è che i DSP restano strutturalmente concentrati sull'ascolto in massa. Anche con politiche “artist centric”, i ricavi per singolo artista restano bassi e la relazione con il fan è pressoché inesistente. Heartist va in un’altra direzione: qui l’artista ha un controllo totale su cosa pubblicare, quando farlo, a che prezzo e per chi.&nbsp;Non vogliamo competere con lo streaming, ma offrire una finestra in più di monetizzazione: la possibilità di vendere la propria musica in anteprima e in digitale, direttamente ai fan più coinvolti.

Quanti finanziamenti avete raccolto, fino a oggi? Avete un obiettivo per un eventuale prossimo round di finanziamento?

In questa fase stiamo portando avanti una raccolta in modalità bootstrapping, utilizzando lo strumento SAFE (Simple Agreement for Future Equity), molto diffuso nella Silicon Valley, che consente agli angel investor di entrare a condizioni vantaggiose e con grande rapidità. C'è ancora un po' di spazio disponibile, ma abbiamo già ricevuto diverse richieste che stiamo valutando attentamente. Chiusa questa fase, partiremo con un round pre-seed: a giugno avremo un primo incontro con potenziali investitori, organizzato nell’ambito del percorso di accelerazione di MVP Factory promosso da Nana Bianca, che ci ha selezionati lo scorso settembre tra poche startup nel settore entertainment.

Quali sono gli obiettivi nel vostro primo anno di attività?

Il nostro obiettivo principale è lanciare la prima versione della piattaforma a ottobre e arrivare entro fine anno ad avere almeno 20 artisti attivi, di cui due prodotti direttamente da noi sotto il marchio Original Heartist. Con questa linea vogliamo sviluppare non solo la distribuzione, ma anche contenuti originali e proprietari, in grado di valorizzare al massimo il potenziale degli artisti. Siamo a buon punto: il primo artista Original Heartist uscirà con un EP e un documentario esclusivo che produrremo a Los Angeles, dove abbiamo già stabilito connessioni importanti. Heartist è un progetto internazionale fin dalla nascita, e vogliamo dimostrarlo sin da subito.

Come funziona Heartist: parla Alberto Marenco

Un modello centrato sui prodotti digitali, venduti in anteprima ed esclusiva ai superfans

Innovazione e cultura sono un binomio difficile.

E il mondo della finanza, nel nostro paese, lo ritiene un binomio addirittura difficilissimo: il riconoscimento dell’innovazione culturale è, pertanto, molto scarso. Da questa considerazione si può partire per analizzare la fragilità dell’ecosistema di supporto alle startup in Italia, soprattutto in ambito culturale e, quindi, musicale.

Scalare o non scalare?

Le startup che operano all’incrocio tra cultura, arte e tecnologia faticano a far riconoscere il proprio valore economico nei contesti istituzionali, bancari e imprenditoriali. La principale ragione è che il comparto creativo viene percepito come "non scalabile" o "troppo di nicchia", nonostante pubblico e utenza non manchino affatto. La conseguenza di questa presunta non-scalabilità è che, se la creazione di un algoritmo dedicato all’automazione diventa sinonimo di “innovazione” in modo del tutto naturale, altrettanto non si può dire della percezione di un progetto per una piattaforma orientata ai superfans.

E’ vero che quello italiano è un mercato finanziario che per dimensioni, tecnicismi e maturità non compete con l’élite mondiale; tuttavia sarebbe sbrigativo affermare che da noi manca il “funding”. La verità è che i fondi disponibili sono spesso orientati a settori più tech-driven, come il fintech e la mobilità. Potrebbero accorrere in soccorso dei progetti artistico-culturali i bandi e i fondi pubblici ma, come per troppi altri ambiti in Italia, assenza di agilità ed eccesso di burocrazia finiscono per rendere certi percorsi meno praticabili del dovuto. Un punto di collegamento ideale sarebbe una rete strutturata di angel investor che abbiano un autentico background di natura musicale o creativa. Purtroppo questo manca.

Bootstrappers

Tutto quanto sopra causa una conseguenza diffusa, ossia che molti fondatori autofinanziano la propria impresa oltre il necessario, con le migliori intenzioni ma rallentando la crescita. Più per necessità che per scelta, portano avanti il proprio progetto senza cercare supporti esterni e usando risorse minime anche quando potrebbero (o dovrebbero) provare a spiccare un salto verso il livello successivo. Fare tutto da soli significa lavorare con fondi propri, evitando round di investimento e crescendo in modo organico, controllato ma lento. Restare troppo tempo in una fase “artigianale” comporta perdere occasioni di crescita rapida, ma anche non potersi permettere di assumere talenti chiave per mancanza di budget e rinunciare a sviluppare tecnologie o prodotti scalabili. Insomma: “bootstrappare” è sano fino a un certo punto: anche con un’ottima idea, se non si aggiunge il motore del capitale il rischio di rimanere piccoli, poco visibili o bloccati diventa elevato.

Il peso della ‘vocazione’

In Italia, poi, ad una cultura artistica forte corrisponde una cultura imprenditoriale più fragile. Molte startup musicali italiane nascono da musicisti, manager, promoter con un background creativo o operativo. Hanno visione e passione, ma spesso mancano di strumenti imprenditoriali concreti: non conoscono bene le metriche di prodotto e incontrano due generi di problemi. Non tengono nel dovuto conto quanto sia importante a validare l’offerta prima di investire risorse e, a causa di certe carenze di know-how, sono poco disposti a “cambiare idea” se qualcosa non funziona. Un esempio: una piattaforma di booking è, di per sé, sicuramente una buona idea imprenditoriale in campo musicale; ma verificare che gli utenti siano disposti a pagare ciò che si intende proporre, che il modello sia compreso o che l’eventuale frizione tra domanda e offerta sia poi gestibile è una fase cruciale.

Raramente questi fondatori concepiscono il ‘pivot’ come un’opzione naturale, anzi: accade più spesso che a quel punto rinuncino. Eppure un pivot non equivale a un fallimento, semmai è un’iterazione intelligente. Di nuovo: dove non c’è capitale di rischio, l’ansia di sbagliare blocca la sperimentazione. Gli startupper si concentrano solo su ciò che “possono permettersi” e temono il fallimento di un’idea perché significherebbe “aver sprecato tutto”; evitano il rischio, proprio quando il rischio serve per crescere.

Trattare la musica più come arte o vocazione che non come terreno per un’innovazione metodica fa sì che molte startup munite di ottime idee e intuizioni non evolvano. Servirebbe maggiore formazione imprenditoriale nei contesti musicali; sarebbe auspicabile più contaminazione tra chi fa musica e chi fa startup; e si avverte la carenza di un buon numero di investitori e mentori con esperienza in questo incrocio.

Una filiera musicale disarticolata

Chi opera nell’industria musicale a stretto contatto con realtà e settori diversi è abituato a pronunciare o ad ascoltare la frase: “la musica, in Italia, è un mondo a sé”. E’ vero o è un alibi? Entrambe le cose. E’ conclamato che unità e senso di appartenenza non siano le maggiori virtù della filiera musicale nostrana: la comunicazione tra artisti, discografici, operatori del settore live ed editori è frammentaria e, spesso, caratterizzata da inutili divisioni (basti ricordare la folla di rappresentanti alle trattative col governo ai tempi dei sussidi per il covid). Dunque pensare che possano comunicare in modo fluido con gli imprenditori tecnologici e gli sviluppatori, che abitano un altro pianeta, rasenta l’utopia. E così le opportunità di co-progettazione o contaminazione sono rare e manca un “mercato di test” cooperativo che una startup possa frequentare per sperimentare con un’etichetta, una scuola di musica, un promoter. Non che non accada mai; però gli episodi sono una cosa, ben altro è un vero ecosistema. E’ anche in questo modo che le startup musicali finiscono ai margini dell’industria tradizionale.

Marketing e creatività: due sport diversi

Si invoca spesso una maggiore contaminazione tra mondi differenti: tanti progetti nascono da musicisti, tecnologi o creativi con poca esperienza imprenditoriale - viceversa, chi ha effettive competenze di business spesso non conosce le dinamiche dell’industria musicale. 
Si avverte, dunque, la mancanza di una ‘mentorship’ diffusa e specializzata, il cui effetto consisterebbe nel diffondere una discreta formazione imprenditoriale.

Privi di un vero ecosistema, gli startupper musicali scontano la debolezza nel cosiddetto “go-to-market”: nonostante molte nuove aziende italiane abbiano buone idee, non dispongono di chiare strategie di marketing e faticano a definire con precisione il problema reale che si prefiggono di risolvere.

La creatività non basta se non si accompagna a una cultura del test, del dato, del pivot.

L’accesso a dataset significativi consente di condividere metriche di settore importanti come conversioni, retention, dinamiche di prezzo e di partecipare a comunità di startup o incubatori verticali che aiutano a imparare dagli altri. Parametri come il Customer Lifetime Value (CLTV), che esprimono il valore totale che un cliente porta a un'azienda nell’arco del tempo in cui continuerà a usare il suo prodotto o servizio, sono fondamentali nella comprensione di quanto si può spendere per acquisirlo, quanto conviene che la fidelizzazione prevalga sulle vendite una tantum, quali clienti sono più preziosi (segmentazione) e, in ultima analisi, se un modello di business è sostenibile nel lungo periodo.

In una fase “early stage” la rapidità dei feedback è essenziale per validare i test, incrementare l’apprendimento e apportare modifiche e miglioramenti. In Italia questo accade di rado e il riscontro dal mercato arriva tardi, lentamente e in modo disomogeneo.

In mancanza di confronto, ogni errore sembra isolato. E ogni successo sembra casuale.

Denaro, visione e industria

Dunque: storie di musica e impresa spesso straordinarie ancora più spesso, non ce la fanno nemmeno a partire davvero. Perché?

Le startup italiane nella musica, e nella cultura più in generale, non mancano decisamente di idee, creatività o passione, ma dove spesso inciampano è nella mancanza di connessioni abilitanti e strutturate tra tre elementi chiave: il capitale (denaro), la visione (strategia) e il sistema (l’industria, le reti, le policy).

Il risultato è un cortocircuito: la cultura innova, ma non scala. E un Paese ricco di talento rischia di perdere opportunità decisive perché le startup culturali soffrono di isolamento sistemico. Manca un ecosistema che faccia dialogare in modo fluido e continuativo l’energia creativa, il capitale privato e i player istituzionali; un sistema che sappia finanziare e integrare l’innovazione culturale. Senza queste connessioni abilitanti, l’innovazione culturale resta artigianale, fragile, spesso invisibile e molte iniziative brillanti rimangono condannate alla marginalità, all’isolamento o a precoci interruzioni.

Come parte attiva dell’industria musicale e come rappresentanti centrali del sistema dei media che le ruota intorno, proveremo a fare la nostra parte fin dai prossimi giorni. Il nostro ruolo ci consente di diffondere la consapevolezza del problema e la presenza dell’opportunità che le startup musicali italiane rappresentano, di offrire un’esposizione significativa ai loro fondatori e di attivare connessioni tra mondi diversi per i quali rappresentiamo un punto di informazione comune. E questo ruolo utilizzeremo fin dai prossimi giorni con una call to action dedicata.

Music startups: la distanza tra idea, mercato e capitale

La cultura e l’infrastruttura adatte che in Italia stentano ad affermarsi

Sesh&nbsp;è una delle startup che puntano a sbloccare il mercato dei <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/superfans-259644">superfans</a> per gli artisti, e da poche settimane può contare su un round di finanziamento da 7 milioni di dollari che è stato guidato dalla società d’investimento Miura Global (vi hanno partecipato anche angel investor provenienti dai settori della musica e della tecnologia).

La startup afferma di lavorare già con oltre 250 artisti che insieme totalizzano più di 750 milioni di ascoltatori mensili su Spotify. Il suo approccio alle community di superfans&nbsp;ruota attorno a una “Member Card” che gli artisti condividono tramite un link tracciabile.

I fan la scaricano poi nel wallet del proprio telefono e ricevono notifiche push dirette dall’artista. Esiste anche un’app che offre “spazi gamificati” per le fanbase degli artisti, oltre a integrazioni con TikTok e Spotify.

Ma il recente round da 7 milioni di dollari raccolto da <a href="https://www.joinsesh.ai/">Sesh</a>&nbsp;è solo l’ultimo segnale della crescente attenzione verso il mercato dei superfans: quel 10–20% più attivo e coinvolto del pubblico musicale, capace di generare oltre il 70% della spesa complessiva in musica registrata, secondo Universal Music Group.

Sesh – che nel linguaggio colloquiale britannico è una forma abbreviata e informale di “session” ma che in slang indica anche una sessione prolungata di bevute e divertimento - si inserisce in una corsa già affollata ma in pieno fermento. Accanto a essa, spiccano realtà come:

<ul>
	<li><a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/weverse-498753">Weverse</a> (HYBE): la piattaforma che ha consolidato il modello coreano del fan-engagement, con oltre 150 milioni di download globali e 162 community di artisti. Offre contenuti esclusivi, live, merch e livelli di abbonamento a pagamento.</li>
	<li><a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/stationhead-483967">Stationhead</a>: basata su audio live, consente agli artisti di condurre “radio sociali” con i propri fan, monetizzando tramite ascolti e interazioni. È stata adottata da star come Nicki Minaj e BTS.</li>
	<li><a href="https://musicbiz.rockol.it/news-740460/fave-ha-lanciato-fanfinder">Fave</a>: startup americana che consente ai fan di guadagnare “badge” e status partecipando attivamente alla community, con logiche di gioco e riconoscimento.</li>
</ul>

Tutte queste piattaforme — compresa Sesh — condividono un obiettivo comune: disintermediare il rapporto artista-fan, offrendo strumenti diretti per comunicare, coinvolgere e monetizzare al di fuori dei circuiti tradizionali (streaming, social network mainstream).

Il segmento sembra destinato a crescere rapidamente, sospinto anche da colossi come Spotify, che ha annunciato il lancio imminente di superfan clubs, e Warner Music Group, che sta testando la propria app dedicata agli artisti e alle fanbase più fedele.

Superfans: cosa fa esattamente Sesh

La startup ha recentemente raccolto investimenti per 7 milioni di dollari

Manifest Financial, una nuova piattaforma di soluzioni finanziarie creata esclusivamente per i&nbsp;creator, ha annunciato qualche giorno fa il lancio della sua app mobile per il "business banking".&nbsp;

Già disponibile su iOS e Android, Manifest Financial è pensata per risolvere le sfide finanziarie uniche della creator economy, di cui si stima un valore di mercato pari a mezzo trilione di dollari entro il 2027: parliamo di flussi di reddito frammentati, ritardi nei pagamenti e mancanza di servizi bancari adeguati da parte delle banche tradizionali. E gestire entrate provenienti da brand, merchandising, donazioni del pubblico e altre fonti resta una sfida su più piattaforme.

<a href="https://manifestfinancial.com/">Manifest Financial</a>&nbsp;combina una profonda esperienza finanziaria con una reale comprensione delle esigenze dei creator. Fondata da Michael Cavallaro, con una lunga carriera in fintech, banking e media, e da Manny Alvarez, esperto fintech di rilievo nazionale ed ex Commissario per le banche della California, Manifest offre soluzioni pensate su misura in un ecosistema di strumenti pensati per le esigenze specifiche della creator economy:

<ul>
	<li>monitoraggio finanziario integrato: gestire pagamenti, spese e fatture in un’unica app, separando le finanze personali da quelle professionali</li>
	<li>supporto per la dichiarazione dei redditi: categorizzazione e tracciamento delle spese per semplificare la fiscalità</li>
	<li>depositi diretti rapidi: collegamento diretto alle piattaforme dei creator per ricevere pagamenti più velocemente</li>
	<li>trasferimenti peer-to-peer: invio e ricezione di denaro tra creator in modo veloce e sicuro</li>
	<li>strumenti di risparmio semplificati: funzioni come “arrotondamento” e “salva per le tasse” per costruire stabilità</li>
	<li>fatturazione e mance integrate: creazione e gestione di fatture professionali con pochi clic e possibilità di ricevere mance dal pubblico</li>
</ul>

A margine, è recente anche l’annuncio di due partnership strategiche: una con hoo.be, il tool esclusivo su invito per i link-in-bio destinato a brand e creator, e una con Too Lost, importante distributore musicale. Attraverso la partnership con hoo.be&nbsp;– piattaforma usata da migliaia di creator, influencer e brand per semplificare la propria presenza digitale – Manifest integra le sue soluzioni finanziarie B2B direttamente nell’ecosistema hoo.be. In questo modo i&nbsp;creator&nbsp;ottengono depositi diretti rapidi e trasferimenti peer-to-peer più veloci, risolvendo nodi critici della gestione finanziaria.

Manifest ha inoltre siglato un accordo con Too Lost, piattaforma di distribuzione musicale al servizio di oltre 250.000 artisti ed etichette indipendenti in tutto il mondo. L’obiettivo è portare chiarezza finanziaria all’interno del settore musicale, dove i flussi di denaro sono spesso imprevedibili e la collaborazione è costante. Questa integrazione permette agli artisti di tracciare entrate diversificate, automatizzare pagamenti e gestire tutto da un’unica piattaforma.

Il music fintech è un settore in espansione, almeno per quanto riguarda il numero crescente di startup che stanno emergendo. In particolare, prima di Manifest Financial, aveva già fatto un po’&nbsp;di rumore Belong, fondata da&nbsp;Nick Holmstén&nbsp;(ex dirigente Spotify), che adotta un approccio opposto ma complementare: mette al centro i fans. L’idea è creare per loro un&nbsp;ambiente digitale sicuro e curato&nbsp;dove possano supportare i propri artisti preferiti, con contenuti esclusivi, community e interazioni privilegiate. Non si tratta di banking in senso tradizionale, ma di un ecosistema che consente agli artisti di monetizzare relazioni profonde attraverso offerte mirate ai superfans. Qui, il denaro non viene gestito per “fare impresa”, ma per&nbsp;alimentare appartenenza e supporto.

In sintesi, se&nbsp;Manifest&nbsp;si rivolge a chi&nbsp;genera valore e ha bisogno di strumenti professionali,&nbsp;Belong&nbsp;costruisce valore sul lato di chi&nbsp;lo sostiene. Entrambe nascono da una consapevolezza comune: il sistema bancario tradizionale è inadatto a gestire i flussi economici della nuova economia culturale digitale.

Manifest Financial, una app bancaria per creator

Un mercato in espansione: anche un ex Spotify nell'arena

La piattaforma di blockchain <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/audius-456828">Audius</a> ha siglato un accordo con il gruppo Downtown Music: la partnership, che interesserà sia le attività editoriali che quelle discografiche della società - <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751490/ue-indagine-antitrust-acquisizione-di-downtown-da-parte-di-umg">la cui acquisizione da parte di Universal Music sarà vagliata dalla Commissione Europea</a> - offrirà, secondo quanto spiegato da una nota congiunta delle due aziende - “un nuovo modo per gli artisti e le etichette di Downtown di entrare in contatto direttamente con i propri fan e controllare il modo in cui la loro musica viene monetizzata, andando oltre il tipico modello di streaming”.

"La ricca clientela di Downtown è una delle più stimate del settore e siamo entusiasti di offrirla alla comunità di Audius", ha dichiarato Roneil Rumburg, co-fondatore e CEO di Audius: "Quando artisti ed etichette discografiche possono mantenere il pieno controllo su come il loro lavoro viene condiviso e monetizzato, e i fan possono supportare direttamente la musica che amano, tutti vincono".

"La nostra missione è quella di dare potere alla creatività, e ci impegniamo a fornire ai nostri artisti, ai autori e alle aziende che lavorano con loro opportunità innovative per entrare in contatto diretto con i fan e guadagnare di più dalla loro musica”, ha aggiunto Harmen Hemminga, VP Product &amp; Services Strategy di Downtown Music: "Audius apre nuove porte al coinvolgimento creativo dei fan e alla monetizzazione, mettendo il controllo nelle mani di artisti e detentori dei diritti. Siamo entusiasti di vedere come i cataloghi dei nostri clienti prospereranno in questo ecosistema unico".

Audius, un accordo con Downtown Music

‘Un nuovo modo per artisti ed etichette di entrare in contatto con i propri fan’

Il fermento dell’innovazione musicale non è prerogativa dei grandi hub internazionali. Anche in Italia, negli ultimi anni, è cresciuto un tessuto di startup che si muove con originalità tra creatività, tecnologia e impatto.

Nel contesto più ampio, il nostro paese non spicca per fertilità quando si parla di startup: la distanza tra idea, mercato e capitale talvolta è troppo vasta.

Dunque le nuove imprese che sorgono all’incrocio tra tecnologia e musica si muovono a volte con budget contenuti compensati da idee molto chiare. Sono realtà che stanno cercando di costruire soluzioni che rispondano a bisogni specifici del sistema musicale italiano: inclusione, sostenibilità, accessibilità, educazione, autonomia degli artisti. Con approcci spesso più umani che scalabili, ma proprio per questo distintivi.

Come nella prima parte di <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/startup-musicali-lo-speciale-di-rockol-musicbiz-503780">questo speciale</a>, ecco una rassegna delle tendenze principali in merito.

<h3>Dove si investe</h3>

Accessibilità, impatto e musica per tutti 
Alcune startup italiane si distinguono per un forte impegno sul piano sociale e sensoriale. È il caso di Rippotai, con il suo “Soundpotai” che trasforma la musica in vibrazione per i non udenti, o di Attitude Recordz, che dà voce a giovani provenienti da contesti svantaggiati. Iniziative selezionate, non a caso, anche da programmi come Get it! 4 Music.

Educazione, performance e realtà immersiva 
Progetti come ÆXTHESIA LAB o Fortissimo (quest’ultima rivolta all’insegnamento scolastico della musica) puntano a esperienze multisensoriali e a nuove forme di apprendimento musicale. Mentre startup come Music City esplorano il metaverso con ambienti in cui la performance dal vivo si fonde con il gaming e la socialità digitale.

Promozione intelligente e dati al servizio degli artisti 
Anche in Italia si affacciano strumenti di supporto digitale agli artisti indipendenti. Matchfy.io, per esempio, automatizza il contatto tra artisti e curatori di playlist; Audacia Innovations offre analisi cross-platform per ottimizzare le strategie sui social. Sono soluzioni orientate alla crescita organica, spesso nate da esperienze dirette nel music business.

Etichette indipendenti 2.0 
Alcune startup, come Fankee o Needa, reinventano il ruolo dell’etichetta discografica con approcci più snelli, cooperativi o community-based. La loro forza è nella prossimità con l’artista, nell’ascolto e nella capacità di offrire non solo servizi ma accompagnamento.

Fan economy e interazione dal basso 
Wudstock (ex Muni) si muove nel campo del fan gaming, unendo intrattenimento e fedeltà. Ticketoo, invece, affronta il mercato della biglietteria con un approccio etico e orientato alla lotta al secondary ticketing.

<h3>I protagonisti</h3>

La scena italiana delle startup musicali si muove con uno stile proprio: meno orientata all’hypergrowth, più attenta a impatti concreti, radicata nei bisogni locali ma non priva di visione. Se sul fronte tecnologico l’Italia può apparire meno aggressiva rispetto ai colossi internazionali, sul piano dei valori, della sostenibilità e dell'inclusione culturale, si gioca un ruolo non secondario. E racconta un altro modo di innovare la musica: con competenza, empatia e senso di comunità.

In rigoroso ordine alfabetico segnaliamo:

ÆXTHESIA LAB 
Fondata: 2024 
Fonde arte, musica e tecnologia immersiva per creare esperienze multisensoriali. Sviluppa installazioni e ambienti virtuali immersivi.

Attitude Recordz 
Fondata: 2023 
Etichetta indipendente che supporta giovani provenienti da contesti svantaggiati, offrendo accesso a studi, videoclip e distribuzione.

Audacia Innovations 
Fondata: 2021 
Fondatori: Luca Stante, precedentemente Country Manager di Ingrooves (Universal Music) e al vertice di Believe Digital e Tunecore in Italia. 
Investitori: Non disponibili 
Analisi avanzata di dati per artisti ed etichette. Aggrega insight da Spotify, YouTube, TikTok, Instagram per supportare strategie digitali. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/audacia-innovations-489783">Ecco dove ne abbiamo parlato</a>

Fankee 
Fondata: 2023 
Etichetta discografica digitale guidata dalla community. Consente agli artisti di concentrarsi sulla creatività mentre Fankee gestisce promozione e accesso al mercato. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/fankee-497184">Ecco dove ne abbiamo parlato</a>

Forte! 
Fondata: 2023 
Piattaforma collaborativa in cloud per musicisti. Offre strumenti per la produzione, archiviazione e condivisione di contenuti musicali.

HAT Music (Get it! 4 Music) 
Fondata: 2024 
Piattaforma che connette artisti emergenti con professionisti musicali tramite algoritmi di matchmaking.

Matchfy.io 
Fondata: 2022 
Fondatori: Paolo Mantini, musicista e imprenditore bresciano 
Investitori: Matchfy ha ottenuto un finanziamento di 2 milioni di euro, guidato dal family office di Donato Romano. 
Piattaforma AI-driven per la promozione musicale. Connette artisti a curatori di playlist e media tramite automazione intelligente. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/matchfy-495429">Ecco dove ne abbiamo parlato</a>

Music City 
Fondata: 2022 
Primo metaverso italiano dedicato alla musica, dove artisti e fan possono partecipare a concerti ed eventi immersivi.

Nebula (nebu.la) 
Fondata: 2020 
Fondatori: Alessandro De Luca, Fuad Hawit 
Trasforma la musica in asset d'investimento. Usa AI e blockchain per condividere royalties musicali con i fan.

Needa 
Fondata: 2022 
Etichetta indipendente e società editoriale focalizzata su scouting e sviluppo di artisti emergenti.

Rippotai S.r.l. SB 
Fondata: 2020 
Crea Soundpotai, pouf musicale che trasforma il suono in vibrazioni. Rende la musica accessibile anche ai non udenti.

Ticketoo 
Fondata: 2022 
Fondatori: Simone Serani e Andrea Giorgi 
Investitori: Round da €400.000 nel 2024 (Digital Magics, Innova Venture, Opificio137, Metatron, Mirko Faiozzo) 
Marketplace etico per la rivendita di biglietti tra fan, combatte il bagarinaggio offrendo un ambiente sicuro e trasparente. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/ticketoo-496197">Ecco dove ne abbiamo parlato</a>

Volumio 
Fondata: 2023 
Sviluppa software e hardware open-source per la riproduzione musicale hi-fi, destinati ad audiofili e professionisti.

Wudstock (ex Muni) 
Fondata: 2019 
Sviluppa 'fan games', esperienze interattive personalizzate basate sulle abitudini dei fan, unendo musica, gaming e fan engagement.

Startup musicali italiane, tra concretezza e visione

Dal fan engagement alla promozione intelligente al metaverso: uno sguardo sull’innovazione musicale

La nuova divisione di Audius è una piattaforma dedicata ai superfan, ma non nel senso canonico del termine: sono loro i destinatari dei prodotti che verranno creati da Audius Agency, ma la nuova realtà è di fatto un tramite. Il suo scopo, infatti, è mettere in contatto artisti e developer per creare prodotti&nbsp;riservati al pubblico più affezionato.

Audius Agency, che si promette di creare "un'esperienza totalmente customizzata che incarni la vostra visione artistica", serve affinché gli artisti e i loro team trovino la figura più adatta a sviluppare le loro idee: player audio, merchandising, NFT,&nbsp;interazioni in tempo reale, piattaforme di crowdsourcing, app e chi più ne ha, più ne metta. A capo del progetto un vero esperto del web3: Jesse Grushack, che fu responsabile di "Once Upon a Time in Shaolin" l'album in copia unica del Wu-Tang Clan pubblicato nel 2015 e a suo tempo venduto per 4 milioni di dollari.

&nbsp;

Audius Agency: developer e artisti al servizio dei superfan

La piattaforma mette in contatto le due categorie per creare nuovi tool dedicati al pubblico

L’innovazione musicale da tempo non nasce più (solo) nei laboratori delle major, ma si sviluppa nei team agili delle startup. A ogni angolo del globo, imprenditori e sviluppatori stanno immaginando nuove modalità per creare, distribuire, monetizzare e vivere la musica. Le startup musicali stanno diventando un laboratorio permanente per il futuro dell’industria: anticipano tendenze, testano soluzioni, rompono schemi. Guardare a ciò che succede in questo ecosistema significa cogliere in anticipo dove sta andando la musica. Ecco una rassegna delle principali tendenze, delle nuove società che le hanno determinate nell’ultimo triennio e un riepilogo di dove stanno puntando: tutti – artisti, label, investitori – sono chiamati a porre attenzione.

Dove si investe 
 
Il mondo della finanza - dagli angel investor al venture capital, dai family office al private equity - ha riconosciuto da tempo alla musica una capacità di creare valore e di rappresentare una asset class a sé stante. Ma i capitali di rischio, ove possibile, oggi continuano ad essere attratti soprattutto dal punto di incontro tra la tecnologia e l’industria musicale. Spesso fungono da cuscinetti e da interpreti necessari per incentivare il dialogo tra due culture che parlano linguaggi diversi e perseguono obiettivi antitetici: innovazione e mantenimento dello status quo. In particolare, ecco cinque macro-tendenze: 
 
AI Music Creation 
L’intelligenza artificiale è il motore più potente del cambiamento. Startup come Suno, Udio, Boomy o Riffusion permettono a chiunque di generare brani originali da un semplice prompt. L’intelligenza artificiale compone, canta, produce, e sta ridefinendo i confini dell’autorialità. Problemi da risolvere? Molti, e seri. 
 
Web3 e proprietà condivisa 
Le piattaforme JKBX, AnotherBlock o Arpeggi aprono alla possibilità di acquistare quote di diritti musicali, frazionare royalties, rendere la musica un asset da possedere, collezionare o scambiare. L’approccio decentralizzato trasforma i fan in micro-investitori. Chiamiamolo MusicTech. 
 
Dati, insight, infrastruttura 
Startup come Audioshake, Beatchain e MusicInfra lavorano dietro le quinte per migliorare gestione, distribuzione, trasparenza e tracciamento dei contenuti musicali. L’analisi dei dati diventa leva strategica per artisti e label. Un lavoro potenzialmente più prezioso di quanto potrebbe apparire, considerando la progressiva frammentazione e segmentazione nell’offerta globale dello streaming. 
 
Creator tools e fan engagement 
Tool come Splice, Pibox, BeatConnect, ma anche piattaforme come Gamma o Character.AI, offrono spazi di creazione e interazione pensati per creator digitali, producer indipendenti e community globali. 
 
Live, sync, esperienze immersive 
La dimensione esperienziale non è trascurata: startup come Playback, Bronze o Human Native esplorano nuovi formati per l’ascolto immersivo e la performance digitale. Il confine tra gioco, arte, musica e realtà virtuale si fa sempre più sfumato.

I protagonisti 
 
La scena delle music startups è cangiante per sua natura: solo una minoranza di esse, statisticamente, riesce a trasformarsi in scale up per poi assestarsi.&nbsp; 
Le startup musicali internazionali stanno lavorando in modo trasversale su tutta la catena del valore: dalla produzione alla fanbase, dai metadati all’esperienza. In questo scenario fluido e sperimentale, la loro forza è l’agilità, la loro risorsa il rischio, la loro missione l’innovazione. Alcune falliranno, altre saranno acquisite, molte verranno imitate. Ma tutte, oggi, rappresentano uno specchio lucidissimo del futuro possibile della musica. 
In rigoroso ordine alfabetico segnaliamo:

AIMI 
Fondata: 2022 
Generatore musicale AI per performance dal vivo, meditazione o ambient music personalizzata. 
 
AnotherBlock 
Fondata: 2022 
Permette di acquistare frazioni di diritti musicali (royalties) tramite NFT con licenze reali. 
 
Arpeggi 
Fondata: 2023 
Piattaforma di creazione e distribuzione musicale su Web3, con tracciabilità creativa sulla blockchain. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/arpeggi-labs-488940">Ecco dove ne abbiamo parlato</a> 
 
Audioshake 
Fondata: 2022 
Scomposizione di brani in stems utilizzando AI per sincronizzazione, remix e karaoke. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/audioshake-484657">Ecco dove ne abbiamo parlato</a> 
 
Beatchain 
Fondata: 2023 
Dashboard di analisi e promozione automatizzata per artisti emergenti e manager. 
 
BeatConnect 
Fondata: 2023 
DAW collaborativo che consente produzione musicale remota in tempo reale. 
 
Bonsai 
Fondata: 2023 
AI assistant per creativi, incluso chi lavora nella musica, per generare testi e idee. 
 
Boomy 
Fondata: 2022 
Consente a chiunque di creare canzoni originali in pochi secondi usando l'intelligenza artificiale. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/boomy-482695">Ecco dove ne abbiamo parlato</a> 
 
Breakr 
Fondata: 2025 
Piattaforma per promuovere la musica emergente con campagne basate su dati. 
 
Bronze 
Fondata: 2022 
Motore audio generativo che crea versioni infinite e dinamiche di una traccia musicale. 
 
Character.AI 
Fondata: 2023 
Non nata per la musica, ma usata da creator per simulare dialoghi con artisti o icone musicali. 
 
Clouty 
Fondata: 2023 
Analisi dati e insight per artisti e creator per monetizzare engagement e visibilità. 
 
DrumRole Co 
Fondata: 2025 
Strumenti musicali digitali che fondono tecnologia e artigianato musicale giapponese. 
 
Duetti 
Fondata: 2023 
Marketplace che consente agli artisti di monetizzare cataloghi musicali vendendone una quota a investitori. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/duetti-startup-496525">Ecco dove ne abbiamo parlato</a> 
 
Gamma 
Fondata: 2023 
Nuova media company fondata da Larry Jackson, unisce label, marketing e creazione contenuti in chiave digitale. 
 
Gigmor 
Fondata: 2022 
Piattaforma che connette musicisti e band a venue e promoter per booking live. 
 
Highnote 
Fondata: 2024 
Collaborazione in tempo reale per artisti, con strumenti di feedback e condivisione creativa. 
 
Hook 
Fondata: 2025 
Connette artisti emergenti con produttori e manager musicali per creare collaborazioni mirate. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/hook-170395">Ecco dove ne abbiamo parlato</a> 
 
Human Native 
Fondata: 2024 
Startup che esplora l’interazione tra musica e identità digitale in ambienti immersivi. 
 
Jukebox (ex JKBX) 
Fondata: 2023 
Marketplace che consente di investire in royalty musicali come fossero azioni. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/jkbx-490213">Ecco dove ne abbiamo parlato</a> 
 
Session 
Fondata: 2022 
Fondata da Björn Ulvaeus (ABBA), semplifica la gestione dei metadata e diritti per collaborazioni musicali. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/session-187326">Ecco dove ne abbiamo parlato</a> 
 
MelodAI 
Fondata: 2025 
Strumenti AI per la composizione assistita, progettati per produttori e compositori. 
 
Moises 
Fondata: 2022 
App che usa AI per separare tracce audio (voce, strumenti) e fornire strumenti didattici ai musicisti. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/moisesai-491479">Ecco dove ne abbiamo parlato</a> 
 
Musical AI 
Fondata: 2025 
Generazione automatica di brani e arrangiamenti tramite intelligenza artificiale. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/musical-ai-498763">Ecco dove ne abbiamo parlato</a> 
 
MusicInfra 
Fondata: 2025 
Infrastruttura per distribuzione e analisi di dati musicali al servizio di artisti e label. 
 
Notes.fm 
Fondata: 2025 
Piattaforma che consente agli artisti di condividere e monetizzare la musica con una community interattiva. 
 
Pibox 
Fondata: 2023 
Sistema collaborativo per team musicali che include workspace, revisioni e commenti su progetti audio. 
 
Playback 
Fondata: 2025 
Offre esperienze musicali immersive che permettono interazione creativa con i contenuti. 
 
Riffusion 
Fondata: 2024 
Utilizza AI per generare musica da immagini sonore (spectrogrammi), creando nuove modalità di composizione. 
 
RSDL.io 
Fondata: 2024 
Protocollo Web3 per la gestione e licenza trasparente dei contenuti audio in ambienti decentralizzati. 
 
Splice 
Fondata: 2013 – pivot: 2022 
Ormai una scale-up, tuttavia nel 2022 ha evoluto la sua identità da piattaforma di sample sharing a ecosistema completo per la creazione musicale professionale, preparandosi ad affrontare una nuova generazione di concorrenti (soprattutto AI-native). 
 
Suno 
Fondata: 2023 
Generatore musicale AI che crea brani completi da semplici prompt testuali, includendo testo, melodia e voce. La parte di addestramento dei suoi dati è al centro delle controversie con l’industria musicale. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/suno-ai-499125">Ecco dove ne abbiamo parlato</a> 
 
ThatTrack 
Fondata: 2024 
Permette di vendere beat, loop e campioni musicali in modalità on-demand, con licenze integrate. 
 
Tune.FM 
Fondata: 2024 
Streaming musicale su blockchain che paga in tempo reale gli artisti per ogni stream. 
 
Udio 
Fondata: 2024 
Startup rivale di Suno focalizzata sulla generazione di brani vocali e musicali tramite AI, con output di alta qualità. 
<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/udio-ai-497194">Ecco dove ne abbiamo parlato</a>

Startup musicali: l’innovazione incontra il futuro della musica

AI, blockchain, fan economy, nuovi modelli di monetizzazione: un’industria ridefinita dal basso

Più che concentrarsi sulle domande che l’industria musicale moderna si pone, per una volta vale la pena accendere un riflettore su dove - e come - si stanno cercando le risposte, a queste domande. Le cronache ci insegnano, ogni giorno di più, che anche le corazzate multinazionali dell’industria musicale, un tempo unico laboratorio designato a modellare il futuro del settore, oggi si affidano alle startup per ottimizzare e far evolvere il proprio business. Produzione, distribuzione, fruizione e monetizzazione: non c’è anello della filiera che collega lo studio dell’autore alle auricolari degli ascoltatori che non sia terreno di studio per creativi e imprenditori, sempre più impegnati nell’immaginare nuove vie più praticabili, sostenibili e - ovviamente - redditizie.

Il panorama delle startup musicali, come del resto quello di tutte le altre realtà che si collocano in questo segmento, è estremamente complesso e sfaccettato, perché posizionato strategicamente - ma non sempre comodamente - tra arte, tecnologia e finanza, tre poli che spesso interagiscono ma non sempre si parlano, almeno direttamente. In questo senso, è la distanza tra idee, mercato e capitale a fare la differenza: laddove è presente una cultura imprenditoriale più votata al rischio - le startup, è bene ricordarlo, hanno nel proprio dna tanto sperimentazione che profitto - il terreno di coltura si rivelerà certamente più favorevole alla nascita e al fiorire di nuove realtà pronte a diventare scale-up e a rivoluzionare il settore.

Su quali fronti, quindi, sono attive le startup più promettenti a livello internazionale? Quali sono i meccanismi che regolano questo particolare comparto, capace di conquistare i titoli dei media generalisti - si veda, su tutti, i casi di Udio e Suno in tema di intelligenza artificiale - e, allo stesso tempo, si essere sottorappresentato, almeno per quanto riguarda le sue dinamiche più peculiari? Quali sono - e perché esistono - le differenze che separano lo scenario italiano da quello internazionale?

<div class='embed'><img src="https://images.rockol.it/74zR0sn7FSxOvJlHX_AEabRyXFE=/700x0/smart/rockol-img/img/foto/upload/gplinkedinstartup.jpg" alt="https://images.rockol.it/74zR0sn7FSxOvJlHX_AEabRyXFE=/700x0/smart/rockol-img/img/foto/upload/gplinkedinstartup.jpg" title="https://images.rockol.it/74zR0sn7FSxOvJlHX_AEabRyXFE=/700x0/smart/rockol-img/img/foto/upload/gplinkedinstartup.jpg" class="img-responsive" /></div>

“Le startup italiane nella musica, e nella cultura più in generale, non mancano decisamente di idee, creatività o passione, ma dove spesso inciampano è nella mancanza di connessioni abilitanti e strutturate tra tre elementi chiave: denaro, visione e sistema”, <a href="https://www.linkedin.com/feed/update/urn:li:activity:7317108450642042880/" target="_blank">ha spiegato</a>&nbsp;il fondatore e CEO di Rockol Giampiero Di Carlo: “Il risultato è un cortocircuito: la cultura innova, ma non scala. E un Paese ricco di talento rischia di perdere opportunità decisive perché le startup culturali soffrono di isolamento sistemico”.

Nel corso delle prossime settimane Rockol MusicBiz dedicherà al mondo delle startup musicali uno speciale a puntate, con focus sulle realtà internazionali, su quelle nazionali, sui potenziali, futuri sviluppi del settore e sui meccanismi che lo regolano. E, soprattutto, su quello che succederà poi, a partire da casa nostra. Perché crediamo che l’innovazione musicale abbia bisogno di attenzione, visibilità e racconto.

Restate sintonizzati.

Startup musicali, lo speciale di Rockol MusicBiz

Tra estero e Italia, uno sguardo approfondito su chi (e come) sta immaginando il futuro. Oggi…

ADA, ramo di Warner Music dedicato ai servizi per artisti ed etichette, ha acquisito RSDL.io, startup musicale che fornisce una contabilità automatizzata e una visione semplificata dei flussi di entrate, “consentendo di gestire in modo efficiente la propria attività”.

"La tecnologia all'avanguardia di RSDL.io affronta direttamente le complesse esigenze di artisti ed etichette indipendenti”, ha dichiarato Cat Kreidich, Presidente di ADA: “L'integrazione di questa piattaforma nella rete della nostra azienda migliora la nostra capacità di fornire soluzioni pratiche ai nostri partner in tutto il mondo".

Fondata dagli esperti di tecnologia Mike Holmes, Jim Sella e Bill Sella (entrambi ex Cisco) e dai veterani dell'industria musicale Alex Brahl (S7 Management) e Shep Goodman (autore e produttore multi-platino), RSDL.io - secondo la nota diffusa da Warner Music - “unisce la tecnologia aziendale con la sensibilità dell'industria musicale moderna. Con una suite completa di funzionalità, lo strumento facilita senza problemi i pagamenti, gestisce le suddivisioni e i recuperi e consente funzionalità e approfondimenti di pagamento multilivello per artisti e collaboratori”.

Holmes (fondatore e CEO) si unirà al team tecnico di WMG alla guida delle soluzioni di prodotto per RSDL.io, insieme a Sella (fondatore e CTO), che avrà un ruolo chiave nell'integrazione dell'applicazione nell'ecosistema ADA e nell'aggiunta di una nuova roadmap di funzionalità.

L’annuncio dell’acquisizione di RSDL.io pare contraddire le <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750617/servizi-per-artisti-wmg-dice-basta-allo-shopping-e-concord">dichiarazioni rese poco più di una settimana fa dal CEO di WMG Robert Kyncl</a>, che nel corso di un evento organizzato da Morgan Stanley aveva detto di non aver più bisogno di investire per potenziare le offerte della divisione dedicata ai servizi del gruppo.

Warner Music, ADA acquisisce la startup RSDL.io

La divisione dedicata ai servizi della major continua a investire

In un bimestre nel quale la borsa americana ha regalato prima un’impennata grazie alle attese generate dell’amministrazione Trump su tecnologia e mondo&nbsp;crypto&nbsp;per poi crollare, paradossalmente, per la stessa ragione, gli investitori continuano a dare fiducia all’industria musicale, sia negli Stati Uniti sia in Europa (dove, invece, le azioni continuano a salire).&nbsp;

La quale industria musicale deve forse ringraziare un po’ anche le vette senza precedenti raggiunte dai finanziamenti medi concessi nel comparto della Gen AI, al cui paragone i reperimenti di capitali richiesti per rendere operative le startup del nostro settore suonano ormai… abbordabili.

L’impressione è che alcune delle segnalazioni che seguono confermino certi tratti evolutivi del music business, in cui lo streaming, la distribuzione, le edizioni e il marketing sono interessati a graduali cambi di paradigma intercettati al meglio da alcune aziende tecnologiche di recente fondazione. Le visioni delle quali, a loro volta, non vengono più captate solo dai radar dei VC e del private equity, ma anche da soci industriali promettenti, dotati di grandi risorse e grandi entrature. Propongo quattro esempi di stretta attualità.

Il modello del socio industriale riguarda il caso di&nbsp;Empire, che ha acquisito&nbsp;una quota nella startup di&nbsp;tech-marketing&nbsp;Un:hurd Music. La missione di questa startup britannica consiste&nbsp;nell’aiutare gli artisti e i loro team ad&nbsp;automatizzare le campagne di marketing.&nbsp;L'etichetta indipendente&nbsp;Empire, che nel 2024 si è imposta all’attenzione degli addetti ai lavori e nelle zone altissime delle classifiche di vendita con una serie di operazioni azzeccate, in primis con la super hit dell’anno “A bar song (tipsy)” di Shaboozey,&nbsp;è entrata in&nbsp;Un:hurd&nbsp;nell'ambito di una&nbsp;partnership strategica&nbsp;più ampia tra le due aziende. Il suo investimento si somma a quelli di&nbsp;Willard Ahdritz, fondatore di&nbsp;Kobalt, e del fondo di investimento di&nbsp;Dan Runcie, creatore di&nbsp;Trapital. I due imprenditori formano insieme a Ghazi, fondatore e CEO 48enne di Empire, un’avanguardia di imprenditori musicali di superlativa caratura. La notizia dell’investimento di&nbsp;Empire&nbsp;è arrivata in concomitanza con il lancio della nuova funzione di&nbsp;Un:hurd, guidata dal CEO&nbsp;Alex Brees:&nbsp;uno strumento per la&nbsp;gestione del ciclo di rilascio&nbsp;degli artisti, che fornisce consigli e modelli per le strategie promozionali.

Se l’ammontare del suddetto investimento non è stato reso noto, è invece noto quello di&nbsp;Mngrs·ai, che ha&nbsp;chiuso&nbsp;un round di finanziamento da 1 milione di euro dopo aver raggiunto 2.500 artisti.&nbsp;La startup francese è stata lanciata all’inizio del 2024 come un servizio di&nbsp;music management basato sull’intelligenza artificiale, partendo con uno strumento per&nbsp;generare piani di rilascio. Il co-fondatore&nbsp;Alexandre Deniot&nbsp;ha&nbsp;dichiarato in un post su LinkedIn che tra gli investitori del primo round figurano&nbsp;"leader dell’industria musicale e celebrità del mondo dello sport". Se lo&nbsp;strumento per la pianificazione delle uscite musicali&nbsp;è stato il primo prodotto dell’azienda, le sue ambizioni vanno ben oltre:&nbsp;supportare&nbsp;gli artisti indipendenti&nbsp;nella gestione del&nbsp;coinvolgimento dei fan, delle prenotazioni live, delle promozioni, nonché dei pagamenti e dei contratti.

E poi c’è il sync.&nbsp;

Il primo caso nel comparto riguarda la startup olandese&nbsp;Ringo, che ha raccolto 350.000 euro di finanziamento pre-seed nel 2023 per sviluppare una piattaforma di licenze sync potenziata dall’intelligenza artificiale. Attualmente il servizio è disponibile in fase beta pubblica. Già utilizzata da agenzie pubblicitarie come BBDO e Wieden+Kennedy, la piattaforma mira a semplificare e automatizzare il processo di licenza per la sincronizzazione musicale. Il modello proposto è un processo in tre fasi:

<ol>
	<li>Caricamento di una playlist di Spotify</li>
	<li>Inserimento dei termini di utilizzo</li>
	<li>Ricezione immediata di un preventivo.</li>
</ol>

Ringo, guidata dal co-fondatore Marcel Alexander Wiebenga, punta a supportare autori e artisti che, non potendo contare su introiti significativi dallo streaming, stanno puntando sulla sincronizzazione come principale fonte di reddito.

Il secondo caso è quello della piattaforma di sincronizzazione&nbsp;SourceAudio,&nbsp;che&nbsp;collabora con la startup di&nbsp;AI-tagging&nbsp;Cyanite,&nbsp;specializzata nella&nbsp;ricerca musicale:&nbsp;SourceAudio utilizzerà la tecnologia di Cyanite per la sua libreria di oltre&nbsp;33 milioni di brani, mentre Cyanite userà SourceAudio come piattaforma di distribuzione&nbsp;ai suoi clienti nuovi ed esistenti. SourceAudio sta puntando&nbsp;molto&nbsp;sulle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale&nbsp;e, oltre all’accordo con Cyanite, ha recentemente lanciato una suite di strumenti di musica generativa chiamata&nbsp;SongLab, addestrata su musica con licenza&nbsp;(e&nbsp;già salita alla ribalta in passato quando nel 2023 aveva intentato una causa contro&nbsp;Utopia Music&nbsp;per un accordo di acquisizione fallito).

SourceAudio si definisce un "sync DSP", una piattaforma che collega i cataloghi dei detentori dei diritti musicali con chi desidera concedere musica in licenza. SongLab, secondo quanto dichiarato, è stata addestrata su un dataset completamente autorizzato di 14 milioni di brani, oltre a 19 milioni di versioni alternative e stem.&nbsp;Afferma che, ogni volta che SongLab viene utilizzato per creare nuove tracce, gli artisti originali ricevono diritti frazionari basati sul contributo delle loro canzoni alla composizione finale – permettendo loro di guadagnare non solo dal training dell’IA, ma anche dai brani generati.&nbsp;Interessanti, infine, gli strumenti di SongLab per tradurre i testi delle canzoni, adattare rapidamente i brani per l’uso in sincronizzazione e, soprattutto,&nbsp;“AudioGuard”, una funzione innovativa che impedisce alla AI di addestrarsi sui brani, aggiungendo un componente audio impercettibile agli esseri umani ma in grado di confondere i sistemi di AI.&nbsp;

La panoramica si chiude con una ‘scale up’,&nbsp;la società di music-fintech&nbsp;Jkbx&nbsp;che si è ribattezzata&nbsp;Jukebox&nbsp;e ha nominato un nuovo CEO. L’azienda fondata per vendere quote di royalty sulle canzoni ha nominato infatti Mike Coppola, un veterano del settore tecnologico e&nbsp;angel investor, come nuovo amministratore delegato. Coppola prende il posto di Scott Cohen, che era entrato in azienda come CEO nell’ottobre 2022, poco prima del lancio della piattaforma. Secondo il suo profilo LinkedIn, Cohen ha lasciato la società nel gennaio di quest’anno. Coppola eredita un’azienda che offre quote di royalty su oltre 60.000 brani, che secondo la società rappresentano un valore di oltre 6 miliardi di dollari in royalty musicali.

Tra gli investitori di Jukebox figurano Live Nation, il cantautore Ryan Tedder e una importante piattaforma di streaming musicale globale, il cui nome non è stato ancora rivelato.

Se utilizzassimo le emoj, qui ce ne starebbe bene una…

Music startups tra AI, royalties, marketing, sync: i protagonisti

Un primo bimestre 2025 scoppiettante, sia in Europa che in U.S.A.

Pibox, startup americana con sede a Los Angeles sviluppatrice di una piattaforma dedicata alle collaborazione musicali a distanza, ha chiuso un round di finanziamento da 1,2 milioni di dollari: tra gli investitori sono presenti Presto Ventures, Globalive Capital e Startup Wise Guys.

L’azienda guidata dal CEO Ivan Talaichuk ha fatto sapere di voler impiegare i fondi raccolti per espandersi sul mercato statunitense e soddisfare le crescenti esigenze dei clienti nei settori musicale, radiofonico e pubblicitario.

Tra gli attuali clienti di Pibox - che in passato aveva già ricevuto il sostegno di&nbsp;Google for Startups - figurano Sony Music Publishing, Universal Music Publishing Group, Epidemic Sound e Bleeding Fingers.

Pibox, un round di finanziamento da 1,2 milioni di dollari

Dopo il sostegno di Google la startup si guadagna la fiducia degli investitori

Continuano a piovere dollari su Duetti, la startup di investimenti del settore musicale fondata dall'ex direttore operativo di TIDAL, Lior Tibon, e da un ex dirigente di Apple Music Business Development, Christopher Nolte: dopo i round di finanziamento da <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-737146/duetti-finanziamento-di-32-milioni-di-dollari">32 milioni di dollari</a> (chiuso nel maggio dello scorso anno) e da <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-742569/duetti-finanziamento-da-90-milioni-di-dollari">90 milioni</a> (finalizzato all’inizio di quest’anno), la società ha annunciato di aver ricevuto altri 114 da parte di una cordata di investitori costituita da - tra gli altri - Flexpoint Ford, Nyca Partners e Viola Ventures.

"Crediamo di essere all'avanguardia nell'educazione dei mercati finanziari sul significativo valore a lungo termine del settore musicale indipendente", ha commentato Tibon: "Il numero di artisti indipendenti sta crescendo a un ritmo mai visto, e Duetti è qui per garantire loro l'accesso a soluzioni di finanziamento differenziate. Duetti sarà ora in grado di utilizzare fonti di finanziamento più diversificate ed efficienti, consentendoci di espanderci in modo significativo e offrire più opzioni di finanziamento per gli artisti indipendenti, al di fuori dell'ecosistema delle major".

"Siamo orgogliosi di supportare Duetti, una delle aziende di diritti musicali in più rapida crescita negli ultimi anni, e il suo approccio innovativo al finanziamento musicale per dare potere agli artisti indipendenti", ha aggiunto Mike Morris, MD di Flexpoint Ford: "Vediamo un enorme potenziale nella capacità di Duetti nel fornire soluzioni scalabili e supportate dai dati che rispondono alle esigenze in continua evoluzione dei musicisti di oggi, e non vediamo l'ora di vedere gli entusiasmanti piani di crescita dell'azienda".

Duetti, ancora finanziamenti per 114 milioni di dollari

Dopo due round rispettivamente da 90 e 32 milioni

E’ un profilo di startupper piuttosto atipico quello di Paolo Mantini, founder e CEO di <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/matchfy-495429">Matchfy</a>, piattaforma che offre un programma di promozione sul mercato digitale connettendo i creator con i curatori di playlist su Spotify e gli influencer su TikTok. Trentatré anni, diplomato in Conservatorio in contrabbasso, appassionato di elettronica e già al fianco - nelle veste di collaboratore musicale - di artisti di fama nazionale come Mr Rain (contribuendo alla realizzazione degli album “Petrichor” del 2021 e “Fragile” del 2022), Mantini si è fatto conoscere prima come co-founder di Clockbeats, società bresciana che controlla dieci studi di registrazione. Nel 2023 decide di “fare sul serio” fondando Matchfy, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-743755/matchfy-round-da-2-milioni-di-euro-per-la-startup-italiana">avviando un round di finanziamento che gli permette di raccogliere 2 milioni di euro</a>: nel 2024 la piattaforma si sgancia ufficialmente da Clockbeats, che ne cede le quote a una nuova entità - sempre fondata da Mantini, la Planet X, per aprire ai nuovi investitori e crescere ulteriormente. Con numeri, a oggi, decisamente promettenti, che parlano di un target di fatturato per fine 2024 a quota 600mila euro pronto ad alzarsi a 2 milioni di euro nelle proiezioni per fine 2025. L’ottimismo verso una crescita robusta si rispecchia nei dati relativi agli utenti, oggi superiori ai 73mila, 40mila dei quali ingaggiati dallo scorso gennaio, per un totale di oltre 10 milioni di “scambi” - ovvero segnalazioni di brani sulla piattaforma - registrati dall’inizio delle attività, dei quali oltre 4 milioni e 800mila registrati da gennaio 2024. Al di là dei numeri, resta la difficoltà di comunicare e spiegare la propria attività a chi opera su un panorama - quello del mercato musicale digitale - sempre più complesso. “La verità - dice Mantini - è che, dal punto di vista della qualità, molta della musica indipendente che oggi finisce sui DSP in Rete non dovrebbe nemmeno arrivarci. E’ da qui che nascono i problemi…”. 
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Ma partiamo dall’inizio: cos’è e come funziona Matchfy?

Matchfy.io è una piattaforma di matching tra curatori di playlist e creatori musicali.

Gli utenti possono accedere a Matchfy.io utilizzando il loro account Spotify. Una volta entrati, le loro playlist appariranno nella sezione dedicata dell’applicativo,&nbsp;diventeranno un elemento chiave per il funzionamento della piattaforma e verranno visualizzate nella sezione “Playlist” di Matchfy.io.

A questo punto, le playlist vengono analizzate utilizzando i dati ricevuti dalle API di Spotify, inclusi generi musicali, mood, popolarità dei brani e altro. Questa analisi permette di creare una “fingerprint” unica per ogni playlist, che sarà poi utilizzata dall’algoritmo di matching per far sì che le playlist siano visibili ad altri artisti alla ricerca di playlist compatibili con il loro stile musicale. 

È importante sottolineare che il 98% delle playlist su Matchfy.io sono private, quindi non visibili pubblicamente. Su Matchfy.io, queste playlist possono diventare visibili solo all’interno dell’algoritmo di matching, e quindi accessibili agli artisti che cercano playlist compatibili per promuovere la propria musica.

Quando un artista utilizza l’algoritmo di Matchfy, gli vengono mostrate le playlist di utenti che potrebbero apprezzare quel tipo di musica. Grazie all’analisi preventiva delle playlist, riduciamo drasticamente la possibilità di spam, capendo in anticipo se una playlist potrebbe essere adatta o meno alla musica dell’artista.

Una volta che un artista trova una playlist compatibile, può inviare una richiesta al suo curatore che potrà decidere se accettare la canzone nella propria playlist o rifiutarla, fornendo un feedback costruttivo all’artista per aiutarlo a migliorare.

I curatori delle playlist possono attivare la nostra AI, che analizzerà le playlist e deciderà automaticamente se accettare o rifiutare una canzone in base al livello di compatibilità impostato dall’utente. Questo consente ai curatori di scoprire nuova musica che si adatta ai loro gusti senza dover esaminare manualmente ogni richiesta, risparmiando così molto tempo. 
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Si sente spesso parlare di “manipolazione”, a proposito delle playlist: cos’è? 

La manipolazione su Spotify si riferisce a pratiche scorrette e non etiche volte ad alterare artificialmente i dati relativi a streaming, follower o classifiche per ottenere vantaggi, come visibilità o profitti. Questo fenomeno ha preso piede soprattutto tra il 2016 e il 2020, quando molte persone e aziende hanno iniziato a sfruttare le playlist pubbliche per attrarre artisti, promettendo loro maggiore visibilità e ascolti in cambio di denaro. Queste playlist avevano spesso migliaia o addirittura milioni di follower, ma la maggior parte di questi seguaci erano account falsi o ottenuti tramite pratiche ingannevoli. Gli artisti venivano quindi avvicinati e convinti a pagare per essere inseriti in queste playlist, con la promessa di un certo numero di streaming garantiti.

Gli ascolti fake sono generati in modo artificiale, utilizzando bot o account falsi per aumentare il numero di stream di una traccia senza che ci sia un reale ascoltatore dietro. Questo gonfia i numeri di ascolto senza offrire alcun valore reale all’artista in termini di fanbase o interazione autentica. L’idea è quella di far sembrare una canzone popolare, quando in realtà gli ascolti sono frutto di manipolazioni. Se la maggior parte degli stream proviene da bot, significa che la musica non raggiunge veri ascoltatori, minimizzando l’efficacia della promozione. 
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<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-740848/milano-music-week-2023-panel-oltre-le-fake-playlist">Alla Milano Music Week del 2023 hai presentato la tua startup</a> nel contesto della AI e della identificazione di <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/fake-streams-467666">fake streams</a> e fake playlist: cosa puoi dirci a proposito?

Su Matchfy.io abbiamo sviluppato un sistema di rilevamento avanzato che ci permette di identificare e bloccare immediatamente le aziende o gli utenti che utilizzano pratiche scorrette, come la manipolazione degli ascolti o l’uso di bot. Oltre a questo, gli utenti stessi hanno la possibilità di segnalare le playlist sospette tramite un sistema di flag, contribuendo a mantenere la community sempre più pulita e trasparente.

Quando riceviamo una segnalazione, interveniamo rapidamente ed eliminiamo l’utente o la playlist incriminata dalla piattaforma. 
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Sotto questo punto di vista, l’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/intelligenza-artificiale-434403">intelligenza artificiale generativa</a> diventerà un problema crescente: avete un filtro per bloccare questo genere di contenuti?

No. Al momento Spotify non segnala i contenuti generati con l’AI. Se lo facesse, per noi sarebbe semplicissimo: basterebbe un flag per poter bloccare tutto alla sorgente. Lo faremmo immediatamente. 
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D’altro canto capita sempre più spesso che DSP come Spotify <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-745917/technoir-streaming-farm-spotify-distributori-playlist">sospendano o cancellino dei contenuti dopo aver rilevato anomalie nell’andamento degli stream di certi cataloghi</a>: siete in contatto con i restanti anelli della filiera - distributori e DSP - per ovviare a questo problema?

Sono curioso per natura, cerco di sapere tutto su come vengono generati gli stream. Quando Spotify notifica degli stream fraudolenti, non ne specifica la provenienza: ciò non rende possibile a player come noi risolvere il problema alla radice. E, sempre sullo stesso tema, dai distributori riceviamo sempre risposte diverse, che - spiace dirlo - sono inconcludenti. In materia, tuttavia, anche presso la comunità creativa c’è molta ignoranza: quando è capitato a qualche artista promosso da noi, ho sempre chiesto di poter controllare personalmente la dashboard di Spotify for Artist (il tool di Spotify che offre agli iscritti come creator le statistiche di consumo del proprio repertorio, ndr) per fare delle verifiche. Quando l’accesso non ci viene accordato, nel 99% dei casi è molto probabile che sia stato l’artista stesso a fare qualche mossa avventata… 
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Ma siete in contatto ufficiale con Spotify? 

Sì, siamo in contatto diretto con il loro studio legale poiché la nostra applicazione è stata verificata come extended quota, il che significa che il nostro utilizzo è destinato al pubblico e conforme alle linee guida di Spotify. Questo riconoscimento ci permette di operare in modo legale e trasparente all’interno della loro piattaforma, garantendo che Matchfy.io utilizzi le API di Spotify in maniera sicura e conforme alle normative. 
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Qual è a tuo parere la sfida più ostica per un operatore come Matchfy sul mercato attuale?

Educare l’utenza è la parte più difficile di questo progetto. Chi capisce la nostra filosofia si trova bene, e la posizione di questa azienda su Trustpilot, con il 95% dei feedback sul servizio positivi, lo dimostra. Chi invece si accosta a noi con l’idea sbagliata si lamenta, e il nostro problema principale è proprio questo: molti artisti non riescono proprio a capire come ci si promuove in modo organico. Ecco, la sfida è cambiare la concezione di quale sia il metodo vincente per promuoversi su Spotify. Spiace dirlo, ma oggi molti artisti sono abituati a comprare gli stream su siti che in cambio di 50 euro offrono pacchetti con 20mila ascolti in omaggio. Quella di Matchfy.io è una concezione di promozione più tradizionale, che ancora funziona, cioè la costituzione di un network di persone, una fan base, perché quello dei fake stream è un problema enorme. Poi c’è un problema di qualità: il fatto che oggi si pubblichi tutto, senza alcun filtro, riempie i cataloghi dei DSP di brani inascoltabili, saturando il mercato. Come dicevo prima, un punto cruciale è che su Matchfy.io il 98% delle playlist sono private. Queste sono le playlist reali che le persone creano per ascoltare la musica nella vita quotidiana, al contrario delle playlist pubbliche che possono essere viste da chiunque, e proprio per questo motivo&nbsp;spesso sono sfruttate per vendere posizionamenti non autentici. Le playlist private sono ormai centinaia di migliaia. Non solo, forniamo anche agli utenti strumenti di analisi avanzati per monitorare l’andamento delle playlist. In questo modo, gli artisti possono valutare autonomamente se una playlist è affidabile o meno, contribuendo alla trasparenza dell’intero sistema. 
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Vi sentite parte di quell’ecosistema che viene danneggiato dal fenomeno dei fake stream?

Certo, ma curiosamente a me sembra che i primi che fanno fatica a considerarsi parte di questo ecosistema - e che lo sono più di chiunque altro -&nbsp;sono proprio certi artisti. Noi li chiamiamo, e gli spieghiamo che operiamo sulle playlist private e non su quelle pubbliche, segnalando dei case study che spiegano in modo molto chiaro i benefici della promozione organica rispetto agli espedienti fraudolenti. Una promozione fake ha un ramp improvviso, ma poi si ferma. Una promozione organica, invece, è continuativa: può dare una crescita con oscillazione dal 5% al 2% al mese, però - su base annuale - può fruttare il 20-30% in più. E lì che si gioca tutto. E farlo capire è la problematica maggiore. 
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Quali sono i concorrenti diretti di Matchfy.io?

I principali competitor di Matchfy.io sono piattaforme come Groover, Playlist Push, Daily Playlist e Sound Campaign. Sono tutte società che operano nel campo della promozione musicale e della connessione tra artisti e curatori di playlist, e che apprezzo molto per il loro lavoro. La maggior parte di queste piattaforme è nata all’incirca nello stesso periodo di Matchfy.io, e offrono soluzioni simili, ognuna con le proprie peculiarità e approcci. 
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Quali credi che siano i vostri principali punti di forza e distintivi?

Uno dei maggiori punti di forza di Matchfy.io rispetto ai concorrenti è la scalabilità, oltre all’assenza di limiti per quanto riguarda il numero di utenti coinvolti. Ogni utente, sia esso artista, curatore o semplice ascoltatore, ha un ruolo attivo nella piattaforma. Questo crea un ambiente aperto e inclusivo, dove anche persone che magari non hanno ruoli tradizionali nell’industria musicale, che si loggano e ascoltano musica, possono fornire un contributo prezioso. Questo confronto diretto con gli artisti offre un valore unico sia per gli ascoltatori che per i creatori di contenuti.

Grazie a questo approccio, Matchfy.io è diventata la piattaforma con il più alto numero di potenziali curatori al mondo, contando oggi più di 70.000 curatori e artisti che collaborano quotidianamente. Questa rete ampia permette di connettere artisti con ascoltatori reali e appassionati, aumentando le opportunità di promozione autentica della musica.

Un altro punto di forza è il prezzo competitivo. Con Matchfy.io, gli utenti possono accedere a un abbonamento che parte da soli 12 euro al mese, permettendo loro di inviare musica in modo illimitato. Al contrario, molti competitor fanno pagare da 1 a 2 euro per ogni feedback o invio, il che significa che una campagna promozionale media può arrivare a costare circa 250 euro per singola canzone. Questo rende Matchfy.io una soluzione molto più conveniente per gli artisti che cercano di promuovere la propria musica senza dover affrontare costi eccessivi. 
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Avete di recente lanciato la vostra distribuzione: come funziona? 

La nostra distribuzione è un servizio incluso nel prezzo dell’abbonamento a Matchfy.io. Molti artisti emergenti ci contattano perché non sanno dove o come pubblicare la propria musica, e a volte non hanno nemmeno i fondi necessari per pagare un abbonamento. Per questo motivo, abbiamo creato una distribuzione integrata che permette agli artisti di mantenere il 95% delle royalties guadagnate, il tutto senza costi aggiuntivi. Il nostro obiettivo è garantire che tutti abbiano le stesse opportunità, indipendentemente dalle risorse economiche a disposizione.

Abbiamo tanti utenti dai mercati emergenti, che ci hanno fatto spesso notare come, per loro, pagare un fee anche solo di 30 euro non sia proprio uno scherzo. L'idea di attivare un servizio di distribuzione integrato – che probabilmente in futuro accorderà ai nostri utenti il 100% delle royalties, diventando così del tutto gratuito - è nata proprio per andare incontro a esigenze del genere, e assolvere a quella che, in fin dei conti, è la mission della nostra azienda: aiutare gli artisti concretamente, a un prezzo irrisorio.

Inoltre, quando riconosciamo il potenziale di un artista, siamo i primi a presentarlo ad etichette discografiche che possano offrirgli ulteriori opportunità di crescita e supporto. Vogliamo che gli artisti validi abbiano tutte le possibilità per far decollare la propria carriera. 
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Tra i vostri creator ci sono anche artisti famosi? 

Certo, tra i nostri creator ci sono anche artisti famosi, ma preferiamo non fare nomi. In primis in osservanza della loro riservatezza, e poi perché non vogliamo sfruttare la loro presenza come una forma di pubblicità indiretta, per rispetto nei loro confronti e per mantenere l’integrità della nostra piattaforma. Il nostro obiettivo è creare un ambiente inclusivo e genuino, dove tutti, dai nuovi artisti ai più affermati, possano interagire in modo trasparente.

Paolo Mantini racconta Matchfy e il mondo delle playlist

Manipulation, fake streaming, AI: l’analisi della distribuzione digitale di uno startupper italiano

E’ stato annunciato l'avvio di Get it! 4 Music, iniziativa italiana dedicata allo sviluppo di iniziative imprenditoriali attive nel campo della musica e dello spettacolo. Realizzato da Music Innovation Hub in partnership con Get It!, il programma offrirà – a un massimo di 10 tra idee e start-up - un percorso di accelerazione e mentorship e un’opportunità di investimento del valore compreso tra i €50.000 e €300.000.

Get it! 4 Music - spiegano gli organizzatori - “nasce dalla necessità di contribuire allo sviluppo e alla competitività internazionale dell’imprenditoria musicale italiana, supportando la crescita e l’accesso al mercato di nuove progettualità e imprese in grado di generare impatto sociale in modo sostenibile e innovativo. Il programma è sostenuto da Fondazione Cariplo”.

Dal 2 ottobre al 25 novembre 2024 Get it! 4 Music promuove una Call for Impact indirizzata a idee e progetti innovativi non costituiti in forma di impresa, start-up e imprese economicamente sostenibili, per individuare i progetti imprenditoriali più promettenti e sostenerne il potenziamento.

Tra i candidati alla Call, fino a un massimo di 10 tra idee/progetti e start-up avranno l’opportunità di:

- Prendere parte a un percorso di incubazione/accelerazione e mentorship/advisory della durata complessiva di 6 mesi e del valore di mercato complessivo indicativamente compreso tra €20.000 e €25.000;

- Competere con le migliori start-up che avranno completato i percorsi per l’accesso, ove selezionate, a un investimento da parte di FSVGDA, compreso tra un minimo di €50.000 e un massimo di €300.000, in una logica di impact investing;

- Entrare a far parte del portafoglio di partecipazioni di FSVGDA, con importanti benefici in termini di visibilità e accesso ai canali di comunicazione di FSVGDA, Cariplo Factory e di Music Innovation Hub, presenza a eventi dedicati. 
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La call si focalizza nella ricerca di progetti che operano nelle seguenti aree di interesse:

Discografia ed editoria; 
Promozione e distribuzione; 
Live show e rassegne; 
Ticketing; 
Educazione e formazione; 
Tecnologie innovative; 
Musicoterapia e musica per well-being

Startup musicali: al via Get it! 4 Music

Dedicato allo sviluppo di imprese nel campo della musica e dello spettacolo

Non il solito incubatore di start-up, ma un progetto che ha lo scopo di valorizzare le innovazioni di una categoria&nbsp;spesso sottorappresentata:&nbsp;quella degli imprenditori afrodiscendenti. Black Founders Programme, creato da Sony Music in collaborazione con Digital Catapult, è stato lanciato nel 2023 in fase sperimentale e riconfermato per quest'anno con dieci nuove società in rampa di lancio.

Tra i progetti prescelti ce ne&nbsp;sono ben cinque&nbsp;legati direttamente alla musica. Nello specifico si tratta di&nbsp;Code and Culture (che fornirà un contesto storico-culturale ai testi rap); SymphoMe, che renderà più interattivo l'apprendimento della musica grazie all'AI; Syncd:in LTD, una piattaforma per artisti&nbsp;per semplificare la gestione dei diritti e l'analisi dei metadati; TwoShotLTD, per combattere le violazioni del copyright da parte dell'intelligenza artificiale; Certi.fi World, che usa la&nbsp;blockchain per certificare e verificare i profili degli artisti e dei personaggi pubblici.

Sony Music - Digital Catapult: nuovo incubatore di start-up black

Black Founders Programme darà spazio agli sviluppatori afrodiscendenti, spesso sottorappresentati

E’ venuta a mancare Laura Garzia, elemento storico nello staff di Warner Music Italy, che aveva ricoperto la carica di PR &amp; Promotion Manager nella filiale italiana della major per trent’anni, dal 1991 al 2021.

Nel 2004, in seguito alla <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-62952/warner-recine-locale-e-donati-internazionale-i-nuovi-capi-promozione">riorganizzazione di WMG Italy</a> - che per l’occasione insediò il proprio quartier generale presso gli uffici occupati ancora oggi, in Piazza della Repubblica, a Milano - Garzia venne nominata responsabile dell’ufficio promozione di Roma. Successivamente, nel 2015, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-647197/warner-music-italia-sara-andreani-head-of-marketing-and-promotion">con la nomina di Sara Andreani a Head of Marketing and Promotion</a> da parte di Marco Alboni, all’epoca presidente da appena due anni, Garzia fu confermata Promotion Manager, riportando direttamente ad Andreani.

"Warner Music Italy è profondamente addolorata per la scomparsa di Laura Garzia, che è stata per anni una figura fondamentale nella promozione della società e degli artisti negli scorsi anni dalla sede di Roma", si legge nella nota con la quale l'azienda ha ricordato l'ex collega scomparsa: "Con il suo lavoro ha contribuito a realizzare i successi della Label . Ha lasciato un segno profondo, fatto di affetto, saggezza e momenti condivisi. Questo è un saluto carico d’amore e gratitudine".

Warner Music Italy, addio a Laura Garzia

Storica PR & Promotion Manager, era stata per trent’anni nell’organico dell’azienda

SIAE ha presentato gli elementi del proprio team che hanno scelto di far parte della squadra DEI (diversity, equity &amp; inclusion) della collecting: la squadra dei nuovi DEI Ambassador - composta da trenta elementi già operativi nel team della collecting - è stata nominata per “costruire una SIAE sempre più inclusiva”.

<div class='embed'><img src="https://images.rockol.it/ubHulwP8_uicm-gRox25V4J8sD4=/700x0/smart/rockol-img/img/foto/upload/siaedei.jpeg" alt="https://images.rockol.it/ubHulwP8_uicm-gRox25V4J8sD4=/700x0/smart/rockol-img/img/foto/upload/siaedei.jpeg" title="https://images.rockol.it/ubHulwP8_uicm-gRox25V4J8sD4=/700x0/smart/rockol-img/img/foto/upload/siaedei.jpeg" class="img-responsive" /></div>

“I DEI Ambassador si formeranno per diventare esperti della DEI, daranno un volto e una voce ai nostri progetti e alle nostre iniziative, contribuiranno alla definizione della strategia DEI futura e supporteranno l’organizzazione di eventi e attività”, ha fatto sapere la Società Italiana degli Autori ed Editori in una nota: “Grazie a chi ha deciso di mettersi in gioco per promuovere il cambiamento. Insieme, costruiremo ogni giorno una SIAE più aperta e rispettosa di tutte le diversità”.

SIAE, ecco i DEI Ambassador

30 elementi del team della collecting dedicati ai programmi di diversità, equità e inclusione

E’ stata annunciata la nascita di Kiwi Dischi, nuova etichetta nata per volontà di Elena Lucerna, già Artist Manager presso INRI, label del gruppo Metatron. La nuova entità - spiega la nota di presentazione - spazierà “dal pop alternativo all’urban, dal rap all’indie, dal cantautorato all’elettronica”, proponendosi come “casa ideale per artisti in cerca di autenticità e direzione”: la label promette di accompagnare gli artisti “nello sviluppo dei loro progetti, a partire dal management, alla consulenza musicale e di immagine, alla comunicazione e ufficio stampa, fino alla distribuzione Universal Music Italy, il supporto del team di Metatron Group e le edizioni curate da Metatron Publishing”.

“Kiwi Dischi nasce dall’urgenza di dare voce ad artisti originali, freschi e dalla forte personalità”, ha dichiarato Lucerna: “E’ un progetto che crede nel potenziale creativo, nella cura artigianale del percorso artistico, nella libertà espressiva. Un’etichetta indipendente e strutturata, pronta a sostenere la musica di domani con strumenti concreti e visione ampia”.

“Siamo felici di affiancare il lancio di Kiwi Dischi, un’etichetta indipendente guidata dalla visione di Elena Lucerna”, ha aggiunto il CEO di Metatron Group Paolo Ceresoli: “Crediamo nel valore della collaborazione e nel sostegno a realtà che mettono al centro l’autenticità e il coraggio creativo. Contribuire allo sviluppo di questo nuovo percorso con la nostra esperienza è per noi motivo di orgoglio e stimolo a guardare al futuro con curiosità e passione”.

E’ nata Kiwi Dischi

La nuova label al debutto sul mercato con la collaborazione di Metatron Group

«Oggi si parla molto di come valorizzare e rivalorizzare i cataloghi musicali. Ci sono tante tecniche e strategie, per farlo. Dal nostro punto di vista, le idee più valide sono quelle più semplici: bisogna partire dalla musica. Quando abbiamo cominciato a parlarne con Claudio Baglioni, l’anno scorso, siamo partiti da un obiettivo preciso: non volevamo celebrare la nostalgia, ma l’attualità e la continuità, nel tempo, di questo capolavoro. Così è nata l’idea di risuonare e riarrangiare l’album, dando spazio in questa nuova edizione a tutti i pezzi che componevano l’edizione originale del 1985, ma riproposti in nuove versioni»: Luca Fantacone, Director Catalogue di Sony Music Italia, racconta così la genesi de “<a href="https://www.rockol.it/news-752377/claudio-baglioni-la-vita-e-adesso-40-anni-intervista">La vita è adesso, il sogno è sempre</a>”, la nuova, ricchissima, versione dell’epocale album di <a href="http://www.rockol.it/artista/claudio-baglioni">Claudio Baglioni</a> pubblicata per celebrarne il quarantennale. Il disco più venduto di sempre in Italia - 27 settimane consecutive al vertice delle classifiche, tra il 1985 e il 1986, e oltre 4,5 milioni di copie vendute nel corso dei decenni - andava celebrato con un progetto tanto colossale quanto il suo impatto sulla storia della musica italiana. «L’anniversario andava festeggiato. Avremmo potuto rimasterizzarlo e basta. Ma non gli avremmo reso il giusto omaggio», sottolinea Claudio Baglioni, che a distanza di quarant’anni dalle incisioni della versione originale è tornato in studio insieme a una formazione di ventuno musicisti e ha riarrangiato, reinterpretato e reinciso dal vivo le canzoni dell’album, aggiungendo l’inedito “Il sogno è sempre”, un brano che nacque sulla scia delle canzoni dell’originale “La vita è adesso” e che il cantautore romano eseguì nei concerti del tour dell’anno successivo, prima di includerlo - in versione live - nell’album dal vivo del 1986 “Assolo”.

<h2>Il formati e il concept</h2>

Diverse le edizioni pensate per la nuova versione de “La vita è adesso”: cd, doppio vinile 180 grammi colorato bordeaux, doppio vinile 180 grammi colorato verde, doppio vinile nero 180 grammi in edizione limitata e numerata (in esclusiva sul <a href="https://store.sonymusic.it/collections/claudio-baglioni" target="_blank">Sony Music Store</a>) e in digitale in Dolby Atmos. La copertina, in tutti i casi, cita quella dell’originale del 1985. E così anche l’immagine interna del vinile apribile: in quella di quarant’anni fa Baglioni guardava Roma dall’alto dalla collina di Monte Mario, dove aveva cercato l’ispirazione per scrivere i testi delle canzoni. Ora invece guarda i leggii sistemati all’interno del Forum Studio di Roma, tempio della musica capitolina (è la storica sala d’incisione fondata nel 1970 da Ennio Morricone, Armando Trovajoli, Luis Bacalov e Piero Piccioni). «Anche visivamente abbiamo cercato una continuità tra il 1985 e il 2025, puntando su un’operazione grafica che riprendesse l’originale ma la riattualizzasse. Così chi ascolta l’album in versione fisica, maneggiando la confezione del vinile, può rendersi conto di come è stato ben interpretato il tempo passato dall’uscita dell’originale», spiega ancora Luca Fantacone. Il fotografo che ha immortalato Baglioni in sala d’incisione è lo stesso che realizzò le foto della copertina del 1985, Toni Thorimbert. La cover è un primo piano del cantautore romano, che però ora alle sue spalle ha il banco mixer: «Dovevamo sostituire la vista della città e costruirla in studio. Come nel disco di quarant’anni fa, Claudio guarda una città immaginaria: le luci del mixer sono le luci di quella città», spiega il fotografo.

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<h2>I nuovi arrangiamenti e la nuova produzione</h2>

Il disco originale del 1985 fu prodotto da Baglioni con arrangiamenti di Celso Valli, registrato tra Manor Studio di Oxford (dove i Queen di Freddie Mercury avevano registrato il loro “A day at the races”, l’album di “Somebody to love”, e Mike Oldfield il suo “Tubular bells”) e la Town House di Londra. Agli Abbey Road Studios furono invece incise le parti della London Symphony Orchestra. Alle sessions originali presero parte musicisti come Stuart Elliott (batterista degli&nbsp;Alan Parsons Project),&nbsp;Mo Foster (bassista già al fianco di&nbsp;Ringo Starr, Phil Collins, Jeff Beck, Eric Clapton, Sting), un ancora sconosciuto&nbsp;Hans Zimmer (che dieci anni più tardi vincerà l’Oscar con le musiche de “Il re leone” ma che in quel periodo faceva il turnista suonando le tastiere in gruppi come gli&nbsp;Ultravox, i Buggles e pure i Krisma di Maurizio Arcieri e Christina Moser). E poi il chitarrista&nbsp;Phil Palmer, il percussionista Frank Ricotti, il batterista Peter Van Hooke.&nbsp;Le nuove versioni delle canzoni sono state prodotte sempre da Claudio Baglioni, ma stavolta gli arrangiamenti portano la firma del suo storico chitarrista Paolo Gianolio. Le&nbsp;lavorazioni hanno tenuto impegnato il cantautore romano dallo scorso ottobre al Forum Studio, insieme ai batteristi e percussionisti Elio Rivagli e Stefano Pisetta, al bassista Mario Guarini, al pianista Roberto Pagani, al chitarrista Chicco Gussoni, ai tastieristi Pio Spiriti e Aidan Zammit, ai sassofonisti Alessandro Tomei e Franco Marinacci, al trombettista Giancarlo Ciminelli, al trombonista Roberto Schiano, alle violiniste Angela Tomei e Miwa Shiozaki, alla violista Rosarita Panebianco, alla violoncellista Benedetta Chiari e alle coriste Silvia Aprile, Serena Bagozzi, Serena Caporale, Antonella Pepe e Rossella Ruini, oltre ai musicisti dell’Orchestra Italiana del Cinema e il Coro Giuseppe Verdi di Roma ne “Il sogno è sempre”. «Questo album è, per tutti noi che ci abbiamo lavorato, la celebrazione di una metodologia di lavoro che ci rappresenta: l’album è stato registrato dal vivo con musicisti e tecnici che hanno lavorato sempre nello stesso luogo e nello stesso tempo, all’insegna dell’intermediazione e non della disintermediazione. Penso si senta», commenta Fantacone. «Abbiamo lavorato a questo progetto come si faceva ai tempi della grande epopea discografica. E senza autotune, anche se sarebbe stato utile (ride). Ho aggiornato i suoni di questo disco. All’epoca, quando finii di registrarlo, pensavo fosse orrendo. Il tempo mi ha smentito.&nbsp;Ma questa operazione non è un monumento alla nostalgia: volevamo sottolineare l’attualità dell’album originale», aggiunge Baglioni.

<h2>Il progetto editoriale</h2>

Oltre al progetto discografico, per celebrare i quarant’anni de “La vita è adesso” Baglioni e il suo entourage hanno lavorato anche a un progetto editoriale. Si tratta del cofanetto super deluxe “La vita è adesso, il sogno è sempre”, ideato e realizzato da Edizioni Curci in edizione limitata di mille copie numerate: sarà disponibile dal 18 giugno negli store online, nelle librerie e presso i rivenditori di musica e dischi. Costo: 304 euro. Il cofanetto comprende tre contenuti speciali, a cominciare dal&nbsp;libro d’artista di Emiliano Ponzi,&nbsp;uno dei maggiori artisti visivi contemporanei italiani, definito dall’entourage del cantautore «un’eccellenza delle arti visive». Milanese, ma di stanza a New York, Ponzi collabora con testate come il New Yorker, il New York Times, Le Monde e case editrici come Feltrinelli. Quello realizzato per il quarantennale de “La vita è adesso” è un «coffe table book» di grande formato (31,5x31,5 cm),&nbsp;in cui le tavole di Ponzi «captano, interpretano e ridisegnano» i temi e le intuizioni delle canzoni del disco del 1985, trasformando i versi di&nbsp;Baglioni&nbsp;in immagini. Alfredo Gramitto Ricci, managing director di Edizioni Curci, spiega: «Abbiamo pensato di tirare fuori un’idea editoriale che Baglioni non avesse mai fatto. La cosa migliore ci sembrava mettere in immagini quello che è stato il disco più venduto di sempre nella storia della musica italiana». «Abbiamo cominciato a confrontarci a novembre. Baglioni mi ha dato carta bianca. Le mie sono delle interpretazioni delle canzoni di Claudio: questo è un progetto sinestetico, che non coinvolge solo l’udito ma anche la vista», aggiunge Ponzi. Il cofanetto include inoltre&nbsp;la versione del doppio vinile&nbsp;nero (180 gr), comprensivo di booklet, de “La vita è adesso, il sogno è sempre”. Impreziosisce il progetto editoriale una&nbsp;cartolina d’autore, siglata da Claudio&nbsp;Baglioni,&nbsp;in cui&nbsp;il tratto di&nbsp;Emiliano Ponzi&nbsp;s’intreccia con la firma autografa&nbsp;del cantautore.

<h2>I concerti del tour</h2>

A suggellare la mastodontica operazione ci penserà anche un tour. Friends&amp;Partners ha presentato, in occasione del lancio del cofanetto, “GrandTour La vita è adesso”, quaranta tappe speciali nei più suggestivi scenari all’aperto di tutta Italia, che verranno anticipate il 27 settembre da un concerto-evento sull’Isola di Lampedusa. Sul palco dell’anteprima di Lampedusa e delle tappe del 2026 del “GrandTour”, che saranno svelate proprio a fine settembre, Claudio Baglioni sarà accompagnato dall’intera formazione di ventuno musicisti e coristi insieme alla quale ha ri-registrato “La vita è adesso”: l’album sarà suonato nella sua interezza, «per la prima volta in oltre quarant’anni».

Claudio Baglioni

Claudio Baglioni, “La vita è adesso”: il backstage di un’impresa

Non una semplice ristampa, ma un progetto che ha coinvolto tanti player dell'industria. 

Aprirà i battenti il prossimo 18 giugno Parco della Musica, nuovo spazio riservato ai concerti estivi allestito a Novegro, nell’hinterland est di Milano, a pochi metri dallo scalo aeroportuale di Linate, che di qui alla fine del prossimo luglio ospiterà i concerti di Massive Attack, Ozuna, Nine Inch Nails, Kool &amp; the Gang, De La Soul, Willie Peyote, Who, Smashing Pumpkins e Caparezza.

Gualtiero Sabatini è l’Amministratore Delegato di Grande Stazione, società che gestisce la Unipol Arena di Bologna - una delle venue più frequentate dalle grandi produzioni nazionali e internazionali, che solo nella prima metà di quest’anno ha ospitato gli show di Billie Eilish, Tate McRae, Limp Bizkit, Lenny Kravitz e Twenty One Pilots - e, sempre nel capoluogo emiliano, i festival Sequoie Music Park e BOnsai. Con Parco della Musica a Milano l’azienda ha ampliato il proprio raggio d’azione, iniziando a presidiare una delle piazze più frequentate (e redditizie) sul mercato italiano della musica dal vivo: un progetto avviato guardando al futuro, che si propone come valvola di sfogo o alternativa alla congestionata pattuglia di spazi estivi per la musica dal vivo offerta dal capoluogo lombardo. 
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Qual è la capienza massima, in termini di pubblico, per la quale è omologata l’area concerti di Parco Musica Milano?

L’area complessiva del Parco della Musica di Milano si estende per ben 70.000 metri quadrati, immersi nel verde nei pressi di Linate. Al suo interno ospitiamo due palchi completamente modulabili: uno ha una capienza massima di circa 14.000 persone, l’altro può accogliere fino a 4.500 spettatori, a seconda della configurazione scelta per l’evento, tra posti in piedi o seduti. L’unico concerto previsto interamente con posti a sedere è quello dei Kool &amp; The Gang. Gli altri appuntamenti sono strutturati per offrire la massima flessibilità in base all’artista e al tipo di pubblico atteso. 
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Gli accordi presi con il Comune di Segrate impongono particolari limiti al numero di serate da ospitare presso l’area?

Come per ogni iniziativa di questo tipo, c’è stato un dialogo costruttivo con il Comune di Milano per garantire un equilibrio tra intrattenimento, rispetto del territorio e sostenibilità ambientale. Per evitare code e disagi abbiamo dato la possibilità agli spettatori di prenotare il biglietto del parcheggio, ma anche ricordato loro che la location può essere raggiunta con i mezzi pubblici e in bicicletta. &nbsp;In ogni caso, la rassegna nasce con un calendario contenuto ma di grande qualità, proprio per valorizzare ogni appuntamento in modo sostenibile. 
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Qual è l’orizzonte temporale di Parco Musica Milano? Sono previste edizioni anche per il prossimo anno (o per i prossimi anni)?

Questa prima edizione del Parco della Musica di Milano rappresenta l’inizio di un progetto più ampio e strutturato, pensato in un’ottica pluriennale. L’obiettivo è quello di farlo crescere nel tempo, offrendo ogni estate un calendario musicale ricco e variegato. Stiamo già guardando con entusiasmo al futuro e c’è sicuramente la volontà di dare continuità al progetto anche nei prossimi anni, rendendolo un punto di riferimento stabile per la musica dal vivo a Milano. In particolare, il fatto di poter offrire la possibilità di ospitare migliaia di persone in un assetto seduto&nbsp;rende la location unica. 
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Quali opportunità offre l’apertura di un grande spazio all’aperto per la musica dal vivo a Milano? È possibile considerare Parco Musica Milano come una possibile alternativa agli ippodromi SNAI e La Maura, che sono soggetti alle deroghe imposte al Comune di Milano per l’organizzazione di serate?

L’apertura del Parco della Musica di Milano è un’opportunità straordinaria per la città e per il mondo della musica dal vivo. Milano ha una vocazione culturale fortissima e meritava uno spazio all’aperto così ampio, immerso nel verde, moderno e pensato per ospitare grandi eventi musicali in modo efficiente e sostenibile. Rispetto ad altri spazi, PMM può effettivamente rappresentare un’alternativa concreta e strategica per i promoter. L’area è ben collegata, studiata per essere versatile, e nasce proprio per accogliere eventi musicali, il che permette di evitare molte delle complessità che altri spazi inevitabilmente comportano. 
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Da parte di Grande Stazione c’è la volontà - se non è già stato fatto - di prendere contatto con i singoli promoter per l’eventuale organizzazione presso Parco Musica Milano di rassegne - come per esempio gli i-Days - o festival?

Assolutamente sì, il dialogo con i promoter è una parte centrale del progetto. PMM nasce con una forte vocazione collaborativa: vogliamo essere una casa per la musica live, non solo ospitando singoli concerti, ma anche accogliendo rassegne e festival strutturati. Siamo già in contatto con diversi operatori del settore e guardiamo con interesse anche a realtà consolidate. Quest’anno ad esempio ospitiamo i concerti di Massive Attack e degli Smashing Pumpkins in collaborazione con Unaltrofestival. L’idea è quella di costruire, insieme, una nuova piattaforma per la musica a Milano, capace di attrarre artisti internazionali e coinvolgere il grande pubblico in esperienze indimenticabili.

Parco della Musica, a Milano il live guadagna spazio

L'AD di Grande Stazione Gualtiero Sabatini: 'Un progetto strutturato, pensato in ottica pluriennale'

Nel 1996 un giovane impiegato amministrativo in una clinica privata di Napoli decide di rinunciare al posto fisso per seguire un sogno: aprire una propria attività nel settore discografico. Dopo due anni da distributore, Frontiers - nome mutuato dal titolo dell’album dei Journey dell’’83 - diventa un’etichetta vero e propria, e Serafino Perugino inizia la sua scalata che, trent’anni dopo, lo porterà a essere il titolare di una label che nel proprio roster ha visto sfilare pesi massimi del rock mondiale come - oltre agli stessi Journey - Lynyrd Skynyrd, Alan Parson, Jeff Lynne, Sammy Hagar, Yest, Toto e molti altri. E che - pur con uffici a Londra e negli Stati Uniti - ha il proprio quartier generale ancora là dove tutto è cominciato. “Gli uffici sono proprio di fianco allo stadio Maradona, e casa mia è a Fuorigrotta”, racconta Perugino, fondatore e CEO di Frontiers Label Group, che ammette di essere riuscito a limitare il pendolarismo solo verso le filiali oltre confine, pur non rinunciando a tenere il cuore pulsante della sua attività nel capoluogo campano. “Nonostante il nostro sia un team internazionale, ogni mese organizzo delle riunioni di persona qui, a Napoli. Li voglio tutti qui, di persona. Il Covid ha cambiato le abitudini delle aziende, ma io credo ancora nel valore del confronto faccia a faccia”. 
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L’anno prossimo Frontiers compirà trent’anni…

Sì, il 26 febbraio. E’ un traguardo che mi riempie d’orgoglio. Sia per me, che per la mia famiglia e i miei più stretti collaboratori. 
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Si può considerare Frontiers un’azienda a conduzione familiare?

Mia moglie - alla quale devo tutto, per il supporto che mi ha dato fin dall’inizio - è amministratrice e parte della proprietà, insieme ai miei figli, Eleonora e Fernando. Sono entrambi laureati: hanno scelto in totale autonomia di entrare in azienda dopo aver fatto le proprie esperienze. Sono stati loro a darmi la forza di andare avanti, per dargli un’opportunità. Per come sono fatto, trovo molto importante condividere: non sono un accentratore. Al contrario, come imprenditore credo molto nel confronto. Loro mi hanno sostenuto, anche nei momenti più difficili: sono certo, quindi, che quando avrò 90 anni e deciderò di andare in pensione saranno loro a raccogliere il testimone. 
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La prospettiva di andare in pensione a 90 anni, in genere, è quella di chi ha un lavoro che ama…

Non lo considero nemmeno un lavoro. E’ la mia vita. E’ un passione nata nel 1996, nata da una visione di un ragazzo con due figli piccoli che si è preso un’aspettativa non retribuita dal lavoro per seguire il proprio sogno. Trent’anni dopo posso dire che questa scommessa sia stata vincente. 
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Lo scorso anno sono state lanciate due sub-label di Frontiers, BLKIIBLK e FLG: cosa vi ha spinto a compiere questo passo?

Cerco sempre nuove sfide professionali per far crescere l’azienda. La mia forza è anche quella di essere conscio dei miei limiti: con Frontiers so esattamente cosa ho fatto e dove posso arrivare. Ho pensato fosse arrivato il momento di assemblare un nuovo team internazionale che potesse supportare la mia idea di sviluppo di un piano industriale in grado di posizionarci sul mercato in maniera più aggressiva. Dopo aver pubblicato i dischi di alcune delle band più rilevanti sulla scena classic rock, con BLKIIBLK e FLG voglio cimentarmi in ambiti differenti: il fatto di aver inaugurato le attività di queste due sub label con due signing di grande caratura [rispettivamente Megadeth e Skunk Anansie, ndr] rende questa sfida ancora più stimolante, che apre al nostro gruppo orizzonti importanti in termini di crescita. 
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L’<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752103/frontiers-entra-tim-bailey">ingresso in Frontiers di Tim Bailey</a> è da inquadrare in questo processo di potenziamento?

Sì. Abbiamo portato nel nostro team professionalità importanti come Jeff Stevenson, in nostro Head of Marketing che abbiamo strappato a Warner Music, Tom Lipsky, in nostro Head of A&amp;R per gli USA che in passato ha portato al successo la Roadrunner Records, e Leo Nicholas, direttore artistico della FLG in arrivo da Spinefarm, ma mi mancava un global manager internazionale, e in Tim ho trovato non solo competente uniche, ma anche un grandissimo entusiasmo. E’ l’ultimo tassello che mi mancava per attaccare il mercato in modo forte, e competere con chiunque a livello globale. 
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I dati sul <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751695/tax-credit-musica-nel-2024-2-milioni-alle-major-e-3-alle-indie">tax credit discografico</a>, da un paio d’anni a questa parte, vi fotografano come una delle pochissime realtà indipendenti a rivaleggiare - in termini di investimenti su nuove produzioni - con le major…

In Italia, la differenza tra le major e Frontiers è che le major si rivolgono quasi esclusivamente al mercato italiano, mentre noi ci rivolgiamo a quello internazionale, permettendoci di competere a livello globale con nomi di grande richiamo. Sebbene gli Stati Uniti rappresentino, per noi, il mercato più forte, nel nostro roster ci sono band indiane, tedesche, brasiliane e scandinave. Il nostro obiettivo è proiettare questi talenti locali in tutto il mondo. 
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Come siete organizzati per le operazioni di scouting?

Sono a capo di un team che mi sottopone gli artisti che reputa più meritevoli. Più che guardare i numeri, ascoltiamo la musica: non sono un mecenate, ma mi considero un discografico della vecchia scuola. Sono conscio del valore che gli artisti hanno sul mercato, ma la musica viene prima di tutto. E’ l’unica cosa che fa la differenza: si possono organizzare piani promozionali su scala globale eccezionali, ma se la musica che si promuove fa schifo di certo non si possono fare miracoli… 
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Quali sono i pesi di streaming e formati fisici nelle economie di Frontiers?

Rivolgendoci a un pubblico adulto, osserviamo una certa tenuta del fisico per quanto riguarda le vendite, ma il bello di operare in un mercato come quello del 2025 è non avere limiti. E non parlo solo della possibilità di far conoscere attraverso lo streaming il nostro catalogo al pubblico più giovane: con il nostro canale D2C abbiamo la possibilità di interagire con i superfan, vendendo prodotti particolari - come le audiocassette - o organizzando branding event come il Frontiers Rock Festival, la cui ultima edizione - andata sold out - ha richiamato a Trezzo sull’Adda pubblico da tutto il mondo. 
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Oltre alla divisione live avete anche una divisione publishing?

Certo. E’ gestita da Oyez!, di Francesca Trainini. 
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Tornando alle attività di BLKIIBLK e FLG, quali sono i programmi a breve termine?

Dopo la pubblicazione del nuovo album degli Skunk Anansie, alla fine dello scorso maggio, tra la fine dell’anno e l’inizio del 2026 arriverà il nuovo disco dei Megadeth. Poi, sempre per BLKIIBLK, uscirà il nuovo disco dei Biohazard. Ma abbiamo molti altri target, soprattutto per l’anno prossimo: stiamo lavorando per costruire un nuovo catalogo, forte e competitivo, che possa affiancare quello dell’etichetta madre. 
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Prima che Frontiers diventasse una realtà conosciuta a livello internazionale, come siete riusciti a conquistare la fiducia di artisti e management?

Il segreto è stato essere capaci di trasferire la nostra passione. Quando metti la tua passione davanti a tutto, i tuoi interlocutori lo capiscono. Certo, la passione - da sola - non basta: professionalità e organizzazione sono indispensabili. Poi c’è il passaparola: la reputazione che siamo riusciti a crearci in ambito discografico è quella di una realtà indipendente attenta innanzitutto alla qualità. Detta sinceramente: non sono un filantropo, sono sul mercato da trent’anni e so che i numeri sono importanti, ma la prima cosa alla quale ho sempre pensato è emozionarmi. E, di conseguenza, emozionare artisti e fan. E’ la ragione che mi ha portato a fare questo lavoro: dopo trent’anni sono ancora qui a raccontare belle storie, e ho ancora tanta voglia di farlo. 
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Quali programmi avete per festeggiare il vostro trentesimo compleanno?

L’idea è quella di organizzare un grande evento qui a Napoli, con tutto il nostro team, gli artisti e gli stakeholder. Insomma, con tutti quelli che ci hanno permesso di tagliare un traguardo così importante, ricco di sacrifici ma anche di soddisfazioni. In questo senso, un ringraziamento particolare va anche a The Orchard, il nostro partner per la distribuzione fisica e digitale, che ha sempre creduto in noi. Sarà la celebrazione di un nuovo, grande inizio… 
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Qualcosa in grande stile? Hai forse messo gli occhi sullo stadio Maradona, che recentemente ha aperto ai grandi concerti?

La mia ambizione è grande, ma - come dicevo prima - la mia forza è avere la cognizione dei miei limiti. Immagino la festa di Frontiers in un palasport, o in un live club, ma no, il Maradona lo lascerei ad altri artisti, di estrazione pop, che non sono nelle nostre corde… 
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Si può dire che prudenza e realismo siano stati il segreto della vostra longevità?

In trent’anni ho visto tante etichette fallire. Se sono ancora qui, è perché credo che prudenza e umiltà siano caratteristiche da sempre presenti nella mia famiglia e nella mia azienda. Con sacrificio, piedi per terra, tantissima ambizione professionale, e capacità nel coniugare passione, serietà e professionalità, sono pronto a divertirmi ancora per molti anni…

30 anni di grande rock (coi piedi per terra): il caso Frontiers

‘La musica prima di tutto, numeri compresi’: parla il fondatore del gruppo, Serafino Perugino

La prossima edizione del Festival della Canzone Italiana potrebbe slittare di una manciata di giorni, rinunciando ai tradizionali primi giorni di febbraio per andare in scena verso la fine del mese, tra il 24 e il 28 febbraio: l’indiscrezione, già anticipata qualche giorno fa prima dal Messaggero e poi da TV Sorrisi e Canzoni, è stata rilanciata in queste ore dall’agenzia LaPresse, secondo la quale la settimana indicata sarebbe l’unica finestra temporale disponibile per non far sovrapporre la manifestazione canora alle Olimpiadi Invernali Milano Cortina 26 (che finiranno il 22 febbraio) e le Paralimpiadi (che inizieranno il 6 marzo). La soluzione per evitare il conflitto nel palinsesto della RAI sarà discussa dal CdA del servizio pubblico il prossimo 26 giugno, alla vigilia della presentazione presentazione della programmazione autunnale, in programma il giorno successivo a Napoli.

Teoricamente, tuttavia, il tradizionale binomio RAI - Festival per il prossimo anno è tutto meno che scontato: come riferito dall’agenzia ANSA il prossimo mercoledì, 18 giugno, la Commissione di valutazione del Comune di Sanremo aprirà <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751987/sanremo-solo-la-rai-partecipa-al-bando-per-il-festival">l’unica busta - contenente l’offerta della RAI - presentata nell’ambito del bando per l’assegnazione delle prossime tre edizioni del Festival</a>. Se la commissione composta dalla presidente Rita Cuffini, da Monica Di Marco e Cinzia Barillà dovesse valutare congrua la proposta del servizio pubblico, potranno partire le trattative per l’accordo definitivo di assegnazione.

Sanremo 2026, le voci di slittamento aspettando la trattativa

Per non sovrapporsi alle Olimpiadi invernali il Festival potrebbe essere rinviato a fine febbraio

Il training di modelli di intelligenza artificiale attraverso cataloghi musicali protetti da copyright rappresenta una sfida giuridica inedita. Le licenze esistenti – sincronizzazione, riproduzione meccanica, performance pubblica, ecc. – non contemplano lo scenario in cui un brano venga “ingerito” da un modello generativo per contribuire, indirettamente, alla produzione di contenuti nuovi. Territorio inesplorato, o quasi.

Inoltre, il primo fronte che UMG, Sony Music e WMG hanno aperto con Suno e&nbsp;Udio sa di esplorazione, ma sopporta anche l’onere di creare un precedente, di identificare una sorta di punto di non ritorno al quale il resto dell’industria potrebbe ritrovarsi costretta ad adeguarsi. Quel poco che è certo al momento è che, di fronte all’assenza di un framework normativo chiaro e condiviso, è necessario immaginare – e in certi casi negoziare – nuovi tipi di licenza. Ed è anche chiaro che qualsiasi modello di licenza per AI training dovrà affrontare una serie di nodi cruciali. Ad oggi quelli che più hanno infiammato il dibattito riguardano la trasparenza (è tracciabile l’uso effettivo dell’opera?), il controllo (il copyright holder può revocare o limitare la licenza?) e i diritti morali (come si tutela l’identità e la reputazione artistica?). Ma aggiungerei anche aspetti pratici come i contenuti (la licenza riguarda audio, testo, metadata?), lo scopo (il training è destinato a uso commerciale? Inoltre: include solo il modello base o anche i fine-tuning?) e, ultimo ma assolutamente non ultimo, la compensazione (fissa, variabile, basata su performance o su “peso” nel dataset?).

Menu abbondante, ottimo non so. E chi si&nbsp;siederebbe&nbsp;a tavola? Infatti, nel dibattito sull’uso dell’intelligenza artificiale per generare musica, uno dei nodi più caldi è: chi autorizza cosa e in che modo?&nbsp;Non si tratta solo di una questione economica, ma di architettura legale.&nbsp;

Rileggendo tutto&nbsp;quanto abbiamo pubblicato negli ultimi mesi e coniugandolo con molti appunti presi frequentando panel e conferenze ovunque in Europa, proviamo a proporre di seguito una breve panoramica sui &nbsp;possibili meccanismi di rilascio delle licenze: viene da sè che, sul piano teorico, ciascuno ha implicazioni diverse per le tech company, per i titolari dei diritti e per il futuro della musica. 
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Licenza diretta tra le parti

È il modello più immediato: un’azienda AI negozia direttamente con chi possiede i diritti. Ha il vantaggio della flessibilità ma è adatto solo a operazioni limitate: la frammentazione dei diritti rende difficile un uso su larga scala. Viene rilasciata da&nbsp;singoli detentori di copyright (etichette, publisher, artisti), la contrattazione è privata; pro: è flessibile e personalizzabile, contro: il meccanismo è frammentato, lento, poco replicabile. 
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Licenza collettiva standardizzata

Ricalca il modello delle licenze per radio e locali pubblici: una collecting society o un consorzio rappresenta i titolari e rilascia licenze cumulative. È scalabile ed efficiente, ma presuppone una governance condivisa e una struttura di rappresentanza chiara. Viene rilasciata da: entità collettiva (come SIAE, PRS, Merlin), la forma è quella di una&nbsp;"blanket license”; pro: semplifica accesso e reporting, contro: richiede governance comune e accordi preliminari. 
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Licenze pilota o "sandbox"

Pensate per contesti di test e sviluppo, queste licenze temporanee offrono un quadro regolato per sperimentare senza conseguenze commerciali. Sono ideali per startup o contesti di ricerca, ma non applicabili a scenari industriali ampi. Vengono rilasciate da&nbsp;singoli titolari in forma di&nbsp;licenze temporanee con clausole restrittive; pro: incentivano la sperimentazione, contro: il loro uso è limitato e sono difficili da scalare. 
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Licenze con monitoraggio e tracciabilità

In questo modello l’accesso è subordinato alla possibilità di identificare quali opere entrano nel dataset e con quale peso. Potrebbero abilitare forme più eque di remunerazione, ma richiedono tecnologie avanzate e interoperabili. Sono rilasciate da&nbsp;editori o aggregatori, con clausole tecniche e in forma di&nbsp;licenza condizionata a sistemi di tracciamento (es. watermark, fingerprinting); pro: favoriscono la trasparenza e possono agevolare royalty dinamiche, contro: richiedono un'infrastruttura complessa, ad alto costo tecnologico. 
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Licenze basate sull’uso reale

Paghi di più per ciò che incide di più. L’idea è legare i compensi al contributo effettivo che ciascuna opera ha dato al training. È un modello estremamente ambizioso, che pone grandi sfide in termini di misurabilità e trasparenza. Licenze di questo tipo possono essere rilasciate tramite piattaforme che analizzano il dataset e assumono la forma di&nbsp;royalty variabili proporzionali al contributo; pro: equità potenziale, contro: richiedono un sistema neutrale di auditing. 
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Licenza con equity

In questo caso si va oltre la semplice licenza: l’accesso ai diritti è infatti scambiato con quote societarie dell’azienda tech. È uno schema strategico che può interessare solo i grandi attori, capaci di fare scommesse a lungo termine. Viene rilasciata da&nbsp;major o gruppi editoriali in forma di licenza + partecipazione societaria; pro: allineamento strategico, upside finanziario, contro: opzione praticabile solo da grandi player. 
&nbsp;

Licenza collettiva con opt-out

Un compromesso tra efficienza collettiva e libertà individuale: si stabilisce una licenza cumulativa, ma ogni titolare può decidere di escludere le proprie opere tramite un meccanismo di opt-out. Richiede strumenti digitali avanzati e trasparenti. E’&nbsp;rilasciata da&nbsp;consorzi o collecting society, con accesso a dashboard individuale; la forma potrebbe definirsi quella di una "blanket adattiva”; pro: equilibrio tra scala e autonomia individuale, contro: serve una piattaforma tecnologica di gestione 
&nbsp;

Concludendo….

Sarà interessante rileggere questo articolo tra qualche tempo (mesi? anni?), perchè nessuno dei modelli sopra può rappresentare la soluzione definitiva e, probabilmente, in futuro convivranno più tipologie, adattate&nbsp;a contesti e soggetti diversi. La doppia sfida consiste nel cercare di bilanciare equità, trasparenza e scalabilità, in un mercato che evolve più in fretta delle regole, e identificare un compromesso tra la scalabilità necessaria alle AI company&nbsp;e il controllo rivendicato da autori e detentori dei diritti.&nbsp;

Siamo agli albori di una nuova tipologia di licenza, ibrida e ad alto contenuto tecnologico, che dovrà combinare aspetti di diritto d’autore, diritto industriale e responsabilità algoritmica. Per l’industria musicale, la posta in gioco è alta: si tratta di difendere il valore del repertorio, ma anche di partecipare alla definizione del futuro dei contenuti digitali.

E' una grammatica nuova tutta da scrivere. L’alternativa al dialogo è il contenzioso. Con un occhio alla storia recente.

AI training con musica protetta da copyright: il rebus licenze

M​ajor e startup di Gen AI al tavolo: come regolare il training sulle opere altrui?

Per conoscere le ultime novità musicali della settimana, questo articolo ti fornirà l'elenco completo e sempre aggiornato delle nuove canzoni uscite venerdì. Ogni settimana, artisti e band pubblicano nuovi brani, album o EP su tutte le piattaforme digitali. Se vuoi rimanere al passo con le ultime uscite, non perderti <a href="https://www.rockol.it/singoli">l'elenco sempre aggiornato con tutte le novità musicali</a>. Questa settimana parliamo di Anna, Alex Britti, Sangiovanni, Marco Mengoni e Svegliaginevra.

<h2>Désolée - Anna - Universal Music Italia Srl</h2>

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Dopo l’album “Vera Baddie”, Anna torna con il nuovo singolo “Désolée”, in uscita su tutte le piattaforme digitali e in tutte le radio in Italia da venerdì 13 giugno. Prodotto dal collaboratore Miles, “Désolée” viene descritto in un comunicato stampa come "un&nbsp;pezzo club banger che strizza l’occhio al mondo del pop elettronico". “Non volevo fare il solito brano estivo con cassa dritta, ma volevo sperimentare altri stili. Con Miles è uscito questo brano che combina alla perfezione reggaeton e pop elettronico. Suona diverso da ciò che ho fatto in passato. In generale, non mi piace ripetere me stessa”, commenta la cantante.

<a href="https://testicanzoni.rockol.it/testi/desolee-anna-ctid-212813875">Leggi il testo di "Désolée" </a>

Classe 2003, Anna Pepe è cresciuta tra i vinili del padre dj e una passione coltivata fin da piccola per la cultura urban americana. Il suo singolo di debutto “Bando” ha ottenuto un successo mondiale anche grazie alle collaborazioni nelle versioni remix (Rich The Kid, Maxwell, Endor, Gemitaiz&amp;Madman). La giovane rapper poi ha deciso di pubblicare prima il freestyle “Squeeze #1”, poi “Drippin in Milano”, tracce prodotte entrambe da Miles. Nel 2022 è uscito il suo primo ep, “Lista 47”. Il 2023... 
<a href="https://www.rockol.it/artista/anna/biografia">Leggi la biografia completa </a>

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<h2>Solo una volta (feat. Clementino) - Alex Britti - ADA Music Italy</h2>

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A poche settimane dall’uscita a sorpresa solo in streaming della prima collaborazione su "Oggi sono io", insieme a Marco Mengoni, Alex Britti svela ora il secondo capitolo del suo nuovo progetto: è in rotazione radiofonica e disponibile in digitale da oggi una reinterpretazione di "Solo una volta" con Clementino.&nbsp;Alex Britti dichiara: "Clemente è un artista che stimo profondamente, la sua voce è unica e potente e sono entusiasta di averlo coinvolto in questo progetto. 'Solo una volta' è il mio secondo esordio e ora secondo Feat.Pop è un brano solare, divertente, leggero a cui sono molto legato e sono sicuro che questa nuova versione saprà stupire il pubblico. Feat.pop è un modo di celebrare It.Pop reinterpretando i brani del mio primo album con dei featuring speciali insieme ad artisti e amici con cui ho da sempre una gran voglia di mettermi a suonare".

Alex Britti, romano classe 1968, è una cosa sola con la chitarra. La prima se la fa regalare per il suo settimo compleanno, a 14 passa all’elettrica. Oggi la sua collezione ne conta una ventina; la preferita ha anche un nome, Martina (è una Martin). La sua passione per il blues e il suo talento tecnico gli permettono di finire sul palco con importanti musicisti come Buddy Miles, Billy Preston e Rosa King (che accompagna in tour in Europa) e Louisiana Red. Ma, per colpa della paura di volare... 
<a href="https://www.rockol.it/artista/alex-britti/biografia">Leggi la biografia completa </a>

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<h2>Veramente - Sangiovanni - Sugar</h2>

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Sangiovanni annuncia l'uscita del nuovo singolo "Veramente", disponibile dal venerdì 13 giugno in formato digitale e in rotazione radiofonica. Il brano, pubblicato per Sugar Music, è accompagnato da un videoclip ufficiale. Il singolo rappresenta il secondo lavoro di Sangiovanni nel suo recente percorso artistico. La canzone è stata scritta in collaborazione con Alessandro La Cava, Marco Spaggiari e Rocco Giovannoni e si ispira alle atmosfere di un viaggio a Tenerife.&nbsp;Il singolo segue "Luci allo xeno", brano pubblicato ad aprile.

<a href="https://testicanzoni.rockol.it/testi/veramente-sangiovanni-ctid-212813971">Leggi il testo di "Veramente" </a>

Sangiovanni, vero nome Giovanni Pietro Damian, nasce il 9 gennaio 2003 a Vicenza. Si avvicina al mondo della musica quando a sedici anni ha iniziato a scrivere i primi brani. Ha pubblicato i primi tre singoli "Paranoia", "Non +" e "Guccy Bag" nel corso del 2020 per l'etichetta discografica Sugar, prima dell'ingresso ad "Amici". Arriva in finale e dopo aver vinto il circuito canto si classifica secondo nella classifica generale. Durante la partecipazione ad "Amici", Sangiovanni pubblica i... 
<a href="https://www.rockol.it/artista/sangiovanni/biografia">Leggi la biografia completa </a>

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<h2>Sto bene al mare - Marco Mengoni - Sony</h2>

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Il 13 giugno 2025 Marco Mengoni pubblica il nuovo singolo "Sto bene al mare", in collaborazione con Sayf e Rkomi. Questo brano, prodotto da Epic/Sony Music, è disponibile in formato digitale e in rotazione radiofonica. La composizione è frutto della scrittura collettiva di Marco Mengoni, Sayf e Rkomi. La produzione del brano è curata da DIBLA, Jiz e Giovanni Pallotti.

<a href="https://testicanzoni.rockol.it/testi/sto-bene-al-mare-feat-sayf-rkomi-marco-mengoni-ctid-212807279">Leggi il testo di "Sto bene al mare" </a>

Marco Mengoni è il vincitore della terza edizione di X Factor. Nato a Ronciglione (Vt) nel 1988, partecipa nella categoria 16-24 guidata da Morgan. 
Trionfa nel corso della finale su Giuliano e sulle Yavanna, anche grazie all’inedito “Dove si vola”, scritta da Saverio Grandi e Bungaro. La canzone viene pubblicata ai primi di dicembre nell’EP eponimo, assieme ad alcune delle cover eseguite durante la trasmissione. Nel 2010 partecipa al Festival di Sanremo, ammesso di diritto proprio in... 
<a href="https://www.rockol.it/artista/marco-mengoni/biografia">Leggi la biografia completa </a>

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<h2>Pessima idea - Svegliaginevra - Sony</h2>

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Svegliaginevra presenta il suo nuovo singolo intitolato "Pessima idea", disponibile dal 13 giugno 2025 in radio e in formato digitale. Il brano è pubblicato per Nigiri e distribuito da Columbia Records/Sony Music Italy. L'artista ha presentato il singolo in anteprima durante i concerti dei Pinguini Tattici Nucleari tenutisi a San Siro il 10 e 11 giugno.

<a href="https://testicanzoni.rockol.it/testi/pessima-idea-svegliaginevra-ctid-212815938">Leggi il testo di " Pessima idea" </a>

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Scrivici all’indirizzo singoli@rockol.it, ti daremo tutti i dettagli utili per comunicare e promuovere al meglio la tua nuova produzione!

Nuova musica uscita in Italia settimana del 2022-02-06

Questa settimana nuovi singoli per Anna, Alex Britti, Sangiovanni, Marco Mengoni e Svegliaginevra

Nuovi singoli, le uscite del 13 giugno

Nelle ultime ore, se frequentate i social (e in particolare X e Threads), vi sarà senz'altro capitato di imbattervi in tweet al vetriolo contro il superproduttore Timbaland e la piattaforma di AI generativa Suno. Ma cosa sta succedendo esattamente? Prima di proseguire è il caso di ricordare chi è Timbaland: produttore hip hop&nbsp;da milioni di dischi venduti, ha contribuito a forgiare il successo di artisti come Aaliyah, One Republic, Justin Timberlake e Nelly Furtado, tra gli altri. E' anche&nbsp;l'inventore del format Verzuz, che spopolava sul web nel periodo della pandemia. Negli ultimi anni Timbaland ha accantonato la carriera di musicista in prima linea e ha accettato un ruolo da direttore creativo di Suno, con l'intenzione di integrare in maniera sempre più organica l'intelligenza artificiale nel processo di music making: è uno dei pochi a sostenere le evoluzioni dell'AI in tal senso, senza se e senza ma.

Tornando alla polemica in questione, tutto è cominciato qualche giorno fa, quando Timbaland ha condiviso sui suoi canali un breve reel dimostrativo in cui faceva ascoltare un beat prodotto da Suno. Per mostrare le potenzialità del sistema ha creato una canzone utilizzando il beat che&nbsp;un suo collega, il producer indipendente&nbsp;K Fresh, aveva realizzato senza ausilio dell'AI e postato online qualche giorno prima,&nbsp;e il testo di un creator trovato su TikTok, che lo aveva utilizzato per fare un freestyle. Il problema, però, è che la "rimasticazione" che Suno ha fatto dei due prodotti già esistenti non è particolarmente originale: il beat è pressoché identico all'originale, e contiene perfino la stessa tag vocale usata da K Fresh (il jingle usato come firma sonora da ogni produttore). Tutto ciò senza che il suo nome fosse mai citato esplicitamente.

Ben presto i fan di K Fresh si sono resi conto dell'accaduto, e i video delle due performance a confronto (quella di K Fresh che creava il beat e quello di Timbaland che lo rimaneggiava tramite Suno) sono diventati virali, scatenando un'ondata di proteste in particolare tra i produttori hip hop, che si sentono fortemente minacciati da questo utilizzo del mezzo e soprattutto dalla possibilità che qualcuno dia in pasto le loro creazioni all'intelligenza artificiale senza permessi,&nbsp;crediti o compensi, esattamente come è successo al loro collega. Un rischio più che reale in America, dove spesso i producer indipendenti non godono del diritto d'autore, ma percepiscono un compenso una tantum per cedere i propri beat a rapper e cantanti. E dove oltretutto ci sono stati parecchi casi di beat scippati&nbsp;ai legittimi proprietari e spacciati per propri da soggetti terzi.&nbsp;

Timbaland si è difeso durante una diretta su Instagram, affermando che si era limitato a mostrare ciò che Suno può fare: remixare brani già esistenti, in pratica. Inoltre ha affermato che grazie al suo video un celebre rapper, Ghostface Killah del Wu-Tang Clan, ha scoperto e apprezzato il beat originale e ora vorrebbe lavorare con K Fresh. Che, assicura,&nbsp;avrà tutti i benefici e gli onori del caso, se la collaborazione dovesse andare in porto. Ciononostante la protesta non accenna a scemare, catalizzando le istanze di molte categorie: gli scettici dell'AI, i puristi del beatmaking hip hop e anche molti fan delusi da questa svolta tecno-distopica di Timbaland.

La rivolta dei producer hip hop contro Timbaland e Suno

Negli ultimi giorni si moltiplicano le proteste social: cosa sta succedendo e perché c'entra l'AI

Come ogni anno, la Recording Academy ha diffuso le modifiche al regolamento e alle categorie per i 68esimi&nbsp;Grammy Awards, che si svolgeranno l'1 febbraio 2026 alla Crypto.com Arena di Los Angeles. Cominciamo con un paio di dettagli sulle date: sono candidabili gli album e i singoli pubblicati tra il 31 agosto 2024 e il 30 agosto 2025. Per i membri della Recording Academy&nbsp;le procedure di candidatura di un progetto&nbsp;sono da espletarsi tra il 16&nbsp;luglio e il 29 agosto, mentre le media company possono accedere alla registrazione dal 7 luglio al 22&nbsp;agosto. I progetti che passeranno questa prima scrematura (quelli che in gergo vengono definiti "in consideration" per un Grammy Award) verranno sottoposti al vaglio dei&nbsp;membri della Recording Academy tra il 3 ottobre e il 15 ottobre 2025, e quelli che otterranno più voti riceveranno una effettiva nomination;&nbsp;le nomination in questione saranno annunciate il 7 novembre prossimo. Dal 12 dicembre 2025 al 5 gennaio 2026, infine, i membri della Recording Academy voteranno i progetti in nomination per decretare il vincitore, che verrà annunciato durante la cerimonia dell'1 febbraio.&nbsp;Questo il quadro generale, ma vediamo cosa cambia nella sostanza.

Ogni anno qualche cambiamento seppur minimo viene introdotto nel regolamento: "Come parte dell'impegno della nostra organizzazione, vogliamo&nbsp;evolverci insieme al panorama musicale in perenne mutamento" recita il comunicato diffuso da Harvey Mason Jr., CEO della&nbsp;Recording Academy. "La nostra priorità è essere rappresentativi della comunità della musica ogni anno: le nuove regole e linee guida ci permettono di riconoscere e premiare più artisti possibile". E il primo grande cambiamento avviene proprio in quest'ottica: all'interno della categoria Best New Artist, ad esempio, nata per premiare gli emergenti e/o coloro che imbroccano la hit giusta e si trovano catapultati all'improvviso nell'Olimpo&nbsp;pur dopo anni di gavetta, c'è una novità non da poco. In sostanza, per concorrere in questa categoria non è più necessario essere dei newcomer totali. Fino all'anno scorso, infatti, chi aveva partecipato a un album candidato nella categoria Album of the Year non era candidabile per Best New Artist; dal 2026 può, a patto che non sia presente per più del 20% del disco di cui sopra. La logica, naturalmente, è che negli ultimi anni sempre più artisti affermati fanno featuring con sempre più artisti freschissimi di fama virale: era brutto precludere a questi ultimi la possibilità di concorrere come migliore emergente dell'anno. La cross pollination, insomma, è salva.

Un altro enorme (e molto discusso) cambiamento riguarda la categoria country, che nel settore album viene divisa in due tronconi: quella già esistente è stata ribattezzata Best Contemporary Country Album, mentre parallelamente se ne aggiunge una nuova, chiamata Best Traditional Country Album. Molti commentatori ritengono che la "colpa" di questa modifica sia da attribuire a Beyoncé: la sua vittoria per il miglior album country dell'anno non è andata giù a molti puristi (e anche a molti razzisti e trumpiani, se proprio dobbiamo dirla tutta). La categoria "traditional" diventerebbe quindi una sorta di garanzia per gli artisti country&nbsp;bianchi, conservatori e vecchio stile, che non rischierebbero più di vedersi scippare la vittoria da una popstar amante degli esperimenti musicali. Un modo per salvare capra e cavoli, che però non è ben visto da buona parte della comunità musicale black.

Cambia non solo la sostanza, ma anche la forma, più precisamente quella del packaging, che concorreva in ben due categorie (Best Recording Package per i dischi fisici&nbsp;standard e Best Boxed or Special Limited Edition Package per quelli in edizione limitata). Si ottimizza, e diventa una sola: Best Recording Package. Non solo: visto il crescente successo di fenomeni come il&nbsp;crowdfunding e del crescente successo del merchandising online e offline,&nbsp;per le categorie&nbsp;Best Recording Package, Best Album Notes e&nbsp;Best Historical Album non è più necessario che il prodotto sia in vendita nei negozi per concorrere, ma può anche essere venduto dall'artista direttamente ai fan.&nbsp;E sempre per andare incontro ai cambiamenti del mercato, in questo caso alla progressiva digitalizzazione della musica, visto che molti dischi non hanno neanche più una versione fisica vera e propria, si aggiunge una nuova categoria dedicata alle copertine:&nbsp;Best Album Cover. Anche qui, le novità sono state recepite in maniera variegata dalla scena musicale: molti si chiedono che senso abbia aggiungere un premio per la copertina e non avere ancora categorie rappresentative delle principali novità musicali degli ultimi anni, come reggaeton, afrobeats o k-pop (tutti generi che possono concorrere, ma non hanno una vera e propria&nbsp;categoria a sé). Certo è anche vero che se dovesse esserci una micro-categoria per ogni sottogenere, la premiazione rischierebbe di diventare lunga e pedante, e forse il premio in sé sarebbe privo di senso.

Andiamo infine più sul tecnico con la musica classica, in cui finora gli autori dei testi e i librettisti non erano candidabili ai Grammy, neanche quando il loro contributo era particolarmente importante per la buona riuscita di un album o di un'opera. Da oggi la musica cambia (letteralmente e in senso figurato): hanno la stessa dignità di performer, producer e fonici, e potranno definirsi vincitori di un Grammy Award esattamente come loro, qualora un progetto a cui hanno partecipato fosse premiato.

Grammy Awards 2026: cosa cambia (e perché)

La Recording Academy ha divulgato gli ultimi cambiamenti apportati a regolamento e categorie

Non è d'élite lo spirito di La Prima Estate, il festival giunto quest’anno alla propria <a href="https://www.rockol.it/news-752522/concerti-2025-la-prima-estate-dettagli-artisti-date-eventi">quarta edizione</a>, che debutterà come da tradizione a Lido di Camaiore il prossimo 20 giugno. Anche nel 2025 la filosofia della manifestazione organizzata da D’Alessandro e Galli, storica agenzia di musica dal vivo con sede proprio in Versilia, a Viareggio, resta quella di offrire un’alternativa alla massificazione dei grandi eventi live a un pubblico appassionato ed esperto, non avvezzo alle spedizioni toccata e fuga per assistere a uno show.

“La prima sfida del format di La Prima Estate è sempre stata quella di far convivere la vacanza con i concerti”, conferma Enrico D’Alessandro (nella foto), che con Andrea Galli rappresenta la seconda generazione della dirigenza della società di live promoting: “Il pubblico, il più delle volte, era abituato a scegliere tra le due cose. In secondo luogo, abbiamo inseguito il sogno di un festival ‘comodo’. I grandi eventi dal vivo solitamente vengono associati a camminate chilometriche tra un palco e l’altro, orari improbabili e un generale senso di fatica. Noi abbiamo voluto creare qualcosa che sia esattamente l’opposto: offriamo il pubblico una giornata da 24 ore, che inizia col relax delle lezioni di yoga in spiaggia, e prosegue coi talk e gli incontri in mattinata - quest’anno coordinati da Massimo Coppola - e le degustazione enogastronomiche. La musica inizia intorno alle 18,30 per finire verso mezzanotte e mezza”.

Un’offerta che, ovviamente, si rivolge a una tipologia di pubblico molto precisa. “Nel parco si respira un’atmosfera estremamente rilassata, e mi fa piacere vedere tante famiglie nel parterre”, prosegue D’Alessandro: “Il nostro pubblico di riferimento è di 30-40enni, persone che vogliono assistere a un concerto in un posto tranquillo, coi propri cari, bevendosi un bicchiere di vino e mangiando cibo di qualità presso quattro i cinque food truck selezionati senza fare code. Massimo Oldani ha coniato un neologismo, parlando di ‘presbenisimo’ come cifra della Prima Estate. E io non posso che essere d’accordo”.

In un contesto del genere la scelta dei nomi da inserire in cartellone - che quest'anno include, tra gli altri, Mogwai, St. Vincent, Air, TV on the Radio, Moodymann, Grace Jones e Lucio Corsi -&nbsp;diventa dirimente, e permette agli organizzatori di spaziare - in termini di offerta - rispetto alle proposte che il mercato internazionale spinge presso i circuiti estivi. “Prima ancora di definire il genere del cast, abbiamo cercato di inquadrare il pubblico al quale rivolgerci, che nel nostro caso è quello dei young adults”, dice D’Alessandro: “Avevamo intuito ci fosse una richiesta specifica in questo senso, da parte del pubblico, ma abbiamo dovuto fare anche i conti con la location scelta per l’evento, che non è esattamente per tutte le tasche. Sia chiaro: quella della Versilia per soli ricchi è un cliché da sfatare. Lungo i tre chilometri di spiaggia presenti a Camaiore ci sono 80 hotel, tra le 4 e le 2 stelle: non si tratta di un luogo esclusivo, ma che richiede comunque di sostenere tre notti in albergo e il viaggio da Milano o Roma, che sono le due città dove vendiamo più biglietti in assoluto. Se avessimo puntato sul pubblico di giovanissimi appassionati di trap, per ovvie ragioni più inclini alla logica del mordi e fuggi, avremmo fatto un buco nell’acqua”.

Quindi un pubblico alto-spendente, che per due terzi arriva da fuori regione e che vive per la maggior parte nelle grandi città. Come si riflette questo profilo di utenza sull’economia locale? “L’anno scorso i due weekend del festival hanno creato un indotto sul territorio pari a 7 milioni di euro, che per una località di villeggiatura non è niente male”, precisa D’Alessandro: “Quest’anno ci aspettiamo di restare in linea con questi numeri”. E, a proposito di numeri: “Nel 2024 il 54% del pubblico intervenuto non era mai stato in Versilia. Lo trovo un dato molto importante, che ricolloca la zona nella mappa del turismo del 30-40enni, prima la consideravano non adatta alle loro esigenze. Invece offre grandi opportunità in termini culturali, sportivi e naturalistici, dove divertirsi in tutta comodità”.

Il legame a doppio filo con il territorio impone un rapporto solido con le autorità locali. “Il dialogo con le istituzioni è fondamentale per la riuscita di un evento come La Prima Estate”, conferma D’Alessandro: “Il Comune di Camaiore ha sempre avuto un ruolo di primo piano nella buona riuscita del festival, sia tramite la vecchia amministrazione - guidata dal sindaco Alessandro Del Dotto, che ha riqualificato il Parco Bussoladomani regalando alla città un bellissimo spazio in riva al mare - che la nuova. Per il futuro [D’Alessandro e Galli ha chiuso con il Comune un contratto per l’organizzazione delle prossime edizioni del festival fino al 2028, ndr] dobbiamo convincere le istituzioni a fidarsi ancora di più del progetto, soprattutto riguardo la direzione artistica. Adesso che il parco è diventato attrattivo anche per altri eventi, la nostra richiesta è quella di prestare un po’ più di attenzione alla calendarizzazione delle attività”.

“L’area resterà la stessa, così come la suddivisione in due weekend. Adesso la sfida è alzare ulteriormente il tiro, rivolgendoci sempre alla stessa fascia di pubblico”, conclude D’Alessandro, restando in tema di progetti per il futuro: “Siamo prossimi al superamento della soglia dei 10mila spettatori, ma - per raggiungere questo obiettivo - ci servono gli headliner giusti. Su questo fronte, tuttavia, non abbiamo preoccupazione: all’inizio era difficile spiegare a un management perché fare tappa con un tour a Lido di Camaiore anziché a Milano o Roma. Da quando il nostro progetto ha preso quota sono i management internazionali a farsi avanti, ‘offrendo’ gli artisti dei loro roster per l’inserimento nel nostro cast. E’ un progetto, quello di La Prima Estate, che ha destato molta curiosità presso l’industria musicale internazionale: è la conferma della bontà del nostro operato, e non possiamo che esserne contenti”.

La Prima Estate 2025: ‘Perché siamo il festival del 'presbenismo'

Una line-up cucita su un pubblico ben definito e il legame col territorio: parla Enrico D'Alessandro

E’ stato annunciato il debutto di Doc Music, piattaforma collaborativa a sostegno delle carriere artistiche e dedicata alle figure manageriali indipendenti nata in seno a Doc Servizi, cooperativa nel settore dello spettacolo e degli eventi: la nuova entità rende disponibili a soci e socie un team di lavoro dedicato alla gestione delle varie attività della filiera (discografia, sostegno alla carriera editoriale e management), offrendo - tra gli altri servizi - gestione Enpals, gestione PIva, supporto pratiche estere, ufficio bandi e fundraising, label service, amministrazione editoriale, consulenza legale.

“Trentacinque anni dopo la nascita di Doc Servizi, il modello cooperativo ha consentito di ottenere cambiamenti che nel 1990 erano inimmaginabili in tema di sicurezza, legalità e valore delle professioni legate al mondo della musica”, ha fatto sapere, in una nota, la cooperativa: “Anche oggi, in un panorama sofferente, sempre più legato alla performatività, ai profitti immediati e all'ipercompetitività è il modello cooperativo a cercare di rispondere alle domande di chi vuole affrontare le criticità storiche del settore (discontinuità, lavoro nero, scarsa retribuzione) ed essere protagonista di una carriera non per forza legata alle attuali dinamiche del mercato musicale”.

“Abbiamo portato il nostro know how all’interno della cooperativa per poter essere liberǝ di contare anche quello che in genere non si può contare: la qualità musicale, la progettualità, il diritto di cittadinanza di alcune proposte musicali in un ambiente che sembra sempre più ostile ai percorsi meno convenzionali”, ha commentato Silvia Brunelli, responsabile area Management di Doc Music: “Non ci sembra quindi esagerato parlare di musica giusta, un aggettivo che per noi è inequivocabilmente un manifesto che ci vuole dalla parte dell’equità, della lealtà, della bellezza. Un’attitudine che può sembrare utopica, ma in questo ci piace citare un personaggio importantissimo del nostro tempo, Gino Strada, che non ha fatto altro che ricordarci che utopico non è sinonimo di impossibile. L’utopia è solo qualcosa che deve ancora succedere”.

“La musica giusta è un nuovo progetto al quale, all’interno di Doc Servizi, abbiamo deciso di dedicarci”, ha aggiunto Andrea Ponzoni, responsabile area Musica di Doc Servizi: “La cooperativa in trentacinque anni di storia ha già realizzato obiettivi che erano bollati come utopistici: i diritti e le tutele all’interno di un mondo regolato poco e male, problematico, incerto; la sicurezza e la legalità come condizioni imprescindibili; il talento come valore. Vorremmo che le persone che abitano il mondo della musica e che cercano un modello lavorativo alternativo potessero condividere con noi questo nuovo spazio per dare ossigeno a quei progetti che oggi sono strozzati dalle logiche legate al successo a tutti i costi”.

Nasce Doc Music

Apre l’area di Doc Servizi dedicata alla sviluppo e alla gestione di progetti artistici

Il <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750990/youtube-da-oggi-conteggi-nuovi-e-diversi-per-gli-shorts">cambio nel conteggio delle visualizzazioni dei video brevi di YouTube</a> - annunciato ufficialmente alla fine dello scorso marzo - sta evidentemente iniziando a dare i suoi frutti: il CEO della piattaforma controllata da Google Neal Mohan, intervenendo a un convegno organizzato dal Lions Club a Cannes, ha fatto sapere che il numero di visualizzazioni quotidiane del formato ha superato la soglia del 200 miliardi al giorno.

“Stiamo assistendo a un enorme aumento del numero di persone che creano e guardano Shorts”, ha dichiarato Mohan: “Oggi sono entusiasta di condividere un nuovo traguardo. I fan non ne hanno mai abbastanza”.

"Oggi YouTube è l'epicentro della cultura”, ha aggiunto Mohan: “Non parlo di mode passeggere o di successi improvvisi che passano inosservati. Intendo la cultura con la ‘c’ maiuscola. La fandom stessa - ha proseguito - sta diventando una forma di espressione creativa: dai video di reazione alla fan art e altro ancora. E uno dei modi più semplici per entrare in gioco è attraverso i video brevi. La fandom non è più solo consumo. E’ una forza potente che guida la cultura”.

YouTube Shorts, superati i 200 miliardi di views quotidiane

A rivelarlo è il CEO della piattaforma, Neal Mohan

Un approfondito report su come i giovani inglesi dai 18 ai 25 anni consumano la musica e gli altri prodotti culturali: lo ha commissionato la British Phonographic Industry e, anche se non si tratta di un campione globale (si tratta di 500 ragazzi provenienti da tutto il Regno Unito), è interessante vedere come la Gen-Z di oltremanica si approccia alla tematica.&nbsp;

La musica si conferma "indispensabile" per la totalità del campione, sia come colonna sonora quotidiana che come supporto emozionale. E' particolarmente interessante, però, riscontrare che non c'è più una preferenza per un singolo genere, quanto piuttosto per un "mood", che spesso varia anche a seconda dei trend social del momento o di ciò che stanno ascoltando gli amici. In questo senso, le playlist prevalgono in maniera netta sul supporto fisico, perché garantiscono una maggiore flessibilità e un approccio di condivisione all'ascolto.

A livello di discovery, i canali sono più numerosi che mai: dai social ai videogame, dalla tv alle playlist dei curatori editoriali, fino al metodo che usavano gli antichi, ovvero&nbsp;il passaparola. Anche i motivi per cui ci si avvicina a un artista cambiano: non solo per la sua musica e/o il suo aspetto, ma anche per le sue convinzioni e&nbsp;per il modo in cui presenta se stesso e la sua vita sui social. Anche il live resta un'importante forma di scoperta della musica nuova, particolarmente efficace in quanto scatena emozioni ancora più forti nell'ascoltatore. Insomma: la sostanza non cambia, ma le modalità di approccio si moltiplicano.

Come consuma musica la Gen-Z? Lo spiega un nuovo studio di BPI

La British Phonographic Industry ha indagato le preferenze della fascia 18-25 anni 

Il Master in Comunicazione Musicale dedicato alla formazione delle professioniste e dei professionisti della musica promosso dall’Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo (ALMED) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ha annunciato l’apertura delle iscrizioni per la sua venticinquesima edizione.

Rivolto a laureate e laureati e a laureande e laureandi di qualsiasi facoltà (e/o titolo equipollente), il Master in Comunicazione Musicale - spiegano gli organizzatori - “da 25 anni forma le sue studentesse e i suoi studenti a 360°, portando in cattedra professioniste e professionisti, docenti universitarie e docenti universitari, artiste e artisti e soprattutto un numero sempre maggiore di ex alunne ed ex alunni, che trasmettono la loro testimonianza e la loro esperienza di professioniste e professionisti di oggi. Questo approccio alla conoscenza del music business ha reso il Master in Comunicazione Musicale uno dei percorsi di studi più ambiti del settore, con un numero di domande di iscrizione ampiamente superiore rispetto ai posti disponibili”.

“La nostra più grande soddisfazione è avere contribuito all’industria musicale con una nuova generazione di professioniste e professionisti: una buona parte di chi oggi lavora in questo settore è passato da queste aule, sia come studente e studentessa, sia come testimone e/o docente”, spiega il direttore didattico del Master Gianni Sibilla: “lI Master in Comunicazione musicale continua ad essere un corso unico in Italia, che unisce alta formazione professionale con la visione a 360° che può dare solo lo studio e la riflessione su passato, presente e prospettive della musica”.

Quest’anno il termine per la presentazione delle domande di ammissione è il 3 ottobre 2025. Le candidate e i candidati verranno selezionati/e in base a tre criteri: voto di laurea, pertinenza del curriculum vitae e colloquio motivazionale.

Anche in occasione di questo importante anniversario, il Master in Comunicazione Musicale mette a disposizione delle borse di studio che verranno attribuite ai candidati e alle candidate più meritevoli che parteciperanno alle selezioni. Le borse studio saranno a copertura parziale della retta. Maggiori informazioni al seguente link: https://almed.unicatt.it/almed-comunicazione-musicale-quota-di-iscrizione-e-agevolazioni.

Il percorso prevede inoltre un periodo di stage, garantito per tutte le studentesse e per tutti gli studenti, finalizzato all’inserimento formativo nel mondo del lavoro, sia presso le aziende partner storiche del Master, sia attivando collaborazioni con nuove realtà, in base all’andamento del mercato musicale. Nel corso delle precedenti edizioni, le percentuali di placement si attestano tra il 66% e il 90% a sei mesi dal termine delle lezioni.

Master in Comunicazione Musicale 2025/2026: aperte le iscrizioni

Il termine per la presentazione delle domande di ammissione è il 2 ottobre 2025

L’etichetta indipendente aretina Woodworm ha annunciato una collaborazione con Germi, il locale milanese fondato da Manuel Agnelli, per Carne Fresca, il programma dedicato agli emergenti creato dal già leader degli Afterhours, con l’ambizioso obiettivo di “immaginare una nuova visione dell’industria musicale, dello scouting e dei percorsi di crescita dedicati a nuove proposte artistiche”. “Un’alleanza - precisa la nota con la quale è stata annunciata la partnership - che nasce dalla volontà di superare l’idea di scouting legata agli algoritmi per tornare a concentrarsi sulle persone. Un patto culturale che rimette al centro il talento, anche se ancora acerbo, e prova a costruire spazi reali per chi oggi rischia di restare ai margini del sistema”.

“Come tutti, mi informavo online”, ha dichiarato Agnelli: “Poi, accompagnando mia figlia, sono tornato a vedere concerti dal vivo. E lì ho scoperto un mondo nuovo: band che non conoscevo, un pubblico autentico. C’è talento in giro, ma non se ne parla. Neanche nella stampa specializzata. Preferisco il talento grezzo a quello già definito. Voglio persone speciali, che devono ancora scoprire chi sono. Oggi il sistema musicale funziona come una catena di montaggio: o sfondi subito, o sparisci. Questo è tossico. Ma c’è una generazione che rifiuta tutto questo ed è piena di energia. Noi vogliamo esserci per loro: sono la prossima scena”.

“La nostra storia di etichetta indipendente è legata al produrre, distribuire e sviluppare musica in modo libero, provando a non appiattirci su dinamiche estetiche e distributive dominanti nel mercato”, ha aggiunto Marco Gallorini, fondatore di Woodworm insieme ad Andrea Marmorini: “Non cerchiamo prodotti funzionali, ma artisti con una visione, un percorso di lungo periodo, un ampio respiro. Il mercato spinge a lavorare e incanalare la produzione musicale in direzioni molto standardizzati, a operare troppo velocemente, spesso sulla pelle degli artisti stessi. Con questa collaborazione vogliamo semplicemente rafforzare quello che già facciamo ogni giorno, assieme a un grande protagonista della scena indipendente italiana come Manuel, da decenni impegnato a guardare oltre se stesso, dentro una scena indipendente dinamica, cercando di indicare possibilità diverse”.

Woodworm, una partnership con Manuel Agnelli

‘Per riscrivere lo scouting musicale’

Tra le date annunciate ieri da Vasco Rossi per l’estate del 2026 figurano anche due show a Olbia, fissati per il 12 e 13 giugno del prossimo anno: i concerti che segneranno il ritorno del rocker emiliano in Sardegna dopo sette anni saranno curati da Lebonski360, holding di proprietà di Salmo, in collaborazione con Magma Events: a renderlo noto è stato Sebastiano Pisciottu, fratello e manager del rapper, attraverso i propri canali social personali.

“Ringraziamo Live Nation per la grande opportunità”, ha fatto sapere Pisciottu, citando la filiale italiana della multinazionale americana guidata da Roberto De Luca, agenzia che cura gli interessi dal vivo di Rossi, oltre che il sindaco di Olbia Settimo Nizzi.

Fondata nel 2020, Lebonski360 opera non solo in ambito discografico ma anche sui fronti social, video, podcast, scouting, editoriale, televisivo e live: lo scorso novembre la società ha annunciato il <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748264/sony-music-italy-rinnova-con-salmo-e-lebonski360">rinnovo dell’accordo con Sony Music Italy</a>, major alla quale Salmo è discograficamente legato dal suo quarto album in studio, “Hellvisback” del 2016.

Tra le altre date annunciate da Vasco Rossi per il 2026 figurano quelle a Ferrara del 5 e 6 giugno, a Bari del 18 e 19 giugno, ad Ancona del 23 e 24 giugno e a Udine del 28 e 29 giugno. Le ultime date dell’artista nell’isola risalgono al 18 e 19 giugno del 2019, a Cagliari, nell’ambito del VascoNonStop Live 2019.

Vasco Rossi

C’è Salmo dietro il ritorno di Vasco Rossi in Sardegna

La società del rapper di Olbia al lavoro sui concerti del rocker del 12 e 13 giugno 2026

In Corea del Sud il servizio militare è ancora obbligatorio per tutti i cittadini maschi. Questo vale anche per le star del k-pop, inclusi i celeberrimi BTS. Non è un caso, infatti, se la boy-band sembra essere sparita dai radar dal dicembre 2023 a oggi: molti dei membri erano infatti impegnati a ottemperare ai loro obblighi di leva, che termineranno formalmente alla fine di questo mese.

La notizia del loro ritorno alla vita civile è stata festeggiata in grande stile da HYBE, la gigantesca agenzia plenipotenziaria che gestisce le loro carriere e quelle di buona parte della scena k-pop: è stato appeso perfino uno striscione alla loro sede di Seoul, con il logo dei BTS e la scritta "Siamo tornati!" a caratteri cubitali. Il che, come prevedibile, ha avuto ripercussioni anche in borsa: le azioni della società hanno registrato un balzo del +2% e continuano a crescere da cinque giorni a questa parte, registrando il valore più alto mai ottenuto da aprile 2022 a oggi. Non solo: da inizio anno, le azioni sono cresciute del 57%. Un risultato apparentemente straordinario, ma che va letto alla luce della situazione pregressa: da quando il gruppo era andato in pausa per via del servizio militare, infatti, i profitti di HYBE erano calati del 37,5% in un anno.

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