Patrick Zelnik, cofondatore e amministratore delegato dell'etichetta francese Naïve, aveva già provato due volte, in passato, a comprare la Virgin Records. Lo ha ricordato lui stesso in un'intervista esclusiva concessa a Billboard.biz sull'onda del suo inatteso intervento (pubblicato dal Financial Times) a favore della fusione tra Universal ed EMI. "E' il mio terzo tentativo", ha confermato al sito americano ricordando un precedente risalente al 2007 (quando fu la Warner a cercare la fusione con EMI). "Ma questa volta, con Branson, la cosa si è fatta più concreta. Entrambi riteniamo che dopo la sua fusione con la EMI Virgin abbia perso larga parte del suo potere di seduzione. Comunque, al momento, non abbiamo ancora fatto nessuna offerta. Siamo ancora agli stadi iniziali". Dovesse andare in porto l'operazione, spiega, sarebbero Naïve e Branson a comprare la Virgin: "ma dal momento che possiedo una quota dell'80 per cento nella Naïve, è come se fossimo io e Branson (...) In ogni caso, gli artisti e i loro manager avrebbero la possibilità di scegliere se restare con Universal o con Virgin". Billboard.biz gli chiede conto della sua attuale posizione nell'ambito dell'associazione di etichette indipendenti Impala, pubblicamente contraria al "merger" ("Il 58 per cento del consiglio direttivo condivide la mia opinione. Ho comunicato che avrei rassegnato le dimissioni, ma non l'ho ancora fatto e potrei ancora cambiare idea") e dello stato di salute della sua etichetta, che secondo alcuni navigherebbe in cattive acque: "Queste voci sono in giro da sempre", risponde Zelnik," e noi siamo ancora qui. Resistiamo ai problemi di liquidità come qualunque altra società. Possediamo 1.700 master fonografici e Naïve è un marchio internazionale. Abbiamo un nostro sistema di distribuzione e abbiamo registrato una crescita del 30 % nella musica digitale, un valore più alto della media. Abbiamo un fatturato di 30 milioni di euro, il 25 % del quale proviene dalla musica classica. Quello che non abbiamo ancora raggiunto è una dimensione critica: siamo troppo grossi per adattarci e reagire velocemente come farebbe una piccola indie, e non abbiamo le risorse da investire che ha una major. Ma nel 2012 ho investito personalmente nell'etichetta un altro milione di euro, e non l'avrei fatto se non credessi fermamente nella società. Ho molta fiducia nel futuro del settore, gli investitori devono tornare a finanziare la musica: e stanno ricominciando a farlo, permettendoci di comprare la Virgin!".