L'incubo di Napster e dei suoi cloni continua ad agitare i sonni dei discografici americani (e non solo). La – parziale – novità è che non ci sono soltanto i siti “offshore” di file sharing, spesso finanziati da grosse imprese commerciali, a perpetrare il download selvaggio e gli scambi non autorizzati di musica in rete: l'industria segnala una recrudescenza del fenomeno proprio in quei campus americani da cui il fenomeno Napster prese origine verso la fine degli anni '90 e che oggi continuerebbero ad essere il ricettacolo di una fervida attività di distribuzione illegale. Detto fatto: l'associazione di categoria USA, la RIAA, è scesa sul campo di battaglia denunciando i quattro “gestori” di altrettanti network studenteschi che, utilizzando le reti informatiche in dotazione a prestigiosi istituti accademici come il Politecnico di Rensselaer (a Troy, stato di New York), l'Università di Princeton e l'Università Tecnologica del Michigan, avrebbero messo in circolazione milioni di file non autorizzati. <br> “Si tratta”, ha spiegato il presidente della stessa RIAA, Cary Sherman, “di una specie di Napster locali”: che anziché essere accessibili a chiunque abbia a disposizione un collegamento Internet sono destinati agli studenti che utilizzano le reti di comunicazione interne alle università (tutte equipaggiate con connessioni a banda larga e dunque ad alta velocità): i software, i sistemi di indicizzazione e i motori di ricerca impiegati dai programmatori-pirati, tutti piuttosto sofisticati, consentono, con un solo “clik” sul computer, di trovare il brano desiderato e di scaricarlo immediatamente senza autorizzazione. La reazione dell'industria, sottolinea Sherman, non può che essere univoca: reprimere queste iniziative “spontanee” sul nascere. “I tribunali hanno decretato che Napster era illegale e lo hanno fatto chiudere. Questi sistemi sono altrettanto illegittimi e operano esattamente nello stesso modo, danneggiando artisti, musicisti, autori, coloro che investono nel loro lavoro e le migliaia di persone che si danno da fare per portare la loro musica al pubblico”.