Abbandonata ogni velleità di comprare la Warner Music (lo ha chiarito una nota ufficiale diramata dal presidente Eric Nicoli ad inizio settimana), la EMI si troverebbe trasformata improvvisamente da cacciatore in preda, diventando a sua volta un boccone appetibile per imprese o consorzi interessati, malgrado tutto, ad investire nel settore musicale. E tra i potenziali pretendenti alla società, oltre a istituzioni a lei assai vicine come la finanziaria newyorkese Blackstone, ci sarebbe anche quel Edgar Bronfman Jr. che alla casa britannica ha appena soffiato l'affare con Warner (vedi News). <br> L'imprenditore canadese, fiancheggiato da partner e società d'investimento in possesso di mezzi finanziari considerevoli, vorrebbe estendere i suoi possedimenti musicali in modo da contrastare lo strapotere della leader di mercato Universal e della coppia Sony-BMG, se il “merger” tra queste due ultime società dovesse avere luogo (vedi News). E non a caso l'accordo di spartizione delle quote societarie appena siglato con la dirigenza di Time Warner fa esplicito riferimento alla possibilità che la nuova Warner Music si fonda in futuro con un'altra azienda: la EMI diventerebbe a quel punto il partner più logico e più probabile, perché anche Nicoli e il suo team non potrebbero permettersi, a questo punto, di perdere terreno nei confronti delle altre major continuando a correre da soli. Il “merger” tra EMI e Warner potrebbe quindi ancora realizzarsi, per via indiretta e per intermediazione di Bronfman (sempre che l'antitrust non ci metta lo zampino). Questa linea di pensiero è espressa da autorevoli analisti, e ha portato ad una ripresa del titolo EMI alla Borsa londinese nelle ultime ore. La cifra che Bronfman pagherà per Warner Music, 2,6 miliardi di dollari, sembrerebbe anche consentire a Nicoli e al suo team di spuntare un prezzo più favorevole del previsto, in caso di vendita. <br> L'ipotesi alternativa, come detto, sarebbe quella di un “take over” di EMI da parte di Blackstone, che con la casa discografica aveva già collaborato nei primi stadi della tentata scalata a Warner (vedi News). Alla finanziaria newyorkese, sottolineano gli esperti, non piace la volatilità del mercato discografico, ma fa gola il costante flusso di denaro contante che proviene dalla società di edizioni musicali del gruppo, la maggior casa di “publishing” al mondo. E così il gruppo americano potrebbe essere disposto ad accettare gli alti e bassi del primo in cambio della stabilità del secondo.