All’inizio dell’anno, in seguito alle&nbsp;<a href="https://www.rockol.it/news-727787/neil-young-contro-spotify-togliete-le-mie-canzoni">critiche</a>&nbsp;di Neil Young rivolte a Spotify per ospitare il podcast "The Joe Rogan Experience”, diversi artisti hanno seguito l’esempio del cantautore canadese e hanno deciso di rimuovere il proprio catalogo musicale sulla piattaforma streaming svedese. Dopo&nbsp;<a href="https://www.rockol.it/news-727885/joni-mitchell-rimuove-la-sua-musica-da-spotify-e-supporta-neil-young">Joni Mitchell</a>&nbsp;e&nbsp;<a href="https://www.rockol.it/news-727901/spotify-monta-la-protesta-anche-nils-lofgren-toglie-le-sue-canzoni">Nils Lofgren</a>, tra gli altri, anche <a href="https://www.rockol.it/news-728047/crosby-stills-and-nash-musica-rimossa-spotify-neil-young-joni-mitchell">David Crosby, Stephen Stills e Graham Nash</a> avevano comunicato di aver abbandonato il servizio. La musica del supergruppo un tempo da loro formato, che con il successivo ingresso in formazione di Neil Young si trasformò in&nbsp;<a href="https://www.rockol.it/artista/crosby-stills-nash-and-young">Crosby, Stills, Nash &amp; Young</a>, non è stata così più disponibile all’ascolto su Spotify. A distanza di qualche mese, però, il repertorio sta tornando sulla piattaforma.

In merito al ritorno degli album e delle canzoni di <a href="https://www.rockol.it/artista/crosby-stills-nash-and-young">Crosby, Stills, Nash &amp; Young</a>, un utente su Twitter ha chiesto spiegazioni direttamente a David Crosby. L’ottante musicista, che nel marzo dello scorso anno&nbsp;<a href="https://www.rockol.it/news-720538/david-crosby-vende-il-suo-catalogo-a-iconic-artists-group">aveva ceduto i diritti legati al suo repertorio a Iconic Artists Group</a>, comprese le registrazioni con Stills, Nash &amp; Young, ha così risposto:

<blockquote>
“Non possiedo niente, e le persone che detengono i diritti fanno affari per soldi”.
</blockquote>

Lo scorso febbraio Crosby aveva dichiarato in un’intervista concessa a Ryan Leas per Stereogum di considerare <a href="https://www.rockol.it/news-728444/david-crosby-addio-spotify-definitivo-ok-irving-azoff-streaming-schifo">definitivo il suo addio a Spotify</a>, indipendentemente dalla rimozione o meno del podcast di Joe Regan dopo la presa di posizione di Neil Young, contro la serie audio che secondo la secondo la voce di “Rockin' in the&nbsp;free world” diffonde informazioni false e tendenziose sui vaccini e sul Covid.

“Non mi piace Spotify”, aveva affermato l’artista: “A dire il vero non mi piace nessun servizio di streaming, perché non ci pagano abbastanza. Le loro proporzioni [con le quali dividono i ricavi] sono completamente sbagliate. Stanno facendo miliardi e ci pagano pochi spiccioli, e questo non va bene. Non va bene che si tengano metà di quanto mi spetta, soprattutto per quanto riguarda gli artisti più giovani, che non riescono a campare del loro lavoro. E’ profondamente sbagliato. E poi non mi piace la qualità dell’audio con la quale viene trasmessa la musica, che è davvero molto bassa”.

A margine della chiacchierata David Crosby aveva inoltre dichiarato: “[Per togliere le mie canzoni da Spotify] ovviamente ho dovuto chiedere a Irving [Azoff]”, ha spiegato Crosby: “La mia roba adesso è sua. E la cosa incredibile e davvero meravigliosa è che sia Iconic che BMG sono stati d’accordo. Mi hanno detto: ‘Se questo è quello che ritieni sia giusto fare, noi ci stiamo’, Sono rimasto sbalordito, perché non è normale ragionare così per una società. Di solito cercano di fare soldi nella maniera più rapida possibile, senza mai sostenere una presa di posizione morale. Non lo fanno mai”.

Crosby Stills & Nash

Spotify

Neil Young

David Crosby

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La musica di Crosby, Stills & Nash torna su Spotify

Industria

Il catalogo era stato rimosso dalla piattaforma in seguito alle critiche mosse da Neil Young

(continua dalla <a href="https://www.rockol.it/news-755136/dopo-udio-con-umg-suno-con-tutte-le-major-parte-1">prima parte</a>):

Fattori non-negoziabili (lato major):

<ul>
	<li>Niente training senza licenza: il modello non sia mai addestrato su musica protetta senza permesso; serve un contratto che autorizzi e regoli l’uso dei cataloghi.</li>
	<li>Governance&nbsp;del dataset (audit, attestazioni, clean-room): le label devono poter verificare e tracciare cosa entra nell’ambiente di training e in che modo, anche tramite terze parti indipendenti.</li>
	<li>Divieto di aprire o cedere i pesi del modello - i “pesi” coincidono con il “cervello” del modello e non possono essere condivisi o venduti, per evitare fughe di valore dal repertorio protetto.</li>
	<li>Controlli rigorosi sui contenuti generati (“inference”): la sicurezza deve essere robusta, con utilizzo di watermark, fingerprint, filtri “no-clone”:&nbsp;ogni output deve essere tracciabile e non imitare voci o stili di artisti reali senza consenso.</li>
	<li>Ambiente controllato sull’output (walled garden): i brani generati restano dentro la piattaforma o con export limitato, così da evitare ri-utilizzi non autorizzati.</li>
</ul>

Fattori non-negoziabili (lato Suno):

<ul>
	<li>Struttura economica chiara: minimi garantiti, revenue sharing (una quota sui ricavi delle funzioni AI) e report puntuali su ogni uso o generazione.</li>
	<li>Indipendenza di prodotto e UX: Suno vuole mantenere libertà sul design del servizio e sull’esperienza utente, evitando che le major ne condizionino struttura e funzioni.</li>
	<li>Tutela del know-how e del modello: non intende condividere codice, architettura o dataset interni oltre quanto strettamente necessario per l’audit.</li>
	<li>Scalabilità economica: rifiuta schemi di micro-royalty ingestibili: serve un modello di costi prevedibile, sostenibile e compatibile con un’utenza ampia.</li>
	<li>Libertà sull’export controllato: vuole che gli utenti possano scaricare o usare i brani generati (almeno se non derivativi), evitando un “giardino chiuso” totale.</li>
	<li>Proprietà del brand e dei pesi: il marchio e la tecnologia devono restare di Suno; niente co-ownership del modello o clausole che ne limitino l’evoluzione futura.</li>
	<li>Accesso a modelli e API aperte (per scalare B2B): punta a mantenere un canale API o licensing verso sviluppatori/partner per crescere come piattaforma, non solo come applicazione lato consumer.</li>
</ul>

La contrapposizione di partenza è di quelle forti, altrimenti non si manifesterebbe in aule di tribunale. Però, pur misurando le distanze di partenza, sussiste sempre un terreno di mediazione, uno spazio immaginabile con un misto di creatività e senso pratico. Questi, ad esempio, potrebbero essere alcuni punti di potenziale convergenza:

<ul>
	<li>Licenze selettive e “training a doppia corsia”:&nbsp;i cataloghi delle major verrebbero usati solo sotto licenza, mentre Suno potrebbe continuare ad addestrarsi su dataset pubblici e contenuti propri, certificati come puliti da una terza parte indipendente.</li>
	<li>Audit indipendente e attestazione controllata:&nbsp;il controllo sui dataset e sui processi di training verrebbe affidato a un revisore esterno con report sintetici, senza divulgazione dei dati o dei pesi del modello.</li>
	<li>Isolamento dei pesi e modelli liberi:&nbsp;i modelli addestrati con materiale licenziato resterebbero in un ambiente separato (“sandbox”), mentre i modelli generali di Suno resterebbero di sua proprietà e utilizzabili liberamente.</li>
	<li>Filtri di sicurezza basati su controlli automatici con soglie dinamiche (“Dynamic-threshold safety filters”): verificano se l’audio generato dall’AI somiglia troppo a un brano o a una voce già esistente e le&nbsp;soglie sono dinamiche&nbsp;per regolare&nbsp;quanto strette devono essere le maglie&nbsp;del filtro (per l’uso “pubblico” - esportazione o pubblicazione - una soglia più severa che blocca o segnala anche somiglianze parziali; per l’uso “privato” o sperimentale, soglia più tollerante).</li>
	<li>Tolleranza zero per i deepfake&nbsp;vocali, adottando la procedura “Voice-font opt-in” (un voice-font&nbsp;è un modello vocale che riproduce il timbro di un cantante, attore, doppiatore; opt-in significa che può essere usato&nbsp;solo con il consenso esplicito&nbsp;di chi possiede quella voce che, in cambio, può ricevere&nbsp;una micro-royalty&nbsp;ogni volta che la sua voce viene impiegata).</li>
	<li>Export condizionato e tracciabile:&nbsp;agli utenti verrebbe concesso di esportare o monetizzare brani non derivativi, purché tracciati tramite watermark&nbsp;e fingerprint; per remix o derivati è previsto solo lo streaming interno.</li>
	<li>Schema economico trasparente e combinato, in grado di&nbsp;distinguere tra uso “creativo” e uso “a fini di business”:&nbsp;
	<ul>
		<li>minimo garantito sì, ma ragionevole;&nbsp;</li>
		<li>revenue-sharing proporzionale all’uso (user-centric o&nbsp;usage-centric);&nbsp;</li>
		<li>royalty per ogni&nbsp;brano generato dall’AI e poi esportato per uso commerciale&nbsp;(è un modello “pay-per-export”: l’uso interno o non monetizzato può restare gratuito o incluso nell’abbonamento, ma ogni volta che un brano viene scaricato o integrato in un prodotto esterno, scatta una tariffa).</li>
	</ul>
	</li>
	<li>Co-governance limitata e brand autonomo, con le major che supervisionano solo la parte “licenziata” del sistema e Suno che mantiene piena proprietà del brand e del modello, senza vincoli sull’evoluzione tecnologica.</li>
	<li>API aperte ma controllate:&nbsp;le API resterebbero disponibili per usi non musicali o per partner verificati, con tracciamento e audit periodico per evitare riutilizzi non autorizzati.</li>
</ul>

Dunque?

Dunque è una strada lunga e tortuosa (cit.).&nbsp;

Soprattutto perché mediare tra libertà dell’utente e controllo è complesso, e le API aperte ma controllate sono un punto sensibile perché le major temono fughe di modelli.&nbsp;

Per il resto, tuttavia, questo terreno oggi così pieno di asperità parrebbe, per lo meno, arabile.&nbsp;

Le&nbsp;major&nbsp;hanno interesse a far emergere un “caso virtuoso” post-Udio per mostrare apertura al dialogo sull’AI (anche considerando l’AI Act e il peso dell’opinione pubblica).

Suno, dal lato suo, è abbastanza forte finanziariamente per protrarre ancora un po’ la negoziazione dietro le quinte del tribunale e conta sulla sua elevatissima valutazione attuale per attrarre nuovi investimenti che le forniscano carburante e risorse - alla fine, però, potrebbe accettare controlli e filtri in cambio di&nbsp;certezza operativa e libertà di export&nbsp;controllato.

I tempi dell’industria musicale e quelli della tecnologia sono diversi: le major ragionano per cicli pluriennali, le startup per sprint settimanali. Per arrivare in meta occorrono la pazienza del diritto, l’ascolto della diplomazia, la fiducia della tecnica, la volontà dell’impresa (costruire, non solo difendere). E un filo di passione per la musica che tenga insieme tutto.

It’s a long way to the top (if you wanna rock ‘n’ roll) (cit.).

Dopo Udio con UMG… Suno con tutte le major? (parte 2)

L’analisi di quanto è successo propone scenari possibili nel rapporto tra Gen AI e industria

UMG e Udio hanno chiuso con una transazione una causa per violazione del diritto d’autore che Universal Music (insieme alle altre major) aveva intentato nei confronti di Udio per addestramento dei modelli AI su registrazioni protette senza licenza. Contestualmente, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-755014/ai-universal-music-e-udio-hanno-raggiunto-un-accordo">hanno annunciato una partnership strategica</a> che consentirà a Udio l’accesso, dietro licenza, a repertori di UMG e che lancerà una piattaforma congiunta di creazione musicale AI con licenza.

Udio ha modificato il suo servizio di conseguenza: ha alzato il recinto (“walled garden”) e introdotto limitazioni a download ed export, lasciando agli utenti solo <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-755055/udio-download-bloccati-dopo-l-accordo-con-universal-music">una breve finestra temporale per consentire loro di scaricare i lavori pregressi</a>.

UMG ha presentato l’accordo come un passo per “abbracciare l’innovazione” con modelli che tutelano artisti e autori.&nbsp;

L’importanza dell’accordo

Il lancio di un modello di licenza per AI musicale crea un precedente per come etichette e startup AI possono collaborare su licenze, compensi e controlli, all’interno di una cornice che tutela artisti e autori e trasforma l’AI da pericolosa minaccia a canale monetizzabile in un ambiente controllato.&nbsp;

Coerentemente con la postura che aveva assunto circa due anni fa in tema di streaming, all’epoca dell’introduzione del suo modello artist-first, nella sua impostazione e nella sua narrazione la major guidata da Lucian Grainge ha posto l’accento su quelli che considera “artisti professionisti”; la comunità crescente degli indipendenti e dei DIY, infatti, ha immediatamente reagito, contestando il cambio di direzione di Udio che, introducendo limiti all’export di brani, ha generato tensione tra due forze che oggi collidono: libertà creativa da un lato e diritti dall’altro.

Su questo quadro attuale noto, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-755095/ai-le-domande-di-irving-azoff-sull-accordo-tra-umg-e-udio">parecchio resta ancora da chiarire</a>: innanzitutto i termini economici precisi (importi, ripartizioni, minimi garantiti); poi la possibile scalabilità verso cataloghi indipendenti; infine, soprattutto, gli eventuali riflessi sulle altre cause aperte tra industria e startup di Gen AI – quella con Suno su tutte.&nbsp;

La causa con Suno

La causa con Suno, infatti, prosegue: la startup più famosa dell’anno si oppone alle major con un’attitudine legale più “combattiva” (insistendo sulla linea del ‘fair use’) che concede meno spazio a un’intesa rapida basata su condizioni analoghe a quelle che UMG ha imposto a Udio - e che, ovviamente, adesso intende utilizzare come leva strategica: dopo aver “normalizzato” Udio con licenza e controlli, la pressione su Suno aumenta grazie al precedente fissato (e, teoricamente, aumenta anche il potere negoziale).&nbsp;

E ora cosa faranno le alter major?&nbsp;

Anche se non è dato saperlo, è lecito immaginare che non siano state colte di sorpresa dagli eventi e che le label siano tutte concordi sui loro obiettivi di lungo periodo, ossia: allineare tecnologia e tutela in ambiente controllato e monetizzare l’AI senza creare cattivi precedenti, tracciando anzi una roadmap. Oggi la prosecuzione del contenzioso, come detto, è una leva: Udio diventa un benchmark regolato, Suno il caso-test. Sarà interessante notare se avrà luogo il possibile effetto domino in termini di licenze, se il modello Udio reggerà: in quel caso avremmo un panorama caratterizzato da revenue sharing, walled garden e fingerprinting.

Il fattore finanziario: Udio vs Suno

Tuttavia, chiudere un accordo con Udio e continuare a litigare con Suno non è accaduto per caso. È plausibile che a caldeggiare la scelta sia stata la differenza di solidità finanziaria tra le due startup: la potenza di fuoco e la capacità di resistere, infatti, contano molto in una guerra legale/negoziale. Suno ha raccolto capitali significativamente maggiori e vanta una penetrazione nel mercato ben superiore, con ricavi ricorrenti già significativi; Udio – finanziata con $ 10 milioni contro i circa $ 125 milioni di Suno - risulta molto più leggera ed esposta, quindi incline a chiudere un buon accordo rapidamente, senza rischiare di finire sul lastrico, consumata dal protrarsi di una battaglia legale costosissima.&nbsp;

Anche grazie alle condizioni che Udio ha accettato - un assetto più controllato con nette limitazioni all’export di brani generati - contro Suno le major hanno inasprito le contestazioni, aggiungendo più recentemente l’accusa di “stream ripping” (accusa mossale ora anche dalla danese Koda). Torna alla mente quanto accaduto <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-739230/universal-music-deezer-streaming-modello-artist-centric-come-funziona">con Deezer, al contempo partner e banco di prova del suddetto modello “artist first”</a>: come avvenne nella scelta del DSP allora, anche stavolta Universal punta su un player decisamente minore e definisce con l’attore più malleabile un accordo da una posizione di forza che prova ad affermarsi come benchmark, per poi utilizzarlo nelle trattative successive.

Suno indipendente…? Possibili accordi, fattori non-negoziabili e ipotetiche mediazioni

Oggi la domanda più intrigante diventa perciò: Suno potrebbe restare una piattaforma indipendente trovando un accordo con le major? Su cosa le parti in causa non farebbero mai compromessi e su cosa, invece, potrebbero mediare? Azzardiamo scenari e ipotesi…

(<a href="https://www.rockol.it/news-755137/dopo-udio-con-umg-suno-con-tutte-le-major-parte-2">continua…</a>)

Dopo Udio con UMG… Suno con tutte le major? (parte 1)

L’analisi di quanto è successo propone scenari possibili nel rapporto tra Gen AI e industria 

La Confédération Internationale des Sociétés d'Auteurs et Compositeurs, ente non governativo internazionale che rappresenta le collecting, ha pubblicato il suo ultimo report annuale: la rete di società che curano gli interessi degli aventi diritto - 228 in tutto, che operano in 111 paesi - hanno riscosso nel 2024 un totale di 13,97 miliardi di euro in tutto il mondo, in aumento del 6,6% su base annua. Il 90% del totale del gettito è stato generato dal settore musicale, con il restante 10% diviso tra audiovisivo, grafica, letteratura e teatro.

Restringendo il campo il solo segmento musicale nel corso dell’anno passato ha generato 12,59 miliardi di euro in royalties, in aumento del 7,2% su base annua: a trainare la crescita sono stati i servizi digitali, con gli incassi ascrivibili allo streaming a pagamento cresciuti del 10,8% su base annua a quota 5,01 miliardi di euro. Positive anche le performance di musica dal vivo (+10,4% a 3,38 miliardi di euro) e broadcasting (+1,2%, a quota 3,42 miliardi di euro).

Gli USA sono stati il paese che ha maggiormente contribuito al totale incassato, con 3,14 miliardi di euro (in crescita del 10,9% su base annua), seguiti da Francia (+7,9% a 1,5 miliardi di euro), Regno Unito (+8,2% a 1,18 miliardi di euro) e Germania (+3,9% a 1,02 miliardi di euro). L'Italia è presente nella top ten dei principali paesi per totale riscorsso in sesta posizione, con un gettito pari a 576 milioni di euro in crescita del 5,1% su base annua.

"I risultati di quest'anno testimoniano l'adattabilità e la resilienza della gestione collettiva dei diritti dei creatori in un contesto in rapida evoluzione", ha dichiarato&nbsp;il direttore generale del CISAC, Gadi Oron:&nbsp;"Tuttavia, accanto a questo successo, le nuove sfide poste dalle tecnologie di intelligenza artificiale minacciano il futuro del settore creativo. L'intelligenza artificiale non è semplicemente un altro mezzo per distribuire opere creative; è una tecnologia che le appropria e le replica. Senza adeguate garanzie o trasparenza dei dati, rischia di minare le fondamenta stesse del valore creativo".

"Mi avvicino a questa rivoluzione tecnologica come qualcuno che ha utilizzato personalmente strumenti di intelligenza artificiale", ha aggiunto&nbsp;Björn Ulvaeus, co-fondatore degli ABBA e&nbsp;Presidente del CISAC:&nbsp;"Ne riconosco il potenziale. Per me, gli strumenti di intelligenza artificiale possono essere come una cassa di risonanza, offrendo riferimenti e direzioni inaspettate che ampliano e completano il processo creativo umano. Ma riconosco anche che quando le aziende di intelligenza artificiale costruiscono modelli estesi utilizzando opere non autorizzate di milioni di creatori, l'effetto è molto diverso. Ciò che è iniziato come un semplice strumento diventa uno strumento di sfruttamento sistematico. Incontrollata e incontrollata, l'intelligenza artificiale solleva profondi interrogativi sulla paternità e sul valore".

Cisac, nel 2024 raccolta record a 13,97 miliardi di euro

La rappresentanza internazionale delle collecting pubblica il proprio report annuale

Si terrà martedì 18 novembre - alle ore 12, presso la Palazzina Appiani di Milano, nell’ambito della nona edizione della Milano Music Week - il panel “(Still) Wish You Were Here: anatomia di un capolavoro". Presentato da Rockol in collaborazione con Sony Music Italy, l’evento - nell’anno del cinquantesimo anniversario di "Wish You Were Here" - indaga sull’insegnamento che il classico dei Pink Floyd continua a offrire all’industria di oggi: il catalogo come motore del business musicale.

All’incontro parteciperanno Luca Fantacone, Director Catalogue di Sony Music Italy&nbsp;e Nino Gatti, storico e archivista&nbsp;dei Pink Floyd.

L’ingresso al panel è libero fino a esaurimento posti: sarà possibile effettuare le registrazioni sulla piattaforma Dice a partire da domani, venerdì 7 novembre.

Pink Floyd

MMW25, il panel ‘(Still) Wish You Were Here’

Martedì 18 novembre alle ore 12, presso la Palazzina Appiani

I Music Awards, le serate di gala che premiano i maggiori successi della stagione discografica italiana, nel 2026 festeggeranno i loro primi vent'anni. Per l'occasione, l'Arena di Verona - da sempre cornice della cerimonia di consegna dei premi - ospiterà una speciale edizione dell'evento&nbsp;per celebrare questo anniversario. I Music Awards 2026 si svolgeranno il 18 e 19 settembre 2026 (biglietti già in vendita su <a href="https://www.ticketone.it/artist/music-awards/" target="_blank">Ticketone</a>).

Dal 2007 ad oggi, nel corso di tutte le edizioni, i&nbsp;Music Awards&nbsp;hanno ospitato sul palco oltre&nbsp;600 artisti e consegnato più di 1.000 premi,&nbsp;numeri che raccontano tanto la longevità della manifestazione quanto la vitalità del mercato musicale italiano.&nbsp;

Music Awards, nel 2026 a Verona la ventesima edizione: le date

Sarà come da tradizione l'Arena di Verona a ospitare l'edizione celebrativa della serata di gala.

“La parola resilienza è stra-abusata, ma ancora non del tutto capita. È proprio per questo che ho voluto mantenerla” spiega la psicologa Fouzia Draoua, coordinatrice dell’area People Development di Universal Music Italia e ideatrice di Resilience Room – Salute Mentale per Creativi, un progetto che unisce divulgazione culturale, ricerca interdisciplinare e prevenzione organizzativa. “Vogliamo affrontare il tema della salute mentale nel lavoro creativo da una prospettiva nuova” sottolinea. Una prospettiva inedita, orientata a considerare la salute come risultato di equilibrio tra ritmi che per loro natura sono diversi: quello&nbsp;della creatività, fatto di cicli interni, emotivi e discontinui, e quello della produzione, scandito da obiettivi, risultati e tempi esterni.

Resilience Room nasce per portare la salute mentale oltre gli spazi clinici e riconoscerla come parte integrante del lavoro stesso, uscendo da una prospettiva esclusivamente individuale per abbracciare una lettura sistemica. L’iniziativa, sostenuta anche dal patrocinio di Universal Music Group e di FIMI, sarà presentata alla Milano Music Week in un talk con la dott.ssa Fouzia Draoua, l’esploratore e mental coach Alex Bellini e l’artista e direttore creativo Shablo, previsto per martedì 18 ottobre alle&nbsp;19.30 presso la Palazzina Appiani. "Abbiamo scelto di mettere insieme un artista e un atleta perché entrambi vivono l’esperienza della performance, ma con strumenti e consapevolezze molto diverse" dice Draoua. "Nel mondo dello sport esiste una cultura della preparazione, del recupero e della sostenibilità; nel lavoro creativo, invece, questi aspetti restano spesso invisibili, ed è proprio da questo che si apre la riflessione su come sviluppare la cultura della sostenibilità del lavoro creativo".

Fouzia Draoua, che ha un PhD in psicologia conseguito alla Sorbona di Parigi, dopo un percorso iniziale in ambito clinico ha da oltre vent’anni integrato nella sua pratica la consulenza organizzativa, la formazione, il coaching e il mentoring;&nbsp;dal 2020 fa parte del Team HR di Universal Music Group Italia. “Il progetto nasce dalla mia esperienza nella valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato, che mi ha insegnato a leggere la salute mentale come una condizione sistemica e dei progetti di formazione e di sviluppo organizzativo che ho guidato in tutti questi anni” racconta. “Quando sono arrivata in Universal e ho iniziato a lavorare con il cuore creativo delle sue etichette, mi sono resa conto che i modelli di prevenzione classici non erano applicabili. Le dinamiche di pressione, tempo e esposizione emotiva nel lavoro creativo sono completamente diverse.” Da qui prende forma il concetto di ecologia della mente: la mente come un ecosistema in relazione con l’ambiente in cui opera. Comprendere questa ecologia significa studiare le condizioni di compatibilità tra creatività, contesto e salute mentale.

"Le mie fonti sono&nbsp;le neuroscienze, che aiutano a leggere i meccanismi della pressione e del recupero, la psicologia dello sport, che offre modelli di allenamento mentale e sostenibilità della performance, e la psicologia del lavoro che permette di tradurre queste conoscenze in pratiche organizzative e culturali" dice Draoua. Il progetto rappresenta inoltre un concept teorico originale, depositato presso SIAE, che propone un nuovo modo di osservare la salute mentale come equilibrio dinamico tra mente, sistema e contesto creativo. “La salute non è ‘non stare male’: è stare bene, in modo sostenibile. Deve arrivare prima del disagio, non solo per curarlo” sottolinea. Gli spazi di cura restano fondamentali, ma la specificità di Resilience Room è quella di non proporre soluzioni terapeutiche: piuttosto, di&nbsp;pensare alle condizioni, individuali e collettive, che proteggono la mente creativa dalle pressioni naturali del lavoro. Proprio come nello sport, dove la sostenibilità delle performance è una responsabilità condivisa tra l’atleta e la società, anche nel lavoro creativo serve un approccio sistemico: 
la salute mentale non è una questione privata, ma una funzione di compatibilità tra mente, ritmi e ambiente.

“Troppo spesso la salute mentale viene trattata come qualcosa da rinforzare individualmente o curare a valle del problema” osserva Draoua. “Noi vogliamo lavorare a monte: capire quali condizioni di lavoro, di ritmo e di riconoscimento influenzano la tenuta mentale di chi crea".&nbsp;Il punto che differenzia il progetto da altre realtà&nbsp;focalizzate sul tema, in effetti, è proprio questo: “Vogliamo fornire gli strumenti alle aziende, alle strutture e ai loro dipendenti per prevenire fenomeni come i burnout” dice. “Chi sta male deve cercare aiuto, ed è importante che esista un supporto psicologico specifico per chi sta soffrendo, perché chiaramente è essenziale trovare sollievo nell’immediato o nel breve periodo” spiega in riferimento agli sportelli psicologici già attivi. “Allo stesso tempo, però, è importante anche che esista anche qualcuno che cerchi di capire meglio perché si innescano queste problematiche, nella speranza di arginarle il più possibile”.&nbsp;L’obiettivo è spostare il discorso dalla fragilità alla compatibilità: non proteggere la creatività dal lavoro, ma costruire un equilibrio sostenibile tra mente e sistema. “Come nei cantieri si indossano dispositivi di sicurezza per prevenire gli incidenti, anche nel lavoro creativo serve progettare condizioni che proteggano la mente" spiega con una metafora.

Come prima iniziativa, Resilience Room si presenta al pubblico attraverso una serie di conversazioni con artisti, creativi e professionisti del settore, in un podcast che restituiscono dall’interno le specificità del lavoro creativo: i suoi ritmi, le sue pressioni, la sua complessità umana. Ma il cuore del progetto è un osservatorio-laboratorio permanente, dedicato alla ricerca e alla divulgazione di nuove conoscenze e strumenti, realizzati anche attraverso format culturali originali – podcast, incontri, format audiovisivi – per promuovere una nuova alfabetizzazione sulla salute mentale del lavoro creativo. “Ogni settore che comporta performance elevate ha imparato a conoscere i propri rischi: gli sportivi studiano la tenuta e il recupero, nei cantieri si progettano condizioni di sicurezza. Il mondo creativo, invece, è ancora poco osservato da questa prospettiva” conclude Fouzia Draoua. “Resilience Room nasce per colmare proprio questo spazio: perché la mente creativa non è fragile, è preziosa.”

Resilience Room: "La salute mentale parte dalla prevenzione"

Una conversazione con Fouzia Draoua, che ha ideato il progetto con UMG e lo presenterà alla MMW

Warner Music Live, divisione dedicata alla musica dal vivo di Warner Music Finland, ha annunciato un accordo con Nelonen Media Live per “rafforzare” la collaborazione tra le due aziende “nell’organizzazione di festival e nel booking degli artisti”.

Nell'ambito della partnership, Warner Music Live si occuperà della pianificazione della programmazione degli eventi, dell’ingaggio degli artisti e delle negoziazioni contrattuali per i festival targati Nelonen Media Live, che - dal canto suo - “manterrà la responsabilità” dell'organizzazione degli eventi, sovrintendendo a produzione e operazioni di marketing. Obiettivo comune del sodalizio, ha spiegato WMG, è “offrire al pubblico esperienze di festival ancora più coinvolgenti e memorabili”.

"Warner Music conosce molto bene il pubblico finlandese ed è in una posizione eccellente per creare una scaletta attraente e diversificata per i festival di Nelonen Media Live e per i frequentatori dei festival finlandesi", ha dichiarato Kari Laakso, Business Director di Nelonen Media.

"E’ stimolante vedere cosa possono realizzare la passione e la visione condivise di due importanti attori dell'industria musicale”, ha aggiunto Ramona Forsström, Managing Director di Warner Music Finland: “Ci impegniamo a offrire contenuti per festival innovativi, coinvolgenti ed emotivamente coinvolgenti per il pubblico. Soprattutto, questa collaborazione ci offre l'opportunità di offrire esperienze indimenticabili agli amanti della musica finlandese".

Warner Music, un accordo sul fronte live con Nelonen Media

Una partnership per ‘rafforzare la collaborazione’ nel settore della musica dal vivo

Universal Music Publishing ha chiesto - e ottenuto - la rimozione da X dell’ultimo spot elettorale utilizzato dal nuovo sindaco di New York Zohran Mamdani nella campagna che l’ha portato a diventare il primo cittadino della Grande Mela.

La clip aveva come colonna sonora uno di brani più conosciuto del Premio Nobel per la Letteratura 2016, "The Times They Are A-Changin'", brano del ‘64 negli anni riletto da giganti come Nina Simone, Byrds, Simon &amp; Garfunkel, Billy Joel e Bruce Springsteen: la richiesta di takedown avanzata dalla divisione editoriale della major guidata da Lucian Grainge è giustificata da una policy “storica” di Universal Music Publishing che esclude la concessione in licenza di opere di Dylan per operazioni legate alla politica.

"Come politica di lunga data, non concediamo in licenza le composizioni di Bob Dylan per progetti che coinvolgono personaggi politici", ha fatto sapere un portavoce della società di publishing ai media americani.

Lo stesso spot è stato diffuso anche su TikTok e Instagram: non è noto, al momento, se anche le piattaforme rispettivamente di Bytedance (la cui operatività negli USA presto verrà ceduta a un consorzio di investitori americani) e Meta abbiano ricevuta la notifica di takedown.

Il catalogo di Dylan, controllato da Universal Music Publishing, per l’utilizzo sui social da parte degli utenti è coperto dagli accordi di licenza generici stipulati tra i gestori delle piattaforme e le società di edizioni: l’utilizzo specifico in uno spot, tuttavia, richiede l’autorizzazione degli aventi diritto tramite una licenza di sincronizzazione. Tuttavia, nel caso di utilizzo di repertori da parte di politici, le contestazioni legali non sempre vengono accolte, come dimostrano le numerose contestazioni intentate da esponenti di spicco della comunità musicale statunitense (e non solo) a Donald Trump per l’utilizzo non autorizzato di brani - tra gli altri, "The Fate of Ophelia" di Taylor Swift e "Revival" di Zach Bryan - nei propri spot elettorali sui social.

Benché tecnicamente possibile - l’utilizzo di un brano in uno spot è effettivamente un’operazione di sincronizzazione, a differenza dell’utilizzo durante un comizio, inquadrabile come pubblica esecuzione - intentare causa al governo degli Stati Uniti è reso tecnicamente molto difficile dalla sovereign immunity, dottrina propria degli ordinamenti di common law secondo la quale un’istituzione non può essere citata in giudizio senza il proprio consenso.

Bob Dylan, UMGP oscura uno spot elettorale di Zohran Mamdani

Il neo-sindaco di New York aveva scelto ‘The Times They Are A-Changin'’, ma…

Dopo l'agggiornamento dei sistemi operativi a iOS26 e la commercializzazione dele nuove AirPods Pro 3 a settembre, Apple annuncia anche per il mercato europeo la disponibilità&nbsp;della funzione di traduzione in tempo reale, proprio sulle cuffiette bianche. La funzione era stata rimandata nel nostro continente per&nbsp;le verifiche richieste dall'Unione Europea in tema di&nbsp;&nbsp;sulla tutela dei dati personali e della concorrenza (Digital Markets Act). La traduzione in tempo reale sugli AirPods può già essere testata tramite l’Apple Developer Program, il prossimo mese sarà resa disponibile una&nbsp;beta pubblica dell'aggiornamento del sistema operativo che renderà la funzione pienamente operativa. Per usarla serviranno le&nbsp;AirPods Pro 3, AirPods Pro 2 e AirPods 4 con cancellazione attiva del rumore: la funzione&nbsp;permette di conversare faccia a faccia in determinate lingue, tra cui anche l'italiano, sentendo direttamente in cuffia una traduzione simultanea di quello che l'interlocutore ci sta dicendo in un'altra lingua. Entrambi gli interlocutori devono avere le airpods e il sistema operativo aggiornato all'ultima versione.&nbsp;&nbsp;Le lingue supportate sono&nbsp;cinese (mandarino, semplificato), cinese (mandarino, tradizionale), coreano, francese (Francia), giapponese, inglese (Regno Unito, Stati Uniti), italiano, portoghese (Brasile), spagnolo (Spagna) e tedesco (Germania).&nbsp;

La funzione è parte di una più ampia strategia di Apple che mira a trasformare le cuffie non solo in strumenti musicali, ma in un hardware inserito nella vita quotidiana, dalla tutela del'udito, al supporto a chi ha deficit di ascolto (rilevabili tramite un test), amplificando suoni e conversazioni, o semplicemente per proteggere dai rumori molesti- Le AirPods Pro 3 introducono un sensore per il rilevamento del battito cardiaco, che permette di tracciare i dati e fare allenamenti registrati anche senza Apple Watch.

Apple, arriva la traduzione istantanea per le AirPods

La funzione sarà disponibile anche in Italia

“El Galactico” dei Baustelle, “Furèsta” di La Niña, “Libertà negli occhi” di Niccolò Fabi, “Dalla tua parte” di Francesco Gabbani, e i nuovi album di Fabrizio Moro, Mannarino e Caparezza: è un’istantanea, estremamente sintetica, del 2025 discografico di BMG Italy. Dino Stewart, dal 2013 Managing Director delle attività di BMG in Italia, ha una spiccata attitudine pop - “un termine - dice - di solito utilizzato come contraltare a ciò che è nobile e ‘alto’, ma non colgo il senso di questa dicotomia: Lucio Dalla, Franco Battiato e Sergio Endrigo hanno scritto pagine di pop eccezionali, che meriterebbero di essere studiate nelle scuole” - e, sul lavoro, ha una sensibilità da architetto o da artista visivo: il calendario di uscite e il roster, quindi, viene inteso come fosse un quadro o un edificio, dove sfumature e proporzioni concorrono a concretizzare un unico, grande disegno. Un atteggiamento che si manifesta, in modo evidente, nella cura riservata alle pubblicazioni in formato fisico (come, per esempio, quella in edizione limitata dell’ultimo album di Fabi). Quando lo incontriamo nel quartier generale milanese dell’etichetta e casa discografica oggi guidata a livello internazionale da Thomas Coesfeld, lo troviamo entusiasta di coordinare un periodo di pubblicazioni così intenso ma anche estremamente indaffarato. “E’ normale - spiega - quando si ha un roster con un certo tipo di artisti”... 
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Perché?

Nell’industria musicale contemporanea il discografico è visto più che altro come un fornitore di servizi. Un tempo, invece, era una figura di riferimento, e per gli artisti di una certa generazione è ancora così. Per esempio, con Ornella [Vanoni, ndr] ci sentiamo spessissimo. Mi chiama e mi dice: “Che ne pensi se da Fazio dicessi che…”. Io non ho voce in capitolo riguardo quello che Ornella voglia dire da Fazio, ma mi fa molto piacere che mi chiami per dirmelo. Penso, quindi, ad artisti di vent’anni o poco più che capitano in questa situazione…

In un’epoca dove si parla di disumanizzazione dei rapporti dovrebbe essere una cosa molto positiva…

E’ una peculiarità di una realtà come la nostra. Tutti i nostri artisti parlano con tutto il nostro team, sia con me che con i membri dei team marketing, sync, legal e finance. E’ molto bello, ma anche impegnativo.

Venendo al vostro roster, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751664/bmg-italy-caparezza-entra-nel-roster">uno degli ultimi ingressi è Caparezza</a>, tornato con un <a href="https://www.rockol.it/news-754984/caparezza-orbit-orbit-significato-intervista-canzoni-acufene-fumetto">nuovo concept – album / fumetto</a> dopo quattro anni. Non deve essere stato facile aggiudicarsi la sua firma…

Non è stata una semplice bidding war - almeno, non in termini meramente economici. Caparezza lavora da tanti anni con un suo team, guidato da Paolo D’Alessandro, che conosce BMG da tanti anni. Credo che la volontà, da parte loro, fosse lavorare con un team non troppo grosso, ma con una progettualità molto ben definita. C’è, poi, anche un tema di posizionamento nel roster: credo che il suo ingresso aggiunga alla nostra proposta una sfumatura importante. Lui non è un rapper in senso stretto, né un cantautore, ma - allo stesso tempo - è entrambe le cose. Per come la vedo, appartiene a una schiera di artisti sempre più pregiata e molto ristretta.

Parlando di roster, sono previsti altri ingressi in BMG, prima della fine dell’anno?

Sì, ce ne sarà ancora qualcuno. Uno&nbsp;è quello di&nbsp;Tosca, fresca vincitrice del Premio Tenco, che pubblicherà il nuovo lavoro nel corso del 2026. Poi c'è Hugo Russo...

A oggi che bilancio puoi tracciare del 2025 discografico di BMG?

Direi positivo. Francesco Gabbani, al di là del posizionamento al Festival di Sanremo, sta andando bene. Anche nel ruolo di giudice di X Factor, sta ottenendo grandi consensi grazie alla sua simpatia e alla sua preparazione. E poi c'è La Niña. L’ho vista dal vivo più volte, l’ho trovata pazzesca, e non vedo l'ora di vederla mercoledì prossimo, 12 novembre,&nbsp;a Milano, al Fabrique. Spesso l’hype che si crea attorno a un progetto nasce dal vivo ma non si riverbera, immediatamente, negli ascolti in streaming: per lei, invece, il riscontro è stato quasi immediato. Iniziano anche ad arrivare segnali di interesse dall’estero, sia dai colleghi di BMG (che recentemente hanno potuto <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752852/bmg-anche-la-nina-ai-central-europe-days-2025-di-berlino">apprezzarla in uno showcase presso la sede berlinese del gruppo</a>) che dai promoter europei. <a href="https://www.rockol.it/news-753038/targhe-tenco-2025-vincitori-lucio-corsi-la-nina-anna-castiglia">Il Premio Tenco</a>, anche in questo caso, è un’ulteriore soddisfazione...

Al di là dei nuovi ingressi nel roster, ci sono progetti riguardo eventuali acquisizioni di cataloghi discografici?

Oltre ad aggiungere nuovi artisti al nostro roster, l'acquisizione di cataloghi musicali rimane un pilastro fondamentale della nostra strategia globale. Ci concentriamo sulla creazione di valore sostenibile e a lungo termine, combinando intuizione creativa e analisi rigorosa. Offriamo inoltre una gestione personalizzata tramite i nostri team dedicati, specializzati in marketing, sincronizzazione e ottimizzazione dei metadati. Tutto questo massimizza il potenziale di ogni catalogo.

Che indirizzo sta dando, a voi come alle vostre consorelle internazionali, Thomas Coesfeld, insediatosi da quasi due anni nel ruolo di CEO di BMG?

Thomas ci sta guidando verso un'azienda musicale moderna e lungimirante che guida il settore attraverso l'innovazione e la perfetta integrazione tra tecnologia e arte. Questa visione è racchiusa nella frase: "globale dove possibile, locale dove necessario". Abbiamo semplificato le interazioni con i nostri clienti e partner, unificando le funzioni globali nei settori Catalogo, Vendite, Marketing, Distribuzione e Analisi, e abbiamo reso i nostri team locali un punto di riferimento affidabile per cantautori e artisti.

Rispetto alle altre vostre consorelle, c'è qualcosa nella quale BMG Italy si distingue particolarmente?

In BMG operiamo come un'unica azienda globale, in cui tutte le nostre filiali internazionali collaborano per raggiungere obiettivi comuni. Ogni territorio contribuisce con punti di forza e competenze locali uniche, che ci permettono di raggiungere il successo collettivo.

In questo spirito, le nostre prestazioni di vendita nel segmento dei formati fisici sono molto solide. Consideriamo le pubblicazioni fisiche come prodotti di nicchia: devono essere perfette sotto ogni punto di vista, dalla stampa alla grafica, dai testi alle note. Sebbene si tratti di un mercato di nicchia con le sue complessità, la nostra dedizione alla qualità garantisce che questi prodotti siano molto apprezzati dai fan, spesso portando a piacevoli sorprese e rafforzando la nostra posizione in questo importante segmento.

BMG Italy, la visione oltre le uscite

Una casa discografica che sia ‘casa’, davvero: il 2025 della label raccontato da Dino Stewart

Claudio Trotta, fondatore di Barley Arts nonché promotore del comitato Sì Meazza, è stato ascoltato stamattina in procura nell'ambito di un'inchiesta per turbativa d'asta per l'acquisto dello stadio di San Siro. L'inchiesta in questione prende le mosse da una lettera aperta al sindaco firmata proprio da Trotta qualche mese fa, che denunciava l'impossibilità a partecipare al bando aperto dal comune per la&nbsp;presentazione del documento di fattibilità delle alternative progettuali da parte di Milan e Inter. Il bando in questione, della durata di poco più di un mese, presentava infatti a suo dire tempistiche troppo strette, e forse non a caso si era chiuso senza che nessun'altra realtà presentasse progetti alternativi per l'area.&nbsp;

Nel frattempo, sempre stamattina è avvenuto il rogito di San Siro, ora a tutti gli effetti di proprietà di Milan e Inter: il prezzo della vendita è 197 milioni di euro versati al comune di Milano, di cui circa 22 "scontati" in cambio dell'esecuzione di una serie di opere di pubblica utilità all'interno dell'area in questione. 
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San Siro, Claudio Trotta (Barley Arts) ascoltato in procura 

Nell'ambito dell'inchiesta in corso per turbativa d'asta

Un decreto che mette a disposizione oltre 10,5 milioni di euro per il sostegno delle attività di spettacolo dal vivo nelle aree periferiche di 14 città metropolitane italiane: lo comunica il Ministero della Cultura. Le risorse sono destinate nello specifico a&nbsp;Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia, con l'obbiettivo di "promuovere inclusione sociale, riequilibrio territoriale e valorizzazione del patrimonio culturale attraverso le arti performative", recita il comunicato. 9,5&nbsp;milioni&nbsp;di euro provengono dal Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo, mentre il restante milione deriva da fondi residui non spesi, ora reimpiegati per finanziare nuove progettualità.&nbsp;

I fondi, spiegano dal MIC,&nbsp;"saranno gestiti dall’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale, in collaborazione con la Direzione generale Spettacolo, e ripartiti tra i Comuni secondo criteri che combinano una quota fissa e una proporzionale alla popolazione residente".&nbsp;I Comuni capoluogo, inoltre, potranno inoltre sottoscrivere accordi con e rispettive città metropolitane per ampliare la portata delle iniziative.

Le risorse saranno impiegate non solo per concerti o spettacoli dal vivo, ma anche per rafforzare l'offerta culturale&nbsp;e promuovere laboratori e percorsi formativi dedicati alle arti performative.&nbsp;I beneficiari dei contributi saranno organismi professionali del settore, attivi da almeno tre anni o già finanziati nell’ambito del Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo. Per quanto riguarda invece i&nbsp;criteri di selezione tramite bando pubblico, saranno privilegiati la qualità artistica dei progetti, la coerenza economica, la capacità di generare coesione sociale e impatto culturale sul territorio, oltre all’accessibilità al pubblico e alle sinergie con soggetti pubblici e privati.&nbsp;I fondi potranno essere anticipati fino all’80%. "Con questo intervento si intende portare la luce dello spettacolo dal vivo nei luoghi più decentrati, facendone un motore di partecipazione, dialogo e inclusione sociale" sottolinea il Ministero.

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MIC: 10,5 mln di euro per lo spettacolo dal vivo nelle periferie

Lo stanziamento in un decreto per il sostegno di "musica, teatro, danza e nuove forme artistiche"

La classifica annuale che Forbes&nbsp;dedica alle “celebrità defunte con i maggiori guadagni” dell’anno è uscita la scorsa settimana. 
 
Lanciata nel 2001, quella prima edizione vide Elvis Presley&nbsp;piazzarsi in vetta:&nbsp;da allora è apparso in ogni edizione dei successivi 25 anni, incassando complessivamente oltre 1,2 miliardi di dollari&nbsp;in questo arco di tempo. Quest’anno The King compare al settimo posto della graduatoria con ricavi pari a $ 17 milioni. Ovvero, circa il 15% rispetto al numero uno:&nbsp;suo genero.&nbsp; 
Al primo posto c’è infatti un altro “re”, ma quello del pop, che scava un solco netto rispetto al resto della top 10: Michael Jackson ha generato guadagni stimati in 105 milioni di dollari&nbsp;nel 2025, grazie sia alle royalty derivanti dallo streaming&nbsp;che, soprattutto, anche a cinque produzioni di MJ: The Musical&nbsp;e a uno spettacolo del Cirque du Soleil a Las Vegas. Jackson ha guidato la classifica postuma di Forbes&nbsp;in 13 dei 16 anni solari completi&nbsp;trascorsi dalla sua morte, avvenuta nel 2009, e la rivista finanziaria stima che il suo patrimonio abbia generato complessivamente 3,5 miliardi di dollari&nbsp;nell'intero periodo.

Altri musicisti scomparsi presenti nella lista includono Rick Wright&nbsp;e Syd Barrett&nbsp;dei Pink Floyd, appaiati al terzo posto con 81 milioni di dollari ciascuno, The Notorious B.I.G.&nbsp;al quarto con 80 milioni, Miles Davis&nbsp;al quinto con 21 milioni, Elvis Presley&nbsp;al settimo (17 milioni), Jimmy Buffett&nbsp;all’ottavo, (14 milioni), Bob Marley al nono&nbsp;(13 milioni) e John Lennon&nbsp;al decimo (12 milioni). L’unico intruso nella classifica di quest’anno, al secondo posto, è Dr. Seuss, con 85 milioni di dollari&nbsp;derivanti dalle vendite continue dei libri, dalle licenze&nbsp;e da una partnership con Netflix.

Tornando a Jackson, i proventi più significativi sono derivati dallo smobilizzo degli asset accumulati in vita: oltre a possedere i propri diritti editoriali e i master delle proprie registrazioni, nel 1985 Jackson acquistò il catalogo ATV&nbsp;per 47,5 milioni di dollari, che includeva quasi 4.000 brani, tra cui quasi tutti i successi scritti insieme&nbsp;da John Lennon e Paul McCartney. Quell’investimento si è poi trasformato in un ritorno di 750 milioni di dollari nel 2016&nbsp;(circa 1 miliardo oggi), quando la estate&nbsp;di Jackson ha venduto la sua quota a Sony. Da quella vendita erano rimasti esclusi i diritti editoriali e i master delle opere di Jackson, ma nel 2024&nbsp;è stato ceduto a Sony il 50% di tali asset per altri 600 milioni di dollari (un’operazione che la madre di Jackson, Katherine, ha cercato di bloccare in tribunale).

Il crescente peso dei cataloghi nell’economia dell’industria musicale ha messo lo zampino nella graduatoria 2025 di Forbes, come mostrano alcune new entry in classifica quest’anno, forti (per quanto defunte) della vendita dei diritti sui propri ricavi futuri a terze parti. È il caso di&nbsp;The Notorious B.I.G., di Miles Davis&nbsp;e soprattutto dei due&nbsp;Pink Floyd originali Wright e Barrett, che&nbsp;hanno realizzato enormi guadagni grazie a un'operazione&nbsp;sul mercato aperto perfezionatasi nell’ultimo anno (Sony Music Publishing si è assicurata i diritti dei Pink Floyd per circa $ 400 milioni, ripartiti in parti uguali tra i tre membri vivi della band e i due defunti).

Che la si definisca “afterlife economy”&nbsp;o “celebrità postuma”, quella che inizialmente si era manifestata come una bizzarra ed estemporanea coda nostalgica oggi è una asset class attiva e gestita&nbsp;come un’impresa. Il legacy management di Michael Jackson, in particolare, rappresenta un caso da scuola di business: il suo patrimonio funziona come una major autonoma — gestisce diritti, spettacoli, publishing, musical, merchandising e IP e poggia su una strategia ventennale di valorizzazione cross-mediale. 
La memoria artistica è ora un format industriale, replicabile e scalabile e oggi la musica “vecchia” genera più valore stabile della nuova, perché è prevedibile, assicurata, e già testata sul mercato. 
 
È la cultura dell’eternità, quella in cui il morto non riposa in pace&nbsp;ma viene ri-sincronizzato&nbsp;culturalmente per ogni nuova generazione di pubblico.&nbsp;Il corpo muore, ma il catalogo è immortale. E il mercato lo sa.

Michael Jackson

Afterlife economy: Michael Jackson è sempre il defunto più pagato

Nella top 10 di Forbes per il 2025 anche Presley, Lennon, Marley e...una quota dei Pink Floyd

La società di formazione musicale Music Business Italia ha annunciato il lancio di Chiaro Rercords, etichetta di orientamento urban distribuita da Believe Italia concepita per formare gli artisti emergenti ancora non entrati in contatto con realtà discografiche, editoriali o manageriali.

“Per troppo tempo il mondo della discografia si è nutrito dell’ignoranza degli artisti”, hanno dichiarato Antonio Greco e Michele Scotti, fondatori di Music Business Italia e Chiaro Records: “Chiaro Records vuole cambiare le regole del gioco: un artista emergente deve firmare un contratto solo quando è consapevole di ciascun dettaglio della macchina discografica, che sia la percentuale di proprietà dei Master, le attività editoriali o gli accordi con le varie agenzie di booking”.

“Il problema di questo settore è che l’artista emergente è quasi sempre il prodotto gratuito di qualcun altro”, precisa Greco: “Esempio banale: non conoscendo la differenza tra diritti d’autore e proprietà dei master, gli artisti emergenti si ritrovano, senza rendersene conto, a regalare i propri brani, la propria creatività e tutto ciò che concerne il proprio progetto artistico alle label, perdendone completamente il controllo”.

Il debutto di Chiaro Records avrà luogo venerdì 14 novembre 2025 con “Soldi”, il primo singolo di Luca Mangia, 22enne rapper monzese in arte Stamina, prodotto da Malogrido e Kavah (produttore di Willie Peyote): a inizio 2026, Chiaro Records pubblicherà anche il primo, eponimo album dell’artista, composto da dieci tracce sempre prodotte da Malogrido e Kavah. Stamina presenterà al pubblico il suo primo singolo, Soldi, venerdì 14 novembre 2025 al Legend Club di Milano, in occasione della seconda data del contest di freestyle Tecniche Perfette.

Nasce Chiaro Records

La nuova etichetta è lanciata da Music Business Italia con la collaborazione di Believe

Nel terzo trimestre 2025 Live Nation ha visto i propri ricavi crescere dell’11% su base annua a quota 8,5 miliardi di dollari, con un reddito operativo a +24% a quota 793 milioni di dollari: la performance della multinazionale americana è stata trainata da un aumento del 60% degli show organizzati a livello globale (+60% su base annua) con una spesa dei fan in crescita nelle arene (+8%) e ai festival (+6%).

La divisione dedicata al live promoting ha visto aumentare i propri ricavi dell’11% a 7,3 miliardi di dollari, mentre Ticketmaster - ramo d’azienda dedicato alla biglietteria - ha registrato una crescita del proprio fatturato del 15% a 798 milioni di dollari. A completare il quadro, le prestazioni di Live Nation Sponsorship, cresciuta del 13% a quota 443 milioni di dollari.

Per l’ultimo quarto di quello che il gigante guidato da Michael Rapino continua a definire il proprio “anno più forte di sempre” le previsioni sono di una crescita del 4% nella vendita dei biglietti, che ci si aspetta tocchi i 160 milioni di unità smerciate entro fine dicembre. Per il 2026 gli show nelle venue di grandi proporzioni “cresceranno a doppia cifra”, così come le vendite di biglietti per i concerti in stadi, arene e festival, e gli incassi medi per i concerti di tutte le proporzioni.

"La forte domanda dei fan ha guidato un altro trimestre record, mentre continuiamo ad attrarre più fan a più spettacoli a livello globale”, ha commentato Rapino: “Grazie a questi fattori favorevoli, il 2026 inizia alla grande con un aumento a due cifre della nostra pipeline di show in grandi sale e un aumento dei livelli di sell-through per questi spettacoli. Allo stesso tempo, continuiamo a investire in nuove venue per far crescere il mercato, creare posti di lavoro e offrire agli artisti ancora più modi per raggiungere i fan, posizionando Live Nation su un percorso chiaro per un reddito operativo in crescita a doppia cifra per quest’anno, e continuando a questo livello di crescita nei prossimi anni".

Live Nation, nel Q3 2025 ricavi su dell’11% a $8,5 miliardi

Michael Rapino: ‘Un altro trimestre record’

Si chiude con una grande rivoluzione interna il 2025 di Warner Music Italy: come <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-738564/warner-music-italy-nuovo-corso-intervista-pico-cibelli-gianluca-guido">anticipato dal CEO Pico Cibelli (nella foto, a sinistra) e dal Vice President&nbsp;Gianluca Guido (a destra)&nbsp;già nel 2023</a> e <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-755013/wmg-italy-rivoluzione-frontline-con-warner-records-e-atlantic">reso ufficiale pochi giorni fa</a>, la filiale italiana della major ha ridefinito il proprio assetto aziendale basando la propria divisione frontline su due marchi storici, Warner Records e Atlantic Records, con un inevitabile mutamento del proprio organico.

A capo di Warner Records è stata nominata Eleonora Rubini come Label Director, con Leonardo Luan come Head of A&amp;R, Ruth Hagos come Senior A&amp;R Urban, Anna Rampinelli come Head of Marketing e Sara Daniele come Head of Promotion.

Le redini di Atlantic Records sono state affidate al <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-743739/professione-aandr-intervista-marco-masoli-warner-music-italy">già A&amp;R Director</a> Marco Masoli come Label Director, con Filippo Gimigliano come Head of A&amp;R, Riccardo Primavera come Senior A&amp;R Urban, Gianluca Covezzi come Head of Marketing e Eleonora Bruno come Head of Promotion.

Ogni struttura dispone di un account digitale dedicato e Project Manager, A&amp;R e Promotion Manager che riportano ai rispettivi team dirigenziali. I quali, a loro volta, riportano al Vice Presidente di Warner Music Italy Gianluca Guido, collegamento tra le due etichette e il Presidente e CEO.

“Da tre anni a questa parte siamo un treno in corsa. Siamo arrivati e siamo partiti a mille”, riflettono Cibelli e Guido nella sala panoramica di WMG Italy che affaccia sullo skyline di Porta Nuova, a Milano: “Per come la vediamo, però, adesso è arrivato il momento di concentrarci su quello che abbiamo fatto. Siamo stati bravi, diamoci pure una pacca sulla spalla. Ora dobbiamo mettere a fuoco i nostri obiettivi e alzare ulteriormente il livello qualitativo”. Come? “Innanzitutto con una pulizia del roster: abbiamo già operato alcuni tagli, perché adesso ci focalizzeremo ancora di più su ogni singolo passo che faremo con gli artisti. In una prima fase siamo effettivamente stati un po’ aggressivi perché l’azienda stava uscendo da un periodo di stasi: non avevamo una cantera. Oggi, al contrario, siamo in una fase nella quale possiamo scegliere, e - infatti - spesso ci tocca dire no. Quality vs Quantity”. Quello, in sostanza, che gli anglofoni chiamano happy problem. “Sta accadendo quello che, quando siamo partiti, quasi ci sembrava un miraggio. Avere così tanti artisti che vogliono lavorare con noi da avere l’imbarazzo della scelta…”. 
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<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-747855/warner-music-italy-risultati-2024-obiettivi-intervista-guido-cibelli">Un anno fa</a> avevate parlato della fine della luna di miele seguita al lancio della “nuova” Warner Music Italy, e al fatto che “il gioco, andando avanti, si sarebbe fatto sempre più difficile”. E’ andata davvero così?

Cresciamo da tre anni a doppia cifra, quindi - ricordandomi di aver parlato della <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-747855/warner-music-italy-risultati-2024-obiettivi-intervista-guido-cibelli">riconferma come obiettivo</a> - possiamo dire “missione compiuta”. Oggi siamo in quella che si potrebbe dire “fase della maturità”, dove la priorità è capire dove stiamo andando, cosa stiamo facendo e - soprattutto - come farlo meglio. Quindi, come accennavamo prima, concentrarsi al massimo sugli artisti, anche al costo di limare il roster, perché mai come in questa fase storica l’artista è al centro di tutto.

Cosa ve lo fa capire?

Dopo un’epoca di grandi canzoni, adesso è l’artista il centro di gravità attorno al quale ruota tutto il sistema industriale. Quindi servono creatività, tempo e risorse. Per lavorare in un contesto del genere, serve mettere la testa su ogni singolo dettaglio.

Il fatto di evitare la dispersione di risorse ed energie si tradurrà in maggiori attività sul fronte di acquisizione dei cataloghi?

Crediamo proprio di sì. Là fuori ci sono molte occasioni e sta a noi trovarle e sfruttarle al meglio.

C’è molta concorrenza, in questo settore?

Decisamente: non è una partita che stiamo giocando da soli e la competizione è altissima, perché poter contare sulle rendite dei cataloghi è importante per le aziende che operano in questo settore. Ci piace pensare, però, che non sia solo una questione di soldi. Pensiamo, per esempio, all’<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-749477/warner-music-italy-partnership-su-piu-fronti-con-saifam-group">accordo che abbiamo siglato con Saifam Group</a> e <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-754815/addio-a-mauro-farina-co-fondatore-di-saifam-group">il compianto Mauro Farina</a>. Con Renato [Tanchis, già Director Catalogue and Strategic Marketing di WMG Italy, ora a capo di ADA, ndr] avevamo costruito una relazione con lui prima ancora di arrivare in Warner Music. Un rapporto basato innanzitutto sulla fiducia.

Farina aveva citato l’accordo con voi come esempio virtuoso di collaborazione tra major e indie…

La fortuna di fare questo lavoro è che se sei corretto, ti comporti da persona seria e mantieni le promesse che fai, alla lunga vieni ripagato. Certo, tutti commettiamo errori. Ma nel momento in cui dimostri di avere un certo atteggiamento al quale resti fedele, alla fine i tuoi meriti vengono riconosciuti, traducendosi in notevoli vantaggi, anche nella routine lavorativa quotidiana.

A maggio, Pico, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752161/wmg-italy-cibelli-nella-global-power-players-2025-di-billboard-usa">sei stato incluso nella Global Power Players 2025 di Billboard USA</a>: cosa ha significato, per te, questo riconoscimento?

[Cibelli] Non me l’aspettavo, davvero. L’ho scoperto una mattina, per caso, da una nostra mailing list interna. E’ la prima volta che capita a un italiano, e penso sia incredibile. Non lo considero, tuttavia, un riconoscimento rivolto solo a me e alla mia carriera, ma a tutto il lavoro fatto dal team di Warner Music Italy in questi tre anni. E come quando si vince un Oscar: magari lo vince il regista, ma il merito va anche a tutto il cast, agli sceneggiatori, alla produzione e a chiunque abbia lavorato al progetto. Ancora più in generale, credo sia un riconoscimento all’industria musicale italiana, compresi i nostri concorrenti. Il nostro settore è composto da professionisti di altissimo livello.

Quando si parla di mercati globali, quella italiana - generalmente - è considerata una realtà sì sviluppata, ma, per così dire, di seconda fascia: rispetto ai tedeschi e ai francesi, siamo quelli poveri, ma bravi… Ma questa rappresentazione quanto corrisponde alla realtà?

Il problema dell’Italia, che per esempio la Spagna non ha, è la lingua. Da un punto di vista numerico, il nostro mercato ha ancora moltissimo, da dare, soprattutto in termini di revenue. Il segmento del digitale che <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-753743/fimi-mercato-musicale-registra-10-primo-semestre-2025">continua a crescere a doppia cifra</a>, per come la vediamo, è un ottimo segnale. D’altro canto, il nostro grande problema è che esportiamo poco. Il che ci porta a investire molto nel repertorio locale, ma in modo sproporzionato, se considerato in rapporto a quanto le nostre produzioni viaggiano all’estero. Stiamo ragionando molto su questo aspetto, perché il caso dei Maneskin - del quale siamo stati testimoni oculari diretti quando eravamo in Sony Music Italy - è da considerare a sé, e soprattutto difficilmente replicabile. Un’idea per riaprire opportunità internazionali potrebbe essere quella di tornare a concentrarci sulla dance, genere che, grazie ad artisti come Gabry Ponte, Benny Benassi, Eiffel 65, Bloody Beetroots e Meduza, solo per citarne alcuni, ci ha sempre visto in una posizione centrale, a livello globale. Oppure puntare sulle produzioni geolocalizzate, come abbiamo fatto per il featuring di C. Gambino con Baby Gang su “Mentalité” in Scandinavia”.

E’ possibile che Warner Music Italy possa mettere sotto contratto artisti stranieri?

E’ una cosa che in genere passa dalle country di origine dell’artista, ma sì, potrebbe accadere. Marco [Alboni, ex Presidente di WMI, ndr] fece un grande colpo prendendo Dennis Lloyd da Time Records: ancora oggi vediamo i risultati delle sue hit globali. La sfida, adesso, è capire se siamo in grado di sviluppare un progetto italiano con respiro internazionale. In questo senso siamo fortunati, perché il team EMEA [Europa, Medio Oriente e Africa, ndr]&nbsp;di Warner Music è molto sensibile, al riguardo. Però, sia chiaro, non si tratta di tradurre una canzone in una lingua diversa dall’italiano: la chiave è costruire progetti che abbiano una mentalità internazionale fin dal giorno zero. Dobbiamo pensare in maniera diversa…

Tornando all’Italia, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748533/sanremo-2025-il-cast-dal-punto-di-vista-della-discografia">nel 2025</a> e <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-741010/sanremo-2024-il-cast-dal-punto-di-vista-della-discografia">nel 2024</a> siete stati l’etichetta più rappresentata al Festival di Sanremo…

Sì, sono stati due anni fortunati.

Considerate la presenza preponderante nel cast del Festival come una prova della bontà del vostro lavoro?

No, più che altro è una questione di business. Negli ultimi anni, Sanremo ha sempre avuto <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-752941/classifiche-italia-primo-semestre-2025-olly-in-testa">un forte impatto</a> sulle chart annuali, quindi avere tanti artisti al Festival vuol dire essere nelle playlist, avere più opportunità di fare hit e tutto il resto. Detto ciò, non ne facciamo una questione numerica, perché a vincere Sanremo non è chi ha più artisti nel cast, ma chi azzecca più successi. Quindi non è il fatto di esserci con 10, 12 o 15 artisti, ma esserci con le canzoni giuste. Sanremo è un tassello importante della nostra strategia.

Oltre a quello Kids, quali altri segmenti sono strategici per Warner Music Italy?

La chiave, per come la vediamo noi, è “di tutto un po’”. Ci stiamo avviando a diventare un mercato maturo, dove gli iscritti ai DSP hanno una confidenza del mezzo tale da portarci ad avere proposte diverse per target diversi. Quindi, dopo un primo periodo di penetrazione, adesso andremo a mirare su tutte le aree tematiche dove, al momento, siamo meno presenti, cercando di colmare le lacune nella nostra offerta evitando di creare doppioni che vadano a sovrapporsi sugli stessi target. Direi che, al momento, siamo messi abbastanza bene su tutti i fronti. Una delle aree di business che stiamo sondando e nella quale vorremmo entrare è quella del merchandising: pur non avendo una vera e propria divisione dedicata, abbiamo avuto diversi esempi molto positivi sia in Italia (con Annalisa e The Kolors) che a livello internazionale (con gli Oasis): il nostro gruppo ha una grande volontà di dedicarcisi, e noi stiamo lavorando sullo sviluppo domestico del fronte già da un anno”.

Warner Music Italy: il momento di pensare in grande, da grandi

L’ingresso in una nuova fase nel racconto del CEO Pico Cibelli e del Vice President Gianluca Guido

Nel terzo trimestre del 2025 Spotify ha visto i suoi ricavi crescere del 12% su base annua, toccando quota 4,3 miliardi di euro: tra gli scorsi mesi di luglio e settembre il DSP svedese ha visto i propri abbonati crescere del 12% su base annua (a quota 281 milioni) e gli utenti attivi mensili crescere dell’11% - sempre su base annua - a quota 713 milioni.

Il margine operativo lordo è aumentato di 56 punti base su base annua, raggiungendo il 31,6%, con un reddito operativo a quota 582 milioni di euro.

“Il business è in salute. Stiamo lavorando più velocemente che mai”, ha dichiarato Daniel Ek, Fondatore e CEO (<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-754434/spotify-cambio-ai-vertici-ek-lascera-il-ruolo-di-ceo">fino alla fine del prossimo dicembre</a>, prima di assumere il ruolo di Presidente Esecutivo e di cedere la propria posizione a Gustav Söderströmm, attualmente co-presidente e Chief Product and Technology Officer, e Alex Norström, dal 2023 co-presidente e Chief Business Officer) di Spotify: “E abbiamo gli strumenti di cui abbiamo bisogno - prezzi, innovazione di prodotto, leva operativa e la ripresa degli annunci pubblicitari - per garantire sia la crescita dei ricavi che l'espansione dei profitti. Tutto è volto a porre l’utente al centro ed è qui che ci troviamo: 700 milioni di utenti che continuano a tornare sulla piattaforma, con livelli di coinvolgimento mai così alti. Stiamo costruendo Spotify pensando al lungo termine”.

Spotify, nel Q3 2025 ricavi a +12%

A quota 4,3 miliardi di euro. Ek: ‘Il business è in salute’

Il CEO di FIMI - Federazione Industria Musicale Italiana Enzo Mazza ha accolto molto favorevolmente <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-755014/ai-universal-music-e-udio-hanno-raggiunto-un-accordo">l'accordo siglato tra Universal Music Group e Udio</a>, uno dei principali player e livello mondiale nel settore dell’intelligenza artificiale generativa in campo musicale. L’intesa - che oltre a definire i rapporti tra le due aziende chiude un contenzioso legale avviato un anno e mezzo fa - è stata presentata da Mazza in un articolo pubblicato da Repubblia come “una vittoria per gli artisti e i loro fan”.

Il nuovo corso inaugurato dal gruppo Universal Music e Udio - osserva il CEO di FIMI - “protegge gli artisti umani dalla concorrenza sleale della musica generata da AI, e consente ai fan di accedere a contenuti per creare opere verticali, remixare canzoni e utilizzare la voce degli artisti che decidono di fare opt-in nella nuova piattaforma di Udio, contrariamente a quanto avvenuto fino ad oggi con lo scraping indiscriminato della musica protetta per l’addestramento dei sistemi di AI generativa”.

“Dopo l’era di Napster e della pirateria digitale, trasformatasi poi in un’opportunità con lo streaming musicale, l’industria musicale dimostra ancora che tramite l’adattamento di modelli di licenza esclusivi ed innovativi si possono difendere i diritti degli artisti anche nell’era dell’intelligenza artificiale”, ha concluso Mazza.

Accordo UMG / Udio, Mazza (FIMI): ‘Vittoria per artisti e fan’

A dimostrazione che 'si possono difendere i diritti anche nell’era dell’intelligenza artificiale'

L’edizione 2026 dello Sziget Festival (annunciata oggi, martedì 4 novembre,&nbsp;per la settimana compresa tra i&nbsp;prossimi 11 e 15 di agosto) fino a pochi giorni fa era tutto meno che scontata. In pochissimi, oltre i confini ungheresi, erano al corrente che una delle manifestazioni musicali più note a livello europeo, che in trentadue anni ha richiamato sull’isola di Obuda, a pochi chilometri dal centro di Budapest, 11 milioni di spettatori da tutto il mondo, fosse sul bordo del precipizio.

Eppure, lo scorso agosto, il comunicato ufficiale di chiusura dell’edizione 2025 della rassegna parlava di “un trionfo” suggellato da 416mila paganti e oltre mille performance: non esattamente la rappresentazione di un festival in sofferenza. Qualcosa, però, dietro le quinte dello Sziget qualcosa s’era già inceppato. Da parecchio tempo, per giunta.

Per avere un quadro più chiaro della situazione bisogna fare qualche passo indietro. Nel 1993 i fondatori del festival, Károly Gerendai e Müller Péter Sziámi, aprono una società -&nbsp;la Sziget Cultural Management Ltd - per organizzare quello che&nbsp;all’epoca&nbsp;era poco più di un raduno studentesco dedicato ai giovani di Budapest. In vent’anni il festival cresce a dismisura, diventando una delle manifestazioni estive più popolari a livello internazionale. Un po’ per ragioni personali e un po’ per rafforzare la posizione del festival in un contesto reso sempre più competitivo dall’aumento vertiginoso degli ingaggi richiesti dagli artisti, nel 2017 Gerendai cede&nbsp;il 70% delle quote della società fondata con&nbsp;Sziámi (uscito dal capitale già nel 2007)&nbsp;al gruppo anglo-statunitense <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/superstruct-entertainment-484304">Superstruct Entertainment</a>, attraverso il fondo Providence Equity Partners.

Superstruct è una realtà enorme, che vanta nel proprio portfolio altri festival di altissimo profilo come - tra gli altri - il Wacken Open Air e il Sónar, ma nulla può contro la pandemia: come altri grandi raduni di richiamo internazionale - tra gli altri, il Primavera Sound e il Glastonbury -&nbsp;anche lo Sziget è costretto allo stop forzato nelle estati del 2020 e del 2021. Nel 2022, quanto il festival riapre i battenti, le vendite al botteghino restano buone, ma la società organizzatrice del festival va in perdita. Il rosso si replica anche in occasione delle edizioni successive, fino a che - nel 2024 - <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-745339/kkr-acquisisce-superstruct-musica-dal-vivo-concerti-festival">Superstruct viene acquisita dal gigante del private equity KKR</a>. Che, conti alla mano, preferisce&nbsp;concentrarsi sugli eventi nell’Europa occidentale tagliando, altrove,&nbsp;i rami secchi - Sziget, suo malgrado, incluso.

E qui torna&nbsp;in scena Gerendai. Per salvare un evento che non solo rappresenta un simbolo per Budapest e l’Ungheria, ma che riversa sulla capitale magiara e sull’intero paese una discreta ricaduta in termini di indotto, il co-fondatore&nbsp;viene&nbsp;chiamato&nbsp;a riprendere il timone della sua creatura per salvarla. Ci sono, però, due problemi da risolvere.

Il primo, ovviamente, è tornare in possesso del marchio Sziget. La società originale fu ceduta a Supersturct in termini molto vantaggiosi per&nbsp;Gerendai&nbsp;e Sziámi. Nonostante Gerendai, oggi, da una prospettiva commerciale si trovi&nbsp;in una posizione tutto sommato favorevole, rilevare il brand - in termini finanziari - resterebbe un’operazione troppo impegnativa per una newco che - a conti fatti - è partita praticamente da zero. I termini degli accordi che hanno regolato il rientro sulle scene del fondatore, al momento, non sono stati resi noti - li abbiamo chiesti allo stesso Gerendai: siamo in attesa di risposta. Fonti di stampa ungheresi parlano di una concessione del brand in licenza alla newco magiara&nbsp;da parte di&nbsp;Supersturct, ma - a oggi - nessuna indiscrezione è stata ufficialmente confermata.

Il secondo ostacolo&nbsp;riguarda la concessione, da parte del Comune di Budapest, degli spazi sull’isola di Obuda. A ingarbugliare la situazione, su questo fronte, è più la politica dell’economia. Il sindaco della capitale ungherese è Gergely Karácsony, esponente di Párbeszéd – A Zöldek Pártja, partito di sinistra all’opposizione dell’attuale maggioranza guidata dal conservatore Viktor Orban: i tre schieramenti più rappresentati in consiglio comunale sono Fidesz (il partito dello stesso Orban), Tisza (formazione di centro destra fondata e guidata dall’astro nascente della politica nazionale - e probabile avversario di Orban alle prossime elezioni politiche - Péter Magyar) e una coalizione di formazioni composta da formazioni minori. In un primo momento sia Fidesz che Tisza si sono astenute dalla votazione per il sì al rinnovo della concessione dell’isola agli organizzatori dello Sziget, di fatto sfrattando il festival dalla sua venue storica. Poi, pochi giorni fa, grazie all’intervento dello stesso Magyar, organizzatori e comune sono riusciti a trovare un’intesa, offrendo a Gerendai un contratto di concessione decennale - con scadenza nel 2036 - pagabile in tre rate entro il 2030.

E così, finalmente, sono arrivati il lieto fine e le relative dichiarazioni ufficiali riguardanti la prossima edizione.&nbsp;"Per il 2026, lavoriamo per lo stesso obiettivo di sempre: continuare a far crescere il Sziget come uno dei festival più importanti d'Europa, con la solida programmazione e il fascino internazionale che lo hanno reso un evento unico per decenni”, ha fatto sapere il CEO di Sziget Tamás Kádár, elemento storico del team di Gerendai rimasto al timone del festival anche durante la gestione operata dal gruppo britannico: "Il periodo di coinvolgimento operativo di Superstruct nel festival ci ha permesso di superare la pandemia e di investire nella qualità dell'esperienza del festival per i visitatori provenienti da tutta Europa: siamo grati per tutto il loro supporto”.

"Lo Sziget di quest'anno ha già mostrato sviluppi molto positivi, fornendoci una solida base su cui costruire”, ha aggiunto Gerendai: “Allo stesso tempo, c'è sempre molto lavoro da fare per garantire al festival un posto speciale nel cuore dei fan che ci visitano da tutto il mondo. Il nostro obiettivo ora è enfatizzare ancora di più l'identità e i valori unici dello Sziget. Non solo attraverso gli artisti principali, ma anche approfondendo il significato culturale del festival e il suo legame con Budapest".

Venerdì 7 novembre a mezzogiorno inizierà una prevendita esclusiva di 48 ore per i pass completi per il Sziget Festival 2026, con prezzi a partire dagli stessi prezzi dell'edizione dello scorso anno. Le preregistrazioni si chiuderanno mercoledì 5 novembre a mezzogiorno e saranno disponibili sul sito www.szigetfestival.com.

Lo Sziget ha rischiato grosso, ma (per ora) si è salvato

Il festival ungherese evita la chiusura tornando in mano al suo fondatore per le prossime edizioni

Dopo diversi investimenti milionari (tra cui quello in Rebellion Records, specializzata in musica virale, e in&nbsp;AntiFragile Equity Partners, specializzata nella valorizzazione di cataloghi poco conosciuti), Too Lost annuncia un'altra novità che va a posizionarla tra le avanguardie della distribuzione. Si tratta di una partnership con&nbsp;Xposure Music, una società tech che si occupa di finanza e funding&nbsp;in ambito musicale. La sinergia dovrebbe essere volta a accelerare il finanziamento dell'acquisizione di cataloghi indipendenti.

Too Lost, quindi, fornirà servizi di distribuzione e gestione diritti, mentre i cataloghi saranno acquisiti e controllati direttamente da Xposure Music, dopo un'attenta analisi dei big data per individuare quelli più promettenti in termini di redditività. Tra le prime acquisizioni effettuate&nbsp;attraverso la partnership ci sono brani di artisti indipendenti del calibro di&nbsp;Tskinz, Fukkit, Fly Rich Double, FLVME e&nbsp;Secret!