Attivo dal 2014, Rehegoo è un provider di servizi musicali destinato a creator e - più in generale - al settore audiovisivo: abbonandosi alla piattaforma è possibile accedere a un archivio musicale composto da&nbsp;opere di artisti provenienti da tutto il mondo. La società è attiva su oltre 100 mercati a livello internazionale, e - attualmente - rappresenta il primo provider indipendente di Spotify, con 1,3 milioni di brani forniti. L’azienda, con sede principale a Londra e uffici a Padova e Bielsko-Biala (in Polonia), conta in organico oltre 100 dipendenti. Rehegoo è guidato da Marco Rinaldo (fondatore, ceo e direttore creativo, nella foto), coadiuvato da Andrea Abbati (direttore operativo), Karolina Bressan-Tognin (general manager), Rocco Del Campo (direttore finanziario) e Giles Williams (capo della sezione musica).

Fulcro delle attività della società - tanto sul fronte artistico, quanto su quello manageriale - è Rinaldo, che ha firmato come autore la quasi totalità delle opere in catalogo. A seconda delle richieste, le composizioni vengono lavorate dai vari producer, che le “adattano” alle esigenze di mercato. Il modello di business prevede che Rehegoo operi come editore delle opere presenti nel proprio catalogo, beneficiando delle royalties editoriali generate dall’utilizzo dei lavori. Per quanto riguarda il diritto d’autore, la policy dell’azienda prevede di lavorare solo con artisti non iscritti ad alcuna collecting - lo stesso Rinaldo, che fino al 2019 era legato alla tedesca GEMA, oggi non è legato ad alcuna società di intermediazione - che vengono retribuiti in anticipo (previa cessione del diritto d’autore) per i lavori realizzati per conto dell’azienda.

Le operazioni di Rehegoo hanno luogo su tre scenari principali: le piattaforme online come Spotify o YouTube, per il consumo B2C; le attività B2B, che hanno in realtà operative nel settore del benessere, dell’hospitality e del tempo libero i principali clienti; l’App, destinata alle attività commerciali minori non legate ai grandi gruppi. I principali filoni dell’offerta musicale proposta da Rehegoo riguardano la musica d’ambiente, la new age e il jazz, con una parte di catalogo più contenuta dedicata a chill-out e pop. Senza dimenticare il cinema:&nbsp;una delle opere presenti nel catalogo della società -&nbsp;composta da Rinaldo e realizzata con la collaborazione&nbsp;del trentunenne producer indonesiano Zhang Umeda, attivo con la sigla di Asian Flute Music Oasis -&nbsp;è stata inserita nella colonna sonora di “Tàr”, film di Todd Field interpretato da Cate Blanchett candidato in sei categorie ai Premi Oscar 2023.

“Ma la musica, da artista, ormai la frequento solo nel tempo libero”, spiega a Rockol Rinaldo, che oggi coordina le operazioni della società dagli uffici di Londra: “Rehegoo, dal 2018 in poi, è cresciuta molto velocemente, tanto da portarmi a venire risucchiato completamente dalle attività di gestione. E non è divertente: preferisco scrivere e registrare&nbsp;che parlare con i manager delle finanziarie”. La situazione, tuttavia, potrebbe evolversi già nei prossimi mesi. “Siamo attualmente sotto offerta da parte di un fondo americano di investimento: come parte dell’accordo, io resterei in organico come direttore creativo, cedendo le attività gestionali. L’idea è quella di potenziare la divisione artistica della società aprendo un hub creativo a Milano”

Come sono gestite le royalties e i compensi degli artisti legati a Rehegoo? Per quanto riguarda le royalties, l’accordo è di cessione - completa o di quote - alla piattaforma o i diritti sulle opere restano agli autori?&nbsp;

Quando iniziamo a collaborare con gli artisti, offriamo loro due possibilità, per permettergli di scegliere la soluzione per loro più soddisfacente. Nel primo caso Rehegoo riconosce il 55% delle royalties sul diritto connesso che vengono generate attraverso la distribuzione nei vari digital store e per questi artisti i diritti rimangono di loro proprietà. Nel secondo caso invece, se i produttori musicali scelgono di lavorare in esclusiva con noi la musica prodotta resta in nostro possesso, essendo loro compensati in anticipo. 
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Qual è il profilo tipico dell’artista emergente legato alla piattaforma? Dal punto di vista geografico, c’è una preponderanza di una particolare regione di provenienza rispetto ad altre o i creator sono ugualmente distribuiti in maniera piuttosto regolare?

Il profilo tipico dell’artista emergente è quasi sempre lo stesso, ossia quello di una persona fortemente appassionata di musica, che vive per essa e che desidera fare ascoltare quello che produce. Spesso, per mantenersi, i musicisti emergenti si dividono tra più lavori, proprio per potere “investire” su se stessi il più’ possibile. Noi, con Rehegoo, cerchiamo invece di farli vivere solo di musica. Al momento gli artisti con cui collaboriamo sono dislocati in tutto il mondo, con una netta maggioranza però in USA e UK. 
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Rehegoo ha fatto o sta facendo utilizzo di soluzioni di intelligenza artificiale per creare composizioni da utilizzare nei propri cataloghi? Nel caso non l’abbia mai fatto, è favorevole - in linea di principio - all’utilizzo di soluzioni di intelligenza artificiale per la creazione di opere da inserire in archivi di library music?&nbsp;

In questo momento, in realtà, ci stiamo proprio avvicinando con uno studio all’AI, poiché riteniamo che svolgerà un ruolo importante nel futuro della produzione musicale. Non dobbiamo mai dimenticarci che la maggior parte dei suoni, oggi, sono già all’interno di software e già quella è stata, in un certo qual modo, una della prime rivoluzioni “artificiali”. Tutti, infatti, usano questi software senza nessuna esclusione e non vedo particolari differenze in questi due mondi. Quello che però mi preme, è sicuramente di fare in modo che alle spalle ci sia sempre un “arista reale” a scegliere cosa fare. 
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Tra Uk, Italia e USA, quali sono, nell’ordine, i mercati più importanti per Rehegoo? Quali sono le differenze principali tra questi mercati?&nbsp;

Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato per Rehegoo, seguito da Canada, UK e Australia. Anche in Europa oggi stiamo ottenendo ottimi risultati ma la platea americana rimane sempre quella di riferimento. La diversità, in realtà, sta sempre nella cultura: noi produciamo e distribuiamo la maggior parte della musica in lingua inglese e questo comporta avere più ascoltatori nei paesi anglofoni. Oggi che siamo alla ricerca di artisti in diversi Paesi europei, speriamo di trovare nuovi mercati di riferimento. 
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Come sono organizzate le vostre operazioni di scouting per trovare nuovi artisti da inserire nel vostro roster? Avete mai pensato a partnership con entità terze - non necessariamente label, ma anche DSP, società di servizi, ecc - per espandere il raggio d’azione?&nbsp;

Oggi, dopo tanti anni, finalmente abbiamo la fortuna di ricevere molto materiale direttamente dagli artisti che iniziano a conoscerci sempre di più. All’inizio, eravamo noi a cercarli, soprattutto attraverso i social media. Così, nel 2019, abbiamo fondato Q&amp;R Music, un'etichetta discografica con quartier generale a Los Angeles, con un pilastro della musica, Quincy Jones, proprio per avere la possibilità di trovare sempre più artisti emergenti. Inoltre, collaboriamo a stretto contatto con Spotify, per dare sempre più visibilità ai nostri artisti. 
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Qual è, nel quadro dello scenario attuale, la peculiarità principale del vostro business? Quali saranno, a medio-breve termine, le politiche che adotterete per consolidare la vostra posizione e ampliare le vostre quote di mercato?&nbsp;

Oggi il nostro desiderio è quello di rafforzare la nostra presenza in Italia e in UK. Stiamo infatti per lanciare la nostra App, che potrà raggiungere chiunque e ovunque. Ci rivolgeremo con il marketing a tutti i settori del B2B, in modo tale che possano comprendere come la musica background sia per loro essenziale e che, con il nostro contributo, possano usufruire della migliore musica risparmiando nello stesso tempo risorse economiche.

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Library music, il modello Rehegoo: parla Marco Rinaldo

Industria

La società è il primo provider indipendente di Spotify, con un catalogo di oltre un milione di brani

Django Music ha annunciato l’attivazione di un e-shop: il nuovo store - come precisato nella presentazione - “distribuirà supporti musicali fisici e merchandising ufficiale,&nbsp;partendo dagli artisti del proprio catalogo e puntando sull'esclusività dell'offerta”.

“Siamo una realtà indipendente che lavora con artisti indipendenti”, ha dichiarato Errico: “Muovendoci in questo perimetro, crediamo che le economie di un progetto artistico vadano gestite con una circolarità tale da permettere, sia a noi che ai musicisti con cui&nbsp;lavoriamo, di restare indipendenti. Nasciamo come società di booking, poi aggiungiamo l'attività di management, successivamente quella di editoria e di pubblicazione di album; gestiamo il merchandise ai concerti: da oggi lo venderemo anche online, tramite il nostro e-shop”.

Lo store è raggiungibile all’indirizzo&nbsp;djangomusic.it/shop/.

Django nasce ufficialmente nel 2019, prima come Django Concerti e poi come Django Music. Dal proprio debutto sul mercato la società ha gestito oltre 2500 concerti come agenzia di booking, includendo le proprio roster sia artisti italiani come Murubutu, C'Mon Tigre, Bassi Maestro, Mellow Mood, Alborosie, Godblesscomputers e Davide Shorty, che realtà internazionali come Seun Kuti &amp; Egypt80, Dov'è Liana, Yīn Yīn, Adi Oasis, Ezra Collective, Greentea Peng, Dub Fx. Dal 2021 Django ha attivato una propria società di edizioni, gestendo alcuni tra i brani più importanti della scena hip hop italiana.

In tempi recenti, anche grazie alla collaborazione con Seun Kuti (di cui Django Music gestisce il management internazionale), la società ha esteso il proprio raggio d’azione a importanti ribalte di rilevanza globale, come quelle dell'Apollo Theater di New York o della prossima edizione del festival Coachella.

“Crediamo che essere indipendenti non sia una discriminante ma un grande punto di&nbsp;forza”, ha concluso Errico: “Non dipendiamo da nessuno se non dal nostro intelletto, dalla nostra forza, dalla nostra determinazione. Per questo, lavorando fuori dal circuito mainstream, abbiamo bisogno di guardare sempre oltre, alla conquista di nuovi mercati”.

Django Music apre un e-shop

La società guidata da Carmine Errico espande le attività della divisione discografica

L’International Federation of the Phonographic Industry, associazione che rappresenta l’industria della musica registrata a livello globale, ha annunciato il lancio di Official Southeast Asia Charts, piattaforma che riferirà settimanalmente le classifiche discografiche di vendita di sei paesi del sudest asiatico: gli andamenti delle vendite sui mercati di Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam saranno quindi incorporati nei conteggi ufficiali che IFPI utilizza per compilare i propri report annuali.

Così come già avviene per gli altri mercati dove sono attivi i rilevamenti, a venire contagiati saranno - oltre alle vendite fisiche - anche gli stream erogati attraverso le principali piattaforme (come, tra le altre, Apple Music, Deezer, Spotify e YouTube), oltre che ai servizi locali più rilevanti: a coadiuvare IFPI nelle operazioni saranno le associazioni nazionali di settore come ASIRI (Indonesia), RIM (Malesia), RIAS (Singapore) e TECA (Thailandia).

"Il Sud-est asiatico ha una ricca tradizione musicale, con fan appassionati e interessati a una vasta gamma di generi locali e regionali, nonché con le più grandi superstar internazionali", ha commentato la CEO di IFPI Victoria Oakley: “Come IFPI, non vediamo l'ora di lavorare con l'industria per sviluppare ulteriormente questa risorsa e celebrare i prossimi artisti globali che emergeranno da questa regione".

Il lancio delle classifiche nel sudest asiatico conferma l’interesse per i mercati emergenti di IFPI, che a fine 2022 aveva annunciato <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-733717/ifpi-lancio-classifiche-regionali-mena-mercati-emergenti">il varo delle chart per Medio Oriente e Nordafrica</a>.

IFPI, lanciate le classifiche per il sudest asiatico

Tra i nuovi paesi monitorati Filippine e Vietnam

Nuvole Production, etichetta fondata da Fabrizio De André e Dori Ghezzi, ha firmato un accordo di licenza con Pirames per la distribuzione digitale nel mondo e la raccolta dei diritti connessi all’estero del proprio catalogo: l’aggregatore italiano guidato da Federico Montesanto gestirà quindi gli album dal vivo del cantautore di “Storia di un impiegato”, oltre che - tra gli altri brani - “Crêuza de mä pe Zêna” (la nuova versione del celebre brano dell’artista e Mauro Pagani, ideata da Dori Ghezzi e realizzata a scopo benefico grazie alla collaborazione di Mauro Pagani e Stefano Barzan, insieme alla partecipazione artisti come - tra gli altri - Mina, Zucchero, Diodato, Gianna Nannini, Vinicio Capossela, Vasco Rossi, Francesco Guccini, Ivano Fossati e Ornella Vanoni), gli album della stessa Dori Ghezzi e quelli del figlio di Fabrizio, Cristiano De André.

“Felice di entrare a far parte di quella che già considero una famiglia, formata da un gruppo di giovani motivati e appassionati alla musica protetta come una vera e propria forma d’arte”, ha dichiarato, riguardo l’accordo, Ghezzi: “Sono certa che sarà una proficua e duratura collaborazione”.

“Sono ormai passati diversi anni da quando Pirames ha integrato i propri servizi di distribuzione digitale e gestione diritti connessi con quelli della tutela e protezione del copyright e posso certamente confermare che affrontiamo questa specifica attività di tutela con un profondo senso di responsabilità nazionale”, ha fatto sapere Montesanto: “Solamente negli ultimi anni abbiamo infatti avuto l’onore e l’onere di proteggere da illeciti sfruttamenti registrazioni storiche di grandi artisti italiani, come Adriano Celentano, Luigi Tenco, Tony Dallara, Nicola Di Bari, Cugini di Campagna, Fausto Leali, Fabio Concato, Premiata Forneria Marconi, New Trolls e così via fino a Mina. Oggi, con orgoglio, si aggiunge un ulteriore e prezioso tassello della nostra storia musicale, grazie alla lungimiranza di Dori Ghezzi e del suo fantastico team. Persone speciali che con dedizione e passione portano avanti ogni giorno l’ineguagliabile eredità storico-culturale lasciataci da Fabrizio De André”.

Pirames International, un accordo con Nuvole Production

Per la distribuzione digitale e la raccolta dei diritti connessi all’estero

Ha debuttato sul mercato lo scorso 17 gennaio con il singolo di Tommaso Imperiali "Le lune di Giove" AltaVibe Music, nuova etichetta “dedicata ai giovani artisti emergenti, con l’obiettivo di creare percorsi di crescita concreti e sostenibili nel mondo della produzione musicale” nata da un’idea di Lorenzo Cazzaniga (fonico con esperienza internazionale), Gianluca Rossi (fondatore e A&amp;R di Crazy Tower e fondatore di Traxtorm Records) e Samuele Gozzo (fondatore e A&amp;R di Crazy Tower, SickCore Records e Brutale Music, e produttore / Dj noto noto come “The Sickest Squad”.

La label si presenta come “un punto di riferimento per supportare e valorizzare i giovani artisti”, offrendo “percorsi formativi che combinano affiancamento professionale e sviluppo tecnico, artistico e personale”, e “mettendo a disposizione un team con oltre 30 anni di esperienza nel settore discografico”.

AltaVibe Music, che ha già siglato accordi con partner come Saifam Group, opera presso gli Alari Park Studios di Cernusco sul Naviglio.

“Crediamo che la musica del futuro sarà plasmata dai giovani, come è accaduto tante volte nella storia”, hanno dichiarato, in una nota congiunta, Cazzaniga, Rossi e Gozzo: “Il nostro compito è fornire loro gli strumenti, l’esperienza e l’entusiasmo necessari per crescere e innovare”.

E’ nata AltaVibe Music

Da un'idea di Lorenzo Cazzaniga, Gianluca Rossi e Samuele Gozzo, una nuova label per emergenti

Varie etichette e&nbsp;distributori sono scesi sul piede di guerra contro&nbsp;Napster a causa dei suoi ritardi nei pagamenti delle royalty, ritardi che oscillerebbero da alcuni mesi fino a ben oltre un anno.&nbsp;Napster, che assurse alla&nbsp;notorietà&nbsp;globale nel 1999&nbsp;come la piattaforma pirata che avrebbe sconvolto l’industria musicale, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-732281/napster-nuovo-ceo-jon-vlassopulos-ex-roblox">dal 2022 è guidata dal&nbsp;</a><a href="https://musicbiz.rockol.it/news-732281/napster-nuovo-ceo-jon-vlassopulos-ex-roblox">CEO&nbsp;</a><a href="https://musicbiz.rockol.it/news-732281/napster-nuovo-ceo-jon-vlassopulos-ex-roblox">Jon Vlassopulos</a> ed&nbsp;opera da tempo come piccolo servizio di streaming autorizzato (un milione di utenti stimati).&nbsp;

L’episodio si inquadra in un contesto non inedito, in cui operatori di minori dimensioni rispetto ai grandi player globali stentano a reggere il passo con i costi delle licenze.&nbsp;Recentemente, etichette e distributori avevano ad esempio segnalato <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748737/boomplay-sony-awal-the-orchard-si-ritirano-piattaforma-streaming">problemi simili con</a><a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748737/boomplay-sony-awal-the-orchard-si-ritirano-piattaforma-streaming">&nbsp;Boomplay</a>, piattaforma con una vasta base di utenti in Africa (98 milioni di utenti attivi mensili), con&nbsp;Sony Music che ha poi rimosso il proprio catalogo a&nbsp;dicembre. E prima ancora era stata una causa contro&nbsp;TIDAL&nbsp;nel 2021 a fare rumore, quando emerse che la piattaforma aveva&nbsp;127 milioni di dollari&nbsp;di passività, per lo più in forma di royalty non pagate alle etichette (la situazione sarebbe stata poi risolta&nbsp;nel 2023&nbsp;dopo l’acquisizione della piattaforma da parte di Block).

Napster fu lanciata nel giugno del 1999 come servizio di file sharing che consentiva agli utenti di scaricare brani gratuitamente, ma si ritrovò presto &nbsp;coinvolta in cause legali per violazione del copyright intentate da nomi di peso come RIAA, Metallica, Dr. Dre;&nbsp;chiusa nel 2001, l'anno successivo la piattaforma fu acquistata da Bertelsmann per trasformarla in un sevizio legale, ma un giudice bloccò la vendita. Seguì un percorso travagliato:&nbsp;Napster divenne prima proprietà di&nbsp;Roxio, poi di&nbsp;Best Buy, poi di&nbsp;Rhapsody, poi&nbsp;dell’app di concerti in realtà virtuale&nbsp;MelodyVR&nbsp;e infine, nel 2022, di&nbsp;Hivemind Capital Partners&nbsp;e della società di criptovalute&nbsp;Algorand.

Ritardi nei pagamenti delle royalty: Napster finisce sotto accusa

La piattaforma nel mirino di etichette e distributori

BMG ha annunciato la nomina di Johannes von Schwarzkopf (nella foto) come nuovo Chief Strategy Officer (CSO) e membro dell'Executive Board, con effetto dal 1° gennaio. Rispondendo direttamente al CEO Thomas Coesfeld, von Schwarzkopf guiderà lo sviluppo e l'esecuzione della strategia globale di BMG. Inoltre, supervisionerà la creazione di nuove opportunità di business, comprese fusioni e acquisizioni strategiche (M&amp;A), e continuerà a gestire le attività globali di licensing e sincronizzazione (synch) di BMG.

Thomas Coesfeld ha dichiarato:&nbsp;"Durante il suo periodo in BMG, l'eccezionale acume strategico di Johannes ha avuto un impatto significativo. Johannes ha co-sviluppato la strategia 'Next' di BMG, che ha trasformato l'azienda, consentendo un nuovo livello di redditività con una sana crescita organica. Ha un'abilità straordinaria nell'ottenere risultati importanti attraverso l'innovazione, e sono fiducioso che in questo nuovo ruolo continuerà a spingere BMG avanti, consolidando la nostra posizione di leader nel mercato musicale globale. Do il benvenuto a Johannes nel nostro Executive Board come leader rispettato e prezioso membro del team”.

Johannes von Schwarzkopf ha dichiarato:&nbsp;"È un onore assumere il ruolo di Chief Strategy Officer in BMG. Non vedo l'ora di continuare a lavorare con i nostri talentuosi team e con il nostro Executive Board per costruire sui successi ottenuti, sfruttare nuove opportunità di crescita e affermare BMG come leader nell'innovazione del settore. Ringrazio Thomas per la fiducia e il supporto, e sono entusiasta di contribuire al prossimo capitolo entusiasmante di BMG”.

Da quando è entrato in BMG nel 2021, Johannes von Schwarzkopf ha ricoperto ruoli chiave in Finanza e M&amp;A, in particolare a supporto del programma di investimenti Boost di BMG. Come Senior Vice President di Corporate Development, è stato fondamentale nello sviluppo e nell'implementazione di BMG Next, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-740959/bmg-nuova-struttura-riallineamento-approccio-globale-locale">la strategia trasformativa dell'azienda lanciata nel 2023</a>. Prima di entrare in BMG, ha lavorato presso la società di consulenza EY come advisor per operazioni di M&amp;A e nelle vendite di media per l'azienda di tecnologia pubblicitaria Taboola. Von Schwarzkopf possiede un master in gestione internazionale conseguito presso la ESADE Business School.

BMG nomina Johannes von Schwarzkopf come Chief Strategy Officer

'Entusiasta di contribuire al prossimo capitolo entusiasmante di BMG'

Il presidente Donald Trump ha dichiarato che sarebbe favorevole all’acquisto di TikTok da parte del CEO di Tesla Elon Musk e del co-fondatore e CTO di Oracle Larry Ellison. Come è noto, TikTok rischia un divieto negli Stati Uniti se non si separerà dalla sua casa madre cinese, ByteDance; <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-749463/tiktok-negli-usa-75-giorni-per-trovare-una-soluzione">la scadenza della proroga è fissata per il 4 aprile 2025</a>.

Trump ha suggerito che un acquirente potrebbe cedere metà della proprietà agli Stati Uniti e, in cambio, TikTok riceverebbe un permesso per operare nel Paese. Trump ha recentemente proposto una joint venture simile in un post su Truth Social.&nbsp;

Trump ha chiesto a Ellison, che era presente alla sua conferenza stampa, cosa pensasse dell’accordo.&nbsp;“Mi sembra un buon accordo, signor presidente”,&nbsp;ha risposto Ellison.

“Mi piacerebbe che Larry lo comprasse”, ha detto Trump, sottolineando di aver incontrato i “grandi proprietari” della piattaforma di video brevi.&nbsp;“Non vale nulla se non ottiene un permesso,”&nbsp;ha affermato, aggiungendo che&nbsp;“con un permesso, vale tipo un trilione di dollari.”&nbsp;

Tra i maggiori investitori di ByteDance, casa madre di TikTok, ci sono General Atlantic e Susquehanna International Group - ovvero: azionisti statunitensi che, in caso la molte volte preannunciata quotazione del gruppo cinese non avvenisse, gradirebbero certamente un&nbsp;bailout.

Trump: che TikTok vada a Ellison e Musk

Il presidente statunitense favorevole a una cessione congiunta

Sabrina Simoni ha lasciato la carica di direttrice del Piccolo Coro dell’Antoniano Mariele Ventre: a darne notizia, con un post, è stato l’account ufficiale Instagram dello Zecchino d’Oro.

“Questo è un grazie speciale, grande quanto 30 anni di musica, professionalità, emozioni”, si legge nel messaggio: “Un grazie che è anche un saluto, colmo di affetto e gratitudine.&nbsp;Grazie a Sabrina Simoni che, in Antoniano, sulla scia di Mariele Ventre, con dedizione e grande preparazione, ha saputo dare in questi anni valore e qualità al Piccolo Coro dell’Antoniano, con una sua peculiare impronta espressiva. Centinaia di bambine e bambini, con le loro famiglie, sono cresciuti insieme a lei nel canto. Le auguriamo tante nuove bellissime soddisfazioni per i suoi progetti futuri”.

Bolognese, classe 1969, Simoni si è diplomata in pianoforte al Conservatorio Giovanni Battista Martini nel ‘94, per poi diplomarsi in "Musica Corale e Direzione di coro" e poi in "Composizione" al Conservatorio Girolamo Frescobaldi di Ferrara: dopo alcune esperienze come insegnante presso alcune scuole primarie, l’artista è stata nominata direttrice del Coro Giovanile Verdi Note dell’Antoniano, per poi succedere nel ‘95 a Mariele Ventre alla direzione del Piccolo Coro dell’Antoniano.

Zecchino d’Oro, lascia Sabrina Simoni

Dopo trent’anni di attività l’addio alla direzione del Piccolo Coro dell’Antoniano

Il <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-749463/tiktok-negli-usa-75-giorni-per-trovare-una-soluzione">4 aprile scade il termine ultimo per TikTok di cedere la proprietà o affrontare un divieto di presenza negli Stati Uniti</a>. Mentre il futuro dell'app cinese resta imperscrutabile, ci sono 73 giorni per sfruttare la sua attuale debolezza. Così le piattaforme social concorrenti non stanno perdendo tempo…

Il primo pericolo arriva proprio dalla Cina e il suo nome (tradotto per l’Ovest) è Rednote, da alcuni giorni scaricata in massa negli Stati Uniti. Di proprietà cinese, piuttosto&nbsp;simile sia a TikTok che a Instagram, ha superato in questi giorni i&nbsp;4 milioni di download&nbsp;in tutto il mondo. L'app in Cina è nota come&nbsp;Xiaohongshu&nbsp;ed ha registrato&nbsp;oltre 1,1 milioni di download&nbsp;da parte di utenti statunitensi nell’ultima settimana (in quella precedente erano stati circa 37.000). Rednote si sta facendo strada, anche se a ritmi e con numeri ben inferiori, anche in Italia. Non nuoce, a livello globale, quella che appare come un’adozione entusiasta da parte di un gruppo di celebrità come, ad esempio, Selena Gomez.

Anche il secondo pericolo per TikTok vive nella terra madre e assomiglia alla proverbiale serpe in seno. Il suo nome è&nbsp;Lemon8.&nbsp;Parliamo di un'app simile a Instagram e di proprietà di ByteDance che ha registrato un notevole aumento nei download la scorsa settimana, con oltre&nbsp;2 milioni di download&nbsp;in tutto il mondo (+50% rispetto alla settimana precedente, con la maggior parte dei download provenienti dagli Stati Uniti).

Il terzo e il quarto pericolo, invece, sono i soliti noti.

Instagram ha registrato un aumento dell'11% mese su mese&nbsp;nei download globali, ed&nbsp;ha annunciato nel fine settimana una nuova app chiamata&nbsp;Edits, strumento di video editing&nbsp;che sembra ispirarsi parecchio a&nbsp;CapCut, di proprietà di ByteDance e molto usata anche da creatori di contenuti caricati sulla piattaforma di Meta. Sia CapCut che&nbsp;Edits sono agnostiche, ossia&nbsp;gli utenti potranno utilizzarle entrambe per lavorare sui video e pubblicarli su qualsiasi piattaforma. Edits è già&nbsp;disponibile per il preordine sull'Apple App Store&nbsp;da domenica 19 gennaio, ed è in arrivo in febbraio anche una&nbsp;versione per Android.

X&nbsp;sta invece aggiungendo una funzionalità che consentirà agli utenti di accedere rapidamente ai contenuti video: i suoi utenti di X potranno scorrere brevi video toccando un video sulla loro timeline e scorrendo verso l'alto. Questa nuova “scheda" fornirà una sezione dedicata a questi contenuti. E l’iniziativa non può non richiamare l’attività di&nbsp;Bluesky, la piattaforma social emersa dopo la trasformazione di Twitter in X, &nbsp;che ha annunciato l’iniziativa di uno sviluppatore indipendente che starebbe creando per la piattaforma un'app di condivisione di foto chiamata&nbsp;Flashes.&nbsp;

Come TikTok fa scuola: le mosse degli altri social media

Un futuro incerto e solo 73 giorni per restare sé stessa offrono spazio di manovra alla concorrenza

Trevor Noah è stato confermato come conduttore dei prossimi Grammy Awards, in programma il prossimo 2 febbraio alla Crypto.com Arena di Los Angeles: per lo showman sudafricano classe 1984 quella il programma tra due weekend sarà la quinta esperienza consecutiva come presentatore della serata di gala più importante per l’industria musicale americana, che per l’edizione 2025 - la sessantasettesima della sua storia - sarà prodotto da Fulwell 73 Productions, con Ben Winston, Raj Kapoor e Jesse Collins nel ruolo di produttori esecutivi.

"La 67a edizione annuale dei Grammy Awards avrà un rinnovato scopo: raccogliere fondi aggiuntivi per sostenere gli sforzi di soccorso per gli incendi boschivi (a Los Angeles, ndr) e onorare il coraggio e la dedizione dei primi soccorritori che rischiano la vita per proteggere la nostra", ha specificato la CBS in una nota, riprendendo il <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-749373/recording-academy-riduce-grammy-awards-week-incendi-los-angeles">messaggio lanciato dal CEO della Recording Academy, Harvey Mason Jr, lo scorso 16 gennaio</a>: “In tempi difficili, la musica ha il potere di guarire, confortare e unire come nessun'altra cosa. I Grammy non solo onoreranno l'arte e i successi della nostra comunità musicale, ma fungeranno anche da piattaforma per amplificare lo spirito di resilienza che definisce questa grande città di Los Angeles".

Grammy Awards 2025, alla conduzione ancora Trevor Noah

Per il quinto anno consecutivo l’attore sudafricano presenterà la music’s biggest night

Come&nbsp;Apple Music&nbsp;affronta le frodi musicali e la manipolazione degli stream? Ne ha parlato stamani a Londra&nbsp;Bryce McLaughlin,&nbsp;responsabile globale delle partnership musicali e dei programmi aziendali di Apple Music,&nbsp;che ha tenuto un keynote alla conferenza&nbsp;"Music Ally Connect". &nbsp;La sua è stata una sintetica masterclass in cui&nbsp;ha descritto le principali motivazioni e i metodi per manipolare gli stream e ha dettagliato la strategia della sua azienda per affrontare il problema.

"Quanto è grande il problema della manipolazione degli stream su Apple Music? Bene, su Apple Music, meno dell'1% di tutti gli stream sono manipolati. E, in realtà, quella percentuale è ben al di sotto dell'1%. Si attesta generalmente intorno allo&nbsp;0,3% degli stream globali”, ha dichiarato McLaughlin, che ha proseguito descrivendo sia&nbsp;i due metodi per manipolare gli stream&nbsp;- "manipolazione programmatica"&nbsp;e contenuto ingannevole - sia quelle che ritiene&nbsp;le principali motivazioni dei pirati - vantaggio finanziario e popolarità percepita.

McLaughlin&nbsp;ha poi dettagliato la strategia di Apple Music per affrontare il problema, inclusi gli adeguamenti finanziari (deduzioni sulle royalty) per i fornitori che non prendono provvedimenti. &nbsp;"Circa tre anni fa, abbiamo notato un cambiamento nell'intensità della manipolazione e abbiamo iniziato a pensare a come evolvere il nostro approccio. Oggi facciamo sostanzialmente tre cose:

<ol>
	<li>Escludiamo gli stream manipolati quasi in tempo reale.</li>
	<li>Forniamo report chiari ai fornitori di contenuti, alle società ufficiali di classifiche, così come agli artisti e ai loro team.</li>
	<li>Rimuoviamo i contenuti quando appropriato."</li>
</ol>

Quali i risultati delle nuove misure?&nbsp;"Nei primi sei mesi dall'introduzione del nuovo programma, gli stream manipolati sono diminuiti del&nbsp;30%, e abbiamo registrato un’ulteriore riduzione del&nbsp;20%&nbsp;nei primi tre mesi successivi a un aggiornamento successivo.&nbsp;Abbiamo anche notato che più della&nbsp;metà dei fornitori di contenuti con manipolazioni da moderate a significative ha migliorato la propria situazione nell'ultimo anno".

Apple Music e le frodi nello streaming: ‘Siamo sotto l’1%'

Il keynote di Bryce McLaughlin alla conferenza Music Ally Connect

Warner Music Italy e Saifan Group hanno annunciato la sigla di “vari accordi di collaborazione” che vedranno la filiale italiana della major e la indie veronese partner “in diverse iniziative che vanno dalla distribuzione fisica e digitale di parte del catalogo, allo scouting di nuovi artisti”.

Sul fronte catalogo, Saifam ristamperà titoli importanti del repertorio urban italiano - tra gli altri, “Mi Fist” e “Penna capitale” dei Club Dogo, “60Hz” di Dj Shocca, “Parole” di Mistaman e “Addio” di Raige - affidando la distribuzione a Warner Music Italy.

Le due aziende, inoltre, rafforzeranno “il rapporto di stampa e distribuzione da parte di Saifam, attraverso la divisione ‘Music Now’, di molti titoli di nicchia del catalogo Warner Music, con l’intento di valorizzare il patrimonio culturale e musicale della major stessa”, con stampa, distribuzione e marketing curati in sinergia.

E’ stato inoltre siglato un accordo di scouting, promozione e marketing di vari artisti emergenti in collaborazione con ADA (la divisione dedicata ai servizi di Warner Music) “al fine di individuare e sviluppare nuovi talenti in vari ambiti musicali”.

“Questa collaborazione con Warner diventerà una nostra priorità e ringrazio Pico Cibelli, Raffaele Razzini e Renato Tanchis per averci dato questa opportunità”, ha dichiarato Mauro Farina, presidente di Saifam Group: “Ritengo Warner Music il partner ideale per una label indipendente come la nostra, e sono certo che insieme raggiungeremo dei risultati inaspettati”.

“Sono onorato ed entusiasta di avviare questa nuova collaborazione con Warner Music Italy, una partnership che rappresenta l’incontro di due visioni accomunate dalla volontà di valorizzare la creatività e l’autenticità degli artisti e di ottimizzare un importante catalogo che ha ancora ampi spazi di crescita”, ha aggiunto Fabio Sgaravato, Direttore artistico The Saifam Group.

“Siamo felici di poter collaborare con Mauro Farina e il suo team alla valorizzazione di un&nbsp;catalogo così prestigioso e allo sviluppo di nuovi artisti che andranno a creare il repertorio del futuro della label veronese”, ha fatto sapere Pico Cibelli, Presidente di Warner Music Italy: “Ringraziamo Mauro per la grande fiducia riposta nella squadra di Warner Music Italy e ADA”.

"La combinazione della nostra reciproca fiducia, professionalità e impegno comune è la base su cui costruiremo nuovi traguardi, rafforzando ancora di più la nostra capacità di creare opportunità di business e successi discografici”, ha concluso Renato Tanchis, Direttore del catalogo di Warner Music Italy: “Con entusiasmo, ci prepariamo a vivere insieme queste nuove opportunità”.

WMG Italy, una partnership su più fronti con Saifam Group

Firmati diversi accordi di collaborazione su valorizzazione dei cataloghi e scouting

Intervenuta a Music Ally Connect, in corso in questi giorni a Londra, la CEO dell’International Federation of the Phonographic Industry Victoria Oakley ha spiegato perché il settore della musica registrata viva ancora un rapporto non sempre lineare con le istituzioni, chiamata dagli scenari di mercato globali a normare fenomeni di grandissimo impatto sul comparto come intelligenza artificiale e tutela dei diritti.

"Abbiamo bisogno di&nbsp;leggi giuste, ce le meritiamo”, ha detto Oakley: “Siamo un'industria importante, in parte per le dimensioni del contributo economico, che per molti versi è il nostro lato meno interessante. Siamo importanti perché la gente ama la musica, cosa che dimentichiamo di raccontare quando parliamo coi legislatori”.&nbsp;

"Dovremmo essere più fermi con i decisori politici, e non presentarci dicendo, 'Ehi, siamo quelli della musica. Per favore, proteggeteci'”, ha insistito la CEO di IFPI: “Al contrario, dovremmo invertire il paradigma e chiedere a loro di trovare la soluzione".

"Il fatto che siamo incredibilmente complessi e che nessuno sa davvero come funzioniamo è un problema, perché la maggior parte dei legislatori che si occupano di AI non sono esperti di industria musicale o cultura”, ha proseguito Oakley: “Di solito si occupano di impresa, economia o, nella migliore delle ipotesi, di digitale nei loro staff di governo. Non capiscono il nostro settore. Non capiscono come funziona l'ecosistema”.

"Uno degli equivoci più grandi (quando si parla di discografia, ndr) è immaginare le etichette discografiche come dei grassi americani seduti in uffici a New York e Los Angeles impegnati a eliminare la creatività e fare soldi. Temo sia quello che la maggior parte dei legislatori pensa che le etichette discografiche siano e facciano”, ha concluso la CEO di IFPI: "Non tutto è perfetto, non fraintendetemi. Non credo che dovreste fingere che lo sia, perché non verremmo ascoltati. Di certo, un po' di umiltà nelle nostre attività di lobbying è importante, ma dato che i legislatori non capiscono cosa fanno le etichette discografiche, come si relazionano con gli artisti, come si fanno i soldi, come alcuni accordi ne rafforzano altri e consentono all'ecosistema di continuare a prosperare, allora rischiamo che legiferino nel modo sbagliato".

Oakley (IFPI): ‘La discografia sappia raccontarsi ai legislatori’

‘Siamo un settore importante, ma le istituzioni credono che…’

E’ stata presentata oggi presso l’Università Cattolica di Milano la ricerca “Mappe Sonore. La galassia multiforme della musica nel web”, indagine condotta dallo stesso ateneo meneghino in collaborazione con la collecting Itsright che indaga sulla fruizione musicale su Internet al di fuori delle grandi piattaforme streaming.

Il lavoro - osservano i curatori - “è il risultato di un’indagine qualitativa che analizza l’utilizzo di musica online fuori dalle grandi piattaforme on demand, esplora il panorama delle Web radio e dello streaming in Italia, con l’obiettivo di catalogare comportamenti, atteggiamenti e direzioni di evoluzione dei protagonisti del settore nel contesto digitale contemporaneo”.

“La galassia vitale e piena di contenuti e innovazioni che abbiamo esplorato testimonia l’inesauribile potere creativo della musica e, allo stesso tempo, pone nuove sfide di equità e trasparenza”, ha commentato il professor Matteo Tarantino dell’Università Cattolica di Milano: “Tutti usano la musica come risorsa, ora primaria, ora secondaria, per ingaggiare il proprio pubblico; questa fame di musica non sempre si traduce nei giusti introiti per gli artisti che di quella musica sono interpreti. La ricerca allora dimostra che accademia, istituzioni e collecting devono lavorare di concerto per affrontare la pulviscolarità del Web e garantire un’effettiva tutela dei diritti, anche grazie ad una maggior condivisione dei dati sugli utilizzi di musica”.

L’indagine - ha aggiunto Gianluigi Chiodaroli, Presidente di Itsright - evidenzia “una galassia multiforme e pulviscolare di milioni di utilizzazioni illecite. Il paradosso che viviamo è quello di un sistema di norme astratte di tutela dei diritti ampio e pertinente a fronte di un sistema di enforcement insufficiente. La gestione collettiva dei diritti è certamente la strada su cui individuare le soluzioni. Il nostro tradizionale approccio negoziale al mondo digitale deve però trovare nelle stesse tecnologie – inclusa l’intelligenza artificiale - gli strumenti per dare pieno valore, non solo economico, alla musica”.

Riguardo le Web radio operanti in Italia, quello disegnato dallo studio è “un quadro sostanzialmente stabile, invariato negli ultimi decenni, degli eredi della radio tradizionale. Il segmento più interessante è quello predominante delle Web radio commerciali, che seguono un formato tradizionale con una programmazione musicale popolare e programmi di intrattenimento. Tecnologicamente avanzate, dispongono di app proprietarie e piattaforme esterne come YouTube e Spotify, nonché di una presenza strutturata sui social media”.

La ricerca individua il segmento degli aggregatori - “quei servizi che raccolgono i flussi delle emittenti e li inseriscono in motori di ricerca, directory o sistemi di raccomandazione” - come quello maggiormente foriero di innovazione, seppur caratterizzato da una “rilevante frammentazione”. “Si osservano - osserva lo studio - molti operatori di piccolo livello, soprattutto locali, e pochi grandi operatori internazionali in grado di dare l'indirizzo all'ambito; tutti svolgono però il medesimo ruolo di orientatori della ricerca musicale degli utenti sul web ed offrono anche servizi simili alla concessione pubblicitaria connessa al flusso musicale. I grandi aggregatori appaiono perseguire l’obiettivo strategico di portare questa galassia di flussi radiofonici in tre spazi essenziali, potenzialmente portando la copertura radiofonica al 100% del tempo di veglia degli utenti: la casa, attraverso l'integrazione delle app degli aggregatori negli home speaker quali Amazon Alexa o Google Home; l’automobile, mediante integrazione delle app degli aggregatori negli entertainment center degli autoveicoli; la sfera personale, tramite applicazioni di aggregazione per smartphone”.

Nell’industria del live streaming, caratterizzata da una “crescita impressionante rispetto all’utilizzo di musica sul Web”, il report distingue “tra streaming generalista o ‘mainstream’ (prendendo in esame la piattaforma leader, Twitch, ma anche i canali musicali puri, il gaming, i canali creativi e IRL – In Real Life) e il cosiddetto streaming per adulti. La musica in questi contesti è massicciamente presente. Nello streaming, e in particolare nelle dirette, essa è elemento di arredo frequentissimo e crea identificazione nella comunità di utenti. La frequenza e la centralità della musica, presente in modo strategico, aumentano significativamente nello streaming di contenuti per adulti in diretta, settore in continua crescita nel periodo post-pandemia”.

“La principale criticità per la tutela effettiva dei diritti degli artisti risiede nella forte frammentazione del settore”, conclude la ricerca: “Tanti utilizzi di musica distinti, tanti utilizzatori, di natura diversa e mutevoli nel tempo, e dunque notevoli difficoltà di un’efficace regolarizzazione su base individuale. (...) A complicare ulteriormente lo scenario è la sostanziale opacità verso l’esterno di questi settori. Sebbene il digitale consenta un monitoraggio preciso su contenuto, utilizzo, e destinatari di ciascun flusso (qualcosa che era solo nei sogni degli operatori del mondo mediale analogico), di fatto tali dati sono tendenzialmente invisibili all’esterno. I sistemi esistenti di tutela del diritto d’autore e dei diritti connessi si dimostrano ancora fragili e la distribuzione dei benefici economici derivanti da questi nuovi spazi di utilizzo musicale è iniqua per i titolari dei diritti, primi fra tutti gli artisti. Da qui, la necessità di un lavoro di squadra tra collecting e istituzioni, anche accademiche, per proporre soluzioni credibili”.

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Digitale, la musica oltre i DSP: la ricerca ‘Mappe sonore’

Come i player secondari stanno riscrivendo i modi in cui la musica viene utilizzata

La collecting tedesca GEMA ha annunciato di aver intrapreso un’azione legale nei confronti di Suno, modello di intelligenza artificiale generativa musicale già coinvolto - insieme a Udio - in <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-745385/intelligenza-artificiale-maxi-cause-delle-major-a-suno-e-udio">una maxi-vertenza legale</a> con le major: la società di gestione collettiva - in una nota diffusa oggi, martedì 21 gennaio - accusa la start-up americana di “aver elaborato registrazioni protette di celeberrime canzoni presenti nel repertorio di GEMA - come, tra le altre citate dalla stessa collecting, “Forever Young” degli Alphaville, “Mambo No. 5” di Lou Bega, “Daddy Cool” di Frank Farian e “Cheri Cheri Lady” dei Modern Talking - attraverso il proprio modello AI senza pagare alcun compenso”. Il procedimento legale è stato depositato presso il tribunale di Monaco di Baviera.

“Il modello di AI (di Suno, ndr) consente di generare contenuti audio riproducibili utilizzando semplici prompt”, chiarisce la collecting: “GEMA è stata in grado di documentare che il sistema produce contenuti che violano palesemente i diritti d'autore. In termini di melodia, armonia e ritmo, questo contenuto corrisponde in gran parte a opere di fama mondiale i cui autori GEMA rappresenta”.

“I risultati mostrano chiaramente che Suno ha utilizzato sistematicamente il repertorio di GEMA per la formazione del suo strumento musicale e ora lo sta sfruttando commercialmente senza dare agli autori delle opere una quota finanziaria”, conclude la società: “Gli utenti della versione premium dello strumento AI, d'altro canto, devono pagare una quota di abbonamento a Suno”.

"La creatività umana è la base di tutta l'IA generativa”, ha dichiarato Tobias Holzmüller, CEO di GEMA: “Ma questo mercato è finora privo di principi di base come trasparenza, correttezza e rispetto. I fornitori di AI come Suno utilizzano le opere dei nostri membri senza il loro consenso e ne traggono profitto finanziario. Allo stesso tempo, l'output generato in questo modo compete con le opere create dagli esseri umani e li priva della loro base economica. GEMA si sta impegnando a trovare soluzioni in partnership con le aziende di AI. Ma questa linea&nbsp;non funzionerà senza aderire alle necessarie regole di base di una cooperazione leale, e -&nbsp;soprattutto -&nbsp;non funzionerà senza l'acquisizione di licenze".

Lo scorso novembre GEMA ha intentato - sempre presso il tribunale di Monaco di Baveria - <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748084/collecting-e-intelligenza-artificiale-gema-fa-causa-a-openai">una causa contro OpenAI</a>, con l’accusa nei confronti della start-up di aver riprodotto testi di canzoni firmate dai proprio associati senza aver acquisito licenze o remunerato gli autori delle opere utilizzate: con l’ultimo procedimento legale annunciato “GEMA sta estendendo le sue attività al suo settore principale, ovvero la concessione di licenze di titoli musicali riproducibili”.

GEMA, dopo OpenAI una causa anche a Suno

L’accusa resta sempre la stessa: sfruttare repertorio protetti senza pagare compensi

La sovrabbondanza di offerta di brani disponibili sulle piattaforme ha avviato, oltre due anni fa, riflessioni e proposte di aggiustamenti riguardanti lo streaming,&nbsp;i suoi modelli di business&nbsp;e i metodi di ripartizione dei ricavi che genera. Molteplici suggerimenti sono stati&nbsp;propinati da più parti dell’industria quando, constatate la crescita smisurata del "fai da te” che ha determinato l’ascesa del segmento indie e l’acuirsi sia dei problemi di music discovery che di sostenibilità delle carriere, è apparso evidente che alcune modifiche alla ripartizione pro-rata meritavano considerazione. Ma intanto, si legge ora nel <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-749358/luminate-2024-music-report-cosa-dice-dati-streaming-export-live">recente rapporto Luminate</a>, il numero di tracce caricate sui fornitori di servizi digitali (DSP) è diminuito negli ultimi due anni, anziché aumentare. In particolare, se la media della prima parte del 2023 (l’apice dell’impennata) diede origine alla vulgata che è familiare a tutti gli addetti ai lavori - si parla delle famigerate&nbsp;120.000 tracce&nbsp;caricate mediamente ogni giorno sui DSP - poi&nbsp;il numero medio di canzoni caricate in piattaforma è calato costantemente e sta continuando a farlo, attestandosi prima a&nbsp;103.500 per l’intero anno 2023&nbsp;e poi a&nbsp;99.000 nel 2024.

Siamo a una decrescita&nbsp;del 4% anno su anno: quasi un’inezia che non dovrebbe fare notizia se presa a sé stante, mentre una discesa significativa se comparata con la produzione do it yourself, che resta in aumento. Ma che, evidentemente, batte ormai strade diverse.

Come interpretare il dato? E’&nbsp;un misto di deterrenza ed evoluzione.

La deterrenza è opera dei DSP e&nbsp;origina dall’obiettivo di correzione di alcune parti dei metodi di ripartizione dei ricavi che hanno fatto il loro tempo e che non soddisfano più le major. Mentre alcune piattaforme meno mainstream hanno trovato un posizionamento preciso abbandonando tout court il metodo pro-rata a favore del metodo user&nbsp;centric - è, ad esempio, il caso di SoundCloud, che lo ha pure ribattezzato "fan-centric" - dalle major è arrivato dal 2023 l'input di serrare i ranghi, prima con lo schema <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/artist-centric-494626">artist centric</a> e poi con <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-740414/artist-centric-spotify-adotta-la-soglia-dei-1000-stream-al-mese">la ricetta 2-tier di Spotify</a>. Che hanno in comune un paio di punti centrali. Il primo è che non deviano dall’impostazione pro-rata, che premia le quote di mercato basate sul numero di stream. Il secondo è che introducono soglie di sbarramento al di sotto delle quali i brani non partecipano alla ripartizione. La ricetta artist-centric lo fa applicando il “double boost”: i brani con oltre 1000 stream al mese vengono remunerati il doppio, e gli stream frutto di ricerca attiva da parte degli utenti vedono raddoppiato un’altra volta il loro peso in fase di ripartizione. La formula 2-tier introduce invece una soglia di sbarramento anche per i&nbsp;brani "non musicali” (effetti, suoni, rumore bianco), che entrano nel conteggio soltanto se ascoltati per almeno due minuti (e non più solo 30 secondi), e punisce duramente il fake streaming. Insomma: fuori dai conteggi gli hobbisti che non ascolta nessuno (che sono cosa diversa dagli indie), pugno duro contro le frodi e fette più grosse per i professionisti (che poi, ammettiamolo: il fatto che siano identificati come tali da 1000 stream al mese è un po’ degradante per la professione stessa, considerata tale perchè è capace di remunerare canzoni 30 euro al mese).

Ma nel frattempo la musica viaggia in altre direzioni. Giovanissimi&nbsp;creatori nemmeno si pongono il problema della scarsa remunerazione dei DSP, perchè la loro modalità di produzione prevalente si conforma ai format di TikTok e di Instagram, muove da ispirazioni e culture diverse, ha adottato una suite di strumenti giovani come loro. Il percorso di un nuovo producer, che magari utilizza anche Suno e identifica la coolness con Audiomack&nbsp;e non con Spotify, non prevede che la distribuzione sfoci necessariamente in una remunerazione diretta - come accade sui DSP - ma che le/gli procuri una forma di promozione personale e delle loro opere da monetizzare poi diversamente. Resta però il fatto che, anche per questi video super-brevi ‘arredati’ da qualche secondo di musica, di distribuzione si tratta. Ed è ovvio: in fondo a qualsiasi canale e modalità di distribuzione ci sono fruitori, clienti e un pubblico.&nbsp;

Oggi, comprensibilmente, l’industria è concentrata sul lato dell’offerta e sulla difesa del suo valore, minacciato dalla Gen AI. Pensa a come monetizzare il training dei dati. Nel medio termine, tuttavia, l’industria farebbe bene anche a sforzarsi di capire se, nel risolvere il problema dell’ingorgo tenendo fuori dai recinti generazioni di milioni di nuovi creatori, i&nbsp;DSP non&nbsp;stiano anche perdendo anche i loro sostenitori. Oggi è un tema di segmentazione, domani potrebbe diventare una questione di rincorsa.&nbsp;

(Anche) questo, secondo me, suggerisce il dato di Luminate.

Sempre meno tracce caricate sui DSP. Perché, e dove sono finite

Tra le pieghe del rapporto Luminate, emergono alcune possibili cause e alcune nuove tendenze

John Lydon&nbsp;ha aggiornato la sua causa contro il fotografo&nbsp;Dennis Morris&nbsp;nella disputa&nbsp;sull’effettiva proprietà dei diritti d'autore del logo dei&nbsp;Public Image Ltd (PiL), la band formata da Lydon nel 1978 dopo aver lasciato i Sex Pistols.&nbsp;La disputa sui diritti d'autore del logo dei PiL richiama, quindi, eventi di ben 47 anni fa ed è iniziata dopo che Lydon aveva stipulato un accordo con il marchio di abbigliamento&nbsp;Supreme&nbsp;per creare capi che includessero il suddetto logo. Nel gennaio 2023, Morris aveva inviato&nbsp;a Lydon&nbsp;tramite i suoi avvocati una lettera di&nbsp;cessazione e desistenza, sostenendo di essere il proprietario del copyright del logo e affermando che Lydon non poteva stipulare accordi per concederne l'uso in licenza.&nbsp;In particolare,&nbsp;Morris sostiene di essere stato lui a proporre l'abbreviazione&nbsp;PiL&nbsp;per&nbsp;Public Image Ltd, spiegando che lavorò al concetto di PiL per creare una sorta di suggerimento subliminale che richiamasse l’idea di&nbsp;“pill”&nbsp;(pillola, compressa) e che ciò lo guidò nella progettazione di un logo che richiamasse una pillola di aspirina, con la 'i' minuscola posizionata nella scanalatura al centro dove la compressa può essere spezzata.&nbsp;Nella sua memoria legale&nbsp;Morris &nbsp;afferma che la sua “paternità del logo” è stata “ampiamente riconosciuta e accettata senza contestazioni o obiezioni da parte di alcun membro della band”.

Lydon, invece, ha sempre sostenuto di aver sviluppato lui il concetto del logo dei PiL appena dopo la formazione della band e di avere poi chiesto a Morris di rifinirne e finalizzarne il design. Perciò, secondo Lydon, ne possiede di conseguenza i diritti d'autore sull'immagine finale poichè ci si trova al cospetto di un cosiddetto &nbsp;“termine implicito” del contratto tra Lydon e Morris - Lydon sarebbe l'unico proprietario legale dei diritti d'autore del logo perchè esso sarebbe stato creato come un'opera commissionata.

Secondo i registri del tribunale londinese, Lydon ha depositato la sua denuncia modificata il 22 dicembre, mentre Morris ha presentato la sua difesa modificata e controquerela la scorsa settimana. Non è stata ancora fissata una data per il processo.

Public Image Ltd.

Chi possiede i diritti d'autore del logo dei Public Image Ltd?

John Lydon aggiorna la causa a Dennis Morris

Come ampiamente annunciato, tra i primi ordini esecutivi firmati dal presidente americani Donald Trump dopo la cerimonia di insediamento di ieri, lunedì 20 ottobre, c’è stato quello per rinviare l’entrata in vigore del Foreign Adversary Controlled Applications Act, legge che impone a TikTok di cedere le proprie operazioni negli Stati Uniti pena il bando dal mercato locale.

Il “tempo supplementare” concesso da Trump alla piattaforma di Bytedance per regolarizzarsi è leggermente inferiore a quello previsto dai termini di legge in caso di “trattative avanzate” per la cessione del ramo americano del social: 75 giorni invece di 90. La ricetta suggerita dal tycoon giunto al suo secondo mandato alla Casa Bianca è quella di una joint venture alla pari che non privi la casa madre cinese della proprietà di TikTok ma permetta a un’entità americana - possibilmente governativa - di controllarlo. Senza un accordo con la controparte cinese il social, negli USA, “non ha valore”, ha spiegato Trump: “Se siamo noi a creare quel valore, perché non dovremmo avere diritto alla metà?”.

"Quando si tratta di azioni come la gestione e l'acquisizione di aziende, crediamo che debbano essere decise in modo indipendente dalle aziende in conformità con i principi di mercato”, ha commentato il portavoce del Ministro degli Esteri cinese Mao Ning, ammorbidendo decisamente l'intransigente&nbsp;posizione in merito mostrata da Pechino nel corso dei mesi passati: “Se si tratta di aziende cinesi, si dovrebbero osservare le leggi e i regolamenti della Cina".

In attesa che vengano avviate le trattative con Pechino - che potrebbero essere più tese del previsto, data la volontà di Trump di imporre dazi alle importazioni dal gigante asiatico - TikTok, tornato accessibile al pubblico americani, non è ancora tornato disponibile sui principali app store che servono il paese, quelli di Apple e Google. Il dubbio che attraversa gli osservatori americani, a una manciata di ore dal (secondo) debutto di Trump al timone del paese, è quello della legalità dell’ordine esecutivo: il testo, approvato con votazione bipartisan e recepito dalla Corte Suprema, non concede al presidente di prorogare la scadenza prevista in caso di mancata cessione, a meno che non si abbia prova di “accordi vincolanti” per la cessione delle operazioni di TikTok negli USA. E di accordi - o anche solo di negoziati per trovarne, al momento, nessuno ha notizia.

TikTok negli USA, 75 giorni per trovare una soluzione

Trump rinvia l’entrata in vigore della legge bando, ma…

Il Crew Nation Global Relief Fund di Live Nation, fondo attivato dal gigante del live promoting nel 2020 durante la pandemia da Covid-19 dedicato all’aiuto degli appartenenti alla comunità musicale in difficoltà, ha stanziato un milione di dollari per assistere musicisti, tecnici e lavoratori della musica dal vivo colpiti dai recenti incendi boschivi a Los Angeles.

“In risposta alla devastazione degli incendi boschivi nella contea di Los Angeles, che sono uno dei più grandi disastri naturali nella storia degli Stati Uniti, Crew Nation ha aperto le domande per sovvenzioni fino a $ 5.000 per le persone attualmente impiegate nel settore che affrontano spese di spostamento a causa di ordini di evacuazione obbligatori, danni o perdite”, si legge nella nota dell’azienda che annuncia l’iniziativa.

"Los Angeles è la città di tantissime persone che contribuiscono a far diventare realtà la musica dal vivo, e Crew Nation continua la sua missione principale di aiutare questa comunità laboriosa ad affrontare difficoltà impreviste", ha ha dichiarato al proposito il Presidente e CEO di Live Nation Michael Rapino.

Los Angeles, da Live Nation 1 milione di dollari in aiuti

Il Crew Nation Global Relief Fund offre sostegno ai musicisti in difficoltà

Verve Records e Impulse! Records, brand controllati dal Verve Label Group di proprietà di Universal Music, hanno lanciato il Verve Record Club, servizio in abbonamento che permetterà agli abbonati di ricevere in vinile alcuni dei titoli più iconici presenti nel catalogo delle etichette. Presentato come “una celebrazione dell'arte senza tempo e dell'impareggiabile maestria artigianale” dedicato ad “album leggendari, meticolosamente ripubblicati su vinili ad alta qualità”, il Verve Record Club debutterà il prossimo mese di febbraio con “John Coltrane Quartet - Coltrane” del 1962.

Aderendo al club si potrà ricevere copie in edizione limitata (2500 esemplari a uscita, con copertina numerata) in vinile a 180 grammi: tra i benefit previsti per gli associati ci sono anche il diritto di pre-ordine sulle altre pubblicazioni del gruppo e merchandise dedicato. Al momento, il servizio è attivo nei soli Stati Uniti.

"Questo è più di un servizio di abbonamento; è un ingresso nel cuore della storia del jazz", ha dichiarato John Pinder, Vice President of Revenue and Consumer Acquisition di Verve Label Group: "Con il Verve Record Club, invitiamo i fan a riscoprire queste registrazioni straordinarie in un modo da onorare la loro arte e il loro retaggio, con la massima qualità in termini di audio e presentazione".

"Collezionare vinili jazz non è mai stato così bello", ha aggiunto Ken Druker, SVP Jazz Development di Verve Label Group: "Siamo entusiasti di riportare in vita questi classici, e alcune gemme nascoste, con un'attenzione esaustiva ai dettagli. E’ un momento emozionante per gli amanti del jazz".

Tra gli artisti che saranno interessanti dal programma di ripubblicazione sono presenti giganti del genere come Ella Fitzgerald, Ahmad Jamal, Sarah Vaughan, Billie Holiday e Bill Evans.