Universal Music e TikTok hanno raggiunto un nuovo accordo di licenza: a darne annuncio, per mezzo di una nota congiunta, sono state la stessa major e la piattaforma social controllata dalla big tech cinese Bytedance, da tempo impegnate in un <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/universal-music-vs-tiktok-496356">braccio di ferro per negoziare le condizioni di rinnovo</a> che aveva portato all’oscuramento (più o meno parziale) dei cataloghi di proprietà della multinazionale discografica.

La nuova intesa - definita “multidimensionale” - offrirà, stando all’annuncio, “significativi vantaggi leader del settore alla famiglia globale di artisti, autori ed etichette di UMG, restituendo la loro musica alla comunità globale di oltre un miliardo di persone su TikTok”.

“L'accordo congiunto segna una nuova era di collaborazione strategica tra le due società, costruita su un impegno condiviso per aiutare gli artisti e gli autori di Universal Music a raggiungere il loro potenziale creativo e commerciale”, spiegano le due aziende: “Sfruttando la tecnologia e le capacità di marketing e promozionali di TikTok, UMG e la piattaforma offriranno una migliore remunerazione agli autori e agli artisti di UMG, nuove opportunità promozionali e di engagement per i loro album e le loro canzoni, e protezioni all’avanguardia dall’utilizzo improprio dell’intelligenza artificiale generativa a beneficio del settore”.

“Questo nuovo capitolo nel nostro rapporto con TikTok si concentra sul valore della musica, sul primato dell’arte umana e sul benessere della comunità creativa”, ha dichiarato Lucian Grainge, Presidente e CEO di Universal Music Group: “Non vediamo l’ora di collaborare con il team di TikTok per promuovere gli interessi dei nostri artisti e dei nostri autori e spingere l’innovazione nel coinvolgimento dei fan, sostenendo al contempo la monetizzazione della musica sui social”.

“La musica è parte integrante dell’ecosistema TikTok e siamo lieti di aver trovato una strada da seguire con Universal Music Group”, ha aggiunto Shou Chew, CEO di TikTok: “Ci impegniamo a lavorare insieme per promuovere valore, scoperta e promozione di tutti gli straordinari artisti e autori di UMG, e approfondire la loro capacità di crescere, connettersi e interagire con la community di TikTok”.

L’accordo, ovviamente, implicherà il ripristino (“rapidamente”, specifica la nota, che aggiunge “a tempo debito” per quanto riguarda le opere le cui edizioni siano gestite da Universal Music Publishing) del repertorio di Universal Music sulla piattaforma. “Entrambe le società lavoreranno insieme per realizzare nuove opportunità di monetizzazione, utilizzando le crescenti capacità di e-commerce di TikTok, e lavoreranno insieme su campagne a sostegno degli artisti di UMG in tutti i generi e territori a livello globale”, spiega il comunicato: “TikTok continuerà a investire risorse significative nella creazione di strumenti incentrati sugli artisti che aiuteranno gli artisti di UMG a realizzare il loro potenziale sulla piattaforma in crescita, come Add Music to App, oltre che a un miglioramento della dashboard relativa ai dati e alle analisi, e a <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-744174/cts-eventim-una-partnership-con-tiktok">funzionalità di biglietteria integrate</a>, che andranno a vantaggio degli artisti, sia finanziariamente che nella costruzione della loro base di fan globale utilizzando la scala e la comunità impegnata di TikTok, rafforzando al contempo le protezioni della sicurezza online per gli artisti e i loro fan”.

Inoltre, “TikTok e UMG lavoreranno insieme per garantire che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale nell’industria musicale proteggano l’arte umana e l’economia che affluisce a quegli artisti e cantautori. TikTok si impegna inoltre a collaborare con UMG per rimuovere dalla piattaforma la musica non autorizzata generata dall'intelligenza artificiale, nonché a fornire strumenti per migliorare l'attribuzione di artisti e cantautori”.

“Siamo lieti di dare il benvenuto a Universal Music e Universal Music Publishing su TikTok”, ha fatto sapere Ole Obermann, responsabile globale dello sviluppo del business musicale di TikTok: “Non vediamo l'ora di lavorare insieme per creare un percorso che crei connessioni più profonde tra artisti, creatori e fan. In particolare, lavoreremo insieme per garantire che gli strumenti di intelligenza artificiale siano sviluppati in modo responsabile per consentire una nuova era di creatività musicale e coinvolgimento dei fan, proteggendo al contempo la creatività umana”.

“Lo sviluppo di partnership trasformative con importanti innovatori è fondamentale per l'impegno di UMG nel promuovere un ambiente in cui artisti e cantautori prosperano” ha spiegato Michael Nash, Chief Digital Officer ed EVP, Universal Music Group: “Siamo lieti di rinnovare il nostro rapporto con TikTok basato su progressi significativi nelle opportunità commerciali e di marketing, nonché sulle protezioni fornite dalla piattaforma al nostro roster di artisti leader del settore. Con i modi in continua evoluzione in cui l’interazione sociale, il coinvolgimento dei fan, la scoperta della musica e l’ingegno artistico convergono su TikTok, vediamo un grande potenziale nella nostra collaborazione per il futuro”.

Esprimendo gratitudine dei confronti delle tante entità - “organizzazioni per i diritti degli artisti, etichette indipendenti, editori musicali, gruppi di difesa della musica e, naturalmente, i tanti singoli artisti e autori che hanno espresso apertamente il loro sostegno” - che si sono schierate al fianco di Universal Music a partire dallo <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-742074/universal-music-toglie-catalogo-da-tiktok-polemica-accordi-licenza">scorso 31 gennaio, data di inizio della vertenza</a>, Grainge - in una nota aziendale interna diffusa nella mattina di oggi, giovedì 2 maggio, ottenuta dalla stampa americana - ha specificato a beneficio dei dipendenti del gruppo le migliorie inserite nel nuovo accordo, soprattutto dal punto di vista finanziario.

“In base al nuovo accordo, il compenso di artisti e autori sarà maggiore rispetto al nostro precedente accordo, e il valore totale che gli artisti e gli autori di UMG otterranno da questa partnership sarà più strettamente allineato con altre piattaforme nella categoria della musica social”, ha spiegato il presidente e CEO di Universal Music: “TikTok implementerà strumenti e processi per aiutare ad affrontare i problemi di provenienza e attribuzione, aiutando artisti e autori a monetizzare in modo più efficace il proprio lavoro. (...) Nel 2017, mentre la crescita dei social media stava trasformando la società, UMG e Facebook hanno stipulato il&nbsp; primo accordo in assoluto&nbsp; per monetizzare ciò che doveva ancora essere monetizzato: l’uso della musica sulle piattaforme social. Da quel primo accordo con Facebook, la continua crescita dei social media e del loro coinvolgimento nella musica gratuita è&nbsp;stata notevole. (...) i flussi di entrate derivanti da questo impegno generano decine di miliardi di dollari in entrate pubblicitarie per le piattaforme digitali”.

“I flussi di entrate provenienti da diverse categorie che oggi sono ‘gratuite per il consumatore’ (come lo streaming con pubblicità, la sincronizzazione e i diritti connessi) rappresentano oltre il 30% di tutte le entrate per l'intero settore della musica registrata a livello mondiale, quasi il doppio&nbsp; di quanto fossero dieci anni fa”, ha concluso Grainge: “Per alcuni artisti, ciò può tradursi in una percentuale compresa tra il 20% e il 40% del loro reddito derivante dall’utilizzo dello loro registrazioni”.

Rockol.it Logo

Rockol.com S.R.L.

Universal Music e TikTok, raggiunto un nuovo accordo di licenza

Industria

Torna la pace tra la major e la piattaforma: 'Una nuova era di collaborazione tra le due aziende'

Si può pensare a un brano come un organismo composto da tante piccole cellule che entrando in contatto tra loro e tramite reazioni e concatenazioni danno vita alla canzone. 

Ci si sofferma, spesso, sul testo, sull’interpretazione, ma c’è una cellula che contribuisce in maniera significativa: il suono.

Il suono dà, forse più di tutti, carattere, entità al brano e chi se non i producer possono raccontare questo processo creativo? In occasione dell’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">ottava edizione della Milano Music Week</a> i produttori Brail, Bobo ed Estremo insieme a Martina Giannitrapani (A&amp;R Tuttomoltobenegrazie / Nigiri) e Paolo Colavolpe (Head of M.A.S.T.) si sono confrontati proprio sul ruolo del suono di questi ultimi anni. 

A moderare l’evento è stato il giornalista Claudio Cabona, il quale ha iniziato con una riflessione: “Oggi i produttori sono le nuove star del settore”.

Paolo Colavolpe ha risposto: "L'importanza dei produttori oggi è fondamentale, sia per il sound, che fa la differenza per chi ascolta, sia per il modo in cui la musica viene creata e usufruita. Con il progredire della digitalizzazione, sono cambiati sia i processi creativi che il modo di fruire la musica. Questo si collega all'importanza del produttore, non solo in studio, ma anche nella scelta di quello giusto per l’artista. Questo discorso è valido in qualsiasi periodo storico, ma ciò che ha portato alla ribalta la figura del producer oggi è il fatto che, se un tempo era noto solo agli addetti ai lavori, oggi, grazie anche all'hip hop, è riconosciuto anche a livello popolare, dai fan. Questo ruolo raccoglie e amplifica il rapporto artistico tra produttore e artista. Oggi ciò che fa davvero la differenza è il mood dell'artista, e questi elementi diventano decisivi per i risultati finali."

Martina Giannitrapani ha aggiunto: "Il sound è un concetto ampio, specialmente oggi. La parola stessa è fondamentale, così come la sua scelta. Per esempio: per una canzone dei Pinguini Tattici Nucleari, c’è stata una lunga ricerca per darle una direzione mirata verso il giusto target. Oggi l’arrangiatore è stato inserito tra gli aventi diritto, perché ha acquisito un ruolo significativo anche nella fase di scrittura, contribuendo a definire un’identità sonora. Diversi elementi determinano questa identità. Un altro esempio è il modo in cui i Negramaro utilizzano la voce”

Ogni produttore, quindi, ha un proprio modo di lavorare con l’artista; Bobo ha raccontato: "Principalmente non esiste una regola, specialmente nell'arte. La mia forza sta nel saper capire l’artista: mi considero più uno psicologo, capace di indirizzarlo nella scelta del sound. Mi piace molto comporre al momento. Di solito preparo una base a casa e poi la mando al rapper. Non seguo mai un metodo fisso e amo spaziare tra generi diversi.La sinergia si crea lavorando insieme”

Brail: "Condivido il riferimento alla psicologia: mi rappresenta molto, soprattutto quando lavoro con un artista che non conosco. Non sono un fan delle sessioni 'one day': prima di tutto, bisogna capire chi si ha di fronte, anche dal punto di vista umano, per poter produrre al meglio. È come essere un sarto: devi cucire un vestito su misura che l’artista possa indossare comodamente, facendolo sentire a suo agio. Prima ancora di accendere il computer, deve esserci un confronto umano. Mi capita anche di lavorare sulla parte testuale, in alcune occasioni. Ad esempio: quando ho collaborato con Mannarino, voleva aprirsi verso un mondo più elettronico. In quel caso, ho fatto una lunga ricerca prima di entrare in studio, cercando materiali e ispirazioni. Con Madame, invece, ci siamo trovati spontaneamente: ho buttato giù un giro di piano mentre lei scriveva, e da lì è nato un testo che si intrecciava in maniera imprescindibile con il suono. Quel pezzo aveva già una forte identità e non aveva bisogno di grandi interventi. Dal punto di vista della scrittura (melodia e testo), preferisco partire dalla chitarra. Le reference sono importanti, ma la parte più divertente è elaborare quegli spunti e trasformarli in qualcosa di unico e personale”. 

Estremo: "Accolgo gli artisti a casa mia, dove ho il mio studio, e questo aiuta a creare un ambiente confidenziale e rilassato. È fondamentale trovare una sinergia e un punto di unione: l'idea si costruisce quando si riesce a individuare questo punto di connessione. La voce è un vero e proprio strumento. Di solito inizio dal pianoforte, abbozzo delle melodie e osservo le reazioni degli artisti, ma spesso, una volta in studio, stravolgo tutto dopo aver registrato la traccia vocale. Trovo molto creativo e stimolante utilizzare la voce come campione o sample: in questo modo, diventa uno strumento a tutti gli effetti. Mi piace rompere un po' il mood generale dell’artista e portarlo nel mio mondo. Credo che il valore fondamentale di un produttore sia quello di valorizzare l’artista, lavorando sulle sue caratteristiche e sul suo range espressivo."

Negli ultimi anni molti produttori hanno pubblicato quelli che, per l’appunto, vengono definiti “producer album”. 

Estremo ha spiegato che sta lavorando a un producer album, ma ritiene che abbia senso farlo solo quando si ha un’idea chiara e qualcosa di nuovo da proporre. Ha osservato che spesso, dietro l’ondata di album dei produttori, manca una vera visione. Inoltre, ha sottolineato che realizzare un progetto di questo tipo comporta mettersi in prima linea e svolgere attività che, da semplice produttore, non si affrontano abitualmente.

Brail ha evidenziato che ogni produttore è diverso, e che alcuni sono anche artisti e riescono così a proporre qualcosa di personale. È un fan di chi riesce a "sparire", cioè di chi si adatta a ogni progetto e si identifica con un suono unico per ciascuno. Ha aggiunto che potrebbe immaginare un disco come un’indagine sul suono, una ricerca, ma ha escluso, almeno per ora, l’idea di realizzare un producer album nel senso classico del termine.

Bobo ha affermato di avere una visione musicale molto ampia e di considerare importante non "provare tanto per provare" quando si parla di producer album. Secondo lui, è fondamentale sapere chi si è e cosa si vuole fare. Non è interessato a pubblicare qualcosa di isolato, ma di preferire la costruzione di un percorso coerente, capace di lasciare il segno attraverso una ricerca sonora approfondita. Per lui, una volta che si conoscono le regole, si può anche decidere di romperle.

Non è mancata una riflessione sul futuro del suono.

Martina Giannitrapani: "Penso che riconoscibilità e differenziazione siano fondamentali sia per l’artista che per il suo sound. Con la quantità enorme di materiale presente sul mercato, è facile che i progetti si confondano tra loro e che si tenda a seguire ciò che ha già funzionato. Ciò che davvero rende unico un progetto, invece, è il modo in cui l’artista riesce a comunicare il proprio messaggio, rendendolo originale e diverso rispetto agli altri”.

Paolo Colavolpe ha aggiunto: "Non ho una sfera di cristallo per prevedere come si evolverà il panorama musicale, specialmente nel rapporto tra dimensione locale e globale. L’artista è come una spugna, si lascia ispirare da ciò che lo circonda. Mi piace immaginare un futuro caratterizzato da contaminazioni e crossover, dove le regole sonore vengono infrante e tutto smette di essere rigidamente incasellato. Sono certo che, in qualche modo, si arriverà a qualcosa di nuovo. Quando si raggiunge un punto di saturazione, chi ascolta sente il bisogno di novità, e prima o poi arriverà qualcosa capace di rompere quella diga, portando a un’evoluzione. La musica, così come l’arte, nasce da un’esigenza, e quando quel momento arriverà, sarà uno dei più emozionanti per il mercato”.

Il tema dell'educazione all'ascolto del pubblico è oggetto di un acceso dibattito tra i professionisti, ognuno con una prospettiva diversa.

Paolo Colavolpe ha espresso la sua contrarietà al concetto di "educare" il pubblico, ritenendo che non esista una distinzione tra musica alta e bassa. Secondo lui, parlare di educazione implica voler insegnare qualcosa, ma la musica nasce da esigenze profonde e spesso i musicisti più visionari sono quelli capaci di percepire e rispondere in anticipo ai bisogni degli ascoltatori.

Estremo ha sottolineato l'importanza della diversità, spiegando che essere diversi fa la differenza e che l'errore, spesso, è ciò che porta alla novità, generando stupore. Ha raccontato di dedicare molto tempo alla ricerca di qualcosa di unico e che possa appassionarlo, considerando questa pratica fondamentale.

Brail ha condiviso un’esperienza personale, raccontando di aver fatto scoperte importanti proprio sbagliando in studio. Per lui, la creatività nasce anche dal remixare il passato e vivere il presente con uno sguardo aperto, traendo ispirazione da ambienti inaspettati, come un museo. Ha aggiunto che le opere più memorabili sono quelle che suscitano sorpresa e spingono il pubblico a chiedersi di cosa si tratti, garantendo così la loro permanenza nel tempo.

Bobo ha evidenziato che anche nel rap è sempre necessario introdurre qualcosa di nuovo, definendo il processo creativo come un riciclo continuo. Ha ribadito che sbagliare è fondamentale per andare avanti, sottolineando l’importanza di come si reagisce agli errori e agli eventi nella musica e nella vita.

L'evento è stato organizzato da&nbsp;Believe e&nbsp;M.A.S.T.

MMW24, il panel "Speed Of Sound: La viralità nasce dal suono"

Con Brail, Bobo ed Estremo insieme a Martina Giannitrapani e Paolo Colavolpe

La musica non è solo espressione artistica o uno strumento di intrattenimento, ma è un bene economico strategico, in grado di influenzare mercati, plasmare carriere e trasformare interi settori industriali.&nbsp; 

In occasione dell’edizione 2024 della MMW viene annunciata la seconda edizione dello studio di settore “La Musica che Conta”, promosso da AFI in collaborazione con Fondazione Assolombarda. L’analisi, relativa al mondo delle etichette indipendenti, restituisce all’industria discografica una visione razionale e analitica, capace, nell’esplorare gli scenari economici del settore, di tenere in considerazione anche e soprattutto il contesto nazionale. 

L’incontro, presentato da AFI e Fondazione Assolombarda, ha visto come relatori: Sergio Cerruti – Past President di AFI | Presidente della Commissione Affari Legali ed Istituzionali di AFI | CEO di Just Entertainment; Valeria Negri – Direttrice Settore Centro Studi, Territorio e Ambiente di Assolombarda; Federico Bagnoli Rossi – Presidente FAPAV; Chiara Santoro – Music &amp; Tech Executive | Strategy Advisor | Editor in Chief, AIRIA 

“Siamo orgogliosi di presentare la seconda edizione di questa analisi “La musica che conta”, una innovativa iniziativa presentata lo scorso anno e che ora approfondisce ancor più l’analisi.” Così dice Sergio Cerruti presentando un veloce estratto dei dati contenuti nello studio di settore. 

“I numeri sono fantastici - prosegue - ma vanno analizzati per contrastare un’informazione che può essere distorta, che può fargli assumere un valore e significato diverso.” Dunque il Centro Studi di Assolombarda ha elaborato i dati grezzi forniti da GFK aggregandoli, pronti per essere capiti ed interpretati correttamente da chi è deputato a farlo, cioè l’industria. 

Il primo dato che fornisce Cerruti è positivo. “L’89% italiani (con età superiore ai 14) ha un’interazione con la musica che vuol dire un + 1% rispetto allo scorso rilievo. Nel periodo del Covid - prosegue Cerruti - c’è stato un forte incremento (poi mantenuto) delle strutture deputate all’audiovisivo, essendo costretti a stare chiusi in casa. Ma il post pandemia ha confermato questo trend di crescita.” Lo studio poi passa ad analizzare le modalità di fruizione della musica: “il mezzo più diffuso per l’ascolto in Italia è la radio. Seguono poi lo streaming on line, i canali televisivi musicali, includendo anche le trasmissioni sulle tv generaliste, seguono i vinili e lo streaming a pagamento con scarico. Infine - conclude Cerruti - resta una quota marginale per il semplice download.” 

L’analisi poi si sposta sul mondo delle piattaforme, la cui fruizione ha uno stretto legame con l’anagrafe. I maggior numero di contatti in assoluto sono generati da YouTube (26,8% dello streaming), a cui accedono i più anziani, mentre Spotify è la più “frequentata” dalle giovani generazioni. Tra le due piattaforme si colloca Tik Tok.&nbsp; 

Dopo questi dati, il focus si sposta sul mondo dell’industria musicale nell’era digitale con l’intervento di Chiara Santoro che ha lavorato a Youtube e che con i suoi tredici anni in azienda, prima di rivolgersi ad altre sfide professionali, ha “vissuto la trasformazione digitale dal di dentro”.&nbsp; 

“Nel mercato della musica digitale possiamo identificare cinque aree specifiche. La prima - dice Chiara Santoro - è la comprensione degli intenti e gradimento dei consumatori/fan. Capisci come cambiano le loro esigenze analizzando i social e i commenti. Cosa che prima non potevi fare. Il fatto che la musica digitale sia distribuita sulla piattaforme permette una maggior integrazione di esperienze per i fruitori, esperienze sempre più ampie e collegate tra loro anche attraverso gli strumenti a disposizione. L’esempio - dice Chiara forte della sua esperienza e conoscenza - è vedere come Youtube è cambiato nel tempo con accesso delle label e degli artisti e altre implementazioni. Questo influisce anche sull’area della competizione tra le diverse piattaforme.”&nbsp; 

Tornando ai dati l’ex Youtube fa notare che “ora sono molto più facili e veloci da ottenere e consultare e queste informazioni possono essere trasformate in azioni sul mercato. Questo influisce anche sulla sfera di come stare sul mercato. Infine l’innovazione è più facile rispetto al “fisico”. Infine con il digitale cresce la facilità di sperimentazione che può essere fatta sia dalle label che dagli artisti stessi oltre che dalle medesime piattaforme.” 

Il terzo intervento è di Federico Bagnoli Rossi, il quale si occupa di pirateria audio e video che fa notare che questo problema, presente anni fa, ora nella musica è quasi assente, mentre affligge maggiormente l’audio video e il mondo delle Tv. “Abbiamo però creato uno spot che andrà prossimamente in visione, in cui uniamo in un unico promo un invito a lottare contro il fenomeno.” 

Chiude il panel l’intervento di Valeria Negri – Direttrice Settore Centro Studi di Assolombarda - colei che lo studio l’ha elaborato. La direttrice fornisce una confortante analisi riguardo agli introiti dell’industria musicale entrando in dettagli specifici molto economici. “I numeri non dicono tutto ma molto - afferma - Lo studio non deve solo contare ma misurare e quantificare per dare un valore ai numeri stessi.” Ecco allora che dall’analisi emerge che la quota PIL dell’industria musicale è notevolmente incrementata grazie a tutta la filiera a monte ed è ancor di più corposa se si aggiunge l’indotto a valle. Il tutto viene quantificato in più di 260 milioni di euro sul PIL. 

Dallo studio spiega Valeria Negri emergono le tre “V” del settore: “vitalità” (perché al netto del successo del periodo Covid è un settore in forte crescita rispetto al pre covid), “varietà” (imprese diverse con business model diversi, di dimensioni diverse, realtà nuove o storiche) e “vicinanza” (con una grande diffusione sul territorio delle imprese del mondo musicale). 

In chiusura Sergio Cerruti, dopo avere mostrato l’anteprima cartacea dello studio annuncia che, una volta sistemati piccoli o grandi refusi, l’elaborato sarà, “non prima del 1 dicembre” disponibile per la consultazione direttamente on line.

&nbsp;

&nbsp;

&nbsp;

MMW2024: lo studio di settore sul valore della musica. I dati

La lettura dei numeri per dare un peso alla musica intesa come mercato e bene economico 

Il secondo segmento del Music Publishing Day (tenutosi oggi - giovedì 21 novembre - presso la Sala Viscontea del Castello Sforzesco), evento dedicato all’editoria musicale in seno all’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">ottava edizione della Milano Music Week</a>, ha avuto come focus il tema più discusso dall’industria musicale (e non solo) nell’ultimo anno: l’intelligenza artificiale generativa.

Nella premessa alla discussione Pietro Villani, Communication Officer di ICMP, ha chiarito quale sia il razionale dell’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/ai-act-495842">AI Act europeo</a>, ovvero “prima pensare alla protezione delle opere, poi al profitto che possono generare venendo sfruttate, per fare in modo che musica e intelligenza artificiale possano coesistere". “Non siamo contro l'AI, ma per un'innovazione tecnologica e legale, ovvero che preveda la stipula di licenza”, aggiunge: “In presenza di tanti esempi di violazione, come quelle&nbsp;di OpenAI, che usa materiale protetto da copyright per il training senza le licenze necessarie considerando l’utilizzo del contenuto pubblico sul Web come fair use, l’AI Act&nbsp;è la prima legge a livello globale che si propone di regolare questo settore”. Entrata in vigore il primo agosto 2024, la norma - per ragioni tecniche - si applicherà con un certo ritardo: dal 2 agosto 2025 per i modelli generativi ancora non sul mercato, e dal 2 agosto 2026 per quelli già operativi, con sanzioni che andranno da 8 milioni di euro (o dell’1,5% del fatturato globale dell’azienda responsabile dell’infrazione) a 36 milioni (o del 7% del fatturato globale)”.

“Abbiamo scritto a più di 3000 società di sviluppo di modelli di AI generativa dicendo che non c'era l'autorizzazione per utilizzare i repertori che gestiamo per il training”, spiega Nicola Migliardi, COO di SIAE: “E’ un compito difficile, perché non sappiamo quale sarà la piattaforma leader del futuro”. “Nessuna ci ha risposto”, aggiunge, spiegando come il testo approvato dimostri, almeno fino a ora, scarse capacità di deterrenza: “Come Società Italiana degli Autori ed Editori siamo coinvolti nei lavori del disegno di legge italiano sull'AI, chiedendo trasparenza, ovvero l’obbligo reporting e rendicontazione da parte delle aziende, e un’inversione del processo che ribaldi la logica dell’opt-out. <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748084/collecting-e-intelligenza-artificiale-gema-fa-causa-a-openai">La GEMA, facendo causa a OpenAI</a>, ha dimostrato che anche le collecting si stanno muovendo, in questo senso”.

“Quello che oggi si può fare con l'AI rende, oggi, il ruolo dei compositori per il cinema irrilevante: ci possono mettere in un angolo”, avverte Pivio, autore di tante fortunate partiture per il grande schermo: “L'unica cosa che l’AI non è capace di fare è sbagliare: l'errore, ormai, è l'unica cosa che ancora caratterizza il lato artistico umano. Con 30 euro - il costo dell’abbonamento a uno di questi modelli - si può ottenere un risultato qualitativamente molto alto, e associarlo a immagini, sempre con un'altra applicazione basata sull’intelligenza artificiale. Sono molto preoccupato per quello che succederà da oggi in poi, a meno che non si trovi il modo di permettere un utilizzo intelligente della tecnologia. E' importante mettere in gioco un atteggiamento etico, anche a livello istituzionale: bisogna puntare su un ragionamento collettivo che faccia capire, in prospettiva, cosa significhi utilizzare l'AI. Ma in quanti sono disposti a non aggirare questo ostacolo?”.

“Prima mi faceva paura, l'AI: oggi, un po’ meno”, ammette il Managing Director di BMG Italy Dino Stewart: “Dopotutto la paura è il primo modo che l’uomo ha a disposizione per elaborare un piano di difesa. Nell'industria musicale, tuttavia, la paura ha sempre fatto dei danni. Tutto, dai sintetizzatori ai campioni, faceva paura: poi i publisher hanno aperto uffici apposta per licenziare campioni. Sapere che oggi che una cornice legislativa volta a tutelarci mi rende meno pauroso. Però c'è il discorso etico: oggi siamo in una fase di estrema curiosità, e l'approccio di oggi è che tutto quello che è legato all'AI è cool e fuori dal normale, e questo è il vero pericolo, che forse cambierà quando l'AI diventerà una routine”.

“Stiamo parlando della relazione con big tech molto più grandi di noi: ci vorrà molta determinazione per riuscire a farci sentire”, aggiunge Francesca Trainini, AD di Peermusic e Peer Southern Productions e presidente di IMPALA: “L'AI Act è uno strumento validissimo, che ci viene invidiato e copiato, e ci deve rendere orgogliosi. Ma questa normativa deve essere messa in pratica. Le big tech guardano alla musica come servizio, un approccio molto diverso da quello che caratterizza il nostro modello di business: c'è da riconciliare queste due visioni, e non sarà semplice. Enzo Mazza (CEO di FIMI, ndr) dice che con le big tech è sempre opportuno negoziare, ma con la pistola sul tavolo”.

Parlando delle applicazioni positive dell’AI in ambito editoriale, il CEO di Machiavelli Music Pietro Giola trova che ci siano “soluzioni non generative molto utili per scegliere tra i cataloghi, velocizzando la creatività" nei processi di sincronizzazione. Nel caso, tuttavia, l’AI inizi a porsi come "sostitutivo della creatività, allora diventa un problema. Le big tech non hanno persone come investitori con sensibilità sulla creatività: le big tech vedono le licenze come un rallentamento, credendo di poter imporre le proprie scelte in virtù della ricchezza”.

ICMP, spiega Villani, ha un progetto “destinato a proteggere tutte le società musicali dal text e data mining, il Rights Reservation in Music. A tutti i nostri associati consigliamo di riservare i loro diritti, impedendo lo scraping. La piattaforma RightsandAI.com si basa non solo sulle leggi europee, ed è operativa a livello internazionale: dice che non può esserci uso senza licenza, compenso e consenso per gli aventi diritto. Tutto ciò, in ogni caso, non preclude alle società che diano la propria adesione in futuro di stipulare contratti con società di AI”.

"Abbiamo bisogno di qualità, non di quantità”, conclude Migliardi: “Oggi non abbiamo bisogno di produttività, non ci servono milioni di canzoni in più, quindi in futuro ci sarà più bisogno di intelligenza emotiva che di intelligenza artificiale”.

MMW24, publishing: AI generativa o creatività originale?

Il dibattito sull'intelligenza artificiale anima il Music Publishing Day al Castello Sforzesco

Si è tenuta oggi, giovedì 21 novembre, presso la Sala Viscontea del Castello Sforzesco e all’interno del Music Publishing Day organizzato in seno all’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">ottava edizione della Milano Music Week</a>, la presentazione dei dati relativi al mercato editoriale italiano riferiti dal primo Music Publishing Survey dell’International Confederation of Music Publishers, entità che accorpa a livello internazionale editori musicali major e indipendenti e società di collecting.

I risultati completi dell’indagine, condotta sui 15 maggiori mercati a livello globale, saranno resi noti tra la fine del 2024 e l’inizio del prossimo anno. Per quanto invece riguarda il nostro Paese, il valore complessivo dell’editoria musicale italiana (basato sui dati forniti a ICMP da SIAE e dalle tre principali associazioni di categoria del settore, FEM, ANEM ed Emusa) è stato stimato 275 milioni di euro. Di questi, 189 sono ascrivibili agli incassi indiretti, ovvero intermediati da SIAE, e 85 da incassi diretti, ovvero frutto di accordi stipulati direttamente dagli editori con gli utilizzatori (come, per esempio, nel caso delle sincronizzazioni).

Riguardo le linee di ricavo del settore editoriale italiano, il 20% degli incassi totali è stato generato dal consumo digitale di opere, il 28% dalle sincronizzazioni, il 5% dalla copia privata, il 5% dalla riproduzione meccanica e il 44% dalla pubblica esecuzione: l’85% del totale è stato generato in Italia, e il 15% all’estero. Pietro Villani, Communication Officer di ICMP, ha osservato come l’Italia abbia ancora ampi margini di crescita in questo comparto, perché decisamente più performante rispetto al passato.

Toni Verona, presidente di ANEM, concorda con Villani: “La nostra attività prima ci consentiva di operare a livello nazionale: oggi, con la digitalizzazione, il nostro mercato è il mondo, cosa che mi rendo molto ottimista per il futuro”. Senza contare, osserva Paolo Franchini, presidente di FEM, che “parte degli incassi SIAE sono stati raccolti nel 2022, anno ancora intaccato dalla ‘coda’ del Covid. Sarà interessante paragonare i risultati di anno in anno per vedere se saremo stati capaci di correggere la rotta dove ci siamo rivelati meno performanti”. Di dati “ottimi, rispetto al valore del mercato di qualche anno fa” parla Carlo Solaro, presidente di Emusa, che si aspetta - per il prossimo anno - un aumento dai segmenti di digitale e pubblica esecuzione.

“Quello dell’Italia è un buon risultato”, spiega Villani: “Pur dietro a giganti del settore come USA e UK, l'Italia è nei primi sei mercati a livello internazionale come incassi - secondo i dati forniti da CISAC, e al primo posto nel mondo come raccolta di diritti di pubblica esecuzione”.

Ci si attende una crescita soprattutto all’estero, dove - dice Solaro - “la musica italiana è molto apprezzata, e - quindi - ancora più meritevole di essere tutelata”. “La dance made in Italy è stato il primo esempio di esportazione vincente, grazie alla visione di alcuni imprenditori con una visione illuminata”, rilancia Verona: “Perché non fare la stessa cosa oggi? Si potrebbe trattare la musica come un brand, come oggi già vengono trattati moda e cibo. E' una forza di tipo culturale, ma il settore dovrebbe essere più coeso per portare avanti discorsi di questo tipo”.

Allineato alla linea “fare sistema” è anche Solaro, per il quale, “sotto l'ombrello di ICMP”, occorre “essere presenti nel mercato e cercare di tutelare i diritti guardando avanti, a nuove tecnologie e nuovi paesi, senza mai accomodarci sugli allori”.

La missione, conclude Franchini, resta quella di “difendere l'identità culturale dei nostri repertori, che nonostante l'invasione della musica anglo-americana sono stati capaci di occupare completamente le top ten delle nostre classifiche di vendita”. Considerando, inoltre, che “i repertori italiani all'estero sono tra i più amati: abbiamo delle opportunità di crescita su quel fronte, quindi autori e aziende è bene che si tolgano di dosso qualsiasi complesso di inferiorità. Abbiamo una società degli autori competitiva e efficiente a livello globale, in grado di darci tutti gli strumenti per raggiungere i nostri obiettivi”.

MMW24, il Music Publishing Survey di ICMP

I numeri del mercato editoriale italiano, e le sue prospettive future

L’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">ottava edizione della Milano Music Week</a> &nbsp;si terrà dal 18 al 24 novembre a Milano; l’evento dedicato all'industria musicale&nbsp;è promosso dal Comune di Milano - Assessorato alla Cultura, Assoconcerti, Assomusica, Fimi, Nuovo Imaie e Siae. Main sponsor:&nbsp;UniCredit, UniCredit Allianz Vita&nbsp;e&nbsp;TicketOne.

Ecco gli eventi di venerdì 22 novembre, quinta giornata:

12.00: Turismo e spettacoli dal vivo: connubio per un nuovo turismo in Italia. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

14.00: Dynamic pricing, sta arrivando la tempesta? (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)&nbsp;

Con: Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura Comune di Milano; Fulvio De Rosa, Assomusica; Matteo Fedeli, SIAE; Andrea Grancini, Ticketone; Ferdinando Salzano, Assoconcerti;&nbsp;Giampiero Di Carlo (Editor In Chief Rockol)

Modera:&nbsp;Davide Poliani, Rockol

14.30: FIMI - The Year of Superfans: Evolution of a Musical Phenomenon. (Dazio di Ponente)

Con: Eleonora Bianchi (Digital Service &amp; Consumption Director Universal Music Italia), Paola Catò (Director of Streaming &amp; Partner Development Sony Music Entertainment Italy), Ester Gazzano, (Head of Consumer Marketing, Europe, Spotify) e Jordan Gremli (Head of Product, Songkick Warner Music Group). 

Modera: Clémentin Diard (CEO Your Music Marketing Y2M).

15.00: Legge sul Made in ITALY e norme per il riconoscimento e la valorizzazione della musica live: arriveranno le risorse? (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

15.30: Come far fruttare il master di un brano con i diritti connessi. (Dazio di Ponente)

Con: Luca Barone (Vicepresidente Evolution Collecting), Luca Cecchi (Label Director Nar International), Anna Maria Genzano (Responsabile Relazioni Esterne, Interne e Affari Istituzionali RTL 102,500 HIT RADIO S.r.l.) e Cristina Ranieri (Managing Director Sintonia - Copyright Solution). 

Modera: Giampiero Di Carlo (Editor In Chief Rockol).

16.00: Il valore artistico delle colonne sonore. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Relatori: Elisabetta Biganzoli (Executive Director Sugarmusic Group), Paolo Buonvino (compositore), Pivio (compositore, Consigliere di Gestione SIAE). 

Modera: Claudio Cabona (Rockol).

16.30: A cosa servono le etichette indipendenti nel 2024? (Dazio di Ponente)

17.00:&nbsp; Il segreto del successo: tutto quel che un manager deve sapere nel 2024&nbsp;(Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Relatori: Marta Donà (Ceo Latarma), Paola Zukar (Ceo Big Picture Management), Ciro Buccolieri (Ceo &amp; Cofounder Thaurus Music), Nicola Migliardi (Coo SIAE). 

Modera: Giampiero Di Carlo (Rockol).

MMW24, gli appuntamenti professionali di venerdì 22 novembre

Gli ospiti, gli orari, i dettagli...

In un panel organizzato all’interno della Milano Music Week 2024 si è parlato delle nuove modalità di comunicazione della musica live e non solo. Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni 2000, anche l’industria degli eventi, come in tanti altri settori, si è convertita alla digitalizzazione delle varie fasi produttive, compresa la comunicazione.&nbsp; 

Da un approccio prevalentemente ‘manuale’ e ‘cartaceo’, caratterizzato da inviti, manifesti e locandine con un grande uso della carta in tutti i processi, si è passati a un ecosistema digitale che gravita attorno alle piattaforme di social media. Non più una semplice promozione, ma un dialogo interattivo in grado di trasformare l’evento in esperienza, prima ancora di viverlo. 

Questi temi sono stati approfonditi da Luca Porchetta – Live Nation Italia; Francesco Negroni – IDAYS; Martina Pirli – Vivo Concerti. Il talk è stato moderato dalla giornalista e addetta stampa Letizia D'Amato.

Martina Pirli e Francesco Negroni hanno rammentato il loro percorso professionale che, partito dai primi anni ’00 con i suoi strumenti (già tecnologicamente più vicini al presente) si è evoluto coinvolgendo attori e modalità differenti. Il più giovane Luca Porchetta ha spiegato che il suo ingresso in questo ambito professionale è avvenuto in condizioni differenti riespetto ai suoi colleghi.

“È stato un cambio graduale ma radicale avvenuto con l’avvento dei social - ha detto Francesco Negroni di Indipendente Concerti, organizzatore degli Idays Milano - La promozione si è spostata dai canali istituzionali della stampa e dei manifesti a un contatto diretto tra fan e artisti, non più mediato da media diversi, quando c’era un importante ruolo delle testate che istradavano e consigliavano il pubblico.”&nbsp; 

Ma non sempre l’artista deve e può comunicare direttamente con i fan ed è così nata la figura dell’agenzia che riporta attraverso specifici contenuti e contributi l’immagine e il pensiero dell’artista sui social media. 

Ma i social hanno anche un rovescio della medaglia che va gestito “Attraverso questa forma di comunicazione molto empatica - fa notare sempre Negroni - arrivano tante informazioni immediatamente riprese che portano un effetto contrario, snervante che satura la presenza dell’artista. Ecco allora che l’agenzia, instrada, media e pianifica la promozione e la visibilità dell’artista attraverso creazione di storie ad hoc e di giusti contenuti. Paradossalmente - afferma sempre Negroni - è più difficile comunicare oggi. La mia prima esperienza lavorativa fu il concerto di Springsteen al Forum di Milano. Il focus della comunicazione era una pagina sul Corriere della Sera con l’elenco delle prevendite fisiche dove comprare i biglietti. Era 20 anni fa.” 

In questo scenario occorre allora indirizzare la comunicazione nei modi più corretti “L’attuale quantità di offerta musicale [e vale anche per i concerti] - dice Martina Pirli - si traduce in smodata velocità. Le agenzia di comunicazioni digitali devono colpire il target con un post, uno storytelling unico. Non hai più interviste da fare su diversi media. Hai un unico colpo, magari replicato su dieci piattaforme.” 

Sulla carta sono canali globali con cui è facile raggiungere e colpire tutti, ma non sempre è positivo e finalizzato. “C’è una platea globale per tutti - dice Luca Porchetta di Live Nation - che porta anche ad una concorrenza globale, devi quindi trovare un target giusto a cui rivolgerti. Inoltre - aggiunge il responsabile della comunicazione digital della multinazionale dello spettacolo - gli utenti stessi fanno girare il messaggio, sono loro in prima linea nella comunicazione con la condivisione e distribuzione dei contenuti. Un’agenzia digital - conclude Luca Porchetta - non può avere una unica strategia ma deve differenziare caso per caso su ogni artista per fornire una giusta penetrazione territoriale, capire su quali canali funziona meglio. Per questo è più complesso di una volta.” 

Se sono cambiati i mezzi di comunicazione altrettanto lo sono i modelli comunicativi, ovvero il cosa e come comunicare. “La grafica è fondamentale - dice Martina Pirli - è la prima cosa che colpisce e sulla quale si lavora con il team dell’artista. Poi c’è la parte video e per questo il vecchio materiale è prezioso, così come è fondamentale l’artista che parla in video. Insomma - conclude giustamente - L’immagine supera la parola.” 

“Il concerto vive sul fatto che sia un’esperienza unica, irripetibile - osserva Negroni - e allora tu devi comunicare questo, tutto diventa un coinvolgimento esperienziale. La comunicazione diventa spiegazione e attesa dell’esperienza, descrizione del far capire l’emozione che si vive in quel concerto.” 

E infine c’è la velocità di comunicazione. E per questo anche le agenzie (interne o esterne ai vari promoter) si sono attrezzate come spiega Luca Porchetta. “Dobbiamo essere in grado di fornire ai media tutti dei contenuti al massimo nelle prime ore della mattina dopo il concerto - Quindi di notte si elaborano le foto e materiale video a disposizione per raccontare il concerto. Una volta bastavano i fotografi per distribuire le foto alle testate cartacee oggi tutto deve essere più ricco.” 

A tal proposito Negroni porta ad esempio un video, elaborato grazie all’Intelligenza Artificale prodotto pochi minuti dopo il concerto di Travis Scott all’Ippodromo La Maura di Milano. “Abbiamo ripreso delle immagini anche con i droni e le abbiamo date all’intelligenza artificiale, quindi sono immagini reali ma elaborate ad una grande velocità. Pochi minuti dopo la fine del concerto erano già disponibili, riprese anche dalla BBC e in tutto il mondo.” 

I tempi del fax e dei recall ai giornalisti, che ricorda la relatrice Letizia D'Amato, una storica addetta stampa, sono decisamente lontani, archiviati come parte iniziale della sua esperienza lavorativa.

&nbsp;

MMW 24, panel: i nuovi metodi comunicativi per la musica live

“Comunicare il concerto nell’era dell’intelligenza artificiale”. Gli addetti e la mutazione in corso

La tradizione di ospitare il conduttore e direttore artistico di Sanremo in un apposito panel della Milano Music Week, inaugurata ai tempi di Amadeus, prosegue anche con il nuovo corso di Carlo Conti, che insieme al vicedirettore Direzione Intrattenimento Prime Time Rai, Claudio Fasulo&nbsp;ha oggi preso parte al panel “Il Sanremo che verrà” in dialogo con Marta Cagnola di Radio24. Entrambi si sono detti emozionati ed elettrizzati all’idea di un ritorno al Festival: “Per me è il quattordicesimo, dopo essere stato due anni in panchina. È bello trovarsi qui di nuovo” dichiara Fasulo. Quanto a Conti, spiega così le motivazioni che lo hanno spinto ad accettare il ruolo: “Innanzitutto perché è il mio lavoro, e poi perché ho sentito l’affetto dei discografici. Erano tutti d’accordo sul mio nome, sia nell’industria musicale che alla Rai, quindi mi sono detto che se l’orecchio è ancora fresco e funziona sempre, tanto valeva provare”. Con qualche momento di relativo pentimento: “In questi giorni anche io mi sono chiesto chi me l’ha fatto fare, lo ammetto. Ascoltare tutti i big è difficilissimo: definire il cast è la scelta più complicata. Lo sento come una grande responsabilità, perché il resto è il fumo, l’arrosto vero sono le canzoni. Prendo in mano un Festival in salute strepitosa grazie a tutto ciò che ha fatto Amadeus”. Lo share, sostiene, non gli interessa, perché i due Festival 2024 e 2025 non saranno paragonabili. “Andremo contro le partite, ci sarà il Dopofestival… E non si potranno neanche fare paragoni con dischi d’oro e di platino dell’anno precedente, perché da gennaio 2025 i criteri cambieranno”.

Il contratto è stato firmato per due anni, ma Conti non dà già per scontata la sua presenza nel 2026: “Vedremo se Dio mi darà la salute, se avrò ancora l’orecchio e la forza di farlo. Intanto pensiamo a questo. È chiaro che ci vuole un progetto, e già lo abbiamo: ci sono tantissime canzoni meravigliose che quest’anno non rientreranno nella rosa delle prescelte, e magari si possono sviluppare per l’anno successivo”. Per il momento, però, è particolarmente soddisfatto dal nuovo Sanremo Giovani, un’idea a cui teneva molto. Volevo fare un discorso a parte per i giovani perché è un modo per dare ancora più spazio alle indipendenti, dove c’è ancora più fermento sugli emergenti” spiega. “E poi è giusto che i ragazzi avessero il loro percorso, la loro strada, il loro spazio, la loro vittoria. In uno dei miei Sanremo precedenti tra i giovani c’erano Mahmood, Irama, Ermal Meta e Gabbani. L’anno dopo, tra i big, Gabbani arrivò primo ed Ermal Meta terzo”. Non ritiene che la musica dei giovani di oggi sia diversa: “Ci sono quelli che sperimentano e quelli che vanno dietro a una moda e a una sonorità. Quello musicale è un panorama cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, sia tra gli artisti che tra tutto ciò che ci gira intorno. La musica è diventata un’industria importante, che viene valorizzata a Sanremo”. Fasulo, dal canto suo, sottolinea la progettualità: “La serialità di Sanremo Giovani è una cosa a cui pensiamo da anni” afferma. “Come servizio pubblico è importante dare la maggiore varietà possibile per quanto riguarda i giovani artisti. Spero che in prospettiva questo contest diventi un punto di riferimento per le produzioni italiane emergenti, visto che il marchio Sanremo è indiscutibilmente il brand più forte della musica italiana”.

Le novità annunciate nell’ambito del panel sono sostanzialmente tre. La prima è il numero delle canzoni in gara: “Ne avevamo previste 24 ma le aumenteremo, anche se non so ancora di quante. Ovviamente non potrò metterne 40 perché deve iniziare il Dopofestival, potrò tirare fino all’1.15 al massimo” scherza Conti. L’annuncio del cast, dopo le pressioni dei giornalisti, arriverà non più al Tg1 delle 20.00 del 2 dicembre, ma a quello delle 13.30 dell’1 dicembre. La seconda riguarda la serata delle cover: “Non mi sembrava giusto che il risultato di quella serata influisse sulla classifica delle canzoni in gara, quindi ci sarà un premio a parte” svela. “Sarà una serata a sé di puro divertimento, che i cantanti potranno vivere con più leggerezza e libertà totale. E visto che è mia intenzione aumentare il numero dei partecipanti, i cantanti potranno fare duetti tra di loro, considerando anche che non andrà a influenzare il risultato”. Altra piccola modifica nel regolamento è rispetto ai voti, che si sommeranno sempre anziché azzerarsi: “Quando rilancerò il televoto per la top 5, i voti ricevuti andranno ad aumentare i punteggi già ottenuti in precedenza da quegli stessi artisti”.

Rispetto al cast, Conti dichiara che al momento non ha ancora chiara neanche lui la sua composizione esatta: “Ho ristretto i nomi certi a una ventina, gli altri sono in bilico. La scelta definitiva dipenderà dai tasselli che devo andare a coprire, perché da una parte è giusto seguire il mercato, dall’altra è importante mettere contenuti, spessore artistico, brani con un significato”. Fasulo mette l’accento sulle trasformazioni del Festival e della società: “Per anni Sanremo è stato un grande contenitore all’italiana che rappresentava lo specchio del paese, ma nel frattempo c’è stata una progressiva trasformazione nella parte musicale” riflette. “Non c’è più la tipica canzone sanremese, la musica presentata al festival va a sovrapporsi a quella realmente suonata nel paese. Il grande lavoro fatto dai direttori artistici di questi anni è stato proprio questo”. E sui nuovi generi in voga oggi: “Se alcuni di questi brani fossero stati proposti alla Rai dieci anni fa, probabilmente saremmo svenuti” ride. “Ma c’è stata un’accettazione anche da parte del pubblico, che ora vuole proprio questo, e tutta la Rai ha fatto un grande lavoro, con una grande attenzione al target giovane”.

Anche i social e Fantasanremo hanno contribuito a creare tantissimo le aspettative sull’evento, nell’opinione di Conti e Fasulo. “Nei miei primi anni da direttore artistico, il fermento discografico italiano stava iniziando a manifestarsi: l’uso dei social e la nascita del Fantasanremo sono stati una conseguenza diretta di ciò. Fa parte del gioco di cercare di allargare il più possibile la platea, che è una cosa che cerco sempre di fare nei miei programmi. Un po’ come faceva anche Pippo Baudo, un mio grande maestro, che creava un mosaico di diverse influenze per coinvolgere persone profondamente diverse”. Anche con Amadeus e Fiorello non c’è competizione, ma una grande amicizia: “Ci sentiamo spesso, siamo cresciuti tutti in radio a pane e musica. Abbiamo avuto le nostre soddisfazioni e le nostre porte in faccia, e siamo ancora qua. Credo molto nel gioco di squadra e nel rapporto personale, c’è spazio per tutti: non è che il successo di uno toglie successo all’altro”.

&nbsp;

MMW24, il Sanremo che verrà: un dialogo con Conti e Fasulo

Parlano il direttore artistico del Festival e il vicedirettore dell'intrattenimento prime time Rai

Il panel “Strategie di leadership delle etichette discografiche tra innovazione tecnologica e mercato globale” era senz’altro tra i più attesi dagli addetti ai lavori, in quanto radunava i livelli apicali delle tre major italiane e di altri due grandi gruppi, Believe e BMG. Nello specifico, erano presenti Alessandro Massara (Presidente di Universal Music Italia), Andrea Rosi (Presidente &amp; CEO di Sony Music Italy), Pico Cibelli (Presidente di Warner Music Italy), Dino Stewart (Managing Director di BMG) e Luca Daher (Managing Director di Believe Italy). A moderare Francesco Prisco de Il Sole 24 Ore. Il dialogo si è sviluppato attraverso tutti gli argomenti chiave che riguardano la discografia di oggi, a partire dalle nuove tendenze, come il dilagare della musica urban e l’impatto che ha avuto sulle classifiche, oltre alle novità derivanti dall’export.

Massara, la cui azienda è stata tra le prime a investire nel rap, sottolinea la lungimiranza di alcune scelte artistiche: “Sono in Universal da 17 anni e il primo artista che ho firmato era Marracash. Oltre a lui nel roster c’era solo Fabri Fibra, e non tutti erano contentissimi che firmassimo un secondo rapper. Evidentemente, però, la storia ci ha dato ragione” racconta. “Impossibile dire quale sarà il futuro dell’urban, ma abbiamo costruito un repertorio che è entrato nel dna degli italiani. Probabilmente cambierà pelle, ma non andrà più via, come il blues, che ancora esiste. Semplicemente, ci saranno contaminazioni con altre forme di musica”. Dal canto suo, Rosi e la sua azienda sono responsabili dei migliori risultati ottenuti finora dall’export della musica italiana, grazie ai Maneskin: “È un’avventura incredibile, i numeri sono molto più ampi di quelli che la gente si immagina” rivela. “L’Italia rappresenta una piccolissima porzione del business della band, che si è presa un anno di pausa dopo tre anni di seguito in tour per perseguire i progetti solisti. Le tecnologie di oggi ci permettono di operare dai nostri uffici con team dedicati che poi raggiungono tutto il mondo”. Quanto a Cibelli, è particolarmente orgoglioso degli ottimi risultati di Warner sul mercato nazionale, ottenuti nei due anni della sua dirigenza: “Sono stati 24 mesi molto intensi, di grande lavoro e cambiamento, e di grandi interventi sul nostro staff e sul nostro roster. L’ultimo Sanremo per Warner è stato magico, avendo portato a casa tutte le prime 5 posizioni; mi piace dire che siamo un’indie major per come impostiamo quotidianamente il nostro lavoro, e siamo solo all’inizio”. La speranza è quella di bissare i successi al Festival nel 2025: “Sanremo è&nbsp;tornato ad essere un momento importante per la discografia grazie al lavoro fatto da Amadeus negli ultimi cinque anni, ma anche grazie a tutti noi. Indiscutibilmente i numeri sono incredibili, mi aspetto da Carlo Conti che continuiamo il lavoro che abbiamo intrapreso”.

Tra i risultati che più rappresentano il lavoro di Daher in Believe c’è M.A.S.T., evoluzione della divisione locale di artist services, che non si limita a proporre una distribuzione ma offre servizi simili a quelli disponibili per gli artisti in cast. “L’idea era quella di aiutare il panorama artistico locale a svilupparsi” spiega. “Abbiamo provato a darci un obbiettivo in controtendenza: M.A.S.T. è una realtà slegata dagli obbiettivi numerici dell’azienda. Abbiamo deciso di darci dei limiti su quanti artisti avremmo gestito, tant’è che abbiamo fatto offerte solo a una quindicina di artisti, declinando oltre 50 offerte. Sposiamo cause e progetti che riflettono una direzione artistica che volevamo avere, e per il momento questo sta funzionando. In un anno non si traggono conclusioni, ma abbiamo dato uno sbocco ulteriore per progetti che volevano crescere”. Ed è in crescita anche BMG in Italia, la cui divisione locale è stata aperta 15 anni fa: “All’inizio discograficamente ci consideravano ancora legati a Sony, editorialmente avevamo acquisito il catalogo Ricordi e quindi ci associavano a loro. Era difficile far capire chi era la nuova BMG” ricorda Stewart. “Di fatto abbiamo iniziato facendo gli editori, anche perché l’investimento economico, emotivo e pratico del publishing è meno impattante di quello discografico. La discografia è arrivata con i primi nomi che si sono affidati a noi, come i Marta Sui Tubi e Francesco Gabbani, che inizialmente avevamo firmato come autore. È poi arrivata un’acquisizione importante, quella di Guccini”.

Il pubblico italiano si è molto fidelizzato negli ultimi anni, dice Massara, che pure non ama la parola superfan. “Per me il superfan è sempre esistito: è un grande appassionato di musica, che spende molto&nbsp;per acquistare prodotti dei suoi beniamini. Ci sono persone che hanno la possibilità e la voglia di investire più soldi sulla musica, e ci hanno indicato una strada per monetizzare ulteriormente al di là dei semplici abbonamenti in streaming. Ora li raggiungiamo con prodotti fisici, ma spero che in futuro riusciremo a coinvolgerli anche con prodotti premium digitali” auspica. E a proposito di digitale, sulle grandi sfide dell’AI Rosi si dichiara ottimista: “Spero che l’industria musicale faccia tesoro dell’esperienza passata” dice. “Ho avuto occasione di assistere alla transizione dal fisico al digitale e all’inizio c’era una barriera enorme, poi si sono trovate le regole e siamo arrivati al punto che il 90% del nostro business è digitale. Con l’intelligenza artificiale vale lo stesso: è fondamentale non stoppare le evoluzioni, ma trovare delle regole comuni. Se ci riusciremo, per quanto mi riguarda sarà un’enorme opportunità per l’industria”.

E a proposito di opportunità, l’attuale panorama ha generato un ulteriore elemento di novità: gli artisti non firmati, che rappresentano un’area di attenzione enorme, dice Daher. “Grazie allo streaming, siamo nel bel mezzo di un processo di abbattimento delle barriere all’ingresso della nostra industria” osserva. “Sul medio-lungo termine, però, questo fenomeno ha generato delle questioni particolari da considerare. Nel 2023, ad esempio, c’erano tra 10 e 20 milioni di artisti sulle piattaforme di streaming in tutto il mondo, ma solo 200.000 di loro avevano almeno 10 brani, almeno 10.000 stream al mese e almeno un concerto all’anno per cui erano stati messi in vendita dei biglietti. Insomma, bisogna essere più sinceri sulla definizione di artista professionista e di dove può arrivare”. Si stava meglio quando si stava peggio? Così potrebbe sembrare dal ritorno in auge di vecchi formati come il CD, che però ha i suoi pro, riflette Stewart: “È sicuramente&nbsp;molto pratico, economico da produrre e si ascolta molto bene. È dato per agonizzante da qualche anno, forse un colpo di grazia gliel’ha data l’industria automobilistica che ha preferito eliminarlo dai nuovi modelli, però è ancora lì. Sicuramente per i superfan è una sorta di entry level della musica fisica”.

All’invito a formulare un auspicio per il 2025, ognuno dei dirigenti risponde a suo modo. Per Stewart l’orizzonte è assolutamente positivo: “BMG ha in cantiere il più alto numero di dischi da quando siamo aperti, grazie anche all’accordo di distribuzione con Universal” dice. “Auspico un po’ un anno di normalizzazione: tutti siamo cambiati molto per adeguarci alle trasformazioni degli artisti e secondo me, se riusciamo a concentrarci più sul lavoro e meno sulla competizione (che in Italia è comunque molto sana), faremo crescere ulteriormente l’industria” aggiunge Daher. Massara si augura “che il numero di abbonamenti premium cresca in maniera importante, soprattutto al sud Italia, dove la percezione della legalità non è così radicata ma c’è una produzione culturale importante”. Rosi concorda, mettendo però l’accento sul catalogo e su un approccio più costruttivo alla musica: “Vedo grandi cantautori italiani che ultimamente stanno ottenendo numeri importanti su Spotify e questo non può che fare bene a tutti”. Cibelli, più genericamente, spera in “un anno di grandi conferme per Warner”.

MMW24, i vertici delle major riuniti in un panel

Insieme a Massara (Universal), Cibelli (Warner) e Rosi (Sony) anche Daher (Believe) e Stewart (BMG)

Warner Music ha scelto di rafforzare la propria presenza sui mercati asiatici siglando un’intesa strategica con DPM, uno dei principali gruppi discografici indonesiani che accorpa 28 realtà indipendenti come - tra gli altri - VMC, Le Moesiek Revole, Sani Sentosa Abadi, Graha Prima Swara e Pelangi Records: tramite la propria divisione dedicata ai servizi per artisti ed etichette, ADA, la major con quartier generale a New York cercherà di allargare il pubblico e “potenziare lo standing internazionale” di artisti locali come Armada, Marcell, Ada Band, Dewa e Andra &amp; The Backbone.

ADA, sempre in collaborazione con Warner Music Asia, ha chiuso un accordo strategico con GMM Music, una delle principali indie label del Sud-est asiatico: la partnership garantisce ad ADA i diritti di distribuzione digitale locale e globale del catalogo di GMM Music sulle principali piattaforme come Apple Music e Spotify, con il fine di “far progredire l'industria musicale locale, promuovendo al contempo la crescita aziendale e l'innovazione”.

"Espandere le nostre operazioni in Indonesia e Thailandia è un passo cruciale nella nostra strategia per dare potere agli artisti e far crescere la loro musica sulla scena mondiale”, ha commentato Sarah Ismail, Head of ADA Asia, alla quale ha fatto eco Cat Kreidich, Presidente di ADA: "Queste nomine e partnership strategiche rafforzano la nostra dedizione alla scena musicale del Sud-est asiatico. Non vediamo l'ora di vedere l'incredibile talento che emergerà da questa regione mentre continuiamo a supportare e collaborare con artisti ed etichette locali".

WMG, per ADA partnership strategiche in Indonesia e Thailandia

Per la divisione dedicata ai servizi del gruppo due intese con importanti realtà indipendenti locali

Shazam, il servizio di riconoscimento musicale, ha annunciato di aver superato i 100 miliardi di brani riconosciuti dal suo lancio nel 2002.

Oliver Schusser, Vice President di Apple Music e Beats, ha dichiarato:&nbsp; “Questo grandioso traguardo non rispecchia solo quanto le persone apprezzino Shazam, ma anche la loro voglia di nuova musica.&nbsp;La scoperta di nuove canzoni è il centro di tutto quello che facciamo, e non ci stanchiamo di innovare per garantire che le persone che amano la musica, in tutto il mondo, possano fare tap sull’icona di Shazam su qualsiasi dispositivo".

Nato come servizio via SMS nel Regno Unito, Shazam consentiva agli utenti di comporre un numero, registrare un frammento di brano tramite telefono e ricevere un messaggio di testo con il titolo e l’artista.

Approdato su App Store nel 2008, ha ampliato rapidamente il suo pubblico globale, raggiungendo nel 2011 il traguardo di un miliardo di brani riconosciuti. Dal 2018, dopo l’acquisizione da parte di Apple, il servizio ha implementato nuove funzionalità, tra cui il riconoscimento musicale integrato nei dispositivi iOS e macOS, l’utilizzo degli smartwatch per identificare brani e un accesso semplificato alla cronologia delle tracce riconosciute.

Il superamento dei 100 miliardi di riconoscimenti riflette la diffusione globale del servizio e la volontà di adattarsi ai cambiamenti tecnologici e culturali nel settore musicale.

Un nuovo traguardo per Shazam: 100 miliardi di brani rconosciuti

Nell’estate del 2011 aveva già riconosciuto oltre un miliardo di brani.

La divisione cinese di Universal Music ha stretto un accordo di distribuzione strategica a livello globale con Modern Sky, una delle principali etichette cinesi che vanta nel proprio roster decine di artisti tra i più popolari nel paese asiatico, con un catalogo che - in vent’anni di attività - ha superato i 500 album: la label, che oggi gestisce dal punto di vista discografico oltre 150 nomi tra i quali Matt Lv, Click #15, Aflou, DOUDOU, Frankfurt Helmet e Shii, dal 2009 opera anche nel settore live, organizzando - oggi - oltre 30 festival e più di 1000 eventi singoli all’anno.

"Siamo entusiasti di collaborare con Modern Sky, un'etichetta che ha avuto un ruolo determinante nel definire la cultura musicale indipendente della Cina e nel farla progredire”, ha dichiarato Timothy Xu, Presidente e CEO di Universal Music Greater China: “Questa collaborazione non solo amplia la portata globale della musica cinese, ma evidenzia anche l'energia e la creatività distintive che definiscono la giovane generazione cinese di oggi. Insieme, puntiamo ad amplificare queste voci sulla scena globale, celebrando il ruolo della musica cinese nel dibattito culturale odierno".

"A Modern Sky abbiamo sempre abbracciato uno spirito indipendente e una visione lungimirante, impegnati a riflettere l'identità culturale della generazione più giovane della Cina”, ha aggiunto Shen Lihui, fondatore e CEO di Morden Sky: “Unirsi alla rete globale di UMG e alla sua comunità di artisti eccezionali segna un nuovo entusiasmante capitolo per noi. Attraverso questa collaborazione, siamo entusiasti di portare un lato fresco dell'originalità cinese al mondo, invitando il pubblico ovunque a sperimentare l'energia unica e la profondità culturale della gioventù cinese".

"La portata internazionale di Modern Sky e l'impegno nell'amplificare le diverse voci cinesi rendono questa partnership un'entusiasmante opportunità”, ha concluso Adam Granite, Vicepresidente esecutivo, Market Development di Universal Music Group: “Questa collaborazione non solo supporta il viaggio di Modern Sky sulla scena globale, ma apre anche opportunità agli artisti internazionali di UMG di entrare in contatto con il pubblico cinese. Siamo entusiasti di promuovere questa connessione bidirezionale, ampliando gli orizzonti sia per Modern Sky che per gli artisti UMG in tutto il mondo".

Cina, una partnership tra Universal Music e Modern Sky

La major sigla un’intesa con una delle principali etichette del gigante asiatico

Nel corso degli ultimi anni molta attenzione è stata posta sulla capacità della musica dal vivo di generare importanti esternalità economiche positive nei territori che ospitano concerti e, più in generale, eventi culturali. Il tema è stato per lo più analizzato nell’ambito delle grandi superstar internazionali, quali ad esempio Taylor Swift o Coldplay, per via dell’impressionante mole di appassionati che sono in grado di mobilitare in pressoché tutti i paesi del mondo. Molti autori hanno ad esempio identificato con il termine “<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-745350/taylor-swift-regno-unito-spinta-300-milioni-all-economia-britannica">Swiftonomics</a>” l’insieme degli impatti economici generati dal “The Eras Tour” di Taylor Swift. Bloomberg – società statunitense leader nell’elaborazione e diffusione di dati economici e finanziari – stima che la leg americana del tour abbia contribuito per 4,3 miliardi di dollari alla formazione del prodotto interno lordo nazionale del 2023. Similmente, il Washington Post – uno dei principali quotidiani statunitensi – riporta come le 6 date a Singapore della cantante americana potrebbero aver generato <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-746120/top-tour-e-ricadute-economiche-sui-territori-il-caso-singapore">un indotto economico compreso tra i 350 milioni e i 500 milioni di dollari di Singapore</a> (ammontare compreso tra i 260 milioni e i 375 milioni di dollari statunitensi). Il fenomeno delle ricadute economiche dei concerti tuttavia non riguarda soltanto le superstar del momento e diversi autori si sono posti l’obbiettivo di stimare le esternalità positive degli eventi culturali nella loro generalità.

All’interno di questo filone di ricerche si colloca <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748104/tax-credit-musica-dal-vivo-proposta-di-assoconcerti">lo studio svolto dall’Università di Pisa, in collaborazione con Assoconcerti</a>, finalizzato a stimare l’impatto economico di alcuni concerti svolti in Italia nel corso dell’estate 2024 (Vasco Rossi, Coldplay, Taylor Swift, David Gilmour, Zucchero, Lucca Summer Festival o La Prima Estate, per citarne alcuni). L’indagine ha riguardato spettacoli molto eterogenei in termini di generi musicali, dimensione, pubblico, format dell’evento o territori coinvolti. Questa variabilità permette, non solo di poter prevedere l’impatto sul territorio di spettacoli tra loro molto diversi, ma anche di poter maturare delle considerazioni sulle determinanti dei soprammenzionati impatti. L’indotto economico non è infatti funzione soltanto del numero di spettatori coinvolti: concerti dall’affluenza simile possono avere ricadute sul territorio molto diverse. A titolo puramente esemplificativo, i concerti di David Gilmour e Ed Sheeran hanno richiamato entrambi un numero simile di fan (i primi 73.383, i secondi 78.821), ma l’indotto stimato è rispettivamente 61 e 24 milioni di euro. Obbiettivo del presente articolo è quello di commentare alcune delle variabili che potrebbero influenzare l’entità degli impatti economici degli eventi dal vivo, senza però presumere l’esistenza di relazioni di causalità, le quali dovrebbero essere validate attraverso ulteriori studi sul tema.

Una prima classe di determinanti potrebbe riguardare le caratteristiche del pubblico partecipante all’evento. Tra queste, l’internazionalità dell’audience è uno dei tratti che più contraddistingue il comportamento dei consumatori appartenenti al campione considerato. Per tutti gli eventi oggetto di studio infatti gli spettatori stranieri tendono a pernottare per più giorni rispetto al pubblico domestico. A titolo esemplificativo, il numero medio di notti passate a Roma e in provincia dai fan dei Coldplay è pari a 2,4, mentre quello riferibile ai soli fan stranieri è 3,2. Similmente, i valori corrispondenti per il concerto dei Green Day a Milano sono rispettivamente 2,9 e 4. In aggiunta, gli eventi caratterizzati da una maggior presenza di spettatori stranieri tendono ad avere una spesa media per consumatore più elevata. Questo è vero per i primi tre concerti per percentuale di fan internazionali compresi nello studio, ovvero David Gilmour (43%), Taylor Swift (30%) e Stray Kids (24%). La spesa media per singolo spettatore riferibile a questi tre eventi è rispettivamente 826,61, 570,19 e 395,95 euro, superiore rispetto alla spesa media connessa a tutti i concerti oggetto di studio, stimabile nella misura di 324,57 euro.

Un secondo fattore riferibile alle caratteristiche del pubblico in grado di influenzare l’indotto economico generato può certamente essere la sua età anagrafica e la corrispondente capacità di spesa. Infatti, è ragionevole supporre che la spesa media del consumatore aumenti al crescere dell’età ed i dati riferibili al <a href="https://www.rockol.it/tutto-su/lucca-summer-festival-210634">Lucca Summer Festival</a> sembrano supportare tale ipotesi. I concerti della rassegna sono infatti stati suddivisi in diverse categorie (o strati), ognuna contraddistinta da una diversa età media dell’audience. I raggruppamenti caratterizzati da un pubblico più senior, sono anche quelli in cui si evince una maggior capacità di spesa. Ad esempio, la percentuale di persone appartenenti al campione d’analisi che prevede di spendere almeno 200 euro (all’infuori del prezzo del biglietto) durante la permanenza in Toscana varia sensibilmente al variare dell’età: per lo strato con età media di 24 anni la percentuale è pari al 2%, mentre per quello con età media di 47 anni il valore sale al 39%. È tuttavia doveroso specificare che nei concerti con un’ampia proporzione di spettatori giovanissimi (a maggior ragione se minorenni) la capacità di spesa potrebbe aumentare poiché essa verrebbe sostituita con quella dei genitori accompagnatori. Questa situazione potrebbe essersi verificata ad esempio al concerto degli Stray Kids di Milano, dato che, nonostante quasi un terzo degli spettatori del campione avesse meno di 20 anni, la spesa media stimata è tra le più alte degli spettacoli aventi luogo nella stessa città.

Infine, tra le caratteristiche riferibili ai consumatori potenzialmente in grado di influenzare l’impatto economico di un concerto, potrebbero essere incluse anche le loro motivazioni. Gli elementi che spingono un individuo a partecipare ad un evento culturale sono molteplici. Alcuni di questi appartengono alla sfera individuale, altri a quella sociale. Allo stesso modo, i bisogni che i consumatori si aspettano di soddisfare attraverso un concerto possono anche avere natura non artistica, come ad esempio ricerca di status, evasione o nostalgia. A tal proposito, è ragionevole supporre che la propensione alla spesa dell’individuo sia ben diversa a seconda di ciò che il concerto stesso significhi per il consumatore. A titolo esemplificativo, Vasco Rossi è riuscito nel tempo a costruire un solidissimo legame con i propri fan, legame che viene mantenuto e rafforzato attraverso una serie di concerti che l’artista tiene con cadenza annuale nel mese di giugno. Gli eventi dell’artista sono quindi accompagnati da forti elementi di ritualità, a cui si aggiungono spesso fattori di unicità per via dei record che il cantante è spesso in grado di conquistare, come ad esempio la realizzazione di 7 sold-out consecutivi allo Stadio San Siro di Milano. Queste considerazioni fanno ipotizzare come per molti fan il fulcro dell’esperienza sia l’artista stesso, mettendo quindi in secondo piano tutto ciò che sia estraneo ad esso. Ne consegue ad esempio che, tra i concerti analizzati, Vasco Rossi sia tra quelli con il minor numero medio di pernottamenti (pari a 1,5 giorni).

Altri fattori alla base dell’indotto economico dei concerti potrebbero invece essere legati alle caratteristiche connesse allo svolgimento dell’evento stesso. Tra queste, non si può certamente ignorare la location e la città che ospita lo spettacolo. Alcuni centri sembrano infatti meglio predisporre gli spettatori al pernottamento o allo svolgimento di attività parallele alla musica. Ad esempio, i dati suggeriscono come gli spettatori dei concerti romani tendano in media a prolungare la permanenza in città più frequentemente rispetto a quelli dei concerti milanesi. Circa il 49% dei fan di Gilmour e dei Coldplay ha infatti deciso di pernottare in città, mentre per nessuno dei concerti tenuti a Milano tale percentuale è riuscita a superare il 33%. Allo stesso modo, anche la durata media del pernottamento a Roma (2,51 giorni) si è rivelata superiore rispetto a quella riferibile alla città di Milano (2,05 giorni). I motivi alla base di tale differenza possono essere molteplici e non necessariamente riconducibili all’evento in sé, come ad esempio l’attrattività turistica della destinazione o la sua connettività. Tale aspetto viene però bilanciato dal fatto che, nonostante gli spettatori dei concerti romani tendano in media a prolungare la loro permanenza per più tempo, quelli dei concerti milanesi tendono a ritornare in città per ulteriori eventi di musica dal vivo più frequentemente. Ciò deriva dal fatto che, soprattutto per generi musicali come il rock/metal, molti degli eventi più popolari vengono svolti prevalentemente nel capoluogo lombardo.

In secondo luogo, l’unicità ed esclusività dell’evento può avere un peso nella determinazione degli impatti economici che esso è in grado di generare. Alcuni eventi vengono infatti svolti in maniera più o meno esclusiva all’interno di un’area geografica definita. Questo è il caso, ad esempio, delle 6 date precedentemente menzionate di Taylor Swift a Singapore, svolte in esclusiva rispetto a tutto il Sud-est asiatico. Ma è anche il caso dei concerti romani di David Gilmour, o del concerto milanese degli Stray Kids, uniche date in tutta l’Europa continentale. È verosimile che questa situazione incentivi spostamenti molto lunghi ed è plausibile supporre che gli spettatori provenienti dalle località più distanti siano maggiormente predisposti a prolungare la loro permanenza per ragioni puramente logistiche, alimentando non solo la componente dell’indotto relativa alle spese di pernottamento, ma anche quella relativa alle spese di trasporto e quella per cibo e bevande. Al contrario, i tour di concerti che si articolano in maniera più capillare all’interno di una medesima area geografica avranno verosimilmente un pubblico per data pressocché locale. Come anticipato, i concerti del Lucca Summer Festival sono stati suddivisi in diverse categorie, una fra queste ricomprende concerti di artisti italiani inquadrabili all’interno di un tour nazionale diffuso (Calcutta, Gazzelle, Tedua, Geolier, Salmo e Noyz). Anzitutto si evince dai dati come l’82% degli spettatori di questi spettacoli provenga dalla Toscana, ma soprattutto come solo il 6% abbia deciso di pernottare a Lucca o in Provincia, suggerendo al contrario un rientro a casa immediato dopo la fine dello show.

In conclusione, anche il format dell’evento potrebbe essere in grado di influenzare le sue esternalità economiche positive e, a tal fine, potrebbe essere utile distinguere i concerti singoli, dalle rassegne e dai festival. Ai fini del presente articolo viene definita “rassegna” un insieme di concerti, svolti anche lontani nel tempo, che condividono spesso la stessa location e la medesima programmazione artistica di base, mentre viene definito “festival” un insieme di concerti, svolti in giorni consecutivi, caratterizzati dalla medesima programmazione artistica e da un pubblico pressocché simile. È doveroso precisare che i suddetti termini potrebbero avere un significato differente all’infuori di questo contesto. Fatta questa premessa, la ricerca suggerisce come gli spettatori di rassegne e festival siano maggiormente propensi a prolungare la loro permanenza e ad aumentare l’entità della spesa. Confrontando alcuni concerti tenuti nell’ambito degli I-Days (ai fini del presente articolo considerata una rassegna) con altri svolti allo Stadio San Siro di Milano è possibile evincere come la percentuale di permanenza con pernottamento a Milano e Provincia sia stata rispettivamente il 27% ed il 17%. Inoltre, la percentuale di spettatori di San Siro che ha previsto di spendere almeno 200 euro (all’infuori del prezzo del biglietto) durante la permanenza in Lombardia è pari al 9,1%, la medesima percentuale riferibile agli spettatori degli I-Days supera il 31%. L’effetto sembrerebbe ancora più evidente nel caso dei festival, come ad esempio La Prima Estate, plausibilmente per poter prolungare l’esperienza musicale su due o più giorni consecutivi. Per questo evento infatti il numero medio di pernottamenti è pari 2,91 giorni, valore che sale a 7,55 giorni qualora si considerassero i soli spettatori stranieri.

A conclusione di questa disamina è doveroso precisare che le variabili identificate come plausibili determinanti dell’indotto economico non possono essere intese come compartimenti stagni. Viceversa, è ragionevole supporre come queste possano influenzarsi a vicenda, facendo sì che l’effetto finale sia frutto della loro influenza congiunta e reciproca. Come premesso, l’analisi proposta non intende stabilire alcuna relazione di causalità tra le variabili interessate, la quale dovrebbe essere validata attraverso ulteriori ricerche e strumenti statistici. Al contrario, la trattazione intende offrire degli spunti di riflessione sui possibili fattori potenzialmente in grado di influenzare le esternalità economiche positive degli eventi dal vivo, evidenziando come esse non riguardino soltanto i tour delle superstar internazionali. Infatti, qualsiasi evento culturale è potenzialmente in grado di generare significativi impatti, non solo di natura economica, ai fini della valorizzazione del territorio in cui esso stesso ha luogo.

MMW24, le ricadute economiche dei concerti italiani: lo studio

Cosa dicono i dati raccolti ed elaborati dall'Università di Pisa in collaborazione con AssoConcerti

Come ogni anno, la Milano Music Week ospita un incontro organizzato dal Master in Comunicazione Musicale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che quest’anno compie 25 anni. “Ci avvaliamo dell’esperienza di nostri ex studenti che ora sono diventati importanti professionisti” spiega Gianni Sibilla, direttore didattico del master, che presenta l’incontro dal titolo “L’A&amp;R e la relazione con l’artista nell’industria musicale”, moderato da Francesca Cortese, coordinatrice del master. Partecipano Giuseppe Barone (artist &amp; projec development manager Carosello Records), Gabriele Compierchio (A&amp;R Sugar Music Publishing) e Sara Beretta (artist Relations Manager Believe), che rappresentano tre prospettive diverse della professione: discografia, distribuzione e publishing.

Giuseppe Barone, che incarna la discografia, ha iniziato nove anni fa lavorando nel reparto promozione di Carosello. “Successivamente mi è stata proposta questa sfida. Nel mio job title c’è anche project development perché non faccio solo scouting, ma anche sviluppo: dopo aver fatto firmare un artista devo metterlo nelle condizioni di crescere, metterlo in contatto con autori e produttori, consigliarlo sulle canzoni. Siamo la prima figura con cui si interfacciano l’artista e il management, e il fulcro del collegamento con tutte le altre figure della discografia” spiega. “Il bene dell’artista è anche il bene del suo A&amp;R: la responsabilità finale del progetto è la sua, il mio ruolo è quello di dargli degli strumenti per interpretare se la scelta che fa è giusta o sbagliata, lasciandogli ovviamente l’ultima parola”. Una delle maggiori difficoltà deriva dal periodo storico, in cui anche i più giovani sono ossessionati dai numeri e hanno fretta. “Bisogna avere tanta sensibilità e tanto tatto, e bisogna saper accompagnare questo flusso di energia creativa, emotività (e a tratti anche arroganza e ego) verso una direzione precisa. Mettere degli argini,&nbsp;in modo che il disco possa essere lanciato e promosso nel migliore dei modi”.

Per Gabriele Compierchio, in una battuta “il publishing è la dermatologia della musica, mentre la discografia è il pronto soccorso: l’atteggiamento che abbiamo nei confronti degli autori è molto più rilassato, perché i tempi dell’editoria sono più lunghi” scherza. “A livello di lavoro quotidiano abbiamo dei focus diversi, perché quando firmiamo un autore o un compositore emergente i risultati si vedono dopo un paio d’anni: solo sulla distanza capiamo con chi può scrivere, cosa può scrivere, cosa terrà per sé e cosa darà ad altri se è un cantautore…”. Anche fare conoscere il proprio roster alle etichette è un lavoro laborioso, perché spesso sono più focalizzate sull’acquisire brani da autori già importanti. “La qualità si misura da come riesci a tenere un piede nell’innovazione e un piede nella tradizione, soprattutto se lavori per realtà storiche come Sugar”.

Sara Beretta, invece, si trova più vicina al ruolo dell’A&amp;R in ambito discografico: “Believe segue sia artisti che etichette, ma personalmente seguo artisti” racconta. “Si parte da una riunione in cui si cerca di capire da chi l’artista si circonda, e si capisce che tipo di figure deve attivare Believe. Spesso, pur essendo distributori, se l’artista non ha un manager diventiamo anche il riferimento per ufficio stampa, marketing e promozione. Sicuramente, con i nomi più green è importante far capire che è un lavoro di progettualità a lungo termine, e che il primo motore è l’arte. Bisogna inoltre sottolineare che bisogna sfruttare i propri mezzi per promuovere la musica, e non aspettarsi che tutto piova dall'alto”.

Il tipo di struttura in cui si lavora è fondamentale per determinare il tipo di lavoro che si farà. Per Barone, che lavora per una storica etichetta indipendente come Carosello, “a noi è concesso il lusso del tempo. Anche se il primo disco di un artista non funziona, se ci crediamo comunque continuiamo a lavorarlo. La mission è sempre stata quella di far fede alla tradizione: il gruppo Curci esiste da prima dell’unità d’Italia e nel ‘59 è stata aperta l’etichetta, che ha accolto artisti come Vasco Rossi, Giorgio Gaber, Toto Cutugno”. L’idea è scommettere su quella che potrebbe essere la tendenza del domani, come Coez (ibrido tra rap e indie, un genere che ai tempi della firma nel 2012 ancora non esisteva) o Diodato (cantautore puro che nel 2017, in un mercato era già dominato da streaming e piattaforme, era un alieno). “Cerco sempre di non fare promesse in termini di risultati, ma prometto sempre che farò di tutto per aiutarli a ottenere delle opportunità”.

Il rapporto umano con gli artisti non è sempre facile da gestire, concordano tutti. “Bisogna essere empatici e a volte la cosa più pericolosa è esserlo troppo.&nbsp;E'&nbsp;importante mettere i paletti al rapporto, ma è anche importante che&nbsp;ci sia armonia” sottolinea Gabriele Compierchio. “Se durante una session dico qualcosa, posso spostare gli equilibri in maniera grave, quindi è importante sapere cosa dire e quando. L’artista va tutelato, deve sentire meno voci possibili, mentre con gli autori invece ci si può prendere più libertà”. Anche per Sara Beretta quello umano è uno degli aspetti più complessi: “Per il 60% bisogna avere una serie di soft skills che fanno parte del bagaglio di ciascuno di noi, il restante 40 è allenamento” osserva. “Servono razionalità e lucidità, perché ovviamente certe situazioni triggerano anche la nostra emotività personale”. Inoltre, non è opportuno stringere legami troppo viscerali con gli artisti. “Per la figura professionale che continuo a rivestire bisogna stare attenti a non varcare certi confini: la parola amicizia va usata con le pinze” dice.

Si dichiara d’accordissimo anche Barone, che per quanto abbia ottimi rapporti con i nomi con cui lavora spiega che “se ho un problema non lo racconto al mio artista, se voglio uscire per una pizza non chiamo il mio artista, se voglio festeggiare il compleanno non invito il mio artista”. Più possibilista Gabriele Compierchio, secondo cui creare un ambiente familiare e di condivisione è utile e importante: “Può fare la differenza nel momento in cui dovesse arrivare&nbsp;un altro editore a cercare di stipulare un contratto con i miei autori. Se c’è un bel clima, saranno meno invogliati ad andare altrove, anche qualora ci fossero offerte economiche più allettanti”.

MMW24: il lavoro dell'A&R raccontato al Master Musica

In Cattolica ospiti gli ex studenti Barone (Carosello), Beretta (Believe) e Compierchio (Sugar)

In occasione della Milano Music Week 2024 TicketOne, partner dell’evento, aveva indetto un concorso abbinato a una survey sulla fruizione dei concerti da parte del pubblico italiano. Nel corso del panel di oggi pomeriggio al Dazio Levante i risultati di questo sondaggio sono stati presentati alla presenza di Andrea Grancini (direttore generale TicketOne), Daniele Orlando (ex direttore di locali storici come Rolling Stone e Magazzini Generali, nonché fondatore di Fabrique e Milano Summer Festival) e Giampiero Di Carlo (fondatore, editore e AD di Rockol). Moderavano l’incontro gli speaker radiofonici e creator Umberto Muscetta e Damiano Paolacci (Radio Deejay).

Si rende innanzitutto necessario tenere presente che la platea raggiunta dal sondaggio non rappresentava del tutto la popolazione italiana: si tratta infatti di un 75% di donne, residenti prettamente in Lombardia, in quanto era appunto legato a un concorso che metteva in palio gli ingressi al party inaugurale della Music Week. Ad ogni modo, emergono risultati interessanti: il 44% dei rispondenti nell’anno passato ha partecipato a diversi concerti (anche se non più di 3), il 52% a più di 3 concerti e solo il 4% a nessuno. Sembra un dato più roseo, rispetto anche solo a qualche anno fa, conferma Grancini: “C’è voglia di condividere con qualcun altro la propria passione, di scoprire nuovi generi che una volta non c’erano (come il rap o la trap), e senz’altro influisce l’aspetto social, che permette di dialogare sulla musica dal vivo con coetanei e amici che si ritrovano sulle stesse piattaforme” riflette. Anche Orlando, dal canto suo, conferma la tendenza: “Nel 2000 gestivo il Rolling Stone, che era il tempio del rock in Italia e aveva capienza di 1700 persone” ricorda. “In quegli anni quando i concerti che organizzavamo nella stagione settembre-maggio erano al massimo una quindicina, tendenzialmente per un pubblico adulto. Oggi con il Fabrique (che è nato nel 2014) facciamo circa 120 concerti in 8-9 mesi. Il tipo di pubblico cambia in base alla proposta, ma l’età media si è abbassata moltissimo. Anna, ad esempio, ha fatto cinque sold-out da 3300 persone l’uno, e ricevo chiamate di genitori che vogliono portare i figli e sono alla disperata ricerca dei biglietti”. Il fatto che anche i ragazzini frequentino i live club, sottolinea Grancini, “è anche merito del grande lavoro sulla sicurezza fatto dalle venue; in passato i genitori non mandavano così tranquillamente i figli ai concerti”.

Nel post-pandemia alcuni settori hanno fatto più fatica a riprendersi (ad esempio, il cinema): c’è stato invece un vero e proprio boom dei concerti. Secondo Giampiero Di Carlo, questo dipende da un’assenza fortemente percepita dal pubblico: “I concerti mancavano tantissimo, mentre i film no, perché anche durante il lockdown c’erano le piattaforme. Inoltre, il cinema è un luogo di aggregazione in misura inferiore, rispetto a un live: non ci si va per condividere qualcosa, ma soprattutto per vedere qualcosa”. Emerge però un dato interessante: ben il 15% dichiara di andare ai concerti da solo, mentre il 28% è accompagnato da un gruppo di amici e il 57% da un amico del cuore o dal/la fidanzato/a. La maggior parte delle persone viene a sapere degli eventi in programma tramite i social (56%), con un’importante fetta proveniente da motori di ricerca e siti web (38%) e qualche sporadico affezionato al passaparola (6%). “Dietro alla comunicazione di un concerto c’è un lavoro molto articolato, portato avanti da diversi stakeholder all’interno della filiera” spiega Grancini. “La promozione viene fatta dall’artista stesso sulle sue piattaforme social, ma anche dal promoter e dalle stesse venue”.

Interessante anche notare come gli intervistati dichiarino che la partecipazione a un concerto non è un gesto puramente di facciata: per il 9% influenza abbastanza la percezione della sua immagine, per il 32% è addirittura essenziale, ma per ben il 59% l’autostima non dipende dai concerti. “Molto dipende dalla singola persona, come vediamo anche dalle condivisioni dei singoli eventi sui social” sottolinea Di Carlo. “Alcuni non sono fan dell’artista che vanno a vedere, ma vogliono sentirsi in tendenza; altri invece hanno uno sharing più qualitativo”.&nbsp;L’uso del telefono e dei social ai concerti, in effetti, sembra essere percepito come un elemento di distrazione da molti artisti, ma anche in questo caso non esiste una risposta giusta per tutti: dipende dal tipo di artista, dal target, dalla location. “Un dj che vieta i telefoni al suo show mi lascia perplesso, mi fa pensare che abbia qualcosa da nascondere. Bob Dylan che non vuole che il pubblico degli Arcimboldi si distragga è coerente con la situazione e il personaggio”. “Le condivisioni sui social sono anche un modo per l’artista di fare conoscere ciò che fa agli amici dei suoi fan, quindi fa comodo a tutti” aggiunge Grancini.

La maggior parte del pubblico oggi acquista i biglietti in anticipo: lo fa il 69% dei fan, mentre il 27% aspetta mesi e il 4% si muove last minute. “Accade ancora che la gente si presenti fuori dai concerti anche se non ha il biglietto, ma non è un fenomeno enorme” commenta Orlando. “Oggi non solo con i concerti, ma anche con il clubbing abbiamo un metro preciso di misura di quanti biglietti abbiamo venduto, e di solito si presentano alla porta senza biglietto non più del 20% di quelli che hanno acquistato le prevendite”. Per il 59%, però, i prezzi dei biglietti sono aumentati troppo. “Negli ultimi anni abbiamo visto un 20% di aumenti costi energetici e di produzione, i biglietti sono in linea con l’inflazione generale” dice Grancini. “Sembra che siano cresciuti tanto soprattutto perché in Italia i prezzi dei biglietti sono rimasti fermi molto a lungo: nel mondo la media è tra le 100 e le 130 sterline, da noi siamo intorno ai 55 euro”. C’è poi il capitolo dei biglietti volutamente carissimi, come quelli dello spettacolo di Broadway di Bruce Springsteen, venduti anche a 800 dollari l’uno. “È un fenomeno, però, che riguarda quel 15% che va al concerto da solo: ovvero i superfan, che scelgono un concerto per vedere quel determinato artista, e non per trend o aggregazione” chiosa Di Carlo. Quanto al secondary ticketing, la maggior parte del pubblico sembra immune al suo fascino: l’86% non utilizzerebbe mai sito non ufficiale per acquistare biglietti, il 12% lo farebbe tramite amici o social, solo il 2% si è rivolto a secondary ticketing o bagarini. “È stato fatto tanto sul tema: acquistare su piattaforme di mercato secondario è un reato a tutti gli effetti e le piattaforme legali hanno dovuto adeguare i sistemi a livelli di sicurezza da transazioni bancarie” spiega Grancini. “Ovviamente gli scambi di biglietti p-2-p avvengono prevalentemente via social, e quindi non si potranno mai bloccare davvero del tutto”.

Rispetto alle venue, invece, per il 59% quella ideale è un luogo con una buona acustica, per il 23% conta poco e il 18% cerca servizi collegati di qualità. Emblematico il caso del Fabrique, di cui Daniele Orlando racconta la genesi: “Un tempo il Fabrique era il più grande distributore di dischi di Milano, la Venus. Una sera stavo passeggiando in zona e ho visto che era in affitto: mi sono subito deciso a rilevarlo io. È ubicato in un punto strategico: la tangenziale è vicina, non ci sono abitazioni intorno, c’è tanto parcheggio perché la sera le aziende sono chiuse, si possono usare i volumi giusti senza disturbare nessuno, e in più ha un’ottima acustica naturale grazie al tetto a cupola continua”. Il 32% del pubblico preferisce assistere a un concerto seduto, il 44% in piedi, il 24% predilige l’area vip. “I festival devono rimanere un’oasi di libertà di movimento, ci si va per stare in mezzo alla gente e vivere l’esperienza” dice Orlando. Diversa la questione delle venue al chiuso, che invece devono rispettare certi standard, come un’acustica e una visuale ottimale da tutti i punti di seduta: “Nel nord Italia sono in dirittura d’arrivo luoghi come Arena Santa Giulia a Milano, che è stata creata apposta per i concerti; in precedenza c'erano solo realtà costruite in primis per eventi sportivi, e solo dopo riadattate per la musica. Spero che la stessa cosa accada anche in tutto il resto d’Italia” chiosa.

&nbsp;

&nbsp;

MMW24: i concerti visti dal settore del ticketing

La parola ad Andrea Grancini (TicketOne), Daniele Orlando (Fabrique) e Giampiero Di Carlo (Rockol)

La <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">Milano Music Week</a> è tra le manifestazione che permetto a tutti – addetti ai lavori e non – di approfondire le più svariate tematiche dell’industria musicale: dall’AI fino all’organizzazione di un concerto.

Effettivamente, cosa succede dietro le quinte di un live? Durante il panel “Costruire il concerto: i segreti dietro il palco” presentato da AssoConcerti gli ospiti hanno raccontato le loro esperienze e di quanto effettivamente siano cambiate le dinamiche negli ultimi anni.

Claudio Santucci, Stage and show designer co-founder Giò Forma, è stato il primo ospite a raccontarsi: “Non ero un musicista e non ero abbastanza bravo per suonare sul palco, così ho unito la passione per il design con quella per la musica (ero uno studente di architettura). Guardando lo spettacolo dei Pink Floyd, ho pensato: ‘Voglio fare questo nella vita.’ All’epoca non c’erano grandi strutture o percorsi di studio dedicati, quindi ho approfondito tutto da solo, cercando di capire come poter fare. Un giorno ho incontrato i miei due attuali soci e abbiamo iniziato a lavorare insieme. Tra gli artisti di cui ci occupiamo ci sono Vasco Rossi, Tiziano Ferro, Cremonini e molti altri. La cosa interessante è che abbiamo portato alla musica l’approccio dell’architettura, e oggi siamo diventati uno studio con 40 persone”.

Santucci ha messo in evidenza una difficoltà, quello della non presenza di studi dedicati, che negli ultimi anni è stata risolta, come ha confermato Mario Zappa, Production manager Friends &amp; Partners: "Negli ultimi anni tutto è diventato più semplice per quanto riguarda la preparazione e la messa in opera, grazie a una serie di professionalità e a un meccanismo che si è rodato bene. La vera difficoltà, semmai, riguarda le idee del cliente e il budget a disposizione. Che si tratti di un concerto, un evento o una trasmissione televisiva, il nostro ruolo è incanalare queste idee in qualcosa di concreto e realizzabile, sia dal punto di vista economico che dei tempi di realizzazione. Oggi la sfida principale è questa, più che quella tecnica: c’è una grande professionalità che rende il lavoro molto più semplice”.

Alberto Muller, Production manager Live Nation Italia, ha aggiunto: “È vero: le figure professionali sono migliorate, ma si è alzata molto l’asticella e, allo stesso tempo, il lavoro è diventato più complesso. Come azienda, abbiamo la fortuna di collaborare con band straniere, soprattutto americane, e prendiamo ispirazione dal loro approccio, adattandolo al nostro mercato. Riusciamo a realizzare progetti in un lasso di tempo breve, con un numero di show molto alto, grazie anche agli investimenti significativi da parte dei promoter. I club? Negli ultimi due mesi abbiamo organizzato dei tour in queste location e devo dire che stanno funzionando bene, con una bella risposta da parte del pubblico”.

Uno dei temi trattati nel panel ha riguardato l'equilibrio tra tecnologia e umanità nei concerti, considerati oggi un grande business. Si è discusso di come la tecnologia, pur essendo sempre più presente, non sia responsabile della percepita uniformità degli spettacoli, ma anzi, se utilizzata bene, possa migliorare notevolmente l’esperienza. È stato evidenziato come le scenografie tradizionali, più materiche, richiedano tempi di montaggio, logistica complessa e personale specializzato, motivo per cui sono ormai rare. Al loro posto si preferiscono soluzioni più moderne, basate su LED, luci e scenografie digitali, in linea con le tendenze delle nuove generazioni di artisti.

Claudio Santucci ha sottolineato: “Come in tutti i settori, anche in questo si seguono vere e proprie mode, spesso con riferimenti a ciò che accade all’estero. Tutto è iniziato con Mark Fisher, uno dei più grandi architetti del settore, scomparso all’età di 65 anni. Con il tempo, i led hanno iniziato a entrare nei progetti, trasformando il mestiere e il modo di lavorare. Ho capito che stavano cambiando anche i materiali: non si trattava più di legno, ma di laser, fumo... tutto è diventato un elemento scenografico. Insieme all’artista, canzone per canzone, lavoriamo alla progettazione della scenografia e, a volte, riesco anche a influire sulla scaletta per motivi legati allo spettacolo. Con il tempo, anche gli artisti hanno compreso l'importanza di creare un equilibrio tra musica e scenografia”.

Muller ha dichiarato: “È cambiato tutto: oggi, con un telefonino, si può vedere qualsiasi cosa. Se realizzi uno show in uno stadio, non puoi offrire qualcosa di meno; devi aggiungere elementi che catturino l’attenzione, altrimenti chi guarda avrà l’impressione di assistere a qualcosa di già visto. La percezione del pubblico è cambiata, ed è fondamentale risvegliare il suo interesse e stupirlo”.

Uno degli argomenti affrontati ha riguardato le differenze tra il panorama italiano e quello internazionale nel settore degli spettacoli dal vivo. È stato evidenziato come in Italia si riesca a distinguersi per gusto e design, nonostante budget e professionalità siano spesso inferiori rispetto ai grandi tour internazionali, soprattutto quelli americani. All’estero, infatti, esiste una cultura dello spettacolo più sviluppata, con tour di lunga durata, spesso oltre 80 date, mentre in Italia raramente si superano le 15. Nonostante ciò, gli italiani riescono spesso a ottenere risultati migliori, grazie alla capacità di superare le difficoltà e proporre soluzioni creative. È stato inoltre sottolineato quanto sia fondamentale considerare il luogo dell’evento: ad esempio, è importante verificare se le strutture di città come Roma siano effettivamente adeguate a supportare certi tipi di show.

L’importanza dell’esperienza e della gestione di tutte le aree di un concerto è un tema sempre più rilevante. Muller ha concluso: "La questione dell’esperienza interessa sempre di più e si sta sviluppando costantemente. Esistono diverse tipologie di biglietti, gadget e opportunità di incontro con gli artisti. Ma allo show bisogna anche raccontare una storia, e questo sta avendo grande riscontro”.

Sono intervenuti:&nbsp;Alberto Muller, Production manager Live Nation Italia; Mario Zappa, Production manager Friends &amp; Partners; Claudio Santucci, Stage and show designer co-founder Giò Forma.

Modera: Tommaso Toma, Direttore Billboard Italia

MMW24, il panel Costruire il concerto: i segreti dietro il palco

Con Alberto Muller, Mario Zappa e Claudio Santucci

L’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">ottava edizione della Milano Music Week</a> &nbsp;si terrà dal 18 al 24 novembre a Milano; l’evento dedicato all'industria musicale&nbsp;è promosso dal Comune di Milano - Assessorato alla Cultura, Assoconcerti, Assomusica, Fimi, Nuovo Imaie e Siae. Main sponsor:&nbsp;UniCredit, UniCredit Allianz Vita&nbsp;e&nbsp;TicketOne.

Ecco gli eventi di giovedì 21 novembre, quarta giornata:

11.00: Strategie di leadership delle etichette discografiche tra innovazione tecnologica e mercato globale. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Con: Alessandro Massara (Presidente Universal Music Italia), Andrea Rosi (Presidente &amp; CEO Sony Music Italy), Pico Cibelli (Presidente Warner Music Italy), Dino Stewart (Managing Director BMG) e Luca Daher (Managing Director, Believe Italy). 

Modera: Francesco Prisco (Il Sole 24 Ore).

12.00: Il Sanremo che verrà: una conversazione con Carlo Conti. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Con: Carlo Conti (Presentatore) e Claudio Fasulo (ViceDirettore Direzione Intrattenimento Prime Time Rai). 

Modera: Marta Cagnola (Radio 24).

14.30: A European agenda for music. How European policies influence record industry. (Dazio di Ponente)

Con: Enzo Mazza (CEO FIMI), Antonio Guisasola (Presidente Promusicae, Spagna), Alexandre Lasch (Directeur général, SNEP, Francia), René Houareau (Managing Director for Legal &amp; Political Affairs BVMI, Germania) e Francesca Trainini, (Vice Presidente PMI &amp; Presidente IMPALA). 

Modera: Lodovico Benvenuti (Director of Multilateral Relations and Regional Director, Europe, IFPI).

15.00: Music Publishing Day - Music publishing survey. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Relatori: Pietro Villani (Communication Officer ICMP), Paolo Franchini (Presidente FEM), Carlo Solaro (Presidente EMUSA), Toni Verona (Presidente ANEM).

Modera: Marta Cagnola (Radio24).

15.30: Comunicare il concerto nell'era dell'intelligenza artificiale. (Dazio di Ponente)

16.00: Music Publishing Day - Intelligenza artificiale o creatività originale? Il futuro del diritto d'autore tra rischi e opportunità. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Relatori: Pietro Villani (Communication Officer ICMP), Nicola Migliardi (Coo SIAE), Pivio (Compositore), Dino Stewart (Managing Director BMG Music Italy), Francesca Trainini (Managing Director PEER Music Italy) e Pietro Giola (CEO Machiavelli Music).

Modera: Marta Cagnola (Radio24).

16:00:&nbsp;Musica e salute mentale: rompi il silenzio! (Ronin)

17.00: Music Publishing Day - Autori, Editori e società di gestione dei diritti: immaginando la SIAE del futuro. (Castello Sforzesco, Sala Viscontea)

Relatori: Matteo Fedeli (Ceo SIAE), Giovanni Caccamo (Autore), Andrea Tonoli (Autore), Claudio Buja (Presidente Universal Music Publishing Ricordi), Guendalina Gramitto Ricci (Edizioni Curci), Filippo Sugar (Ceo Sugar Music).

Modera: Marta Cagnola (Radio24).

17.30: La musica che conta. Ma quanto conta? Lo studio di settore sull'industria discografica italiana. (Dazio di Ponente)

21:30:&nbsp;"GenZ Stage" (Ronin)

MMW24, gli appuntamenti professionali di giovedì 21 novembre

Ha avuto luogo oggi, mercoledì 20 novembre, presso la Sala Viscontea del Castello Sforzesco, nell’ambito dell’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">ottava edizione della Milano Music Week</a>, il panel - presentato da NUOVOIMAIE - “Come gira la musica: piattaforme e compensi agli artisti”: all’incontro - moderato da Cristiana Tomei - hanno preso parte il Presidente di NUOVOIMAIE Andrea Miccichè, il CEO di Rockol Giampiero Di Carlo, e Lodovico Benvenuti, Director of Multilateral Relations, Regional Director Europe per IFPI.

"L'avvento dello streaming ha cambiato tutto per l'industria musicale”, ha premesso Di Carlo inquadrando il periodo storico attuale del settore: “E’ stato un cambio di paradigma epocale". Osservando come in 23 anni il prezzo dell'abbonamento ai principali DSP sia rimasto più o meno lo stesso, a fronte di un aumento della quantità di musica disponibile di 8700 volte, Di Carlo ha chiarito come il quello attuale sia “un tipo di consumo musicale abituato all'accesso". Scenario, questo, che “mette i diritti musicali, primari o connessi che siano, al centro”. “Oggi l’offerta musicale è sovrabbondante: lo streaming continua a crescere ma c'è un rallentamento” su un mercato nel quale “DSP tradizionali e social media convergono”.

"E' vero che c'è ancora un value gap nell'economia delle piattaforme, ma dobbiamo guardare indietro e da dove veniamo”, aggiunge Benvenuti: “In Europa, più che negli altri mercati maturi, la discografia ha rischiato di scomparire, e solo grazie allo streaming adesso sta conoscendo una crescita di revenue, e di artisti ed editori che riescono a beneficiare della propria presenza sulle piattaforme. Stiamo parlando di una crescita costante per tutti gli attori della filiera che dura ormai da decina d'anni. D'altra parte, è evidente che ci siano aspetti dell'economia dello streaming che potrebbero non piacerci, come - per esempio - l’asimmetria tra aumento dei contenti e uguaglianza del prezzo dei contenuti stessi. Questo tema andrà affrontato a livello commerciale: credo che eventuali normative in merito non possano fare altro se non destabilizzare un mercato ancora fragile". Perché, aggiunge Benvenuti, “la questione fondamentale che unisce tutto il settore è che i contenuti vanno pagati, e deve esistere un'autorizzazione preventiva all'utilizzo degli stessi", come accade, per esempio, nei processi di training delle soluzioni di AI generativa. “Il mio richiamo ai colleghi internazionali è di non dimenticare la big picture e la taglia della torta da dividere".

“Quando si è trattato di mettere la faccia sulle battaglie comuni per far pagare i contenuti NUOVOIMAIE è sempre stato in prima linea”, spiega Micciché: “Abbiamo sempre sostenuto la direttiva copyright”. Il Presidente della collecting illustra un tecnicismo molto importante, che potrebbe liberare - a favore degli autori - un’enorme quantità di risorse: “Il diritto di messa a disposizione è nato apposta per le piattaforme, e consiste nel dare l’opportunità all’utente di fruire un contenuto protetto da diritti nel luogo in cui si trova nel momento in cui lo vuole seguire”, spiega Miccichè, indicando la formula on demand che caratterizza le offerte dei DSP musicali. “E’ un diritto primario. Tuttavia, quando questo diritto viene meno” - come, per esempio, nel caso delle playlist, degli shuffle “imposti” agli account free, o in caso di inserzioni pubblicitarie - “il diritto non è più di messa a disposizione, ma di pubblica esecuzione”. Quindi, puntualizza Miccichè, “c’è una vasta prateria di messa a disposizione del fonogramma che non viene pagata". Un “importante vulnus”, lo definisce il Presidente della collecting, che implica “una totale evasione dall'obbligo di pagamento di questo compenso” a discapito degli aventi diritto.

“La questione di fondo è qual sia la modalità più efficiente e lo strumento più efficace per remunerare gli artisti con il sistema di messa a disposizione”, ribatte Benvenuti: “Il sistema basato sul making available e il rapporto esclusivo e non mediato tra artisti e case discografiche credo sia il più efficiente di tutti".

Presente come spettatore tra il pubblico Claudio Carboni, (titolare di Egea Records, delegato di NUOVOIMAIE e consigliere di sorveglianza di SIAE) chiede come mai anche in Italia non si adotti la <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/streaming-tax-498473">streaming tax</a>, tassa già applicata in Francia e Canada alle grandi piattaforme a favore di generi che generano meno remunerazioni dal digitale”.

"Non la facciamo perché stiamo parlando - appunto - di un modello che andrebbe a impattare su un'economia fragile”, risponde Benvenuti: “Così torna a parlare delle dimensioni della torta da spartirsi. Non riteniamo che un provvedimento del genere, nato in Francia nel tentativo di ridistribuire la ricchezza, possa essere sufficiente".

In conclusione Di Carlo cita, a titolo di caso di studio in grado di sollevare sul tema, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-745135/nmpa-depositato-procedimento-legale-contro-spotify-tutela-consumatori">lo scontro tra Spotify e l’NMPA</a> riguardante l’accorpamento dell’offerta di audiolibri a quella tradizionale di contenuti musicali: “In questo caso i soldi che non sono andati ai publisher non sono andati né agli esecutori né ai produttori. La ‘torta’, quindi, si può ampliare, e le sue dimensioni non dipendono solo da chi produce musica, ma anche da chi la distribuisce”.

&nbsp;

MMW24, il panel 'Come gira la musica': il resoconto

Presentato da NUOVOIMAIE: l’utilizzo sul Web musica alla luce della Direttiva Copyright

Sony Music Italy ha annunciato il rinnovo dell’accordo discografico con Salmo e con Lebonski360, la società che opera nei settori di musica, scouting, cinema ed editoria&nbsp;fondata (nel 2014)&nbsp;e guidata dal rapper e autore di Olbia. “Continuare il percorso professionale con Salmo è motivo di grande orgoglio e aggiunge ulteriori traguardi ad un percorso insieme già colmo di straordinari successi”, ha commentato il Presidente e CEO Sony Music Entertainment Andrea Rosi: “Salmo ha sempre precorso i tempi e ha avuto modo di esprimere la sua creatività in piena libertà, sono convinto che ci sorprenderà ancora”.

Salmo ha all’attivo 76 dischi di platino e 48 dischi d’oro, oltre 3 miliardi di stream audio e video: il sodalizio tra l’artista e la filiale italiana della major guidata a livello globale da Rob Stringer ha avuto inizio nel 2016 con la pubblicazione dell’album “Hellvisback”.

Sony Music Italy rinnova con Salmo e Lebonski360

La label guidata da Andrea Rosi prolunga l’accordo col rapper e con la sua società

Radio e TV continuano a essere strumenti fondamentali per la diffusione e il consumo di musica, ma il loro ruolo si è evoluto con l'avvento delle piattaforme digitali. 

Di questi cambiamenti se n’è parlato durante in panel “Old but gold: la musica in radio e tv” presentato da Nuovo Imaie durante la Milano Music Week.

A dar inizio al confronto è stata Anna Maria Genzano, Responsabile affari istituzionali, relazioni esterne e interne RTL 102,500: “La radio, che celebra i suoi 100 anni, ha affrontato grandi trasformazioni grazie al digitale, che ha giocato un ruolo fondamentale. Questo cambiamento ha permesso di creare radio tematiche, soddisfacendo un pubblico più esigente, ma ha anche reso più complessa la gestione dei diritti e la creazione di contenuti. Ad esempio: una realtà come RTL è passata da una sola rendicontazione a ben nove, richiedendo un adattamento delle strutture per garantire maggiore precisione nel lavoro. Oggi, il processo di rendicontazione è più articolato: servono dati puntuali su tutto ciò che viene trasmesso. Inoltre, il panorama delle collecting non si limita più alla SIAE, ampliando ulteriormente la complessità gestionale”.

Stefano Longhini, Direttore affari legali RTI S.p.a. Mediaset Group, ha sottolineato l'importanza dell'equo compenso e delle collecting per il settore musicale, evidenziando come gli utilizzatori, come radio e TV, siano diventati centrali, spiegando: “Anche il digitale deve contribuire in modo equo, garantendo parità di trattamento e rispetto delle regole, come dimostra il caso Meta-SIAE, che mette in luce la necessità di compensi adeguati agli autori”.

Rosario Donato, Direttore generale Confindustria Radio Televisioni (CRTV), ha parlato dell'importanza di radio e TV, evidenziando che i numeri parlano chiaro e che, senza considerare il web, le stazioni radio sono migliaia, il che dimostra quanto il ruolo di questi mezzi sia fondamentale. Ha anche aggiunto che, considerando la radio come un mezzo ibrido che si può ascoltare ovunque, l'effetto moltiplicatore sulla diffusione è enorme. In definitiva, ha affermato che, per la diffusione della musica, radio e TV continuano ad essere molto forti.

Andrea Miccichè, Presidente di Nuovo Imaie, ha sintetizzato l’attuale situazione normativa: “Abbiamo una difficoltà oggettiva poiché la tendenza alla moltiplicazione dei diritti non è stata adeguatamente affrontata dalla disciplina giuridica. Le normative in materia di diritti non hanno considerato che, parcellizzando le tariffe e le banche dati, si crea la difficoltà di aprire trattative separate che spesso portano a conclusioni contraddittorie. Una liberalizzazione avrebbe senso se alcune attività fossero rimaste monopolizzate. Pertanto, dovrebbe essere individuato un terreno competitivo chiaro”.

Stefano Longhini ha spiegato che, con la liberalizzazione e l'introduzione di nuove collecting, si è passati dalla situazione in cui l'utilizzatore doveva pagare una somma fissa a un monopolista, a una realtà più complessa. Ha evidenziato come gli "apolidi", ovvero coloro che non sono affiliati a una collecting, creino confusione. Secondo Longhini, quando si parla di una soluzione univoca con un'unica banca dati, la trattativa diventa più chiara e pulita, poiché le parti coinvolte sono ben definite. Ha aggiunto che l’utilizzatore desidera pagare in modo equo e trasparente, attraverso uno sportello unico, mentre chi non lo desidera sfrutta la confusione a suo favore.

Anna Maria Genzano ha sostenuto che la trasparenza e l’adozione di regole chiare porterebbero benefici sia agli utilizzatori che agli aventi diritto. Tuttavia, ha evidenziato che, sebbene l'AGCOM abbia il potere di regolamentare, non può imporre direttamente le norme, e quindi è necessario che sia il legislatore a intervenire per stabilire e far rispettare le regole.

ha affermato che la liberalizzazione è nata in modo problematico: pur potendo portare a un equilibrio positivo, l'assenza di regole ha creato diversi problemi. Ha aggiunto che, parlando anche con Micciché, hanno cercato di andare oltre le difficoltà iniziali. Attualmente, stanno lavorando per stabilire un prezzo giusto, tenendo conto dei tecnicismi complessi. Ha sottolineato che lo sforzo compiuto negli ultimi sette anni ha portato alla chiusura di accordi che possono essere migliorati. Infine, ha rimarcato come abbiano continuato a garantire un flusso legittimo, considerando anche le esigenze dell'industria.

Miccichè ha specificato: "AGCOM svolge un ruolo importante e da anni sostiene la banca dati unica. Siamo sostenitori di questo progetto; sarebbe interessante sapere i costi dell’avvio delle trattative e della gestione della reportistica. Queste spese potrebbero essere investite sugli artisti e potrebbero rappresentare un terreno di trattativa, perché ci sarebbe un risparmio. La banca dati unica con le tracce, sono convinto, potrebbe produrre reportistiche immediate e un’attività di fornitura per le collecting agli utilizzatori. Questo comporterebbe un risparmio anche di qualche milione. Sarei contento se riuscissimo a ottenere almeno la banca dati unica. Il modello proposto da Longhini è simile a quello francese, che prevede che, se gli incontri tra utilizzatori e collecting non portano a un accordo, intervenga il ministro della Cultura e si stabilisca un decreto. Noi non siamo ancora pronti, ma un primo passo potrebbe essere la banca dati, che farebbe funzionare meglio il nostro mercato”.

Sono intervenuti: Anna Maria Genzano, Responsabile affari istituzionali, relazioni esterne e interne RTL 102,500 HIT RADIO SRL; Stefano Longhini, Direttore affari legali RTI S.p.a. Mediaset Group; Rosario Donato, Direttore generale Confindustria Radio Televisioni (CRTV); Andrea Miccichè, Presidente NUOVO IMAIE.

A moderare l’evento: Davide Poliani, Giornalista Rockol.

MMW24, il panel "Old but gold: la musica in radio e tv"

Con Anna Maria Genzano, Stefano Longhini, Rosario Donato e Andrea Miccichè

“La rivoluzione AI nel mercato dei diritti musicali: rischi, etica, nuovi strumenti” è il panel presentato da SCF in occasione dell’<a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/milano-music-week-2024-497441">ottava edizione della Milano Music Week</a>.

Agli inizi di novembre SCF - collecting italiana per i diritti connessi fonografici - ha dichiarato ufficialmente di <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748031/scf-posizione-su-diritti-intelligenza-artificiale-intervista-fiorito">sostenere la limitazione del mandato per le opere create interamente dall'intelligenza artificiale</a>. La decisione è in linea con la strategia di IFPI (International Federation of the Phonographic Industry), di cui SCF è rappresentante in Italia.

Partendo proprio da questa notizia, Paolo Marzano – Docente di Diritto della Proprietà Intellettuale e di Tutela della Proprietà Intellettuale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università LUISS – ha spiegato l’attuale stato dell’arte a livello legislativo in rapporto con l’AI: “Il quadro dell’arte è in divenire. I problemi sono essenzialmente tre: l’input (utilizzo di materiale protetto per l’addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale), output (la successiva generazione di nuovi contenuti grazie ai sistema AI), e i deepfakes”.

L’avvocato passa a una breve spiegazione dell’articolo 4 della Direttiva 790, spiegando che introduce un'eccezione al diritto d'autore per il text and data mining (TDM) su opere legalmente accessibili, esclusa se il titolare dei diritti riserva esplicitamente tali usi tramite strumenti leggibili automaticamente. 

“Il regolamento AI act che ha come principio la trasparenza: chi addestra queste macchine deve sempre dimostrare e deve esser chiaro cosa ha utilizzato per addestrare i sistemi” – ha continuato Marzano - “Per rispettare il diritto dell'Unione in materia di diritto d'autore e diritti connessi, è previsto che venga redatta e resa pubblica una sintesi dettagliata dei contenuti utilizzati per l'addestramento, adottando codici di buone pratiche come riferimento per conformarsi alle normative”.

Mariano Fiorito – Direttore Generale SCF – ha motivato la scelta di SCF in merito alla limitazione dei contenuti creati interamente da AI: “La scelta è arrivata con confronti internazionali anche con IFPI. È stato istituti un gruppo di lavoro dalla Human Artistry Campaign per monitorare gli effetti del’Ai, la possibilità di utilizzo, non solo i pericoli, e per affinare la produttività…Questi temi hanno portato SCF a non tutelare i contenuti prodotti interamente dall’AI, perché questi non generano diritto. L’altro punto è prevenire il riciclaggio, ossia la possibilità di prendere i punti non tutelati e su questi andremo a modificare il regolamento, il contratto di mandato, escludendo questa fattispecie. I tempi? Da subito, nel giro di qualche giorno”.

Luca Maino – Responsabile Amministrazione e Controllo di Gestione SCF – ha aggiunto: “I tool di Ai poggiano le basi su tre pilastri: dati, algoritmi e capacità computazionale. I dati non devono essere solo quantitativamente rilevanti, ma anche qualitativamente e questo può avvenire attraverso dei sistemi. Questi tre pilastri fanno parte della nostra quotidianità”. Maino ha riportato alcuni esempi degli usi delle collecting come quello di customer service, repertoire management, meeting support security, systems management, marketing etc.

Eros Blanco – Head of Sales Operations BMAT – ha presentato un focus sui prodotti utilizzati nell’ambito dell’AI: “Di Ai ne stiamo parlando tanto in questi ultimi tempi, ma non è di recente creazione: ne facciamo uso da anni in Bmat per fornire dati, per validare le connessioni tra una registrazione (master) e la corrispondente opera museale (entità astratta composta da spartito e testo), oppure il deep music detector che si occupa di classificare il file audio in tre categorie: solido, liquido, gassoso”. 

“Per risolvere questi problemi” – ha spiegato Eros Blanco – “strumenti come Amplify, sviluppato da IRCAM, promettono di rilevare se un brano è stato generato dall'AI, mentre Prorata.ai assegna royalties identificando i brani originali che hanno contribuito alla creazione del file. L’AI è una "scatola nera" con processi complessi e non lineari che rendono ardua l’identificazione dei contributi originali. Bmat si concentra sull’identificazione dei repertori usati nell’addestramento. Sono necessari nuovi modelli, come il fingerprinting avanzato, per far riconoscere all’AI i propri prodotti e garantire trasparenza”.

Ma che impatto avrà tutto questo sui diritti musicali?

Blanco ha sottolineato l'importanza di progressi futuri, legando gli sviluppi tecnologici alle restrizioni legali, e osserva che l’evoluzione dell’AI generativa sarà accompagnata da strumenti per analizzarla. Marzano ha evidenziato come il diritto d’autore diventi sempre più digitale, affrontando nuove sfide con l’AI che assume anche il ruolo di autrice. Mariano ha aggiunto che, per le collecting, la priorità è comprendere come tutelare i dati.

Marzano ha concluso sottolineando&nbsp;la necessità di continuare a progredire senza fermarsi.

Sono intervenuti:&nbsp;&nbsp;Mariano Fiorito – Direttore Generale SCF; Luca Maino – Responsabile Amministrazione e Controllo di Gestione SCF; Eros Blanco – Head of Sales Operations BMAT; Paolo Marzano – Docente di Diritto della Proprietà Intellettuale e di Tutela della Proprietà Intellettuale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università LUISS.

Modera: Davide Poliani – Rockol