L’acquisizione di Ticketmaster da parte di Live Nation è, a detta di molti, una delle operazioni di M&amp;A più controverse e discusse dell’industria musicale. La fusione trova radici nella fine del contratto di collaborazione tra la prima biglietteria statunitense – per l’appunto, Ticketmaster – e Clear Channel – oggi Live Nation – che integrava l’attività delle due imprese dal 2001. Sebbene inizialmente la strategia di Live Nation fosse quella di entrare direttamente nel mercato del ticketing attraverso il lancio di una piattaforma proprietaria, la decisione finale fu quella dell’integrazione verticale per incorporamento. Il 10 febbraio 2009 Live Nation e Ticketmaster annunciarono la volontà di fondersi. Come da comunicato stampa, il valore dell’entità economica risultante fu stimato in misura pari a $2,5 miliardi e l’unione delle rispettive attività avrebbe portato alla generazione di $40 milioni di sinergie operative. Ad oggi, la maggior parte degli analisti finanziari sono concordi nel valutare l’impresa oltre i $20 miliardi, il che ne fa la più grande impresa operante, non solo nel settore dell’intrattenimento dal vivo, ma in tutta l’industria musicale. Come da rapporto annuale, Live Nation opera in 49 paesi, promuove gli eventi di oltre 6.800 artisti, ha interessi economici – direttamente e indirettamente – in 373 venues nel mondo e nel 2023, tramite Ticketmaster, vendette circa 329 milioni di biglietti.

Le imponenti dimensioni dell’attività del colosso statunitense, seppur affascinanti per alcuni, hanno nel tempo destato la preoccupazione di concorrenti, consumatori e amministrazioni politiche, temendo la formazione di un monopolio associato a pratiche anticoncorrenziali che avrebbero potuto danneggiare i fan e minare l’innovazione del settore stesso. Le preoccupazioni nacquero già nel 2009, a seguito dell’annuncio dell’operazione di M&amp;A, ma le parti coinvolte ed il Dipartimento di Giustizia americano raggiunsero un accordo che permise la finalizzazione dell’operazione. Tra le condizioni imposte dalla sezione antitrust figuravano la concessione in licenza della piattaforma di ticketing di Ticketmaster a AEG – uno dei più importanti promoter e gestore di venue&nbsp;negli Stati Uniti – ed il disinvestimento da parte della stessa di Paciolan – piattaforma che permetteva a molte location di avere una propria piattaforma di ticketing. L’intento di queste condizioni era quello di creare due nuovi concorrenti per Ticketmaster, ognuno con un diverso modello di business. Accanto a queste condizioni “strutturali” (così definite dallo stesso decreto del Dipartimento di Giustizia), vennero affiancate anche delle condizioni “comportamentali”, le quali, tra le altre, imponevano a Live Nation il divieto di impedire alle venue&nbsp;di scegliere piattaforme di ticketing alternative o di offrire il concerto-servizio di biglietteria all’interno di un unico “pacchetto”. Le condizioni precedentemente imposte sarebbero rimaste valide per un periodo temporale di 10 anni, ma nel 2019 tale durata fu prolungata di ulteriori 5 anni a seguito di presunte violazioni delle suddette condizioni da parte di Live Nation. Alle violazioni conseguirono altresì nuove obbligazioni per la compagnia, tra cui la nomina di una figura interna all’azienda – Antitrust Compliance Officer – e di una esterna ad essa col compito di monitorare il rispetto delle norme imposte. Il culmine di queste tensioni fu raggiunto il 23 maggio di quest’anno, data in cui il Dipartimento di Giustizia americano, insieme ai procuratori generali di 30 Stati d’America, citò in giudizio la società per aver monopolizzato il mercato dell’intrattenimento dal vivo, falsando la concorrenza del settore, arrecando dei danni agli stakeholder&nbsp;di riferimento e inibendo l’innovazione. Quest’ultimo aspetto fa riferimento, tra gli altri, all’incidente avvenuto durante le prevendite del tour americano di Taylor Swift svolte il 15 novembre 2022. Nonostante le alte commissioni imposte dalla biglietteria, furono riportati moltissimi disservizi durante la vendita dei biglietti e molte parti coinvolte si convinsero come l’accusata bassa qualità del servizio fosse conseguenza della mancanza di pressioni competitive da parte di credibili concorrenti. La richiesta del Dipartimento di Giustizia non fu tuttavia l’aumento dei vincoli e delle obbligazioni in capo a Live Nation – come avvenuto nel 2019 – bensì il disinvestimento di Ticketmaster e la cessazione di alcuni accordi pluriennali relativi all’utilizzo di certe location negli Stati Uniti.

La citazione in giudizio di Live Nation rientra nel più ampio spettro di indagini che l’amministrazione Biden sta conducendo nei confronti di diverse multinazionali statunitensi, accusandole di adottare comportamenti monopolistici. Tra queste figurano note multinazionali quali Google, Amazon, Apple e Meta. Rebecca Allensworth – un’esperta in materia di antitrust presso l’università Vanderbilt – ha dichiarato a Business Insider: “Si tratta sicuramente di un'agenda diversa da quella dei precedenti presidenti, credo che Biden stia dicendo che... il consolidamento e il potere che le grandi aziende hanno ottenuto negli ultimi 20, 30 anni non è un bene per il consumatore americano o per gli americani in generale. Penso che sia un tentativo deliberato di togliere un po' del potere di mercato che queste grandi aziende hanno accumulato”. Similmente, Ryan Sandrock – avvocato esperto in antitrust presso Shook, Hardy and Bacon ed ex avvocato del Dipartimento di Giustizia Americano – dichiara: “Penso che vedremo più nuove azioni in termini di indagini e contenziosi rispetto a qualsiasi altro anno precedente (…) Il volume delle attività antitrust è più alto che mai da quando ho iniziato a praticare nel 2003”.

Le accuse rivolte a Live Nation e alla sua controllata Ticketmaster sono molteplici. Il fulcro della tesi sostenuta dal Dipartimento di Giustizia americano risiede nella capacità di Live Nation di esercitare negli Stati Uniti un’influenza rilevante in tutte le principali fasi della filiera produttiva del settore dell’intrattenimento dal vivo grazie ad i preziosi asset di cui dispone – artisti, venue, servizi di biglietteria. Ciò avviene sia direttamente, attraverso la sua stessa attività o quella di società partecipate, che indirettamente, tramite accordi pluriennali con soggetti esterni al gruppo. Tra questi, viene citato l’Oak View Group – società di real estate che possiede e gestisce numerose venue&nbsp;negli Stati Uniti – la quale, secondo l’accusa, avrebbe potuto essere un potenziale concorrente del gruppo. Secondo il Dipartimento di Giustizia, questa presunta influenza rilevante permetterebbe a Live Nation, da un lato, di innalzare numerose ed insormontabili barriere all’entrata per i nuovi entranti e, dall’altro, utilizzare il proprio potere di mercato per sottrarre ulteriore terreno competitivo agli attuali concorrenti e praticare comportamenti non competitivi verso chi compia scelte non in linea con gli interessi economici della multinazionale. Con riferimento ad i nuovi entranti, viene ad esempio citato l’ostacolato ingresso nel mercato americano di TEG – società leader nel settore dell’intrattenimento dal vivo operante nell’area Asia-Pacifico – e l’acquisizione di diversi promoter locali indipendenti come United Concerts (2017), AC Entertainment (2016) o Logjam Presents (2023). Con riferimento invece agli attuali concorrenti, l’atto di citazione fa implicitamente riferimento al Barclays Center di New York, il quale a seguito del passaggio da Ticketmaster a SeatGeek – piattaforma di ticketing concorrente – quale biglietteria principale, sarebbe stata oggetto di presunti atti di ritorsione da parte di Live Nation, la quale avrebbe indirizzato altrove i propri concerti.

Sebbene le accuse mosse debbano ancora essere accertate dalle autorità competenti, è fuori dubbio come Live Nation sia in possesso di risorse di valore in grado di garantirle una posizione privilegiata all’interno del settore dell’intrattenimento dal vivo. Pollstar – data provider statunitense – suggerisce come 7 dei 10 tour dal più alto fatturato in territorio americano nel 2023 siano stati organizzati da Live Nation. La società vanta infatti nomi di prim’ordine nel proprio portafoglio di artisti, quali ad esempio Bruce Springsteen, Billie Eilish o Coldplay. La società ha poi un’influenza su 265 location in Nord America, tra cui 60 dei primi 100 anfiteatri della nazione – tipologia di location poco diffusa nel vecchio continente, ma molto utilizzata negli Stati Uniti. Basti pensare che AEG – società organizzatrice dell’acclamato tour di Taylor Swift – benché avesse una propria piattaforma di ticketing – AXS – reputò maggiormente conveniente affidare la prevendita a Ticketmaster. AXS dichiarò a CNBC: “Gli accordi esclusivi di Ticketmaster con la maggior parte delle venues del The Eras Tour ci hanno costretto a vendere i biglietti attraverso il loro sistema (...) non avevamo scelta”. Ticketmaster è infatti un ulteriore asset prezioso cui la compagnia può fare affidamento. Secondo stime di Bloomberg la quota di mercato di Ticketmaster negli Stati Uniti si aggirerebbe attorno al 60%. Similmente, anche Statista conferma il ruolo da protagonista di Ticketmaster nel mercato statunitense attraverso un sondaggio che mostra come il 61% degli intervistati abbia utilizzato la piattaforma nei 12 mesi precedenti l’intervista.

L’accusa pone particolare attenzione sulla presunta responsabilità di Live Nation per gli alti prezzi dei biglietti, conseguenza delle alte commissioni di vendita imposte da Ticketmaster, le quali graverebbero ingiustamente e sproporzionatamente sul consumatore finale. Attualmente le dinamiche di pricing interne al mercato del ticketing generano parecchia confusione tra i fan, i quali spesso non riescono neppure a discernere gli elementi che compongono e determinano il prezzo finale che sono chiamati a sostenere. Specialmente nel mercato americano le commissioni di vendita possono costituire una quota significativa del prezzo finale del biglietto, raggiungendo soglie maggiori anche del 20%. Questi fattori, uniti ai crescenti cachet degli artisti, al dynamic pricing, alla maggior disponibilità di pacchetti VIP e biglietti premium, contribuiscono ad incrementare il prezzo degli eventi dal vivo, cresciuto in media del 34% rispetto al 2018 secondo una stima di Apollo Global management – società d’investimento statunitense attiva nel private equity. È tuttavia incerto se l’eventuale disinvestimento di Ticketmaster possa davvero ridurre l’onere che i consumatori sono chiamati a pagare per partecipare agli eventi dal vivo, e l’opinione degli esperti è ambigua. Da un lato, maggior concorrenza instaurata tra più biglietterie potrebbe portare le aziende ad adottare delle strategie di costo per raggiungere un vantaggio competitivo, le quali determinerebbero una riduzione delle tariffe e delle commissioni richieste al mercato. George Howard – professore di music business e management presso il Berklee College – dichiara in proposito: “quello che possiamo sperare è più innovazione, la quale può potenzialmente portare a prezzi più bassi”. L’innovazione che può derivare da una maggior concorrenza nel mercato potrebbe infatti ridurre i costi sostenuti dalle aziende, le quali potrebbero offrire i propri servizi a prezzi maggiormente competitivi. Dall’altro lato però:“il prezzo dei biglietti è determinato dagli artisti e governato dalle forze di mercato”, come affermato da Curry Baker – analista presso Guggenheim. La quota principale del prezzo di un biglietto è infatti costituita dal cosiddetto face value, il quale riflette l’anticipo richiesto dall’artista in fase di negoziazione con il promoter. Non è possibile dire a priori che in un regime di mercato più concorrenziale le richieste degli artisti subirebbero delle variazioni. Allo stesso tempo, non è possibile escludere che le dinamiche di negoziazione tra diversi operatori possano portare addirittura ad una crescita degli stessi anticipi minimi riconosciuti agli artisti. Infine, data la posizione di rilievo che Ticketmaster occupa in territorio americano, molta attenzione viene concentrata sulle alte fees che questa richiede ai propri clienti. Potrebbe essere utile approfondire se queste alte commissioni di servizio siano riscontrabili anche rispetto ai principali concorrenti, come AXS o Seatgeek.

Accanto ai consumatori, anche molti artisti medio/piccoli stanno accusando le conseguenze della presunta condizione di monopolio di Live Nation. Tra questi Clyde Lawrence – frontman dei Lawrence – ha sottolineato al New York Times come un più ampio ecosistema di venue, promoter&nbsp;e biglietterie possa giovare a molti artisti. Sebbene le considerazioni del cantante si riferiscano all’intero mercato dei live, la posizione di leadership maturata da Live Nation le permetterebbe di fissare standard e best-practices nei rapporti promoter-artista in grado di influenzare il settore nel suo complesso. Nello specifico Clyde Lawrence ha denunciato la mancanza di trasparenza e accuratezza nelle modalità di ripartizione dei profitti dello show tra organizzatore e artisti. Secondo il cantante, infatti, la somma oggetto di spartizione non terrebbe conto di molte voci di ricavo maturate, quali ad esempio le commissioni di vendita della biglietteria, il food &amp; beverage o il merchandising, che comunque verrebbero in molti casi incassate da società direttamente o indirettamente controllate da Live Nation. Parallelamente ai ricavi, la somma oggetto di ripartizione non terrebbe conto neanche di molte voci di costo imputabili&nbsp;non al promoter, ma agli artisti stessi. L’esclusione di molti costi legati alle spese di viaggio ad esempio fa sì che l’utile non sia poi così remunerativo per molti artisti medio-piccoli. Questa specifica categoria è infatti quella che più soffrirebbe le dinamiche sopra menzionate, costringendo nel peggiore dei casi alcuni musicisti ad abbandonare i tour. Tra le proposte avanzate sul tema, spesso figura l’introduzione di una quota di biglietti la cui vendita venga controllata dagli artisti stessi, ad esempio attraverso appositi “fan club”.

Attualmente è difficile prevedere l’evoluzione del processo giudiziario. Secondo alcuni analisti di Morgan Stanley – banca d’investimento statunitense – è probabile che Live Nation presenti nei prossimi mesi una mozione di rigetto per alcune delle accuse presentate dal Dipartimento di Giustizia Americano. Nei prossimi anni verrà condotta la fase di indagini, la quale potrebbe portare ad un processo già a marzo 2026, secondo quanto riportato in un piano di gestione del processo presentato dalla sezione antitrust del Dipartimento di Giustizia, anche se come specificato da Arun Subramanian – giudice della corte distrettuale di New York – tale data non è affatto certa, data la complicata natura del caso. Sebbene il Dipartimento di Giustizia americano abbia proposto una situazione “strutturale”, quale il disinvestimento della controllata Ticketmaster, non è però da escludere che possano essere concordate altre tipologie di soluzioni che proibiscano l’adozione dei comportamenti anti-competitivi citati, quali ad esempio la sottoscrizione di accordi pluriennali con diverse venue&nbsp;degli Stati Uniti. Allo stesso tempo, la pressione esercitata dall’amministrazione Biden su molte multinazionali statunitensi potrebbe non trovare continuità ed affievolirsi con l’insediamento alla Casa Bianca del nuovo Presidente. Ad agosto di quest’anno però i procuratori generali di 10 nuovi Stati hanno deciso di affiancare i 30 già presenti ed il Dipartimento di Giustizia Americano nella lotta al colosso dell’intrattenimento dal vivo, rendendo quindi molto volatile qualsiasi previsione che possa sfociare nel lungo termine.&nbsp;Live Nation, da parte sua, ha sempre mostrato grande fiducia e sicurezza circa l’esito della sentenza, la quale prevede convergerà a suo favore. Joe Berchtold – CFO di Live Nation – ha dichiarato in una recente intervista: “Mi aspetto che avremo la meglio (…) Non credo che il processo che dovremo affrontare con il DOJ comporterà grandi cambiamenti nel nostro modo di operare”. Senza dubbio diversi anni saranno richiesti per risolvere la controversia, e noi tutti operatori del settore rimaniamo in attesa di nuovi sviluppi per scoprire l’evoluzione della vicenda, il cui esito ad oggi risulta tutt’altro che certo.

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Il caso Live Nation – Ticketmaster: il punto della situazione

Industria

Un sguardo approfondito sulla vertenza legale che potrebbe cambiare il mondo della musica dal vivo

Innovazione e cultura sono un binomio difficile.

E il mondo della finanza, nel nostro paese, lo ritiene un binomio addirittura difficilissimo: il riconoscimento dell’innovazione culturale è, pertanto, molto scarso. Da questa considerazione si può partire per analizzare la fragilità dell’ecosistema di supporto alle startup in Italia, soprattutto in ambito culturale e, quindi, musicale.

Scalare o non scalare?

Le startup che operano all’incrocio tra cultura, arte e tecnologia faticano a far riconoscere il proprio valore economico nei contesti istituzionali, bancari e imprenditoriali. La principale ragione è che il comparto creativo viene percepito come "non scalabile" o "troppo di nicchia", nonostante pubblico e utenza non manchino affatto. La conseguenza di questa presunta non-scalabilità è che, se la creazione di un algoritmo dedicato all’automazione diventa sinonimo di “innovazione” in modo del tutto naturale, altrettanto non si può dire della percezione di un progetto per una piattaforma orientata ai superfans.

E’ vero che quello italiano è un mercato finanziario che per dimensioni, tecnicismi e maturità non compete con l’élite mondiale; tuttavia sarebbe sbrigativo affermare che da noi manca il “funding”. La verità è che i fondi disponibili sono spesso orientati a settori più tech-driven, come il fintech e la mobilità. Potrebbero accorrere in soccorso dei progetti artistico-culturali i bandi e i fondi pubblici ma, come per troppi altri ambiti in Italia, assenza di agilità ed eccesso di burocrazia finiscono per rendere certi percorsi meno praticabili del dovuto. Un punto di collegamento ideale sarebbe una rete strutturata di angel investor che abbiano un autentico background di natura musicale o creativa. Purtroppo questo manca.

Bootstrappers

Tutto quanto sopra causa una conseguenza diffusa, ossia che molti fondatori autofinanziano la propria impresa oltre il necessario, con le migliori intenzioni ma rallentando la crescita. Più per necessità che per scelta, portano avanti il proprio progetto senza cercare supporti esterni e usando risorse minime anche quando potrebbero (o dovrebbero) provare a spiccare un salto verso il livello successivo. Fare tutto da soli significa lavorare con fondi propri, evitando round di investimento e crescendo in modo organico, controllato ma lento. Restare troppo tempo in una fase “artigianale” comporta perdere occasioni di crescita rapida, ma anche non potersi permettere di assumere talenti chiave per mancanza di budget e rinunciare a sviluppare tecnologie o prodotti scalabili. Insomma: “bootstrappare” è sano fino a un certo punto: anche con un’ottima idea, se non si aggiunge il motore del capitale il rischio di rimanere piccoli, poco visibili o bloccati diventa elevato.

Il peso della ‘vocazione’

In Italia, poi, ad una cultura artistica forte corrisponde una cultura imprenditoriale più fragile. Molte startup musicali italiane nascono da musicisti, manager, promoter con un background creativo o operativo. Hanno visione e passione, ma spesso mancano di strumenti imprenditoriali concreti: non conoscono bene le metriche di prodotto e incontrano due generi di problemi. Non tengono nel dovuto conto quanto sia importante a validare l’offerta prima di investire risorse e, a causa di certe carenze di know-how, sono poco disposti a “cambiare idea” se qualcosa non funziona. Un esempio: una piattaforma di booking è, di per sé, sicuramente una buona idea imprenditoriale in campo musicale; ma verificare che gli utenti siano disposti a pagare ciò che si intende proporre, che il modello sia compreso o che l’eventuale frizione tra domanda e offerta sia poi gestibile è una fase cruciale.

Raramente questi fondatori concepiscono il ‘pivot’ come un’opzione naturale, anzi: accade più spesso che a quel punto rinuncino. Eppure un pivot non equivale a un fallimento, semmai è un’iterazione intelligente. Di nuovo: dove non c’è capitale di rischio, l’ansia di sbagliare blocca la sperimentazione. Gli startupper si concentrano solo su ciò che “possono permettersi” e temono il fallimento di un’idea perché significherebbe “aver sprecato tutto”; evitano il rischio, proprio quando il rischio serve per crescere.

Trattare la musica più come arte o vocazione che non come terreno per un’innovazione metodica fa sì che molte startup munite di ottime idee e intuizioni non evolvano. Servirebbe maggiore formazione imprenditoriale nei contesti musicali; sarebbe auspicabile più contaminazione tra chi fa musica e chi fa startup; e si avverte la carenza di un buon numero di investitori e mentori con esperienza in questo incrocio.

Una filiera musicale disarticolata

Chi opera nell’industria musicale a stretto contatto con realtà e settori diversi è abituato a pronunciare o ad ascoltare la frase: “la musica, in Italia, è un mondo a sé”. E’ vero o è un alibi? Entrambe le cose. E’ conclamato che unità e senso di appartenenza non siano le maggiori virtù della filiera musicale nostrana: la comunicazione tra artisti, discografici, operatori del settore live ed editori è frammentaria e, spesso, caratterizzata da inutili divisioni (basti ricordare la folla di rappresentanti alle trattative col governo ai tempi dei sussidi per il covid). Dunque pensare che possano comunicare in modo fluido con gli imprenditori tecnologici e gli sviluppatori, che abitano un altro pianeta, rasenta l’utopia. E così le opportunità di co-progettazione o contaminazione sono rare e manca un “mercato di test” cooperativo che una startup possa frequentare per sperimentare con un’etichetta, una scuola di musica, un promoter. Non che non accada mai; però gli episodi sono una cosa, ben altro è un vero ecosistema. E’ anche in questo modo che le startup musicali finiscono ai margini dell’industria tradizionale.

Marketing e creatività: due sport diversi

Si invoca spesso una maggiore contaminazione tra mondi differenti: tanti progetti nascono da musicisti, tecnologi o creativi con poca esperienza imprenditoriale - viceversa, chi ha effettive competenze di business spesso non conosce le dinamiche dell’industria musicale. 
Si avverte, dunque, la mancanza di una ‘mentorship’ diffusa e specializzata, il cui effetto consisterebbe nel diffondere una discreta formazione imprenditoriale.

Privi di un vero ecosistema, gli startupper musicali scontano la debolezza nel cosiddetto “go-to-market”: nonostante molte nuove aziende italiane abbiano buone idee, non dispongono di chiare strategie di marketing e faticano a definire con precisione il problema reale che si prefiggono di risolvere.

La creatività non basta se non si accompagna a una cultura del test, del dato, del pivot.

L’accesso a dataset significativi consente di condividere metriche di settore importanti come conversioni, retention, dinamiche di prezzo e di partecipare a comunità di startup o incubatori verticali che aiutano a imparare dagli altri. Parametri come il Customer Lifetime Value (CLTV), che esprimono il valore totale che un cliente porta a un'azienda nell’arco del tempo in cui continuerà a usare il suo prodotto o servizio, sono fondamentali nella comprensione di quanto si può spendere per acquisirlo, quanto conviene che la fidelizzazione prevalga sulle vendite una tantum, quali clienti sono più preziosi (segmentazione) e, in ultima analisi, se un modello di business è sostenibile nel lungo periodo.

In una fase “early stage” la rapidità dei feedback è essenziale per validare i test, incrementare l’apprendimento e apportare modifiche e miglioramenti. In Italia questo accade di rado e il riscontro dal mercato arriva tardi, lentamente e in modo disomogeneo.

In mancanza di confronto, ogni errore sembra isolato. E ogni successo sembra casuale.

Denaro, visione e industria

Dunque: storie di musica e impresa spesso straordinarie ancora più spesso, non ce la fanno nemmeno a partire davvero. Perché?

Le startup italiane nella musica, e nella cultura più in generale, non mancano decisamente di idee, creatività o passione, ma dove spesso inciampano è nella mancanza di connessioni abilitanti e strutturate tra tre elementi chiave: il capitale (denaro), la visione (strategia) e il sistema (l’industria, le reti, le policy).

Il risultato è un cortocircuito: la cultura innova, ma non scala. E un Paese ricco di talento rischia di perdere opportunità decisive perché le startup culturali soffrono di isolamento sistemico. Manca un ecosistema che faccia dialogare in modo fluido e continuativo l’energia creativa, il capitale privato e i player istituzionali; un sistema che sappia finanziare e integrare l’innovazione culturale. Senza queste connessioni abilitanti, l’innovazione culturale resta artigianale, fragile, spesso invisibile e molte iniziative brillanti rimangono condannate alla marginalità, all’isolamento o a precoci interruzioni.

Come parte attiva dell’industria musicale e come rappresentanti centrali del sistema dei media che le ruota intorno, proveremo a fare la nostra parte fin dai prossimi giorni. Il nostro ruolo ci consente di diffondere la consapevolezza del problema e la presenza dell’opportunità che le startup musicali italiane rappresentano, di offrire un’esposizione significativa ai loro fondatori e di attivare connessioni tra mondi diversi per i quali rappresentiamo un punto di informazione comune. E questo ruolo utilizzeremo fin dai prossimi giorni con una call to action dedicata.

Music startups: la distanza tra idea, mercato e capitale

La cultura e l’infrastruttura adatte che in Italia stentano ad affermarsi

Il CEO di FIMI Enzo Mazza è intervenuto oggi, mercoledì 7 maggio, davanti alle Commissioni riunite Trasporti e Attività produttive della Camera nell'ambito&nbsp;dell'esame del disegno di legge, approvato dal Senato, recante disposizioni e&nbsp;deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale. "L'intelligenza artificiale generativa rappresenta anche una potenziale opportunità, già in parte utilizzata nel settore, ma il tema più rilevante è il diritto d'autore e la necessità di garantire la tutela delle imprese e degli&nbsp;aventi diritto da questo saccheggio che è sostanzialmente incorso da parte delle piattaforme dei contenuti che vengono utilizzati per addestrare i propri sistemi", ha spiegato, come riferito da AGCult, Mazza: “Le piattaforme hanno rastrellato tutto quello che era esistente utilizzandolo per addestrare piattaforme che oggi generano contenuti in competizione con contenuti legittimi, quindi si tratta probabilmente del più grande furto del XX e del XXI secolo di contenuti tutelati dai diritti d'autore, di cui ovviamente una gran parte sono contenuti italiani, tra cui contenuti musicali, cinematografici e televisivi”.

Fondamentale, per Mazza, è che “che l'AI Act, il Regolamento Europeo, e le norme nazionali siano coordinate. Oggi la normativa italiana in alcuni casi sembra ridondante, quindi&nbsp;dovremmo avere una norma unica”.

Mazza (FIMI): ‘Tutelare diritti dalle piattaforme AI’

Il CEO di Federazione Industria Musicale Italiana in audizione oggi alla Camera

Anche quest'anno l'esclusiva sulle dirette streaming del Primavera Sound è in capo ad Amazon, che&nbsp;trasmetterà il festival sia su Prime che sul suo canale Twitch. Oltre alle performance dal vivo, saranno disponibili anche contenuti backstage e interviste agli artisti.&nbsp;

La società di Jeff Bezos ha dimostrato un grande interesse per la trasmissione live&nbsp;o in differita degli eventi musicali: accordi simili erano già stati stipulati in passato con <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751167/stagecoach-ancora-a-amazon-music-la-diretta">Stagecoach</a> e, sul fronte italiano, l'anno scorso ha stabilito un accordo con il <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-745668/amazon-music-rinnovata-la-collaborazione-con-il-red-valley-fest">Red Valley Festival</a> di Olbia per pubblicare&nbsp;degli Amazon Music Originals dalla performance di ciascuno degli artisti che si esibivano nel corso della kermesse.

Anche quest'anno, il Primavera Sound sarà trasmesso da Amazon

Per il quarto anno di fila, Amazon trasmetterà il festival su Prime e su Twitch

Sesh&nbsp;è una delle startup che puntano a sbloccare il mercato dei <a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/superfans-259644">superfans</a> per gli artisti, e da poche settimane può contare su un round di finanziamento da 7 milioni di dollari che è stato guidato dalla società d’investimento Miura Global (vi hanno partecipato anche angel investor provenienti dai settori della musica e della tecnologia).

La startup afferma di lavorare già con oltre 250 artisti che insieme totalizzano più di 750 milioni di ascoltatori mensili su Spotify. Il suo approccio alle community di superfans&nbsp;ruota attorno a una “Member Card” che gli artisti condividono tramite un link tracciabile.

I fan la scaricano poi nel wallet del proprio telefono e ricevono notifiche push dirette dall’artista. Esiste anche un’app che offre “spazi gamificati” per le fanbase degli artisti, oltre a integrazioni con TikTok e Spotify.

Ma il recente round da 7 milioni di dollari raccolto da <a href="https://www.joinsesh.ai/">Sesh</a>&nbsp;è solo l’ultimo segnale della crescente attenzione verso il mercato dei superfans: quel 10–20% più attivo e coinvolto del pubblico musicale, capace di generare oltre il 70% della spesa complessiva in musica registrata, secondo Universal Music Group.

Sesh – che nel linguaggio colloquiale britannico è una forma abbreviata e informale di “session” ma che in slang indica anche una sessione prolungata di bevute e divertimento - si inserisce in una corsa già affollata ma in pieno fermento. Accanto a essa, spiccano realtà come:

<ul>
	<li><a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/weverse-498753">Weverse</a> (HYBE): la piattaforma che ha consolidato il modello coreano del fan-engagement, con oltre 150 milioni di download globali e 162 community di artisti. Offre contenuti esclusivi, live, merch e livelli di abbonamento a pagamento.</li>
	<li><a href="https://musicbiz.rockol.it/tutto-su/stationhead-483967">Stationhead</a>: basata su audio live, consente agli artisti di condurre “radio sociali” con i propri fan, monetizzando tramite ascolti e interazioni. È stata adottata da star come Nicki Minaj e BTS.</li>
	<li><a href="https://musicbiz.rockol.it/news-740460/fave-ha-lanciato-fanfinder">Fave</a>: startup americana che consente ai fan di guadagnare “badge” e status partecipando attivamente alla community, con logiche di gioco e riconoscimento.</li>
</ul>

Tutte queste piattaforme — compresa Sesh — condividono un obiettivo comune: disintermediare il rapporto artista-fan, offrendo strumenti diretti per comunicare, coinvolgere e monetizzare al di fuori dei circuiti tradizionali (streaming, social network mainstream).

Il segmento sembra destinato a crescere rapidamente, sospinto anche da colossi come Spotify, che ha annunciato il lancio imminente di superfan clubs, e Warner Music Group, che sta testando la propria app dedicata agli artisti e alle fanbase più fedele.

Superfans: cosa fa esattamente Sesh

La startup ha recentemente raccolto investimenti per 7 milioni di dollari

Manifest Financial, una nuova piattaforma di soluzioni finanziarie creata esclusivamente per i&nbsp;creator, ha annunciato qualche giorno fa il lancio della sua app mobile per il "business banking".&nbsp;

Già disponibile su iOS e Android, Manifest Financial è pensata per risolvere le sfide finanziarie uniche della creator economy, di cui si stima un valore di mercato pari a mezzo trilione di dollari entro il 2027: parliamo di flussi di reddito frammentati, ritardi nei pagamenti e mancanza di servizi bancari adeguati da parte delle banche tradizionali. E gestire entrate provenienti da brand, merchandising, donazioni del pubblico e altre fonti resta una sfida su più piattaforme.

<a href="https://manifestfinancial.com/">Manifest Financial</a>&nbsp;combina una profonda esperienza finanziaria con una reale comprensione delle esigenze dei creator. Fondata da Michael Cavallaro, con una lunga carriera in fintech, banking e media, e da Manny Alvarez, esperto fintech di rilievo nazionale ed ex Commissario per le banche della California, Manifest offre soluzioni pensate su misura in un ecosistema di strumenti pensati per le esigenze specifiche della creator economy:

<ul>
	<li>monitoraggio finanziario integrato: gestire pagamenti, spese e fatture in un’unica app, separando le finanze personali da quelle professionali</li>
	<li>supporto per la dichiarazione dei redditi: categorizzazione e tracciamento delle spese per semplificare la fiscalità</li>
	<li>depositi diretti rapidi: collegamento diretto alle piattaforme dei creator per ricevere pagamenti più velocemente</li>
	<li>trasferimenti peer-to-peer: invio e ricezione di denaro tra creator in modo veloce e sicuro</li>
	<li>strumenti di risparmio semplificati: funzioni come “arrotondamento” e “salva per le tasse” per costruire stabilità</li>
	<li>fatturazione e mance integrate: creazione e gestione di fatture professionali con pochi clic e possibilità di ricevere mance dal pubblico</li>
</ul>

A margine, è recente anche l’annuncio di due partnership strategiche: una con hoo.be, il tool esclusivo su invito per i link-in-bio destinato a brand e creator, e una con Too Lost, importante distributore musicale. Attraverso la partnership con hoo.be&nbsp;– piattaforma usata da migliaia di creator, influencer e brand per semplificare la propria presenza digitale – Manifest integra le sue soluzioni finanziarie B2B direttamente nell’ecosistema hoo.be. In questo modo i&nbsp;creator&nbsp;ottengono depositi diretti rapidi e trasferimenti peer-to-peer più veloci, risolvendo nodi critici della gestione finanziaria.

Manifest ha inoltre siglato un accordo con Too Lost, piattaforma di distribuzione musicale al servizio di oltre 250.000 artisti ed etichette indipendenti in tutto il mondo. L’obiettivo è portare chiarezza finanziaria all’interno del settore musicale, dove i flussi di denaro sono spesso imprevedibili e la collaborazione è costante. Questa integrazione permette agli artisti di tracciare entrate diversificate, automatizzare pagamenti e gestire tutto da un’unica piattaforma.

Il music fintech è un settore in espansione, almeno per quanto riguarda il numero crescente di startup che stanno emergendo. In particolare, prima di Manifest Financial, aveva già fatto un po’&nbsp;di rumore Belong, fondata da&nbsp;Nick Holmstén&nbsp;(ex dirigente Spotify), che adotta un approccio opposto ma complementare: mette al centro i fans. L’idea è creare per loro un&nbsp;ambiente digitale sicuro e curato&nbsp;dove possano supportare i propri artisti preferiti, con contenuti esclusivi, community e interazioni privilegiate. Non si tratta di banking in senso tradizionale, ma di un ecosistema che consente agli artisti di monetizzare relazioni profonde attraverso offerte mirate ai superfans. Qui, il denaro non viene gestito per “fare impresa”, ma per&nbsp;alimentare appartenenza e supporto.

In sintesi, se&nbsp;Manifest&nbsp;si rivolge a chi&nbsp;genera valore e ha bisogno di strumenti professionali,&nbsp;Belong&nbsp;costruisce valore sul lato di chi&nbsp;lo sostiene. Entrambe nascono da una consapevolezza comune: il sistema bancario tradizionale è inadatto a gestire i flussi economici della nuova economia culturale digitale.

Manifest Financial, una app bancaria per creator

Un mercato in espansione: anche un ex Spotify nell'arena

Marta Fantin ha annunciato di aver lasciato il team di Dice Italia, dove dal luglio del 2022 ricopriva il ruolo di Director of Partnerships.

“E’ stato un viaggio bellissimo e indimenticabile, pieno di persone fantastiche, a tratti impegnativo (come affrontare una pandemia a soli due mesi dal lancio), ma profondamente gratificante, sia a livello personale che professionale”, ha fatto sapere Fantin sulla propria pagina LinkedIn personale: “Nel corso degli anni, abbiamo costruito qualcosa di cui sono davvero orgogliosa: vedere DICE diventare così popolare, fino a essere un punto di riferimento per la cultura indipendente e l'intrattenimento dal vivo. E’ una cosa incredibilmente commovente. Voglio ringraziare ogni collega, locale, festival, promoter e artista con cui ho lavorato e da cui ho imparato”.

“Ora non vedo l'ora di iniziare il prossimo capitolo, di cui parlerò molto presto”, ha concluso Fantin, lasciando intuire di aver deciso di continuare la propria carriera nel settore.

Laureata in Scienze della Comunicazione all’Università di Bologna, dopo un’esperienza come Web Editor e Social Media Producer a MTV Italy tra il 2008 e il 2009, Fantin è entrata in Attractive prima come Ticketing Manager poi come Head of E-Commerce: dopo essere entrata in DICE Italy nel 2019 come Account Manager, tra il 2021 e il 2022 ha ricoperto il ruolo di Music Lead e Head of Music, per poi essere nominata Director of Partnership.

Dice Italy, esce Marta Fantin

‘E’ stato un viaggio bellissimo e indimenticabile’

Sugar Music ha presentato i nuovi loghi (nelle foto, qui sotto): creata da Cabinet Milano e Nicola Narbone, la nuova identità visiva del gruppo - ha spiegato l’azienda - è stata declinata sia per la divisione discografica della società, Sugar Music, che per quella editoriale del gruppo, Sugar Music Publishing.

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“Ogni stagione ha la sua estetica, un modo di esprimersi che riflette il cambiamento in atto”, ha spiegato&nbsp;in una nota Filippo Sugar, Chairman e CEO di Sugar Music: “Cambiamento è la parola chiave qui in Sugar: sinonimo di apertura mentale e ricerca costante, di percorso più che di arrivo. Dal 1932, è un valore che ci accompagna verso sfide e scoperte che danno senso al nostro lavoro. Siamo felici di presentare la nuova identità visiva e logo del Gruppo Sugar, declinato in bianco per l’etichetta discografica Sugar Music e in blu per la casa editrice Sugar Music Publishing. Un nuovo abito per una nuova stagione, che non vediamo l’ora di vivere insieme”.

Lo studio Cabinet Milano è stato fondato nel 2018 da Rossana Passalacqua (direttrice creativa già titolare di diverse consulenze in ambito editoriale) e Francesco Valtolina (creative director, graphic designer e docente già legato professionalmente a marchi come Pirelli, Memphis Milano, Louis Vuitton, Hermes e Moncler).

Nuovi loghi per Sugar Music

Presentata la nuova identità visiva del gruppo indipendente italiano

Uscito nel 1985, “La vita è adesso” - decimo album di studio di Claudio Baglioni - resta ancora oggi uno dei prodotti discografici di maggior successo nella storia della canzone italiana, con oltre 4,5 milioni di copie vendute e 27 settimane in vetta alle classifiche del nostro Paese: il quarantesimo anniversario dalla pubblicazione dell’opera viene celebrata con due iniziative speciali firmate da Sony Music Italy e da Edizioni Curci.

La filiale italiana della major ha reso disponibile in queste ore un doppio vinile in confezione gatefold e 4 formati differenti CD e digitale del titolo, con 11 tracce interamente risuonate e cantate in studio – dal vivo – con nuovi arrangiamenti: nella tracklist è inclusa anche “Il sogno è sempre”, definitivo dalla label “sequel narrativo tra il progetto di allora e l’idea di oggi”.

Questo l’elenco dei brani inclusi:

1) &nbsp; Un nuovo giorno o un giorno nuovo 
2) &nbsp; L’amico e domani 
3) &nbsp; Uomini persi 
4) &nbsp; La vita è adesso 
5) &nbsp; Tutto il calcio minuto per minuto 
6) &nbsp; Andiamo a casa 
7) &nbsp; Amori in corso 
8) &nbsp; E adesso la pubblicità 
9) &nbsp; Un treno per dove 
10) &nbsp; Notte di note, note di notte 
11) &nbsp; Il sogno è sempre

La cover e i booklet della pubblicazione “ripercorrono la narrazione che collega passato, presente e futuro, attraverso il concept e le foto scattate in studio, durante le registrazioni dell’album, dal fotografo di fama internazionale Toni Thorimbert”, che firmò anche la copertina e il corredo fotografico della pubblicazione del 1985.

Sempre per celebrare la ricorrenza Edizioni Curci renderà disponibile, a partire dall’11 giugno, il cofanetto super deluxe a edizione limitata (ad appena mille copie) “La vita è adesso, il sogno è sempre”. Il prodotto comprende tre contenuti speciali, a cominciare dal table book (31,5x31,5 cm) di Emiliano Ponzi, uno dei maggiori artisti visivi contemporanei italiani, in cui le tavole dell’artista - come recitano le note di presentazione - “captano, interpretano e ridisegnano i temi e le intuizioni delle canzoni de ‘La vita è adesso’ trasformando le liriche di Baglioni in immagini di altrettanta straordinaria intensità. Ogni illustrazione è un invito a riscoprire lo spirito dell’album che, intercettando i sogni dell’Italia degli anni Ottanta, giunge ai nostri giorni con la stessa e intatta capacità di parlare ancora al cuore di tutti. Un oggetto da collezione in edizione lusso, in cui le figurazioni di Emiliano Ponzi si accostano a frasi estratte dalle composizioni in un armonico flusso emotivo. La creazione di quadri istantanei che raccontano relazioni, sentimenti, gesti e fatti di vita quotidiana, in bilico tra desideri e ricordi’.

Il cofanetto include inoltre la versione del doppio vinile nero (180 gr), comprensivo di booklet, de “La vita è adesso, il sogno è sempre”, nella nuova edizione con cui Sony Music Italy celebra i 40 anni di questo album, che include una cartolina d’autore, siglata da Claudio Baglioni, “in cui il tratto di Emiliano Ponzi s’intreccia con la firma autografa del cantautore, in una simbolica fusione dei due artisti e della loro arte, uniti in un messaggio di saluto e gratitudine verso il pubblico di ascoltatori”.

Claudio Baglioni

Claudio Baglioni celebrato da Sony Music ed Edizioni Curci

Per i quarant’anni di ‘La vita è adesso’

A partire dal 1 gennaio 2026 e per i successivi cinque anni, tutti gli eventi live di Andrea Bocelli saranno prodotti e promossi da&nbsp;AEG Presents. Il roster dell'agenzia&nbsp;è impressionante: organizza festival del calibro del Coachella e di Summer Time a Londra, ma produce anche i tour mondiali di artisti come Taylor Swift, Ed Sheeran, Elton John, Paul McCartney, Rolling Stones, Celine Dion, Justin Bieber&nbsp;e molti altri.&nbsp;

L'accordo è stato fortemente voluto da AEG Presents, come racconta il CEO Jay Marciano: "Sono volato personalmente in Italia durante il Coachella per conoscere Andrea e il suo management nel loro ambiente.&nbsp;È un privilegio accogliere nella nostra casa Andrea e accompagnarlo in un nuovo viaggio che alzerà ulteriormente l’asticella della sua arte". Grande soddisfazione anche da parte dei co-manager Veronica Berti e Francesco Pasquero: "Abbiamo scelto AEG Presents per entrare nel gotha della musica globale: un gruppo che non solo ha dimostrato visione e solidità, ma ha anche determinazione e volontà nel chiudere questo deal. È un traguardo importante per noi, per l’Italia e per la musica italiana nel mondo".

Dal punto di vista discografico, invece, resta solido il legame con Universal Music Group e quello storico con Sugar Music, che detiene i diritti del catalogo di Bocelli ai tempi dei suoi esordi.

Andrea Bocelli: un accordo quinquennale con AEG Presents

Tra le agenzie più importanti al mondo nell'ambito del live, produrrà tutti gli eventi del tenore

Il lento sold out non è un flop: è il nuovo successo (programmato). O, almeno, così ci si spiegano certe vendite di biglietti non proprio fulminee. E il lingo&nbsp;dell’industria del live evolve e si adatta alla realtà: ecco perchè oggi parliamo di “slow sell”.&nbsp;Questa la narrativa in sintesi: se un tempo il sold out immediato era l'unico parametro di successo per un tour, oggi il paradigma sta cambiando e sempre più spesso le vendite dei biglietti si distribuiscono nel tempo.

Slow sell: funzionamento e meccanismi

L​o&nbsp;slow sell&nbsp;è una strategia di ticketing sempre più adottata nell’industria del live, soprattutto in mercati maturi o in segmenti ad alto valore. C​os'è, perché si usa e quando è più vantaggiosa rispetto alla vendita tradizionale?

Lo slow sell&nbsp;è l’opposto del modello “tutto esaurito in pochi minuti”: invece di puntare a vendere rapidamente tutti i biglietti appena messi in vendita, si sceglie deliberatamente di vendere i biglietti in modo graduale, controllato e distribuito nel tempo. La logica strategica consiste nel:

1.&nbsp;Massimizzare il ricavo per biglietto (e non il volume totale), perché:

<ul>
	<li>vendere lentamente consente di testare la domanda reale e&nbsp;aggiustare i prezzi dinamicamente;</li>
	<li>si lascia spazio a più ondate di acquirenti (early fans, general public, last minute).</li>
</ul>

2.&nbsp;Evitare il secondary market aggressivo:

<ul>
	<li>se si vende tutto subito a prezzo fisso, si dà spazio ai bagarini online;</li>
	<li>lo slow sell, unito al pricing dinamico o personalizzato,&nbsp;riduce le opportunità per il bagarinaggio digitale.</li>
</ul>

3.&nbsp;Estendere la finestra promozionale:

<ul>
	<li>una vendita rapida concentra l’hype ma accorcia la visibilità;</li>
	<li>lo slow sell permette una promozione continuativa,&nbsp;aumenta la copertura mediatica e stimola vendite anche in fasi successive.</li>
</ul>

4.&nbsp;Permettere l’inserimento di fasce e pacchetti a valore aggiunto:

<ul>
	<li>pacchetti VIP, accessi early entry, esperienze esclusive possono essere&nbsp;rilasciati gradualmente&nbsp;per stimolare nuovi cicli di domanda.</li>
</ul>

Non una strategia per qualsiasi tour

Lo ‘slow sell’ si rivela una strategia più vantaggiosa dello schema tradizionale in casi precisi, ossia:

<ul>
	<li>Quando&nbsp;la domanda non è garantita, ma potenzialmente alta se ben coltivata (artisti emergenti, ritorni, tournée particolari).</li>
	<li>Quando si ha&nbsp;flessibilità nel pricing, ad esempio con piattaforme che gestiscono&nbsp;dynamic pricing o waitlists.</li>
	<li>Quando si punta a&nbsp;massimizzare il valore medio per biglietto, non solo il sold out.</li>
	<li>Quando si vuole&nbsp;prolungare la narrativa&nbsp;attorno all’evento: coinvolgere media, influencer, campagne social in più fasi.</li>
</ul>

E’ invece&nbsp;meno indicata:&nbsp;

<ul>
	<li>Se l’artista ha un’audience limitata o volatile: si rischia di non creare mai l’effetto scarsità.</li>
	<li>Se ci sono vincoli temporali o logistici (venue da confermare, calendario troppo fitto).</li>
	<li>Se i canali di distribuzione sono rigidi e poco adatti alla modulazione (es. rivenditori tradizionali senza pricing flessibile).</li>
</ul>

Beyoncé e lo slow sell adattivo

Ma quando&nbsp;lo ‘slow sell’ è una strategia effettivamente nativa e quando, invece, è una mossa adattiva e difensiva? E’&nbsp;una domanda che in questo nuovo contesto è suggerita soprattutto dal <a href="https://www.rockol.it/news-751548/cowboy-carter-tour-beyonce-setlist-video-blue-ivy-rumi-carter">"Cowboy Carter Tour" di Beyoncé, lanciato a fine aprile 2025</a>: sebbene Live Nation sottolinei che ne sia stato venduto il 94% dei biglietti e siano state aggiunte nuove date a Las Vegas, la percezione pubblica e mediatica è parecchio più sfumata di così. E’&nbsp;accaduto che alcuni biglietti per le date americane sono scesi sotto i 60 dollari, una cifra sorprendente considerando che durante il Renaissance Tour del 2023 i prezzi partivano da 115 dollari. Ciò ha generato malcontento tra quei fans (molti) che avevano acquistato i biglietti in anticipo a prezzi più&nbsp;alti. La situazione è stata poi aggravata da problemi tecnici su Ticketmaster e da una politica di prezzi dinamici che ha fatto lievitare i costi iniziali.&nbsp;

Prezzi iniziali altissimi: aspettative vs realtà

Quando Beyoncè ha annunciato il Cowboy Carter Tour, i prezzi dei biglietti erano tra i più&nbsp;alti di sempre per un'artista in tour. Si parlava di oltre 200-300 dollari per i posti base, con le sezioni premium che superavano facilmente i 1.000 dollari grazie al dynamic pricing. Questa scelta sembrava poggiarsi sulla scia del successo colossale del Renaissance Tour, che aveva generato quasi 580 milioni di dollari. L'aspettativa era chiara: tutto esaurito rapido, domanda travolgente, posizionamento da luxury experience. Ma qualcosa è&nbsp;andato diversamente. Alcuni fattori possono avere inciso:

<ul>
	<li>il sound country del nuovo album ("Cowboy Carter"), meno mainstream per parte della fanbase;&nbsp;</li>
	<li>l'inflazione e l'affaticamento del pubblico nei confronti dei prezzi live post-pandemia;&nbsp;</li>
	<li>
	la saturazione del mercato con altri tour di grandi nomi nello stesso periodo.
	</li>
</ul>

Fatto sta che, d​opo il lancio iniziale, le vendite sono rallentate&nbsp;e Beyoncè e Live Nation hanno corretto la strategia: svendite last minute (anche sotto i 60 dollari in alcuni casi), promozioni mirate, rilascio a scaglioni dei biglietti. Quindi: slow sell nativo o adattato? 
In questo caso non si è trattato di uno slow sell nativo, progettato fin dall'inizio per diluire le vendite nel tempo. Piuttosto, si è trattato di un riposizionamento adattivo: una risposta a un mercato meno reattivo del previsto, con una transizione verso lo slow sell&nbsp;come strategia di salvataggio per ottimizzare incassi e riempimento arene. Non un piano, ma una mossa in difesa; intelligente, anche, ma con un obiettivo chiaro: riempire comunque gli stadi, anche senza l'illusione del sold out in 10 minuti. 
 
Conclusioni 
Quella che alimenta lo "slow sell"&nbsp;è&nbsp;un​a logica commerciale che desidera essere anche sostenibile, secondo questo razionale: in un contesto di prezzi elevati, portafogli sotto pressione e sovraccarico di offerta live, vendere bene nel tempo è meglio che vendere subito e rischiare il vuoto dopo. L'importante è il risultato finale: arene piene, fans soddisfatti e incassi record. E’&nbsp;come se l'urgenza costruita artificialmente dal tutto esaurito in un’ora non sia più necessaria - e, forse, nemmeno più&nbsp;credibile. Lo&nbsp;slow sell&nbsp; sposta il focus dal “tutto esaurito” immediato alla costruzione di valore nel tempo, ed è tanto più efficace quanto più si padroneggia il controllo su prezzo, comunicazione e accesso diretto ai fans. Ecco perché tende a massimizzare il ricavo per biglietto rispetto all’incasso totale.

'Slow Sell': una nuova strategia per live e ticketing

Ha fatto riflettere, e fa discutere, il caso del Cowboy Carter Tour di Beyoncé

Nel 2024 SCF, la collecting dedicata ai diritti connessi per produttori e discografici, ha ripartito ai propri associati oltre 51 milioni di euro, cifra superiore del 7,7% a quella registrata l’anno precedente. In particolare, la&nbsp;quota di ripartito ai produttori ha superato i 42 milioni di euro, "in significativo aumento" - precisa la società - rispetto al 2023.

“Questo risultato è stato sostenuto da una crescita a doppia cifra dei diritti connessi (+19,3%), trainata sia dal settore Broadcasting e Web (+12,6%) sia dal comparto del Public Performance&nbsp;(+27,4%), che ha più che compensato la contrazione registrata nel ripartito di copia privata (-15,4%), conseguente al calo delle vendite di dispositivi digitali”, ha spiegato in una nota ufficiale la stessa SCF, che - sempre nel 2024 - ha ripartito 9,1 milioni di euro alle collecting di produttori e artisti dai quali ha ricevuto mandato: “Conseguentemente, la base degli utilizzatori ha superato oltre i 200.000 soggetti, segnando +210% rispetto al 2008 grazie a un costante lavoro di sensibilizzazione e acquisizione, anche tramite attività legali mirate e azioni antipirateria. Prosegue anche il rafforzamento della base rappresentata da SCF: nel 2024 si è registrata una crescita significativa dei mandanti, soprattutto tra i produttori discografici indipendenti sia locali sia internazionali rappresentati da società intermediarie, posizionando sempre più SCF come la principale collecting di riferimento per i produttori indipendenti”.

“Il bilancio del 2024 rappresenta un importante punto di equilibrio tra crescita, efficienza e innovazione”, ha dichiarato il DG di SCF Mariano Fiorito, che lo scorso marzo aveva annunciato una <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750854/scf-nuova-riduzione-dell-aggio-su-broadcast-e-web-2025">nuova riduzione dell'aggio su Broadcast e Web a partire dal 2025</a>: “Siamo riusciti a incrementare le ripartizioni, rafforzare la rete internazionale, ridurre ulteriormente gli aggi e offrire ai nostri mandanti strumenti sempre più evoluti per l’analisi delle royalties: la conferma dell’Italia come settimo paese al mondo per i diritti connessi - <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750752/discografia-nel-mondo-e-in-italia-andamento-mercati-nel-2024">come riporta IFPI nel recente Global Music Report</a> - è il segnale più forte del lavoro di sistema che stiamo portando avanti con coerenza. Continueremo su questa strada, con l’obiettivo di valorizzare il repertorio italiano in ogni sua forma".

SCF, nel 2024 ripartizioni a quota 51 milioni di euro

In crescita del 7,7% su base annua

L'associazione Green Music Australia ha commissionato un report sul cambiamento climatico e sull'impatto che ha sull'industria del live del paese che, come sappiamo, al momento è tra i più colpiti dagli eventi estremi. I risultati sono sorprendenti: l'85% degli intervistati ha dichiarato che nell'ultimo anno ha avuto a che fare con un evento climatico estremo durante la partecipazione a un festival musicale. Il 13% di loro ha dichiarato che ha deciso di partecipare a meno eventi all'aperto proprio a causa del clima impazzito, e il 34% si dichiara "più cauto" nell'acquistare biglietti.

Non solo: dal 2015 a oggi oltre 50 festival australiani sono stati cancellati o rimandati a causa del meteo estremo, di cui addirittura 26 nel solo mese di febbraio scorso, quando il ciclone Alfred si è abbattuto sull'Oceania. Preoccupa in particolare il fenomeno del cosiddetto "Rain, heat, repeat", ovvero l'alternanza di caldo torrido e piogge torrenziali, che ormai caratterizza la primavera e l'estate anche nelle fasce geografiche che una volta erano definite temperate. Che l'Europa si avvii verso lo stesso destino?

Un report sull'impatto del climate change sull'industria del live

Lo fa Green Music Australia, focalizzandosi soprattutto sul fenomeno detto "Rain, heat, repeat"

Alessandra Amoroso ha rinnovato l’accordo che la lega discograficamente a Sony Music Italy: a darne annuncio è stata la stessa filiale italiana della major guidata da Andrea Rosi per mezzo di un post sui propri canali social ufficiali.

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 <div style="padding:16px;"> <a href="https://www.instagram.com/epicrecordsitaly/p/DJRGfb_KyMB/?utm_source=ig_embed&amp;utm_campaign=loading" style=" background:#FFFFFF; line-height:0; padding:0 0; text-align:center; text-decoration:none; width:100%;" target="_blank"> <div style=" display: flex; flex-direction: row; align-items: center;"> <div style="background-color: #F4F4F4; border-radius: 50%; flex-grow: 0; height: 40px; margin-right: 14px; width: 40px;"></div> <div style="display: flex; flex-direction: column; flex-grow: 1; justify-content: center;"> <div style=" background-color: #F4F4F4; border-radius: 4px; flex-grow: 0; height: 14px; margin-bottom: 6px; width: 100px;"></div> <div style=" background-color: #F4F4F4; border-radius: 4px; flex-grow: 0; height: 14px; width: 60px;"></div></div></div><div style="padding: 19% 0;"></div> <div style="display:block; height:50px; margin:0 auto 12px; width:50px;"><svg width="50px" height="50px" viewBox="0 0 60 60" version="1.1" xmlns="https://www.w3.org/2000/svg" xmlns:xlink="https://www.w3.org/1999/xlink"><g stroke="none" stroke-width="1" fill="none" fill-rule="evenodd"><g transform="translate(-511.000000, -20.000000)" fill="#000000"><g><path d="M556.869,30.41 C554.814,30.41 553.148,32.076 553.148,34.131 C553.148,36.186 554.814,37.852 556.869,37.852 C558.924,37.852 560.59,36.186 560.59,34.131 C560.59,32.076 558.924,30.41 556.869,30.41 M541,60.657 C535.114,60.657 530.342,55.887 530.342,50 C530.342,44.114 535.114,39.342 541,39.342 C546.887,39.342 551.658,44.114 551.658,50 C551.658,55.887 546.887,60.657 541,60.657 M541,33.886 C532.1,33.886 524.886,41.1 524.886,50 C524.886,58.899 532.1,66.113 541,66.113 C549.9,66.113 557.115,58.899 557.115,50 C557.115,41.1 549.9,33.886 541,33.886 M565.378,62.101 C565.244,65.022 564.756,66.606 564.346,67.663 C563.803,69.06 563.154,70.057 562.106,71.106 C561.058,72.155 560.06,72.803 558.662,73.347 C557.607,73.757 556.021,74.244 553.102,74.378 C549.944,74.521 548.997,74.552 541,74.552 C533.003,74.552 532.056,74.521 528.898,74.378 C525.979,74.244 524.393,73.757 523.338,73.347 C521.94,72.803 520.942,72.155 519.894,71.106 C518.846,70.057 518.197,69.06 517.654,67.663 C517.244,66.606 516.755,65.022 516.623,62.101 C516.479,58.943 516.448,57.996 516.448,50 C516.448,42.003 516.479,41.056 516.623,37.899 C516.755,34.978 517.244,33.391 517.654,32.338 C518.197,30.938 518.846,29.942 519.894,28.894 C520.942,27.846 521.94,27.196 523.338,26.654 C524.393,26.244 525.979,25.756 528.898,25.623 C532.057,25.479 533.004,25.448 541,25.448 C548.997,25.448 549.943,25.479 553.102,25.623 C556.021,25.756 557.607,26.244 558.662,26.654 C560.06,27.196 561.058,27.846 562.106,28.894 C563.154,29.942 563.803,30.938 564.346,32.338 C564.756,33.391 565.244,34.978 565.378,37.899 C565.522,41.056 565.552,42.003 565.552,50 C565.552,57.996 565.522,58.943 565.378,62.101 M570.82,37.631 C570.674,34.438 570.167,32.258 569.425,30.349 C568.659,28.377 567.633,26.702 565.965,25.035 C564.297,23.368 562.623,22.342 560.652,21.575 C558.743,20.834 556.562,20.326 553.369,20.18 C550.169,20.033 549.148,20 541,20 C532.853,20 531.831,20.033 528.631,20.18 C525.438,20.326 523.257,20.834 521.349,21.575 C519.376,22.342 517.703,23.368 516.035,25.035 C514.368,26.702 513.342,28.377 512.574,30.349 C511.834,32.258 511.326,34.438 511.181,37.631 C511.035,40.831 511,41.851 511,50 C511,58.147 511.035,59.17 511.181,62.369 C511.326,65.562 511.834,67.743 512.574,69.651 C513.342,71.625 514.368,73.296 516.035,74.965 C517.703,76.634 519.376,77.658 521.349,78.425 C523.257,79.167 525.438,79.673 528.631,79.82 C531.831,79.965 532.853,80.001 541,80.001 C549.148,80.001 550.169,79.965 553.369,79.82 C556.562,79.673 558.743,79.167 560.652,78.425 C562.623,77.658 564.297,76.634 565.965,74.965 C567.633,73.296 568.659,71.625 569.425,69.651 C570.167,67.743 570.674,65.562 570.82,62.369 C570.966,59.17 571,58.147 571,50 C571,41.851 570.966,40.831 570.82,37.631"></path></g></g></g></svg></div><div style="padding-top: 8px;"> <div style=" color:#3897f0; 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“Da 16 anni al tuo fianco, felici di continuare questo percorso insieme”, ha fatto sapere il team di Epic Records, uno dei marchi frontline del gruppo.

Alessandra Amoroso ha debuttato discograficamente nel 2009 con l’album “Senza nuvole”, pubblicato da Sony Music / Dischi Ricordi: con la chiusura di Ricordi da parte di Sony Music, l’artista è passata a pubblicare - sempre per il gruppo - per Columbia, altra sub-label di Sony Music, che ha spedito sui mercati il settimo, ultimo disco della cantante, “10, io, noi” del 2019.

Alessandra Amoroso

Sony Music Italy, rinnovato il contratto con Alessandra Amoroso

Dopo 16 anni di collaborazione

Dell'apparente taglio drastico degli eventi musicali al SXSW <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750753/sxsw-ridurra-drasticamente-spazio-dedicato-musica">vi avevamo già dato conto</a>. Nel frattempo, però, continuano le novità annunciate, che apporteranno grandi cambiamenti alla formula di una delle music conference più longeve del mondo (è stata fondata ad Austin nel 1989, dove tuttora si tiene annualmente).

La prima riguarda gli eventi-satellite, ovvero una serie di happening a marchio SXSW, ma al di fuori dei confini del Texas: dopo la versione australiana, SXSW Sidney, lanciata nel 2023, dal 2 al 7&nbsp;giugno debutterà anche SXSW Londra: nelle intenzioni degli organizzatori pare che l'evento londinese sia destinato a diventare quello più incentrato sulla musica (ad Austin resterebbero in capo soprattutto il cinema e la tecnologia), a giudicare anche dal fatto che sono previsti più di 500 showcase in 5 giorni.

Ma i cambi in corsa riguardano anche i vertici dell'organizzazione, non senza qualche polemica. A capo del nuovo board è stata eletta Jenny Connelly, che precedentemente ricopriva la carica di executive vice president of product and technology in PMC, una società che aveva acquisito larghe quote del festival un paio di anni fa. Sostituirà lo storico presidente&nbsp;Hugh Forrest, che lascia così la società in cui lavorava fin dalla sua fondazione, nel 1989: "Non è stata decisamente una mia scelta, ho messo tutto me stesso in quest'evento per oltre 35 anni e non vedevo l'ora di lavorare anche alle prossime edizioni" ha dichiarato. "Continuo a fare il tifo per il team di Austin: la città, la nazione e il mondo hanno bisogno dell'energia positiva del SXSW, ora più che mai".

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SXSW: continuano le rivoluzioni interne 

Meno musica, eventi satellite fuori dagli USA e cambi ai vertici: ecco le ultime novità 

Good Villain, il marchio di make-up e skincare vegan fondato da Rose Villain, ha annunciato l’apertura di due pop up store a Roma e Milano. All’interno degli spazi sarà possibile - come precisato in una nota diffusa dall’azienda - “esplorare l’intera gamma di prodotti della linea, testare texture e tonalità e trovare la combinazione perfetta per ogni tipo di esigenza, grazie anche alle consulenze personalizzate da make-up artist qualificati ed esperti del settore”.

Il pop up store di Roma sarà aperto in via Belsiana 92 tra i prossimi 9 e 11 maggio, con i seguenti orari:

9 maggio dalle 12 alle 19 
10 maggio dalle 10 alle 19 
11 maggio dalle 10 alle 16

Lo store di Milano aprirà i battenti in Corso Garibaldi 73 tra i prossimi 21 e 25 maggio, con i seguenti orari:

21 maggio dalle 11 alle 19 
22 maggio dalle 11 alle 19 
23 maggio dalle 11 alle 19 
24 maggio dalle 10 alle 19 
25 maggio dalle 10 alle 19

“Nel 2017 ho perso mia mamma per una brutta malattia e da lì qualcosa in me è cambiato”, ha raccontato l’artista riguardo la sua avventura imprenditoriale: “Mi è venuto un forte desiderio di prendermi cura di me, del mio corpo, dell’ambiente, sono diventata vegana, mi sono appassionata di superfoods, di medicina olistica, di clean beauty. Ed ecco com’è nata Good Villain. Sono anni che cerco i prodotti perfetti che combinino questo mi approccio più attento ad ingredienti di qualità, più naturali, che facciano bene a me e alla mia pelle senza dover però rinunciare ad un’alta performance e la verità è che non li trovo. Quindi me li sono creata da sola e non potrei esserne più fiera”.

Rose Villain

Rose Villain, due pop up store a Roma e Milano

Per il brand di cosmetici dell’artista, Good Villain

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato di essere pronto a concedere la terza proroga all’applicazione del Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act nei confronti di TikTok nel caso ByteDance non acconsenta a cedere - come stabilito dalla legge - l’operatività della piattaforma nel paese entro la prossima metà di giugno: “TikTok è molto interessante, e sarà protetta”, ha spiegato Trump durante un intervento a Meet the Press with Kristen Welker.

L’eventuale provvedimento seguirebbe <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751118/usa-tiktok-trump-proroga-la-scadenza-della-legge-bando">quello dello scorso 4 aprile</a>, quando - a poche ore dalla scadenza della seconda proroga, con il vicepresidente JD Vance convinto che l’annuncio di un accordo tra la big tech cinese e gli investitori americani fosse questione di ore - la Casa Bianca estese la sospensione della “legge bando” fino a metà giugno. Alla fine dello scorso gennaio, in occasione della prima scadenza fissata dal Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act, Trump - all’indomani della cerimonia per il suo secondo insediamento - promulgò la prima proroga all’esecuzione del provvedimento, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751118/usa-tiktok-trump-proroga-la-scadenza-della-legge-bando">spostando in avanti di 75 giorni il termini nella speranza di trovare un accordo</a> - che, alla fine non arrivò. Anzi.

Le progressive tensioni con Pechino innescate dalla guerra commerciale avviata da Washington tramite l’applicazione di tariffe doganali esorbitanti nei confronti delle merci provenienti dalla Cina ha ulteriormente allontanato l’eventualità che Bytedance potesse cedere l’operatività della sua piattaforma di punta a livello mondiale (e, soprattutto, l’algoritmo di raccomandazione che la regola): ipotesi, quella della cessione a investitori americani, che la società con sede a Pechino aveva giudicato impraticabile già dalle prime battute, prima ancora che l’amministrazione Biden approvasse definitivamente il Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act.

TikTok, da sola, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751245/bytedance-report-finanziario-2024-dati-crescita-futuro-tiktok-in-usa">genera un quarto del fatturato di Bytedance.</a> La divisione americana dell’azienda, a partire dall’inizio di quest’anno, ha conosciuto <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751376/tiktok-usa-continua-l-esodo-dei-dirigenti">una vera e proprio emorragia</a> di dirigenti, a partire da <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750181/ole-obermann-a-capo-del-settore-musica-di-tiktok-si-dimette">Ole Obermann</a>, l’ex Head of Music del social <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751567/confermato-ole-obermann-entra-in-apple-music">passato nell’organico di Apple Music</a>.

TikTok, Trump promette una nuova proroga alla legge bando

Nel caso entro metà giugno non venga raggiunto un accordo con ByteDance

BMG Italy ha annunciato l’ingresso nel proprio roster di Caparezza: l’artista - che a oggi vanta otto album di studio (oltre ai due pubblicati a inizio carriera con un altro nome d’arte), l’ultimo dei quali, “Exuvia”, uscito nel 2021 per Universal Music - è attualmente impegnato in studio nelle session di lavorazione di nuovo materiale.

“Siamo entusiasti di avere firmato il prossimo disco di Caparezza”, ha commentato Dino Stewart, Managing Director di BMG Italy: “Michele rappresenta uno dei pensieri più liberi, profondi e originali della musica italiana, e siamo fieri di accoglierlo nella nostra casa che abbiamo costruito sin dalla sua nascita mettendo al centro gli artisti e il loro universo creativo. Il suo ingresso in BMG è un traguardo che conferma la spinta potente verso il futuro che vogliamo continuare a scrivere insieme”.

I dettagli del nuovo disco, al momento, non sono ancora stati resi noti. “L’originalità del suo lavoro artistico è motivo di orgoglio per BMG, pronta a lavorare con impegno ed entusiasmo al prossimo lavoro dell’artista, il nono album della sua carriera”, ha fatto sapere - in una nota ufficiale - la label.

Caparezza ha pubblicato per Extra il suo album di debutto, “?!”, del 2000, e la sua seconda prova sulla lunga distanza, “Verità supposte” del 2003, per poi passare a EMI, che ha curato la pubblicazione di “Habemus Capa” (2006) e “Le dimensioni del mio caos” (2008): la carriera dell’artista è proseguita con Universal Music, che ha curato l’uscita di “Il sogno eretico” (2011), “Museica” (2014), “Prisoner 709” (2017) ed “Exuvia” (2021), quest’ultimo spedito sul mercato attraverso la controllata Polydor.

Caparezza

BMG Italy, Caparezza entra nel roster

L’artista pugliese in studio per registrare nuova musica

La vicenda giudiziaria giunta ormai al termine del suo iter ha inizio nel 2013, con la pubblicazione dell'album "Guerra e Pace" di Fabri Fibra. Il brano "A me di te", in cui Fibra sbeffeggia una serie di personaggi più o meno immaginari, ha un intento&nbsp;satirico, come è evidente anche dal ritornello che recita in maniera esplicita "Ti finisco, finché sei sul mio disco /&nbsp;È solo un gioco, ma in pochi lo capiscono". E puntualmente, in effetti, qualcuno non capisce: nello specifico Valerio Scanu, che ritiene di essere il destinatario della rima "Vento in poppa, come un veliero / Vengo in bocca, come a Valerio /&nbsp;Che in verità è una donna". Querelato per diffamazione insieme alla sua allora etichetta, Universal, il rapper era stato condannato, e successivamente citato in sede civile per il risarcimento dei danni.&nbsp;

In questa sede (civile, lo ribadiamo, mentre la diffamazione è un reato penale) in&nbsp;primo grado era stato condannato a versare 25.000 euro, aumentati a 70.000 in appello. Ai tempi della sentenza d'appello, riportano diverse fonti giornalistiche, la sentenza era stata motivata dai seguenti criteri: "“L’attribuzione di un fatto determinato, e conseguente maggiore credibilità, indipendentemente dal suo effettivo accadimento; la risonanza mediatica, provata dal&nbsp;riconoscimento del disco di platino&nbsp;ricevuto dal disco in cui era stato inserito il brano. Oltre all’elevata notorietà del diffamante, che aveva favorito la diffusione del contenuto anche attraverso i social media;&nbsp;l’elevato pregiudizio derivato al diffamato dalle “modalità degradate”&nbsp;con cui è stato descritto nel testo, con la conseguente attribuzione degli&nbsp;epiteti scurrili contenuti nei messaggi dei fan di Tarducci&nbsp;prodotti in giudizio; la particolare intensità del dolo desunta dai termini utilizzati e dalla circostanziata descrizione dell’episodio”.

La Corte di Cassazione ha confermato ora il verdetto emesso in appello, confermando quindi anche&nbsp;il maxi risarcimento da 70.000 euro da versare a Scanu. In attesa di ulteriori commenti da parte delle parti in causa, però, è interessante notare come negli USA (un territorio ben più avvezzo al concetto di dissing rispetto al nostro, e abituato a dissing ben più infamanti rispetto a quelli del rap nostrano) quasi nessuno ha mai sporto querela per diffamazione dopo essere stato citato in un testo rap. Basta dare un occhio alla carriera di Eminem, che ha massacrato verbalmente chiunque nelle sue canzoni, dalle Spice Girls a Elton John, eppure a livello legale non ha mai avuto problemi: o meglio,&nbsp;è stato querelato solo da persone a lui molto vicine come la madre, l'ex moglie e un ex compagno di scuola, per aver svelato nelle canzoni fatti privati del loro passato, dandone una rappresentazione negativa.

Anche in un caso più recente, ovvero <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-749341/drake-ritira-causa-contro-umg-spotify-kendrick-lamar">la citazione in giudizio di Kendrick Lamar</a> da parte del rivale Drake, dissato all'interno della hit planetaria&nbsp;"Not Like Us" (in cui si insinua addirittura che sia un pedofilo), per il momento i tribunali non sembrano molto inclini a prendere le parti di Drake, né lo è l'industria discografica. Nella legislazione USA di solito prevale sempre il principio della libertà di espressione, nel bene e nel male: non necessariamente è giusto che sia così, e non necessariamente è un principio che dovrebbe essere applicato anche in Italia,&nbsp;ma è sicuramente importante sottolineare che quando è un giudice a dover stabilire il significato di una metafora o a dover fare la parafrasi di una strofa, è sempre un fallimento per tutti.

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Valerio Scanu vs Fabri Fibra: il verdetto della Cassazione

Confermato il risarcimento da 70.000 euro comminato a Fibra: Scanu aveva querelato per diffamazione

In Inghilterra c'è stata una vera e propria levata di scudi da parte di artisti e addetti ai lavori preoccupati per la piega che sta prendendo il dibattito parlamentare sull'intelligenza artificiale, che starebbe generando una legislazione "troppo amichevole" nei confronti dell'AI. E così, dopo gli interventi di Paul McCartney, Jimmy Page e dei CEO delle tre major, scende in campo anche&nbsp;Björn Ulvaeus degli ABBA (nonché chairman di Cisac).

In questi giorni&nbsp;Ulvaeus sta incontrando molti politici inglesi, tra cui anche il ministro dell'innovazione tecnologica Peter Kyle, tra i principali responsabili della legislazione in oggetto. Il suo discorso è stato molto netto e persuasivo: "Se non faremo qualcosa, temo che prenderà piede la visione più pericolosa, guidata da aziende tech alla ricerca di profitto, favorendo un quadro normativo più debole e vasti settori&nbsp;che faranno eccezione e&nbsp;saranno considerate esonerati&nbsp;dalla legge sul copyright".

AI: Björn Ulvaeus fa campagna per i diritti di artisti e autori

Succede in Inghilterra, dove il co-fondatore degli ABBA sta incontrando deputati e ministri

YouTube Music, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751476/youtube-20-anni-anniversario-numeri-statistiche-video-musicali">in occasione della celebrazione per i suoi 20 anni</a>, ha anche lanciato quasi in sordina Ask Music: di cosa si tratta?

E’ una funzione basata su prompt testuali che consente agli utenti di generare stazioni radio dinamiche in tempo reale. Attualmente disponibile per gli abbonati anglofoni a YouTube Premium e YouTube Music in paesi selezionati, Ask Music&nbsp;rappresenta un passo deciso verso l’integrazione di intelligenza artificiale generativa nei sistemi di raccomandazione musicale. La mossa si somma al recente lancio di un altro strumento di AI musicale, chiamato ‘Music Assistant’, del quale avevamo riferito <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751264/youtube-in-fase-di-lancio-un-tool-ai-musicale">qui</a>.

Nel frattempo, YouTube Premium espande anche le opzioni di velocità di riproduzione su mobile fino a 4x e annuncia un aggiornamento dell’interfaccia su smart TV: migliorata la navigazione, l’accesso a commenti, info canale e iscrizioni, con ottimizzazioni lato playback e qualità visiva.

In un recente annuncio, infine, la piattaforma video di Alphabet aveva reso noti i suoi <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751512/youtube-nel-q1-2024-su-ricavi-pubblicitari-e-abbonamenti">risultati economici relativi ai ricavi pubblicitari e agli abbonamenti riferiti al primo trimestre</a>&nbsp;dell’anno, presentando dati in netto incremento.