AFI - Associazione Fonografici Italiani ha annunciato, nel corso dell’Assemblea Generale di ieri, l’espulsione dalla collecting di Rai Com S.p.A., la società commerciale del gruppo RAI che distribuisce i diritti dell’ente pubblico in Italia e a livello internazionale, a seguito di “reiterate condotte in contrasto con i principi fondamentali dello Statuto AFI e con le norme che regolano la gestione dei diritti connessi”. La decisione presa dal Consiglio Generale il 19 settembre - spiega AFI in una nota ufficiale diffusa oggi, venerdì 25 ottobre - “è stata comunicata ufficialmente ieri a tutti gli associati, presentando la documentazione che dimostra non solo la condotta di dubbia onestà di Rai Com che, fino prova contraria, si intesta e incassa i proventi di registrazioni non proprie - aprendo anche una delicata parentesi di non corretta rappresentazione contabile - ma anche di violazioni relative al DPCM del 19 dicembre 2012, alla Direttiva 2014/26/UE, alla legge 124/2017 e al D.lgs. 35/17 riguardo alla modalità di intermediazione dei diritti che regolano i rapporti tra broadcaster, collecting e titolari dei diritti su registrazioni musicali”. "Non possiamo accettare che un nostro associato agisca in maniera contraria agli obblighi e ai principi stabiliti dal nostro Statuto e dal Codice Etico di Confindustria, creando situazioni di conflitto che danneggiano l’efficienza e l’immagine dell’intero settore”, ha dichiarato Gianni Di Sario, Presidente di AFI, eletto dall’Assemblea lo scorso 13 marzo. “Mai avrei pensato di assistere a una rottura così profonda tra due storici enti che collaborano da oltre 50 anni”, ha aggiunto Sergio Cerruti, Presidente della Commissione Affari Legali ed Istituzionali ed ex Presidente di AFI: “Ho chiesto ripetutamente a Rai e Rai Com di trovare una soluzione alle nostre contrapposizioni, ma hanno preferito giocare con i dati e distorcere le norme a loro piacimento. Un’attività ben nota nella Tv pubblica, che coinvolge dal Maestro Vessicchio ai produttori AFI, passando per Sanremo, e che richiederebbe un intervento deciso del Governo. Peccato che l'attenzione sia rivolta a temi meno urgenti come è stato con i decreti anti-rave, lasciando irrisolti contenziosi che pesano su associazioni, società, persone e famiglie”. “Come la RAI si affida al canone pagato dalle famiglie italiane, alcune di quelle stesse famiglie si affidano ai proventi che la RAI dovrebbe riconoscergli”, ha concluso Cerruti: “Eppure, se il primo è un atto dovuto, sul secondo la RAI preferisce spendere milioni in avvocati e tribunali. Ora, pare che la legge di bilancio abbia congelato le spese di RAI in favore di personale e consulenze esterne (si spera anche per quei noti studi legali che da anni usufruiscono di 68 milioni di euro stanziati per guerre giudiziarie senza fondamento). Chissà, magari ora riusciranno a destinare quei fondi a qualcosa di più utile, come pagare i diritti agli artisti, ai produttori e, aggiungerei, anche agli autori di brani musicali”.