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SIAE Music Awards, la seconda edizione a Milano il 23 novembre

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Con la conduzione di Amadeus, nell’ambito della Milano Music Week 2024: tutte le nomination

Live Nation ha annunciato l’acquisizione di Hayashi International Promotions, una delle principali agenzie di live promoting giapponesi: l’operazione - secondo la società con quartier generale a Los Angeles, California, “arricchirà il panorama della musica dal vivo”, portando “un numero maggiore di superstar globali a raggiungere il pubblico locale, elevando al contempo il J-pop sulla scena internazionale e connettendo gli artisti giapponesi con una fanbase globale in crescita come mai prima d'ora".

"Hayashi International Promotions è una delle società operanti nel settore della musica dal vivo più iconiche del Giappone, e siamo onorati che abbiano scelto di unirsi a Live Nation”, ha commentato il presidente e CEO della multinazionale Michael Rapino: “Mentre Kaori continua a costruire l'incredibile eredità iniziata dalla sua famiglia, siamo entusiasti di collaborare con lei e con il suo team per offrire ancora più musica dal vivo ai fan di tutto il Giappone".

"Hayashi International Promotions è al centro della scena musicale dal vivo giapponese da oltre 40 anni e il nostro obiettivo è sempre stato quello di offrire concerti incredibili per i fan” ha aggiunto Hayashi: “La partnership con Live Nation ci consente di continuare a farlo su larga scala, offrendo agli artisti giapponesi l'opportunità di esibirsi per un pubblico più ampio e rafforzando il ruolo del Giappone come destinazione imperdibile per i grandi artisti".

Live Nation acquisisce Hayashi International Promotions

La multinazionale americana espande la sua presenza in Giappone

Chi oggi ha almeno quarant’anni ricorderà la svolta avvenuta a cavallo degli anni Ottanta nella fruizione musicale: l’avvento di dispositivi portatili - primo tra tutti, il Walkman di Sony - ha spezzato in due segmenti la platea dei consumatori, separando la frangia intransigente degli audiofili, legata ai costosi impianti stereo hi-fi, dagli entusiasti dei pratici riproduttori tascabili, che hanno anticipato, quando ancora la smaterializzazione dei supporti - e i conseguenti problemi legati alla compressione dei file - era ancora molto di là da venire, la rivoluzione digitale.

A quasi mezzo secolo dalla miniaturizzazione dei dispositivi di riproduzione musicale, con la tecnologia wireless a rendere sempre più facile l’ascolto in movimento, c’è chi sta inseguendo il sogno di chiudere il cerchio: portare la massima qualità di ascolto - quella, per intenderci, propria delle sale di regia degli studi professionali - anche negli auricolari Bluetooth che oggi usa praticamente chiunque.

Fondata a San Diego nel 1985, Qualcomm è un’azienda che ha le proprie radici nello sviluppo di soluzioni tecnologiche audio professionali dedicate al broadcasting e alla produzione audio e video, che vanta nel proprio portfolio utilizzatori d’eccezione come Steven Spielberg e George Lucas. Quindici anni fa, dopo aver realizzato che la tecnologia Bluetooth era ancora carente in termini qualitativi, il team della società ha avviato una transizione dalla produzione di hardware dedicato alle aziende alla concessione in licenza delle proprie soluzioni per l’elettronica di consumo. In partnership con brand come Sennheiser, Qualcomm ha iniziato a spostare la propria attenzione verso la fruizione di massa. Nel 2007 è stato presentato il primo prodotto a marchio Snapdragon, suite di soluzioni a semiconduttore system-on-chip per dispositivi mobili che oggi rappresentano uno standard, in termini di tecnologia audio applicata a dispositivi mobili.

“Vogliamo portare la qualità e l'esperienza dell'audio professionale all'elettronica di consumo”, sintetizza Dino Bekis (nella foto), Vice President and General Manager, Wearables &amp; Mixed Signal Solutions Business Unit di Qualcomm, in occasione di un eventi stampa convocato a Londra presso i Dean Street Studios di Soho, leggendarie sale rilanciate a cavallo degli anni Settanta e Ottanta da Tony Visconti, storico collaboratore di David Bowie, presso le quali hanno tenuto le proprie session artisti di rilevanza globale come - tra gli altri - lo stesso Bowie, Adele, Ed Sheeran, U2, Duran Duran, Paul Weller, Noel Gallagher, Robert Plant e The Weeknd.

La crescita in termini qualitativi della riproduzione audio sta ponendo più di una sfida all’industria musicale, soprattutto in fase di produzione: la portabilità dei dispositivi, oggi, non è più una scusa per rinunciare a un ascolto in alta fedeltà.&nbsp;“Parlando con alcuni artisti, mi sono reso conto che ormai venga dato per scontato che la musica, anche ad alta qualità, venga ascoltata su smartphone e dispositivi portatili”, spiega Bekis: “Una volta era diverso: gli audiofili avevano in casa un impianto hi-fi, assemblato prestando attenzione alla componentistica per avere un ambiente d’eccellenza dedicato all’ascolto. Alla luce di tutto ciò, il nostro obiettivo è partire da quell’esperienza - quella dell’ascolto ad alta qualità - per guardare al futuro, ma non in termini di declassamento. Anzi, elevando le aspettative ai livelli qualitativi audiofili di un tempo. Trovo sia un concetto molto potente: pensate a quanto tempo gli artisti spendono in studio per creare la loro musica, o a come vogliono che le loro creazioni vengano ascoltate dal pubblico. La loro capacità di garantire la riproduzione nel modo giusto è stata molto limitata, in passato, e qui entriamo in gioco noi: vogliamo che la stessa qualità di ascolto dello studio possa essere esportata anche in auto o nelle auricolari, mentre si sta viaggiando in treno. I nostri investimenti, sia nella tecnologia dei chip, sia nella tecnologia dei codec audio, e in tutte le diverse innovazioni che stiamo cercando di apportare ad auricolari e cuffie, sono incentrate proprio su questo tipo di etica”.

A un approccio del genere sono pronte le nuove generazioni, che si sono rivelate la locomotiva per quanto riguarda il consumo di musica ma che - almeno per quello che è in sentire comune - sembrano disposte a fare più di una concessione per quanto riguarda la qualità di ascolto? “Quando si parla di musica, la cosa più importante è rapportarsi all’esperienza di ascolto e alla reazione emotiva”, prosegue Bekis: “Guardando i miei figli, li vedo concentrati sul desiderio di avere il miglior suono possibile. Una volta, parlando di riproduzione audio, la portabilità era una condizione sufficiente per sentirsi soddisfatti. Oggi, però, il livello di aspettativa si è alzato moltissimo: alla gente non basta più la sola portabilità. La qualità è diventata fondamentale. Anche sui mercati emergenti, come quelli di Cina e India, dove una volta il prezzo era dirimente e le soluzioni a basso costo erano quelle commercialmente più popolari, la gente si sta rivelando disposta a spendere di più. E’ molto interessante, perché in questi mercati le soluzioni audio premium stanno crescendo più velocemente della media dei mercati occidentali”.

Questo cambiamento può stimolante anche per gli artisti? “Credo di sì, perché li motiva non solo a trasmettere il loro messaggio e far uscire le loro canzoni, ma anche a garantire che gli ascoltatori possano viverle come le hanno concepite”, dice Bekis: “Più riusciamo ad avvicinare l'ascoltatore all'esperienza audio che gli artisti hanno creato in studio, più il loro pubblico si sentirà connesso con loro. E, per quello che ho avuto modo di capire parlandoci, è proprio quello che gli desiderano”.

C’è margine, in questo senso, per un’ulteriore crescita? Cosa ci si deve aspettare dal futuro dell’ascolto in alta fedeltà? “E’ da circa cinque anni che stiamo portando l’audio lossless su auricolari e cuffie wireless, e penso che questo sia stato il primo passo”, conclude Bekis: “Essere in grado di fornire questa esperienza è il punto di partenza: il passo successivo è domandarsi come farla evolvere. In questo senso, stiamo alzando l’asticella, soprattutto con la recente introduzione della tecnologia X-Pan, che sta portando la risoluzione audio a 96 kilohertz e 24 bit. Una volta arrivati all’eliminazione della compressione, l’ulteriore scommessa sarà fare arrivare questo tipo di qualità al maggior numero di persone. Oggi tutti sono in movimento, e tutti vogliono sempre avere la propria musica con sé, nel migliore dei modi. Che si tratti di smartphone, laptop o wearables: l’aspetto più importante è aumentare le aspettative. Quando ci si immagina un artista che crea la propria musica, si pensa che la cosa che gli stia maggiormente a cuore sia condividerla col maggior numero di persone possibile, nel modo migliore possibile”.

Sul versante pro audio, la tecnologia Snapdragon mira a semplificare sempre di più il lavoro di producer e tecnici del suono, ottimizzando all’estremo le prestazioni dei laptop in termini non solo di prestazioni della cpu, ma anche di consumo energetico e di gestione delle periferiche. “Quando si lavora in studio, ci sono dettagli che fanno la differenza”, spiega Dom Sigalas, produttore e compositore residente a Londra particolarmente attivo nel campo delle colonne sonore e della production music: “Quando si parla di produzioni musicali non esiste una soglia minima di latenza accettabile. Tutto deve essere rigorosamente in tempo reale, dalla gestione dei plug-in all’interazione con le periferiche. La linea Snapdragon, in questo senso, ha reso il lavoro più facile e immediato, facendomi dimenticare il rientro sulle tracce delle ventole nei microfoni quando i processori, messi sotto pressione, si riscaldavano. E, certe volte, anche di attaccare l’alimentazione del laptop. La potenza di queste nuove soluzioni è incredibile: chi si occupa di quello che faccio la aspettava da anni”.

Negli auricolari come in studio: la sfida di Qualcomm Snapdragon

Alta fedeltà e portabilità, per ‘portare la qualità professionale nell’elettronica di consumo’

L’associazione di categoria dei discografici brasiliani Pro-Música Brasil e l’International Federation of the Phonographic Industry non arretrano nella lotta alla pirateria: dopo l’<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750881/fake-stream-sventata-maxi-truffa-in-brasile">arresto dello scorso marzo</a> condotto per sventare una truffa atta a distorcere l’andamento degli stream sui principali servizi operanti nel paese, in questi giorni è stata annunciata una maxi operazione della forze di polizia coordinate dalla Procura di San Paolo contro JustAnotherPanel, servizio che procura ai propri clienti fake stream e follower falsi su social e DSP.

Le autorità hanno ottenuto - come riferisce IFPI in una nota ufficiale - “un'ordinanza del tribunale che impone il blocco di JustAnotherPanel e della sua infrastruttura commerciale in tutto il Brasile. L'ordinanza è in fase di attuazione e almeno 43 servizi locali illegali sono stati interrotti e oltre 1.131 rivenditori esteri sono stati colpiti. Inoltre, l'azione ha scoperto l'esteso sistema botnet che faceva parte dell'infrastruttura di JustAnotherPanel per diffondere comportamenti non autentici online. Fornendo falsi streaming musicali, JustAnotherPanel ha ingannato i fan e, in definitiva, ha distolto i guadagni da artisti e creatori musicali. Tale attività è stata ritenuta reato, inclusa la violazione delle leggi a tutela dei consumatori”.

"I fake stream non sono solo una questione di numeri: danneggiano gli artisti e minano la fiducia nel nostro sistema”, ha commentato la CEO di IFPI Victoria Oakley: “Ringraziamo Cyber ​​Gaeco e le forze dell'ordine brasiliane per aver intrapreso un'azione così innovativa contro piattaforme come JustAnotherPanel. In questo modo, rafforziamo il valore dell'autenticità nella musica e garantiamo che gli artisti e i creatori musicali brasiliani possano continuare a creare nuova musica".

"La manipolazione dello streaming è una delle maggiori preoccupazioni del settore musicale in questo momento”, ha aggiunto Paulo Rosa, Presidente di Pro-Música Brasil: “Ci congratuliamo con la Procura della Repubblica dello Stato di San Paolo per il successo di questa operazione e continueremo a collaborare a stretto contatto con le autorità brasiliane per contrastare queste pratiche fraudolente e proteggere i consumatori di musica".

Brasile, si intensifica la lotta ai fake stream

Lanciata nel paese 'la più grande operazione di sempre' contro la manipolazione sui DSP

Se quest'anno il Coachella<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750857/cosa-sta-succedendo-coachella-2025-mancato-sold-out-anitta-si-ritira"> ha faticato</a> a registrare immediatamente il sold-out, è anche probabilmente per il prezzo dei biglietti; che a onor del vero non sono&nbsp;mai stati&nbsp;particolarmente economici, ma in un periodo complesso come quello odierno risultano incidere ancora di più sulle finanze dei giovani fan della musica. Il prezzo base, infatti, è di 600 dollari, ma non include il viaggio, l'alloggio, il cibo e tutti gli altri extra che vanno fisiologicamente previsti quando si trascorre un weekend fuori. Insomma, anche abitando in California e&nbsp;volendo organizzare una trasferta all'insegna del risparmio, è difficile spendere meno di 1.000 dollari.

In questo scenario, la notizia riportata da un articolo di Billboard non stupisce, ma fa comunque effetto: pare infatti che circa il 60% dei partecipanti al Coachella (pari a oltre 250.000 persone) abbia comprato i biglietti tramite un finanziamento, di fatto contraendo un vero e proprio debito. Le condizioni offerte da alcune finanziarie erano piuttosto favorevoli, con costi iniziali&nbsp;più che affrontabili: appena 50 dollari di anticipo e il resto in comode rate. Insomma, i concerti sono sempre più una commodity per cui vale la pena indebitarsi,&nbsp;al pari di televisori con schermo LCD, cellulari di ultima generazione e automobili; un segnale di cui bisognerà tenere conto, quando si discute del caro concerti e delle sue eventuali conseguenze sull'affluenza.

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Oltre metà dei fan del Coachella si è indebitata per il biglietto

Lo riporta un articolo di Billboard, che identifica la tendenza come un effetto del caro biglietti

Tre mesi. Tanto è bastato perché il volume di upload dei brani generati dall’intelligenza artificiale su Deezer raddoppiasse. Alla fine dello scorso gennaio il DSP francese aveva rivelato che <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-749577/cosi-deezer-vuole-arginare-l-invasione-dei-brani-generati-dall-ai">il 10% delle canzoni caricate quotidianamente sulla propria piattaforma - 10mila, circa</a> - era realizzato da soluzioni generative. A poco meno di tre mesi di distanza, la società ha comunicato un aggiornamento: oggi il ritmo di upload di opere figlie della creatività “sintetica” è di più di 20mila al giorno, circa il 18% del totale.

"I contenuti generati dall'IA continuano a inondare piattaforme di streaming come Deezer e non vediamo alcun segno di rallentamento", ha dichiarato Aurelien Herault, Chief Innovation Officer di Deezer: "L'AI generativa ha il potenziale per avere un impatto positivo sulla creazione e il consumo di musica, ma dobbiamo affrontare lo sviluppo con responsabilità e attenzione per salvaguardare i diritti e i ricavi di artisti e autori, mantenendo al contempo la trasparenza per i fan. Grazie al nostro strumento all'avanguardia, stiamo già rimuovendo i contenuti completamente generati dall'IA dalle raccomandazioni algoritmiche".

Lo strumento citato da Herault, secondo Deezer, ha la capacità di “rilevare musica generata al 100% dall'intelligenza artificiale dai modelli generativi più prolifici, come Suno e Udio, con la possibilità di aggiungere funzionalità di rilevamento praticamente per qualsiasi altro strumento simile, purché vi sia accesso a esempi di dati pertinenti”.

“Deezer ha compiuto progressi significativi nella creazione di un sistema con una maggiore generalizzabilità, per rilevare contenuti generati dall'intelligenza artificiale senza un set di dati specifico su cui addestrarsi”, ha precisato la società: “L'aumento segnalato arriva in un momento di crescente preoccupazione per le aziende di intelligenza artificiale che addestrano i loro modelli con materiale protetto da copyright e per i governi che <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751192/intelligenza-artificiale-in-uk-google-e-openai-in-pressing-sul-governo">potenzialmente allentano le leggi sul copyright per facilitare lo sviluppo dell'intelligenza artificiale</a>”.

Deezer: ‘Il 18% dei nuovi brani in streaming è generato dall’AI’

Erano il 10% solo all’inizio dello scorso gennaio. ‘Serve responsabilità’

Avete mai sentito parlare di Arijit Singh? Forse sì, perché da queste parti vi avevamo raccontato in tempi non sospetti <a href="https://www.rockol.it/news-744265/arijit-singh-chi-e-cantante-indiano-che-batte-beyonce-billie-eilish">la storia della più grande popstar che l’India abbia mai avuto</a>. Nell’ultima settimana il cantante ha totalizzato su Spotify a livello mondiale numeri maggiori di quelli di Travis Scott e di Sabrina Carpenter: conta oltre 45 milioni di ascoltatori mensili ed è il dodicesimo artista più streammato della settimana sulla piattaforma. Il collega Pritam ha superato Rihanna, Tate McRae e Justin Bieber. Shreya Ghoshal ha battuto Adele, Beyoncé, Doja Cat e pure Chappell Roan, tra i fenomeni pop più grossi degli ultimi mesi. A.R. Rahman, invece, ha superato Maluma e Ozuna. Singh, Pritam, Ghoshal e Rahman sono quattro artisti che non provengono da mercati influenti del music biz come quello statunitense o britannico, ma dalla periferica, almeno fino ad oggi, India. Eppure da qualche tempo a questa parte, insieme a colleghi come Anirudh Ravichander e il duo Vishal-Shekhar, la loro musica conquista il tetto del mondo. Performando sulle piattaforme più di quella delle superstar occidentali.

<h2>Dai Beatles a Ed Sheeran e i Coldplay</h2>

L’India è il nuovo El Dorado del pop. Se ne sono accorte anche popstar internazionali come Ed Sheeran e i Coldplay, che con il mercato indiano hanno cominciato a flirtare da tempi non sospetti. Dopo aver duettato con lui sulle note di “Perfect” lo scorso autunno in occasione di uno show da tutto esaurito tenuto dall’artista indiano a Londra, Ed Sheeran ha deciso di incidere insieme ad Arijit Singh, 37 anni, un remix del suo ultimo singolo “<a href="https://www.rockol.it/news-751092/ed-sheeran-azizam-nuovo-singolo-recensione-testo">Azizam</a>”, che al mondo orientale deve più di qualcosa, a partire dal titolo (è una parola in persiano che significa “mio caro”: il rosso cantautore britannico lo ha intitolato così per omaggiare il produttore con il quale ha scritto e prodotto il pezzo, Ilya Salmanzadeh, tra gli hitmaker più quotati del pop, già al fianco di Ariana Grande, Katy Perry, Taylor Swift e mille altri). Per lanciare il duetto, Sheeran ha registrato una speciale performance su un tetto di un edificio di Delhi, stile Beatles alla Apple nel 1969. Del resto, John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr furono tra le prime star della musica pop a farsi affascinare dalla musica e dalla cultura indiana, quando nel 1968, spronati da Harrison, trascorsero alcune settimane a Rishikesh, ai piedi dell’Himalaya, ospiti del maestro Maharishi Mahesh: fu anche merito loro, e in particolar modo dello stesso Harrison, se da strumento esotico e folkloristico il sitar diventò uno strumento pop. Tornando a Singh, Martin si dichiarò suo fan già nel 2017: sul palco del Global Citizen Festival in India, quell’anno, cantò a sorpresa la sua hit “Channa mereya”, scritta dal paroliere Amitabh Bhattacharaya (chiamatelo, se volete, il “Mogol d’India”) e composta da Pritam, una lettera d’addio di un uomo alla sua compagna che Singh incise l’anno precedente per il film “Ae Dil Hai Mushkil”. La canzone conta attualmente oltre 250 milioni di streams su Spotify. Come Sheeran, ha voluto incidere un pezzo con lui anche Martin Garrix: la loro versione di “Angels for each other”, appena uscita, conta già 7,2 milioni di visualizzazioni su YouTube e 8,3 milioni di streams su Spotify.

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<h2>Il ruolo di Bollywood e il caso di Shreya Ghoshal</h2>

Singh in diciotto anni di carriera ha inciso la bellezza di 655 canzoni, praticamente una media di 36 all’anno, tutte interpretate in lingua hindi e Bengali, le più parlate in India, e quasi tutte destinate alle colonne sonore di film e serie tv indiane. Dietro l’exploit mondiale del pop di Nuova Delhi c’è proprio Bollywood, la Hollywood indiana, un giro d’affari superiore ai 4 miliardi di dollari all’anno. Shreya Ghoshal, 41 anni, originaria di Baharampur, è diventata famosa dopo aver vinto all’inizio degli Anni Duemila il talent show indiano “Sa Re Ga Ma Pa”, ma deve la sua fortuna alle numerose canzoni che ha inciso per le produzioni cinematografiche e televisive indiane. Conta oltre 40 milioni di ascoltatori mensili su Spotify grazie a hit come “Saibo” (320 milioni di streams), “Pal” (310 milioni di streams) e “Tum Kya Mile, pt. 2” (240 milioni di streams), firmate dagli stessi Pritam e Bhattacharaya, gli hitmaker del pop indiano. Forbes l’ha inserita tra le 100 personalità più influenti dell’India. All’inizio dell’anno ha avuto il coraggio, in una società, come quella indiana, ancora caratterizzata da violenza, tabù e stereotipi di genere, di fare dichiarazioni contro la scarsa presenza di donne nell’industria discografica: «Ci sono solo artisti maschili in giro e lo trovo sconcertante. La presenza femminile nella musica o nei film è sempre stata secondaria. L’eroe ha un’importanza e un ruolo maggiori. Pochissimi film sono incentrati sulle donne, con una protagonista donna, dove quest’ultima ha la parte principale e la trama ruota principalmente intorno a lei», ha detto.

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<h2>I numeri del mercato</h2>

Quello indiano è un mercato discografico in continua crescita ed espansione. E no, non c’entra solo il fatto che l’India è il paese numero uno al mondo per popolazione, 1,45 miliardi di persone in tutto. A cinque anni dal lancio di Spotify in India, i dati parlano chiaro: il consumo globale - globale, non locale - di musica indiana è cresciuto dell’85% nel 2023 rispetto al 2022. Secondo le stime, alla fine del 2023 il mercato discografico indiano aveva raggiunto un valore di 24 miliardi di rupie indiane, l'equivalente di 280 milioni di dollari. Entro la fine del 2026 il giro d'affari dovrebbe raggiungere quota 37 miliardi di rupie indiane.&nbsp;Victoria Oakley, CEO dell'IFPI, l'ente che rappresenta&nbsp;le etichette discografiche di tutto il mondo e che cura l'annuale&nbsp;Global Music Report, ha recentemente detto che la musica indiana potrebbe assumere proporzioni simili a quelle della musica latinoamericana e della musica coreana a livello globale:&nbsp;«Penso che nei prossimi anni arriverà il grande momento&nbsp;di diversi Paesi nell'industria musicale.&nbsp;Quello che succederà in Cina e quello che succederà in India è ancora in certo, ma si tratta di mercati enormi con una grande diversità musicale sia in termini di offerta che di ascolto. Analizzare entrambi i mercati nei prossimi anni sarà molto interessante». Del successo delle popstar indiane trae beneficio anche una leggenda come Udit Narayan, 69 anni, una sorta di Al Bano indiano: su Spotify nell’ultima settimana è stato streammato più di Nicki Minaj. Mica male.

L’India è il nuovo El Dorado del pop? Sembra di sì

Da Ed Sheeran ai Coldplay: tutti pazzi per l'India e le sue popstar. E il mercato vola: ma perché?

Grande soddisfazione espressa da Officina Pasolini e Club Tenco per la riunione indetta negli spazi dei primi lo scorso venerdì 11 aprile. Fa seguito al primo&nbsp;incontro nazionale delle rassegne e dei premi italiani di canzone d’autore e di qualità, che si era svolto a Sanremo nei mesi scorsi. Tra le realtà intervenute figurano realtà di primo piano come&nbsp;Musicultura, Fondazione De André, Fondazione Dalla / Pressing Line, Premio De André,Premio Bianca d’Aponte, Premio Bindi,&nbsp;Meeting delle Etichette Indipendenti, Genova per voi, Premio Lunezia, Uno maggio Taranto,&nbsp;iCompany e molti altri.

Stefano Senardi, a nome del direttivo del Club Tenco, sottolinea l'importanza di discutere di tempatiche come&nbsp; l'importanza&nbsp;dell’educazione musicale nelle scuole e soprattutto&nbsp;la sopravvivenza dei live club, "luoghi, grandi e piccoli, dove nascerà la musica del domani: rappresentano anche spazi vitali di aggregazione che tolgono i ragazzi dalle strade. In questo compito ci possono e ci devono aiutare anche le grandi multinazionali dello spettacolo dal vivo".&nbsp;Tosca, direttrice artistica di&nbsp;Officina Pasolini, rimarca l'importanza della musica d'autore: "È emersa fortissima la necessità reale di fare sistema, di non mollare il confronto con le istituzioni, di mappare gli spazi della musica e di trovare una modalità solidale tra operatori, artisti e luoghi" dichiara. "Se immagino un viaggio nel tempo, e applico alla realtà di quarant’anni anni fa il sistema del successo vigente oggi, sono assolutamente certa che non vedremmo Lucio Dalla suonare nei locali a Bologna, non vedremmo Battiato accanto a Caterina Caselli in tv, non vedremmo De André, Fossati, De Gregori, Pino Daniele, Giuni Russo e tanti altri".

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Com'è andata la riunione di Officina Pasolini e Club Tenco

Indetta a sostegno della musica d'autore e di qualità, ha visto la partecipazione di molte realtà

Per mezzo di una nota ufficiale Believe ha comunicato che Upbeat BidCo, il consorzio guidato dal fondatore e CEO dell’azienda Denis Ladegaillerie, ha lanciato un’offerta pubblica di acquisto per entrare in controllo delle restanti quote della società: all’offerta, presentata oggi all’Autorité des Marchés Financiers, corrispettivo francese dell’italiana Consob, seguirà un’offerta obbligatoria - o “squeeze out” - sulle azioni ancora non detenute dalla stessa Upbeat BidCo “ai sensi dell'articolo L. 233‑9 del Codice di commercio francese”. A sostenere l’operazione restano i fondi EQT X e quelli gestiti da TCV, <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-745390/believe-a-ladegaillerie-il-95-delle-quote">che insieme a Ladegaillerie controllano già il 96,65% del capitale societario - per il 95,42 dei diritti di voto</a>.

“L'offerta sarà effettuata al prezzo di 15,30 euro per azione, riflettendo premi rispettivamente del +2,9%, +4,4%, +7,5% e +6,0% rispetto ai prezzi medi ponderati per il volume a 30, 60, 120 e 180 giorni al 14 aprile 2025”, precisa la nota: “Il Consiglio di Amministrazione di Believe ha istituito un Comitato ad hoc nel contesto dell'offerta, composto dai tre amministratori indipendenti del Consiglio: Orla Noonan, Anne-France Laclide-Drouin e Cécile Frot-Coutaz. Il Comitato ad hoc ha lo scopo di monitorare e agevolare il lavoro dell'esperto indipendente e di predisporre una bozza di parere motivato sul merito dell'Offerta e sulle sue conseguenze per Believe, i suoi azionisti e i suoi dipendenti”.

“Il 15 aprile 2025, sulla base di una raccomandazione preliminare del suo comitato ad hoc, il Consiglio ha accolto favorevolmente all'unanimità l'intenzione di Upbeat BidCo di presentare l'offerta, subordinatamente alla revisione dei termini finanziari dell'offerta, in particolare sulla base della relazione di un esperto indipendente”, prosegue Believe: “A tal fine, su raccomandazione del Comitato, il Consiglio ha nominato Finexsi - Expert &amp; Conseil Financier, rappresentato dal Sig. Olivier Péronnet, quale esperto indipendente per redigere una relazione contenente un parere di congruità sulle condizioni finanziarie dell'Offerta e sull'assenza di accordi accessori che potrebbero compromettere la parità di trattamento degli azionisti”.

“Dopo la chiusura dell'Offerta, Upbeat BidCo applicherà lo Squeeze-Out, in quanto gli azionisti di minoranza detengono meno del 10% del capitale e dei diritti di voto di Believe”, conclude Believe: “Gli azionisti di minoranza riceveranno un compenso pari al prezzo dell'Offerta nell'ambito dello Squeeze-Out”.

Una pronuncia dell’Autorité des Marchés Financiers è attesa entro la fine del prossimo mese di giugno.

Believe, da Ladegaillerie un’OPA per il 100% delle quote

Presentata oggi all’Autorité des Marchés Financiers di Parigi

Più che concentrarsi sulle domande che l’industria musicale moderna si pone, per una volta vale la pena accendere un riflettore su dove - e come - si stanno cercando le risposte, a queste domande. Le cronache ci insegnano, ogni giorno di più, che anche le corazzate multinazionali dell’industria musicale, un tempo unico laboratorio designato a modellare il futuro del settore, oggi si affidano alle startup per ottimizzare e far evolvere il proprio business. Produzione, distribuzione, fruizione e monetizzazione: non c’è anello della filiera che collega lo studio dell’autore alle auricolari degli ascoltatori che non sia terreno di studio per creativi e imprenditori, sempre più impegnati nell’immaginare nuove vie più praticabili, sostenibili e - ovviamente - redditizie.

Il panorama delle startup musicali, come del resto quello di tutte le altre realtà che si collocano in questo segmento, è estremamente complesso e sfaccettato, perché posizionato strategicamente - ma non sempre comodamente - tra arte, tecnologia e finanza, tre poli che spesso interagiscono ma non sempre si parlano, almeno direttamente. In questo senso, è la distanza tra idee, mercato e capitale a fare la differenza: laddove è presente una cultura imprenditoriale più votata al rischio - le startup, è bene ricordarlo, hanno nel proprio dna tanto sperimentazione che profitto - il terreno di coltura si rivelerà certamente più favorevole alla nascita e al fiorire di nuove realtà pronte a diventare scale-up e a rivoluzionare il settore.

Su quali fronti, quindi, sono attive le startup più promettenti a livello internazionale? Quali sono i meccanismi che regolano questo particolare comparto, capace di conquistare i titoli dei media generalisti - si veda, su tutti, i casi di Udio e Suno in tema di intelligenza artificiale - e, allo stesso tempo, si essere sottorappresentato, almeno per quanto riguarda le sue dinamiche più peculiari? Quali sono - e perché esistono - le differenze che separano lo scenario italiano da quello internazionale?

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“Le startup italiane nella musica, e nella cultura più in generale, non mancano decisamente di idee, creatività o passione, ma dove spesso inciampano è nella mancanza di connessioni abilitanti e strutturate tra tre elementi chiave: denaro, visione e sistema”, <a href="https://www.linkedin.com/feed/update/urn:li:activity:7317108450642042880/" target="_blank">ha spiegato</a>&nbsp;il fondatore e CEO di Rockol Giampiero Di Carlo: “Il risultato è un cortocircuito: la cultura innova, ma non scala. E un Paese ricco di talento rischia di perdere opportunità decisive perché le startup culturali soffrono di isolamento sistemico”.

Nel corso delle prossime settimane Rockol MusicBiz dedicherà al mondo delle startup musicali uno speciale a puntate, con focus sulle realtà internazionali, su quelle nazionali, sui potenziali, futuri sviluppi del settore e sui meccanismi che lo regolano. E, soprattutto, su quello che succederà poi, a partire da casa nostra. Perché crediamo che l’innovazione musicale abbia bisogno di attenzione, visibilità e racconto.

Restate sintonizzati.

Startup musicali, lo speciale di Rockol MusicBiz

Tra estero e Italia, uno sguardo approfondito su chi (e come) sta immaginando il futuro. Oggi…

La controllata di Universal Music Group Interscope Geffen A&amp;M ha annunciato il rilancio di Lost Highway Records, etichetta fondata a Nashville nel 2000 da Luke Lewis e assorbita da Mercury Nashville nel 2012 che, negli anni, ha visto sfilare nel proprio roster nomi di spicco del panorama musicale statunitense e internazionale come - tra gli altri - Kacey Musgraves, Willie Nelson, Ryan Bingham, Hayes Carll, Lucinda Williams, Drive-By Truckers, Lyle Lovett, Tift Merritt, Robert Earl Keen, Shelby Lynne, Elvis Costello e Mary Gauthier.

“Rimanendo fedele alle sue origini, l'etichetta rilanciata con sede a Nashville si impegna a coltivare la visione creativa di tutti i suoi&nbsp;artisti&nbsp;e a costruire le loro connessioni globali con un approccio intuitivo e imprenditoriale”, ha fatto sapere, in una nota ufficiale, UMG: “Nell'ultimo anno, l'obiettivo è sempre stato quello di dare agli artisti la libertà e le risorse per realizzare il tipo di dischi che desiderano”.

"Lost Highway si è ritagliata un posto speciale nella straordinaria tradizione musicale di Nashville”, ha commentato John Janick, Presidente e CEO di Interscope Capitol: “Era un'etichetta progressista, con artisti unici nel loro genere che, in fondo, sono stati grandi autori capaci di lasciare un segno sul panorama culturale. Allo stesso modo, Interscope è sempre stata un punto di riferimento per gli artisti che non si adattano a nessuno schema, ma sono destinati a ispirare il futuro. Con questo nuovo capitolo nella storia di Lost Highway, ci impegniamo a dare potere alla prossima generazione di pionieri, sia artisti che discografici".

A guidare il nuovo corso della label saranno Robert Knotts e Jake Gear, in qualità di co-vicepresidenti esecutivi.

"Nel corso della mia carriera, il mio obiettivo è sempre stato quello di operare al servizio della visione dell'artista, comprendendo al contempo il legame emotivo con la sua arte”, ha dichiarato Knotts: “E’ con questo stesso spirito che Lost Highway ha lasciato un segno indelebile nella comunità di Nashville, offrendo una casa ad artisti che non sono definiti da un genere e riconoscendo che la visione dell'artista, in ultima analisi, plasma la cultura stessa. Sono onorato di portare avanti questo approccio insieme a uno dei miei amici più cari, Jake Gear. Con la guida di John Janick e il supporto di tutto il team di Interscope, abbiamo un'incredibile opportunità di combinare una mentalità che mette l'artista al primo posto con la straordinaria capacità di Interscope di contribuire a costruire mondi attorno alla visione di un artista".

"Lost Highway ha una storia ricca. Molte delle sue uscite e dei suoi artisti sono stati formativi nello sviluppo del mio apprezzamento per l'arte della scrittura di canzoni", ha aggiunto Gear: "L'etichetta è stata pioniera nel gusto, rappresentando un'etica che mette l'arte al primo posto, un'apertura al rischio creativo e alla valorizzazione di artisti che si allontanavano dai confini del mainstream definito dalle major. Insieme al mio amico Robert, e con il supporto di John Janick e Interscope, non vedo l'ora di curare il roster".

L’etichetta continuerà ad avvalersi della collaborazione dell’apprezzato produttore T-Bone Burnett, che per Lost Highway ha già prodotto il disco country dell’ex Beatle Ringo Starr “Look Up”: la prima uscita della rinnovata etichetta sarà una ristampa celebrativa per il 25esimo anniversario della pubblicazione della colonna sonora di “O&nbsp; Brother, Where Art Thou?” (“Fratello dove sei?”), film del fratelli Coen del 2000 il cui commento musicale fu prodotto dallo stesso Burnett aggiudicandosi un Grammy Awards come Album dell’Anno nel 2001.

Interscope (UMG) rilancia Lost Highway Records

Si apre un ‘nuovo capitolo’ per la prestigiosa etichetta di Nashville

I bootleg per anni ci sono sembrati un retaggio del passato, una gloriosa (e illegale) tradizione di un'epoca che ormai non esiste più: ma cosa succederebbe se non solo tornassero in grande stile come nuovo trend, ma addirittura si trovasse un modo per renderli legali? E' la scommessa di una nuova start-up che, non a caso, prende il nome proprio di Bootleg.

L'idea è quella di vendere le registrazioni dei concerti appena avvenuti ai fan accorsi alla data, un po' come se si trattasse di una versione "smaterializzata" del tradizionale merchandising presente ai banchetti. Nel corso del 2025 sta già collaborando con alcuni musicisti per testare questa possibilità (tra gli ultimi,&nbsp;Evan Honer&nbsp;and&nbsp;Judah &amp; the Lion) ed è prevista anche la sincronizzazione con brevi caroselli di foto o video, per venire incontro alle ultime tendenze social. Al momento le registrazioni di Bootleg costano dai 10 ai 40 dollari, e vengono acquistate da una percentuale di pubblico che oscilla tra il 5 e il 10% degli spettatori di ogni concerto.&nbsp;

Naturalmente l'idea, per quanto buona, apre le porte a una serie di considerazioni riguardanti la gestione discografica dell'operazione (chi è, ad esempio, il proprietario del&nbsp;nuovo master creato tramite la registrazione del concerto?); resta però un'idea interessante e potenzialmente redditizia.

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I bootleg ottengono una start-up dedicata (di nome e di fatto)

Da residuati degli anni '70 e '80 a potenziale nuovo trend?

L’ultimo, in ordine cronologico, a offrire ai suoi fan l’opportunità di vivere i suoi concerti come delle “esperienze” è stato Guè. Da sempre mosso da un’attitudine imprenditoriale che strizza l’occhio a quello che succede dall’altra parte dell’Atlantico, il 44enne rapper milanese in occasione degli show che terrà a maggio nei palasport di Milano (3 e 15 maggio), Napoli (8 maggio) e Roma (10 maggio) ha deciso di mettere in vendita dei pacchetti vip, oltre ai normali biglietti, che offrono una serie di attività accessorie. Per le date di Milano, ad esempio, lo “Stage Bar - Package”, al costo di 155 euro, include un biglietto per il “settore esclusivo stage bar” nel parterre, un pass “con cordino memorabilia”, un free drink e l’assistenza di personale dedicato in loco. Al costo di 255 euro era possibile acquistare lo “Stage Bar - Privé package”, pacchetto che include oltre al posto per il settore esclusivo stage bar anche un “ingresso esclusivo all’area privé con tavoli e personale dedicato”, due free drink, la possibilità di acquistare prodotti esclusivi del merchandising. Infine, al costo di 355 euro era possibile acquistare lo “Stage Bar - Super VIP Package”, che oltre a quanto previsto dai pacchetti più “economici” permette anche di accedere a un “meet &amp; greet” con l’artista. Usiamo l’imperfetto perché i pacchetti sono andati tutti sold out (non è dato sapere quanti ne fossero stati messi in vendita).

Non è certo la prima volta che un artista italiano mette in vendita dei pacchetti esclusivi per un suo show. Ma la mossa di Guè, che allestirà nel parterre dei palasport in cui si esibirà dei veri e propri spazi rinominati “privé” con tavoli e quant’altro, è destinata a sdoganare una volta per tutte la moda dei pacchetti “vip” per i concerti. <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750959/live-nel-2025-crescere-come-la-prospettiva-di-cts-eventim">All’estero</a> non fa quasi più <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-657431/concerti-biglietti-vip-package-meet-and-greet-ascesa-fenomeno-in-italia">notizia</a>: è una tendenza consolidata. In Italia ancora no. <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-657431/concerti-biglietti-vip-package-meet-and-greet-ascesa-fenomeno-in-italia">Ma lo sta diventando</a>. Ha messo in vendita dei “vip package” per i suoi concerti, per dire, anche una popstar come Cesare Cremonini, in occasione del tour negli stadi. Al costo di 200,50 euro era possibile acquistare un “Vip Pack Early Entry - Prato Gold” per le date del 15 e 16 giugno allo Stadio San Siro di Milano. Il pacchetto include: un biglietto di Prato Gold, l’ingresso anticipato di 15 minuti prima dell’apertura cancelli e gadget del tour. Sborsando 286,25 euro era invece possibile acquistare un “Vip Pack Hospitality - Primo settore”, che include “un biglietto di tribuna numerata PL1”, l’“accesso alla pre-show lounge con musica, open bar (vino, birra, soft drinks) e dinner buffet” e gadget del tour, ma - a differenza di Guè - non la possibilità di incontrare l’artista. Possono invece incontrare Francesco Gabbani i fan che al costo di 271,85 euro acquistano il vip pack per la data del cantautore toscano al Palazzo dello Sport di domani, 17 aprile. Il pacchetto include: un biglietto in Platea Gold, un vinile picture disc, una maglietta, una bandana, un pass laminato e, appunto, un meet &amp; greet con Gabbani. Un filino più economico il pacchetto vip messo in vendita da Alfa per le date del suo tour, come quella dell’8 novembre al Modigliani Forum di Livorno: al costo di 125,80 euro è possibile acquistare un pacchetto che include un biglietto parterre in piedi per assistere al concerto, l’ingresso anticipato alla venue, la partecipazione alle prove e un incontro con foto con l’artista.

Con i limiti strutturali del mercato fisico&nbsp;e le piattaforme di streaming che pagano poche centinaia di centesimi per stream, i concerti rappresentano spesso per gli artisti il modo principale&nbsp;per guadagnare con la propria musica. E i pacchetti vip sono un modo per massimizzare i profitti. Quelli messi in vendita dalle star internazionali raggiungono costi che dire proibitivi è dire poco. Sborsando la bellezza di 703,50 euro, per dire, i fan italiani di Dua Lipa possono assistere allo show del 7 giugno della popstar all’Ippdromo Snai La Maura da una terrazza. Il pacchetto, oltre all’ingresso “esclusivo” per la terrazza, include: un biglietto per il settore pit, un ingresso dedicato, una non meglio specificata “capsule i-Days” esclusiva, l’acceso all’open bar e quello a un “dinner buffet” e… una toilette riservata. 
Sì, tutto vero. 
Per i due show&nbsp;del 19 e 20 ottobre di Lady Gaga al Forum di Milano erano stati messi in vendita dei pacchetti al costo di 711,15 euro, andati sold out. Includono: un biglietto premium riservato, l’invito alla lounge VIP hospitality prima dello spettacolo, una selezione speciale di antipasti caldi e freddi e drinks (2 token per le bevande inclusi), opportunità fotografiche, musica e altro, un articolo di merchandising in edizione limitata di Lady Gaga “creato esclusivamente per gli acquirenti del pacchetto VIP”, l’opportunità di acquistare prodotti del merchandising del tour prima dello spettacolo (dove disponibile), un pass da collezione con cordino, l’opportunità di scattare “foto sul tappeto rosso davanti allo sfondo VIP per commemorare la serata”. Gli organizzatori hanno specificato che alle attività “non è prevista la partecipazione dell’artista”.

Non solo star del pop, del rap o del rock. Hanno messo in vendita pacchetti vip per i loro concerti anche musicisti come Ludovico Einaudi. Al costo di 275 euro era possibile acquistare un “vip pack - parterre numerato” per lo show del 12 giugno del pianista all’Auditorium Parco della Musica. Il pacchetto permette a chi lo ha acquistato di avere un biglietto riservato “in posti premium”, acquistare merchandising esclusivo, avere un pass ricordo e avere dei gadget autografati da Einaudi.

355 euro per incontrare l’artista: i biglietti “vip” ai concerti

Anche in Italia arrivano i pacchetti esclusivi per permettere ai fan di vivere “esperienze”.

Gli Emirati Arabi si sono dotati per la prima volta di una società di gestione collettiva: la Emirates Music Rights Association, prima collecting del paese, ha ottenuto il permesso di supervisionare, raccogliere e ripartire i ricavi generati dai diritti agli artisti musicali. Ad esprimere soddisfazione per l’introduzione della nuova entità sono state la IFPI, ente di rappresentanza internazionale dell’industria discografica, e CISAC, confederazione globale delle società di gestione.

"L'istituzione di un'organizzazione di gestione dei diritti efficace, trasparente e responsabile per i diritti di esecuzione pubblica e di trasmissione è un ulteriore passo avanti che consoliderà gli Emirati Arabi Uniti come uno dei mercati musicali più dinamici ed entusiasmanti al mondo", ha dichiarato Victoria Oakley, CEO di IFPI: "Secondo l’ultimo Global Music Report, nel 2024 gli Emirati Arabi Uniti sono stati il ​​mercato musicale discografico in più rapida crescita al mondo".

"Concedere la sua licenza a EMRA è un passo significativo per il progresso dell'economia creativa degli Emirati Arabi Uniti”, ha commentato il Ministro dell'Economia emiratino Abdulla bin Touq Al Marri.

E’ nata la prima collecting emiratina

Al debutto la Emirates Music Rights Association

Sembrano confermate le voci, pur in assenza di una comunicazione ufficiale, secondo le quali&nbsp;<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-748940/valorizzare-la-musica-ovunque-la-visione-di-roberto-razzini">Roberto Razzini</a> ha lasciato Sony Music Publishing Italia, nella quale ha trascorso tre anni: dal marzo del 2022, infatti, vi ricopriva la carica di Managing Director.

Razzini è una figura di riferimento dell'editoria musicale italiana, in cui opera da trentacinque anni, gran parte dei quali trascorsi&nbsp;a capo di Warner Chappell Music Italia, di cui diciannove nel ruolo di Managing Director (era entrato in azienda nel 1990 come Product Manager presso la consociata Nuova Carisch, che si occupava della produzione e distribuzione di pubblicazioni musicali e spartiti).&nbsp;

Roberto Razzini, che è anche un autore avendo&nbsp;pubblicato nel 2020 il libro “Dal Vinile a Spotify – quel che resta sono le canzoni”&nbsp;(edito da People nella collana People Records, allora diretta dal cantautore Paolo Benvegnù), è attualmente membro del Consiglio di Gestione della <a href="https://www.rockol.it/tutto-su/siae-169382">SIAE</a>.

Sony Music Publishing, lascia Roberto Razzini

L'ex Managing Director è un veterano dell'editoria musicale italiana

Il <a href="https://www.rockol.it/news-751223/sanremo-pubblicato-il-bando-per-assegnare-i-prossimi-festival">bando pubblicato dal Comune di Sanremo</a> lo scorso 10 aprile pare aver scontentato non solo i discografici, che - come sintetizzato dal CEO di FIMI Enzo Mazza - hanno lamentato una mancanza di attenzione, da parte dell’amministrazione Alessandro Mager, nei confronti del proprio settore, ma anche della RAI: come riferito in un articolo di Lisa Di Giuseppe su Domani, anche la RAI non avrebbe affatto gradito le condizioni imposte dalla cittadina ligure al partner che si aggiudicherà l’organizzazione della prossima edizione del Festival di Sanremo.

In attesa del responso del Consiglio di Stato, che il prossimo 22 maggio potrebbe ribaltare la sentenza del TAR della Liguria che ha dichiarato illegittima l’assegnazione della manifestazione a viale Mazzini senza avviso pubblico (ripristinando, nell’eventualità, lo status quo), sono diverse le città che si stanno preparando a un eventuale showdown tra discografia, RAI e Comune di Sanremo.

In pole position ci sarebbe Torino, che non solo dispone di una struttura pronta a ospitare l’evento (il PalaOlimpico) e di un centro di produzione RAI sul territorio (in via Verdi), ma anche dell’esperienza in materia di grandi eventi televisivi fornita dall’aver ospitato l’Eurovision Song Contest del 2024.

Anche Napoli, che in Piazza del Plebiscito ha ospitato la finale dell’ultima edizione italiana di X Factor, starebbe pensando alla candidatura. “Siamo Città della Musica da tre anni con un progetto che sta riscuotendo successo nazionale e internazionale”, ha dichiarato il sindaco Gaetano Manfredi: “Abbiamo già disponibili l’Auditorium Rai e la Mostra d’Oltremare. Sono poi avviati progetti per realizzare nuove infrastrutture”.

Tra i centri più piccoli pronti a offrire la propria disponibilità ci sono anche Montecatini Terme (che in passato è già stata cornice di show come Miss Italia, Serata d’Onore di Pippo Baudo e lo spettacolo di Panariello / Pieraccioni / Conti), e Terni, il cui sindaco, Stefano Bandecchi, ha proposto un contratto gratuito agli eventuali futuri partner a patto di un cambio di nome, da Festival di Sanremo a Festival di San Valentino, in onore del santo patrono cittadino.

Il Festival dopo Sanremo? Le città che si stanno candidando…

Chi (per ora) vuole dare asilo alla manifestazione canora in caso di ‘sfratto’

Fondata nel 1984 a Firenze, la Spittle Records è stata tra le più attive etichette indipendenti della scena punk-rock italiana: si era&nbsp;fatta conoscere&nbsp;pubblicando i progetti discografici di band seminali come i Not Moving, i Juggernaut o i Neon. Dopo qualche anno di attività aveva chiuso i battenti, per poi riaprirli nel 2005 e dedicarsi alle ristampe, riportando alla luce i lavori meno conosciuti di Diaframma, Skiantos, Krisma e molti altri.

A vent'anni dalla ri-fondazione, nasce una nuova sub-label in casa Spittle: si tratta di Spittle Made in Japan, che si dedicherà a pubblicare&nbsp;ristampe post-punk di gruppi underground nipponici. Il primo ad aprire la strada è l'omonimo album d'esordio degli Schedars, un gruppo no-wave di Tokyo, che fu originariamente pubblicato in patria nel 2023 e arriverà in tutto il mondo tramite Spittle Made in Japan a partire da maggio 2025.&nbsp;

Spittle Records lancia la sub-label Spittle Made in Japan

L'etichetta fiorentina simbolo del punk-rock è attiva fin dal 1984: ha riaperto i battenti nel 2005

Dopo il <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750405/il-libro-bianco-dell-industria-musicale-italiana-2024">lancio annuale della sua tradizionale versione cartacea</a>, avvenuto lo scorso 18 febbraio, Il Libro Bianco dell’Industria Musicale italiana 2024 (Edizione 2025) debutta ora anche in versione eBook.

È possibile acquistare la versione eBook del Libro Bianco dell’Industria Musicale Italiana su <a href="https://www.amazon.it/Libro-Bianco-dellIndustria-Musicale-Italiana-ebook/dp/B0F2VYPNKT/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&amp;crid=1PFJMD98R33KG&amp;dib=eyJ2IjoiMSJ9.uHmEr-ON4bGQjJd_sI7IzQ.jQ4DaJTw3dJCHBr5mWbUAjgya0rvU0bSC3q_SZ6UlqQ&amp;dib_tag=se&amp;keywords=il+libro+bianco+dell%27industria+musicale&amp;qid=1744712237&amp;sprefix=il+libro+bianco+dell%27industria+musicale%2Caps%2C89&amp;sr=8-1">Amazon</a> e leggerla su qualunque dispositivo digitale tramite l’app Kindle.

Il Libro Bianco dell'Industria Musicale Italiana è una pubblicazione annuale realizzata da Rockol MusicBiz. Lungo 472 pagine, offre il compendio più esaustivo sull'industria musicale italiana, con una raccolta degli articoli e dei temi più rilevanti, l’analisi delle maggiori tendenze, dati e statistiche, i profili personali dei personaggi che hanno caratterizzato l’industria nel 2024 - tutto completato da una sezione dedicata all'anagrafica di settore (aziende, comparti, persone).

Il Libro Bianco è la ‘bibbia’ del music business. E’ imperdibile per chi deve esserci (i professionisti e le aziende protagoniste del settore) ed è fondamentale per chi desidera esserci (studenti, aspiranti professionisti, startupper musicali). E, con la sua mole di informazioni e conoscenza, è uno strumento sempre più prezioso - insieme alla frequentazione quotidiana di Rockol MusicBiz - per una mole crescente di artisti che sono spesso non allineati alle vere dinamiche dell’industria in cui costruiscono la propria carriera.

La versione eBook è la novità del 2025. Laddove la versione cartacea è un oggetto prezioso e di culto, che unisce ai contenuti la funzione di feticcio fisico (a modo suo anche un coffe table book), la versione digitale è LO strumento di lavoro e di studio per antonomasia, sempre disponibile e consultabile. E, per sua natura, presenta anche un vantaggio di prezzo,&nbsp;poiché ha un prezzo di copertina inferiore di un terzo rispetto al cartaceo.

Acquista subito la tua copia digitale <a href="https://www.amazon.it/Libro-Bianco-dellIndustria-Musicale-Italiana-ebook/dp/B0F2VYPNKT/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&amp;crid=1PFJMD98R33KG&amp;dib=eyJ2IjoiMSJ9.uHmEr-ON4bGQjJd_sI7IzQ.jQ4DaJTw3dJCHBr5mWbUAjgya0rvU0bSC3q_SZ6UlqQ&amp;dib_tag=se&amp;keywords=il+libro+bianco+dell%27industria+musicale&amp;qid=1744712237&amp;sprefix=il+libro+bianco+dell%27industria+musicale%2Caps%2C89&amp;sr=8-1">qui.</a>

 Il Libro Bianco dell’Industria Musicale Italiana è anche eBook

L'edizione 2025 debutta anche in formato elettronico, per una consultazione ubiqua

Nella <a href="http://musicbiz.rockol.it/news-751026/spotify-scappa-apple-music-insegue-traiettorie-business-a-confronto">guerra delle offerte musicali trai i grandi marchi del tech e le piattaforme</a>, Apple prova a ritagliarsi sempre più una posizione legata ad un tema preciso: la qualità sonora. 
Dopo gli investimenti sull’<a href="http://musicbiz.rockol.it/news-749248/audio-spaziale-dolby-atmos-come-funziona-studi-universal-luca-mattioni">audio spaziale (la versione Apple Music del Dolby Atmos</a>), ecco un nuovo tassello, e non da poco. Una nuova versione delle AirPods Max, che nuova non è, ma supporta l’audio lossless, ovvero l'ascolto&nbsp;senza la perdita sonora tipica della compressione digitale. 
Rafforzando ancora di più l’ecosistema musicale Apple, che fa dell’integrazione tra servizi (lo streaming, che offre musica in alta qualità senza sovrapprezzi) e l’hardware il proprio punto di forza.

<h2>Come funzionano le “nuove” AirPods Max</h2>

Per ascoltare musica in questo nuovo modo non servono necessariamente delle nuove AirPods Max: è una caratteristica aggiunta tramite unaggiornamento firmware &nbsp;alla seconda generazione delle cuffione Apple, quelle con USB-C, immesse sul mercato lo scorso settembre. Ora, usandole con il cavo usb-c, passano l’audio a 24-bit/48 kHz: non entriamo nei dettagli, ma è leggermente superiore alla qualità di un CD e inferiore all’alta risoluzione, che pure Apple Music supporta - ma che richiede un’attrezzatura diversa. Questo sistema non&nbsp;funziona invece con la prima generazione, quella di fine 2020 che usa il connettore proprietario Lightning, che Apple ha ormai abbandonato.

Apple di solito punta alla semplicità d’uso e ad un consumatore di fascia medio alta, non agli audiofili che controllano ogni dettaglio e caratteristica tecnica. Per questo, non ci sono grandi spiegazioni su come tenicamente funzionano le nuove AirPods Max: il cavo usb-c/usb c, attaccato ad un Mac, iPhone o iPad, dovrebbe permettere il passaggio diretto del segnale digitale senza conversioni intermedie che fanno perdere qualità. Il segnale dovrebbe poi venire trasformato&nbsp;dal DAC (digital to audio converter) interno alle cuffie.

Per usare le AirPods Max serve un aggiornamento all’ultimo sistema operativo, 18.4 per iPhone e iPad, 15.4 per Mac,&nbsp;ed un aggiornamento di firmware per le cuffie. che si ottiene automaticamente lasciandole in carica fuori dalla custodia, vicino ad un device). È la versione E7101 - si può controllare nelle impostazioni delle cuffie.&nbsp;&nbsp;e una volta installata compare un pop-up che avvisa la nuova possibilità di ascolto. A questo punto nelle sorgenti AirPlay compare “Audio USB” di fianco alle AirPods Max. Bisogna anche disattivare l’audio spaziale (che non è lossless).

<h2>Un’esperienza di ascolto diversa</h2>

Per una <a href="http://musicbiz.rockol.it/news-719545/airpods-max-la-prova-e-la-recensione">recensione dettagliata delle AirPods Max rimando al pezzo scritto 4 anni fa</a>: in linea generale non è cambiato molto, se non la disponibilità in nuovi colori (mezzanotte, blu, galassia, arancione, viola). Sono identiche, con gli&nbsp;stessi pregi e anche i principali difetti: una custodia non all’altezza e una durata ridotta delle batteria rispetto alla concorrenza. Però&nbsp;ascoltandole via cavo si ricaricano e quando le userete wireless saranno più facilmente cariche - l’impatto sulla batteria dei device mi sembra comunque minimo. Anche con il cavo funzionano i controlli classici sulle cuffie.

In generale, le AirPods Max suonavano bene prima e suonano meglio ora.&nbsp; 
Si sente la differenza dell’ascolto lossless via cavo? Quando si collegano il volume di uscita è più basso, si disattivano i controlli interni di miglioramento delle frequenze - il che significa un suono leggermente meno orientato sui bassi - meno “equalizzato” dal device, quindi più equilibrato e un po’ più dettagliato, più fedele all’originale. 
Ma molto dipende dalla qualità e tipologia della registrazione originale: le ho testate con musiche molto diverse, e se si ascoltano con registrazioni mediocri, il lossless è inutile. Poi bisogna ascoltare attentamente e ad alto volume (e avere un orecchio molto allenato). 
È questa la cosa che mi ha colpito di più: dopo anni di ascolto wireless, usare il cavo cambia l’esperienza, richiede una maggiore concentrazione e attenzione ai dettagli. Fatte le dovute proporzioni, è come tornare al vinile dallo streaming: non dico che lo farò sempre, ma in certe circostanze ascoltare in maniera “old style” permette di apprezzare di più la musica: la differenza nei dettagli sonori si percepisce anche solo perché questa maniera richiede più attenzione.

<h2>L’eterno dibattito sull’alta fedeltà digitale</h2>

Le AirPods Max non sono cuffie per audiofili puri. L’esperienza di alta fedeltà che Apple propone è per un utente “normale”. Certo, rimane però l’eterno dubbio sull’efficacia reale dell’ascolto in alta fedeltà digitale. Per molti, soprattutto se non abituati all’ascolto critico, la differenza tra un file compresso e uno lossless è minima o addirittura impercettibile. Alcuni parlano apertamente di effetto placebo: sapere di ascoltare in qualità “superiore” spinge a percepire un miglioramento che, in realtà, spesso è più psicologico che reale. Ma, ancora una volta, spesso dipende dalla musica che si ascolta, non solo dalle cuffie.

Rimane però il fatto che le AirPods Max sono le migliori cuffie di questa fascia e l’ascolto via cavo rafforza l’esperienza sonora complessiva con Apple Music, che rimane la migliore. Tra quelle che ho testato in questi anni, le principali rivali sono Sonos Ace, che hanno un suono un poco meno definito,&nbsp; ma sono più economiche, e con maggior versatilità per durata della batteria e utilizzo fuori dal sistema Apple.

Peraltro, esiste un cavo jack/USB-C venduto a parte che permette di usarle anche su stereo e altri device. E ci sono altri due aspetti interessanti, per quanto rivolti a pubblici molto specifici: la possibilità di usare queste cuffie via cavo per mixare in audio spaziale, pensata per chi lavora in studio con Logic Pro o software compatibili, e anche una latenza ridotta nell’ascolto sempre via cavo: un dettaglio importante per chi gioca, dove il ritardo audio può compromettere l’esperienza.

<h2>Quanto costa l’altra fedeltà?</h2>

Rispetto al lancio di 4 anni fa, le AirPods costano qualcosa di meno: “solo” 579€. Solo si fa per dire ovviamente - ma tenete conto che il prezzo medio delle cuffie di questa fascia è solo un poco più basso. Dove vince però il sistema è che Apple Music offre il lossless senza costi aggiuntivi nel suo abbonamento. Tanto che Spotify qua è rimasta decisamente indietro: annunciata nel 2021, la sua versione hi-fi non è mai arrivata proprio perché la piattaforma è rimasta spiazzata dalla mossa di Apple. La cattiva notizia è che se avete il modello del 2021 l’upgrade lossless non funziona. La buona notizia è che chi ha comprato le AirPods Max negli ultimi mesi si trova a costo zero una buona possibilità in più di ascolto - rafforzando ulteriormente l’idea che l’ecosistema Apple sia quelle che di più punta sulla qualità sonora, di quelli in circolazione attualmente,

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Apple punta sempre più sull'alta fedeltà

L'integrazione tra Apple Music e le nuove AirPods Max "lossless": la prova

L'annuncio è arrivato tramite una storia di Instagram pubblicata dalla stessa Francesca Michielin: "Dopo quasi dieci anni di avventure insieme, ho preso una decisione non semplice ma che apre un nuovo corso per me: non lavorerò più con Latarma Management" scrive. "Ringrazio Marta e tutto il team per avermi affiancato da quando ero una giovane ragazza in quello che è un mondo bellissimo e anche un po' spietato, ma oggi sento la necessità di cambiare direzione e aprirmi&nbsp;nuove strade. Vi abbraccio, è stata una figata".

Non è ancora stato reso noto quale sarà il/la manager che sostituirà Marta Donà affiancando Michielin nella sua carriera. Al momento, il roster degli artisti seguiti da&nbsp;Latarma è composto da Marco Mengoni, Olly, Angelina Mango e Holden (a cui si aggiungono Alessandro Cattelan, Antonio Dikele Distefano e Fabio De Luigi come personality extra-musicali)

Francesca Michielin lascia Latarma Management

La decisione dopo quasi dieci anni di collaborazione con la struttura di Marta Donà

E’ stato battezzato Music Assistant il nuovo strumento basato sull’intelligenza artificiale generativa di Creator Music che permetterà ai creator che operano su YouTube di realizzare colonne sonore originali - e quindi libere da diritti di proprietà intellettuale - per i propri video. Il tool, che sarà reso disponibile per gli utenti residenti negli Stati Uniti aderenti al programma YouTube Partner, permette di creare brani musicali strumentali fornendo al sistema prompt testuali. Una volta realizzata, la traccia può essere scarica a sincronizzata ai video uploadati sulla piattaforma, che ne riconoscerà automaticamente la gratuità. A differenza di Dream Track, che permette la realizzazione di snippet da 30 secondi basati sullo stile di artisti celebri, Music Assistant è in grado di generare solo brani strumentali.