Se c’è una lezione che ci ha impartito, il primo lustro degli anni Venti, è che il mondo va più veloce anche di chi si crede velocissimo. Si prenda, per esempio, Mark Zuckerberg, che - in quanto a visione e capacità di interpretare il futuro - non è esattamente uno degli ultimi arrivati. Nella prima metà del 2020 la pandemia da Covid-19 azzera le attività sociali: i luoghi di aggregazione abbassano le serrande, i concerti si fermano. Si inizia a pensare a una società virtuale, che trasporti la socialità in una dimensione digitale. La parola chiave diventa una e una soltanto: metaverso. Zuckerberg intercetta lo zeitgeist - o, almeno, crede di esserci riuscito - e imprime alla sua corazzata una virata che sarebbe risultata impegnativa persino per una lancia: ribattezza la sua creatura Meta e investe miliardi nell’utopia teorizzata per la prima volta nel 1992 da Neal Stephenson. Avanti - appunto - veloce. A fine 2022 il mondo inizia a lasciarsi l’incubo Covid alle spalle: la socialità in presenza riprende, con ancora più slancio di prima. Nelle casse delle grandi società di live promoting tornano a fluire montagne di denaro. La bolla del metaverso esplode, senza nemmeno fare troppo rumore: Meta, come un portiere completamente spiazzato da un calcio di rigore, a fine 2022 taglia 11mila posti di lavoro. Zuckerberg si cosparge il capo di cenere: “Le cose non sono andate come mi aspettavo”, ammette annunciando la ristrutturazione. Che, ancora oggi, continua: lo scorso aprile, sotto la scure dei tagli, è finita la divisione Reality Labs, il ramo d’azienda dedicato allo sviluppo della realtà virtuale. Così come la parabola di Bandcamp - acquisito e ceduto dalla società sviluppatrice di Fortnite Epic Games nel giro di un anno e mezzo, tra inizio 2022 e metà 2023 - o delle tante aziende che hanno tentato (invano) di lucrare sugli NFT, quella di Meta ha suggerito ai chi siede nelle stanze dei bottoni di non confondere l’entusiasmo con la lungimiranza: paradossalmente, per stare al passo di un mondo sempre più veloce, la cosa migliore da fare potrebbe essere quella di imporsi - se non addirittura la lentezza - una linea di condotta che rifugga dalla reazione immediata. E, in questo senso, l’allenamento alla riflessione diventa un notevole asso nella manica. Il comparto del publishing, che per ragioni strutturali - si pensi, per esempio, alle tempistiche di ripartizione delle collecting - è abituato a non ragionare (solo) sull’immediato, e dopo l’inevitabile calo patito a causa della pandemia, adattandosi, è riuscito a consolidare la propria quota di mercato - con le sincronizzazioni, soprattutto, che a partire dal 2022 hanno iniziato a crescere a doppia cifra, anche in Italia - ponendosi come uno dei segmenti più solidi (e resilienti, come ribadito anche dall’ultimo outlook di Goldman Sachs) tra quelli compongono l’intera industria musicale. Industria musicale che, oggi, si trova di fronte a una sfida tra le più difficili, soprattutto dopo anni tumultuosi per diverse ragioni: quella della crescita strutturale. Più che la musica dal vivo - che non dovrà cedere alle lusinghe dalla massimizzazione degli utili per non incrinare il legame con il pubblico, soprattutto quello più giovane, rivelatosi fondamentale per restituire lo slancio al settore nell’immediato post-pandemia - sarà la musica registrata a dover dimostrare lucidità, nervi saldi e visione: l’irruzione dell’intelligenza artificiale generativa non solo ha ulteriormente rafforzato il legame di interdipendenza tra industria creativa e settore tecnologico, ma ha portato il dibattito a un livello più alto. La partita perché un’opportunità non si trasformi in una minaccia non è più interna al comparto, ma coinvolge anche mondi - la politica, in primis - per i quali la frequentazione con l’industria musicale è sempre stata cordiale, ma blanda e per lo più di rappresentanza. In un contesto storico carico di tensioni, che vede le distanze tra i paesi progressivamente allungarsi, affrontare una sfida globale sarà ancora più difficile: trovando un unico comune denominatore sul quale compattarsi, comunità artistica, discografia, publishing, collecting e promoter sapranno dimostrare di aver fatto tesoro delle esperienze maturate non solo negli ultimi cinque anni, ma trent’anni, aprendo una fase nuova battezzata - prima ancora che da grandi cambiamenti esterni, che si tratti di una pandemia o della diffusione di una nuova tecnologia - da un nuovo approccio. Quello proprio di un unico, grande ecosistema, sempre più consapevole di sé e del proprio impatto sul mondo. Leggi anche: 2020-2024: Rinascere dalle proprie ceneri