Universal Music Group ha annunciato un accordo con la piattaforma di music making Splice per la produzione di una linea di strumenti di creazione musicale professionali basati sull’intelligenza artificiale.

“UMG e Splice stanno definendo una roadmap per lo sviluppo di strumenti di intelligenza artificiale commerciali basati sul controllo creativo e sull'eccellenza sonora”, hanno spiegato le aziende in una nota congiunta: “L'accordo, incentrato sugli artisti, si basa sulla suite di strumenti di creazione basati sull'intelligenza artificiale di Splice, che continuano a rispettare la proprietà intellettuale e a combinare ingredienti creativi di alta qualità”.

Il sodalizio, secondo Universal Music, offrirà “la possibilità di creare strumenti di intelligenza artificiale commerciali avanzati in grado di garantire un'espressione precisa e ad alta fedeltà dell'intento artistico”: “ci si aspetta che gli artisti UMG svolgano un ruolo cruciale nel guidare il processo di sviluppo del prodotto”, ha fatto sapere la major.

"Siamo entusiasti di stringere questa alleanza con Splice per promuovere l'allineamento tra innovazione ed eticità nell'affrontare gli interessi della comunità creativa, sfruttando strumenti all'avanguardia basati sull'intelligenza artificiale per promuovere la propria espressione artistica”, ha dichiarato Michael Nash, EVP e Chief Digital Officer di Universal Music Group: “Non vediamo l'ora di collaborare con Kakul Srivastava e il suo team su questo fronte tecnologico strategico di fondamentale importanza".

"Abbiamo dedicato tempo allo sviluppo di strumenti di intelligenza artificiale progettati per compensare equamente i creatori e mantenere il controllo", ha aggiunto Kakul Srivastava, CEO di Splice: "Siamo grati a Universal per il continuo supporto e siamo entusiasti di lavorare insieme per mettere questi strumenti commerciali nelle mani degli artisti di tutto il mondo, sapendo che possono fidarsi del risultato finale".

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Universal Music, una partnership con Splice

Industria

Per la produzione di strumenti di creazione musicale basati sull’intelligenza artificiale

Nella classifica Top Album FIMI/NIQ Top of the Music sponsored by SCF relativa alla settimana dal 12 dicembre 2025 al 18 dicembre 2025, debutta al primo posto WISH YOU WERE HERE (50TH ANNIVERSARY EDITION) dei PINK FLOYD. In seconda posizione si piazza un altro nuovo ingresso,&nbsp;ELSEWHERE di GEMITAIZ,&nbsp;seguito in terza posizione da un'ulteriore nuova entrata,&nbsp;GLORIA di PAKY.

Oltre a quelle già citate, non si segnalano altre new entry nelle prime dieci posizioni.

Nella classifica Top Singoli FIMI/NIQ Top of the Music sponsored by SCF relativa alla settimana dal 12 dicembre 2025 al 18 dicembre 2025, il brano ALL I WANT FOR CHRISTMAS IS YOU di MARIAH CAREY mantiene saldamente la prima posizione. In seconda posizione si registra un significativo balzo in avanti per L'AMORE NON MI BASTA di EMMA, che passa dalla trentaduesima alla seconda posizione. Scende invece dalla seconda alla terza posizione LAST CHRISTMAS di WHAM!.

Tra le nuove entrate nelle prime dieci posizioni si segnala solamente:

<ul>
	<li>TARDI di PAKY FEAT. SFERA EBBASTA debutta in settima posizione</li>
</ul>

<a href="https://www.rockol.it/classifica-fimi-billboard-uk-radio-dischi-piu-venduti?preview=a608820c8b02f821fd24a9f57f9db081#Classifichee%20polemiche&amp;refresh_ce">Classifiche: speciale e aggiornamenti continui qui</a>.

Pink Floyd

Classifiche, novità 18 dicembre: i Pink Floyd debuttano in testa

‘Wish You Were Here (50th Anniversary Edition)’ è l'album più ascoltato della settimana

Universal Music ha annunciato un nuovo accordo strategico con Roblox che vedrà la major collaborare con la piattaforma di gaming per “migliorare l'integrazione musicale e commerciale nelle esperienze di artisti e fan”.

L'accordo include l'integrazione di funzionalità commerciali “volte a incrementare il coinvolgimento e i ricavi di artisti ed etichette, con la possibilità di sfruttare Shopify [piattaforma per la vendita online di merchandising, ndr] per la vendita di prodotti digitali e fisici”. Le due aziende “collaboreranno a stretto contatto per semplificare il coinvolgimento di artisti ed etichette all'interno della piattaforma, fornendo supporto creativo e operativo diretto e accesso ai nuovi strumenti e alle funzionalità beta di Roblox”.

La collaborazione, precisano le aziende in una nota congiunta, “riflette un impegno condiviso verso pratiche di intelligenza artificiale responsabili e a sostegno della musica e degli artisti rappresentati da UMG”. “Allineandosi ai migliori interessi dei creatori, Roblox e UMG garantiscono un ambiente di piattaforma in cui i creatori partecipanti possono sfruttare con sicurezza la propria proprietà intellettuale, affiancandosi alle innovazioni in continua evoluzione della piattaforma”, conclude l’annuncio.

"La relazione strategica di UMG con Roblox si basa su obiettivi condivisi di promozione dell'innovazione, empowerment degli artisti e rafforzamento del coinvolgimento dei fan”, ha dichiarato Michael Nash, EVP e Chief Digital Officer di Universal Music Group: “Con questo nuovo quadro, stiamo rafforzando la nostra collaborazione commerciale, creativa e operativa e aprendo nuove opportunità per i nostri artisti e le nostre etichette. Costruito su queste fondamenta e sottolineato dall'imminente lancio dell'esperienza di punta di UMG, 'Tastemaker', questo accordo garantisce che UMG continui a guidare il settore nel plasmare il futuro della musica in ambienti immersivi".

"Abbiamo lavorato a stretto contatto con Universal Music Group nel corso degli anni per portare alcuni dei loro migliori artisti su Roblox e coinvolgere i fan della nuova generazione in modi innovativi e creativi", ha aggiunto Enrico D'Angelo, Chief Business Officer di Roblox: "Questo accordo strategico rappresenta un importante passo avanti nella costruzione del futuro dell'intrattenimento immersivo, con questa partnership che amplia significativamente le opportunità commerciali e creative per gli artisti e le etichette UMG sulla nostra piattaforma".

Nei prossimi mesi UMG continuerà a lanciare una serie di attivazioni artistiche sulla piattaforma, a partire da Stray Kids (JYP/Republic Records), che verrà lanciato oggi, venerdì 19 dicembre. La major, negli ultimi due anni, ha presentato diverse campagne sulla piattaforma, tra le quali Beat Galaxy, lo spazio dedicato alla discovery di Universal Music, e - in collaborazione con Styngr - Boombox, che permette di integrare lo streaming musicale su licenza nelle esperienze di gioco all'interno della piattaforma. Yeat, Lady Gaga, Chappell Roan, Glass Animals e Sofi Tukker sono solo alcuni degli artisti presenti nel roster di UMG che hanno attivato esperienze interattive per i propri fan su Roblox.

Universal Music, un accordo con Roblox

‘Per ampliare le esperienze musicali creative e commerciali per artisti, label e fan’

Per conoscere le ultime novità musicali della settimana, questo articolo ti fornirà l'elenco completo e sempre aggiornato delle nuove canzoni uscite venerdì. Ogni settimana, artisti e band pubblicano nuovi brani, album o EP su tutte le piattaforme digitali. Se vuoi rimanere al passo con le ultime uscite, non perderti <a href="https://www.rockol.it/singoli">l'elenco sempre aggiornato con tutte le novità musicali</a>. Questa settimana parliamo di Carillon, Ciaro, Ernia, Melania e Jalisse.

<h2>CARILLON - Carillon - INDACO Records (NEEDA)/ Virgin Music Italia (Universal Music Group)</h2>

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Il brano "CARILLON" è stato pubblicato il 19 dicembre 2025 per le etichette INDACO Records e NEEDA, in collaborazione con Virgin Music Italia e Universal Music Group. Questo singolo rappresenta un passo significativo nel percorso discografico di Arianna Tringali, conosciuta con il nome d'arte di Carillon, che ha avviato la sua carriera musicale nel 2025 con il primo singolo "AMEN". Il brano ha ricevuto un buon riscontro, entrando in diverse playlist editoriali. Successivamente, a settembre 2025, Carillon ha rilasciato il secondo singolo "Grazie e scusa", che ha ulteriormente affermato la sua presenza nella scena musicale. L'uscita di "CARILLON" sarà accompagnata da un videoclip ufficiale previsto su VEVO per gennaio 2026.

<a href="https://testicanzoni.rockol.it/testi/carillon-carillon-ctid-228846403">Leggi il testo di "CARILLON" </a>

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<h2>Brutte Abitudini - Ciaro - Up Music Studio</h2>

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Dal 19 dicembre 2025, è disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica il singolo "Brutte abitudini" di Ciaro, pubblicato per l'etichetta Up Music Studio. Come riportato in un comunicato stampa, il brano "è classificato nel genere indie pop e affronta tematiche legate al ciclo dei vizi e alla ricerca di una nuova consapevolezza. La canzone si sviluppa attraverso un'alternanza di momenti di introspezione e di energia, con una struttura musicale che invita all'ascolto attento. Le strofe presentano una voce che si rivela come un momento di confessione, mentre i ritornelli offrono un'espansione sonora. "Brutte abitudini" esplora la dinamica delle difficoltà quotidiane e suggerisce che un cambiamento di prospettiva può portare a nuove opportunità. L'artista intende comunicare un messaggio di riflessione, sottolineando l'importanza di affrontare le proprie fragilità per raggiungere una maggiore comprensione della vita".

<a href="https://testicanzoni.rockol.it/testi/brutte-abitudini-ciaro-ctid-228955940">Leggi il testo di "Brutte Abitudini" </a>

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<h2>Berlino - Ernia - Universal</h2>

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Dal 19 dicembre, è disponibile in rotazione radiofonica il singolo "Berlino" di Ernia, secondo estratto dall'album "Per Soldi e Per Amore", pubblicato a settembre. L'album ha ottenuto la certificazione di disco di platino. "Berlino", stando alla nota stampa, è "caratterizzato da un'armonia di chitarra e racconta il rapporto dell'artista con la sorella residente a Berlino". Il brano ha suscitato interesse tra i fan, che hanno creato oltre 20mila contenuti su TikTok utilizzando la canzone. "Per Soldi e Per Amore" ha debuttato al primo posto nelle classifiche FIMI/NIQ degli album più venduti e continua a mantenere una posizione stabile nella Top 10. Il primo singolo estratto, "Per Te", ha ottenuto la certificazione di disco d'oro ed è presente nella Top 10 dei singoli su varie piattaforme musicali. Anche il brano "Fellini", in collaborazione con Kid Yugi, ha raggiunto la certificazione di disco d'oro e continua a dominare le classifiche di streaming.

<a href="https://testicanzoni.rockol.it/testi/berlino-ernia-ctid-221239717">Leggi il testo di "Berlino" </a>

Matteo Professione, in arte Ernia, è un rapper italiano originario di Qt8, una zona residenziale di Milano vicino a San Siro. 
Nel 2011 forma insieme a Ghali i Troupe d'Elite, un collettivo di rapper formato appunto da Ghali (Foh), Ernia, che ai tempi era noto come Er Nyah, la voce femminile di Maite e le produzioni di Fawzi. 
Il collettivo firma un contratto discografico con l’etichetta di Guè Pequeno Tanta Roba, con la quale pubblica nel 2012 l’omonimo EP composto da 5 tracce. I... 
<a href="https://www.rockol.it/artista/ernia/biografia">Leggi la biografia completa </a>

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<h2>Musica Musica - Melania - Up Music Studio</h2>

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Dal 19 dicembre 2025, il nuovo singolo di Melania, intitolato “Musica Musica”, è disponibile in rotazione radiofonica e su tutte le piattaforme di streaming digitale. Questo brano segna il ritorno dell'artista alla musica dopo un periodo di assenza. Secondo un comunicato stampa,&nbsp;“Musica Musica” rappresenta un invito a riscoprire se stessi attraverso la danza e la musica, un tema centrale del brano. Melania ha dichiarato che la canzone narra di un momento in cui aveva messo da parte la musica, ma questa è tornata a farsi sentire. L'uscita è curata dall'etichetta Up Music. La disponibilità del singolo sulle piattaforme digitali e in radio offre l'opportunità di ascoltare il nuovo lavoro dell'artista.

<a href="https://testicanzoni.rockol.it/testi/musica-musica-melania-ctid-228306497">Leggi il testo di "Musica Musica" </a>

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<h2>TARATATA - Jalisse - Catcher Music pm</h2>

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I Jalisse annunciano l'uscita del loro nuovo singolo "Taratata", disponibile nelle radio e su tutti i digital stores a partire dal 19 dicembre 2025. Il brano, scritto, arrangiato e interpretato dalla coppia, ha visto la partecipazione di Marino De Angeli per chitarre, mix e mastering presso il Majestic Studio di Treviso. Il singolo è stato proposto da Carlo Conti per il Festival di Sanremo 2026, ma non è stato selezionato. La produzione è a cura di Catcher Music PM, mentre le Edizioni sono gestite da Starpoint/Royal e la distribuzione è affidata ad Altafonte Italia. In un comunicato stampa, si legge che il "singolo affronta una storia con un approccio ironico, caratteristica distintiva dei Jalisse".

<a href="https://testicanzoni.rockol.it/testi/taratata-jalisse-ctid-231292097">Leggi il testo di "TARATATA" </a>

Alessandra Drusian (nata a Oderzo, in povincia di Treviso, nel 1969) e Fabio Ricci (nato a Roma nel 1965) si incontrano per la prima volta nel 1990 nella sede di una casa discografica. Alessandra aveva partecipato a numerosi concerti per voci nuove della sua regione, Fabio aveva pubblicato un maxi-singolo nel 1985 con il gruppo Vox Populi e si proponeva come cantautore. Nel 1992 si ritrovano e decidono di lavorare insieme: nel 1994 fondano il duo Jalisse. 
Partecipano al Festival di... 
<a href="https://www.rockol.it/artista/jalisse/biografia">Leggi la biografia completa </a>

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Scrivici all’indirizzo singoli@rockol.it, ti daremo tutti i dettagli utili per comunicare e promuovere al meglio la tua nuova produzione!

Nuova musica uscita in Italia settimana del 2022-02-06

Questa settimana nuovi singoli per Carillon, Ciaro, Ernia, Melania e Jalisse

Nuovi singoli, le uscite del 19 dicembre

Le collecting NUOVOIMAIE e SIAE e si sono riconfermate come partner istituzionali anche per i Rockol Awards 2025, manifestazione organizzata da Rockol che premia il migliore album italiano e il miglior live italiano dell’anno.

"Tornare a sostenere i Rockol Awards significa ribadire l’impegno di SIAE nel promuovere il valore della musica italiana”, ha commentato il Presidente di SIAE Salvatore Nastasi: “Un riconoscimento che confermiamo perché Rockol sa dare voce e visibilità a un sistema creativo ricco, vitale e in continua evoluzione. SIAE è sempre dalla parte di chi crea e quindi di chi propone iniziative capaci di mettere al centro il lavoro di autori ed editori, pilastri su cui si fonda non solo la Società, ma l’intero ecosistema culturale del Paese".

“Sostenere i Rockol Awards, spazio di incontro tra artisti e professionisti del settore musicale, ci dà l'opportunità di affiancare un progetto autorevole che valorizza il talento, la ricerca artistica e il dialogo costante con il pubblico”, ha dichiarato il Presidente di NUOVOIMAIE Andrea Miccichè: “Con Rockol condividiamo una visione comune della musica come espressione culturale viva capace di raccontare il presente, anticipando il futuro”.

“Siamo veramente grati di poterci avvalere di collaborazioni di tale caratura che, soprattutto, durano nel tempo", ha concluso&nbsp;Giampiero Di Carlo, editore e CEO di Rockol:&nbsp;"Significano molto per il sostegno che riceviamo e le interpretiamo anche come un riscontro positivo della nostra vicinanza ad artisti ed autori".

Le votazioni per l’<a href="https://www.rockol.it/tutto-su/rockol-awards-2025-508121">ottava edizione dei Rockol Awards</a> si sono aperte alle ore 10 del 24 novembre 2025, e proseguiranno fino alle ore 10 dell'18 gennaio 2026. Il meccanismo del voto è davvero molto elementare. Per avere accesso alla votazione è sufficiente avere un account Facebook oppure un account Rockol. Vanno però tenute presenti poche semplici avvertenze:

<ul>
	<li>non è possibile cambiare un voto una volta attribuito</li>
	<li>è possibile completare la votazione in momenti diversi (ad esempio votando in un giorno il Miglior Live e in un secondo momento il Miglior Album, e viceversa).</li>
	<li>si potrà esprimere un solo voto per ogni categoria: la moltiplicazione di identità tramite account email fittizi effettuata in maniera sistematica e organizzata potrà comportare l'annullamento del voto espresso per mezzo degli stessi.</li>
</ul>

Tutte le informazioni sono disponibili a <a href="https://www.rockol.it/rockol-awards">questo indirizzo</a>.

Rockol Awards 2025, SIAE e NUOVOIMAIE partner istituzionali

Si rinnova la collaborazione con le collecting per l’ottava edizione della manifestazione

Pare essersi definitivamente risolta la complessa situazione alla quale TikTok era stato costretto a far fronte da oltre un anno negli USA, ovvero da quando il Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act aveva imposto a Bytedance - colosso informatico cinese proprietario della piattaforma - la cessione dell’operatività sul suolo americano del servizio pena l’oscuramento del social negli Stati Uniti.

Secondo quanto riferito dall’agenzia Reuters Bytedance nelle ultime ore avrebbe firmato gli accordi vincolanti per la nascita di una joint venture sino-americana in grado di assicurare continuità all’attività di TikTok negli USA, dove la piattaforma conta 170 milioni di utenti.

In base all’accordo la nuova TikTok USDS Joint Venture LLC sarà controllata per oltre l’80% delle quote da una cordata di investitori occidentali capitanata da Oracle e dalle private equity Silver Lake e MGX, lasciando a Bytedance poco meno del 20% del capitale.

Secondo una nota interna all’azienda firmata da Shou Zi Chew, CEO di TikTok, e visionata da Reuters, la “versione americana” del social “opererà come un'entità indipendente con autorità sulla protezione dei dati degli Stati Uniti, sulla sicurezza degli algoritmi, sulla moderazione dei contenuti e sulla garanzia del software", e gestirà “l'interoperabilità globale dei prodotti e alcune attività commerciali, tra cui e-commerce, pubblicità e marketing”.

TikTok, Bytedance firma l’accordo con gli USA

Scongiurato il pericolo di oscuramento del social negli Stati Uniti

Una vera e propria ondata di licenziamenti ha colpito nei giorni scorsi tre prestigiose testate controllate dal gruppo Penske Media: Rolling Stone ha perso due nomi importanti della propria redazione come Andre Gee e Brittany Spanos, mentre ancora più duramente è stata colpito Billboard, costretto a rinunciare alle firme di Robert Levine, Steve Knopper, Dave Brooks, Glenn Peoples e Frank DiGiacomo. Dalla ristrutturazione non è stata risparmiata Variety, che ha visto uscire dal proprio staff collaboratori di lunga data come Adam Vary e Jim Murphy.

A settembre Penske Media <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-754075/penske-media-fa-causa-a-google-ai-riassunti">aveva fatto causa a Google</a> per i riassunti basati sui contenuti pubblicati dalle proprie testate prodotti da AI Overviews, la nuova funzione di intelligenza artificiale del motore di ricerca: secondo il gruppo il tool avrebbe fatto crollare di un terzo il traffico Web sui propri organi di stampa, abbattendo le entrate pubblicitarie. "In qualità di editore leader a livello mondiale, abbiamo il dovere di proteggere i giornalisti del nostro gruppo", aveva dichiarato Jay Penske, CEO di Penske Media, presentando il procedimento legale: "Abbiamo la responsabilità di lottare proattivamente per il futuro dei media digitali e preservarne l'integrità, tutti aspetti minacciati dalle attuali azioni di Google".

La causa è stata depositata presso il tribunale di Washington DC lo scorso 12 dicembre: dopo aver respinto una mozione di archiviazione presentata da Google, la corte non ha ancora stabilito la data della prima udienza.

USA, tagli al personale per le testate di Penske Media

Colpite Billboard, Rolling Stone e Variety

Venticinque anni di attività non rappresentano solo un pregresso importante per stilare un bilancio lucido ed esaustivo del settore nel quale si opera, ma anche un punto di osservazione privilegiato per gettare uno sguardo al futuro, soprattutto in un periodo di cambiamenti epocali come quello che stiamo vivendo. In questo senso, il Direttore Generale di SCF Mariano Fiorito ha le idee ben chiare - come è emerso, del resto, in occasione del <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-755407/mmw25-report-il-panel-il-futuro-e-connesso">suo intervento all’ultima edizione della Milano Music Week</a> - su quale sia l’orizzonte verso il quale chi lavora nel settore dei diritti connessi è tenuto a guardare: da una sana interoperabilità delle diverse collecting a favore non solo degli utilizzatori, ma anche degli stessi mandanti - nell’ottica di una minimizzazione dei fenomeni di elusione - all’utilizzo consapevole della tecnologia, passando per un’osservazione attenta (ma scevra da pulsioni ideologiche) dell’evoluzione della Gen AI in ambito musicale e un’attenzione particolare agli ambiti in grado di offrire, oggi, ampi margini di crescita. Restando, in ogni caso, aderenti al proprio mandato, che - in ultima analisi - resta quello di una crescita organica e sostenibile dell’intera filiera discografica. Perché, è importante ricordarlo, “l’obiettivo non è far crescere i numeri a tutti i costi, ma…". 
&nbsp;

In occasione del <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-755407/mmw25-report-il-panel-il-futuro-e-connesso">panel “Il futuro è connesso”</a>, tenuto nell’ambito dell’ultima edizione della Milano Music Week, ha parlato di “collaborazione sana” tra collecting per raggiungere la “centralizzazione e l’ottimizzazione per gli utilizzatori”: quali sono, a oggi, le prospettive concrete per centrare questo obiettivo?

Le prospettive concrete ci sono, ma richiedono molto pragmatismo. Più che grandi annunci, serve un lavoro quotidiano fatto di processi che funzionano, dati affidabili e relazioni costruite nel tempo. È lì, nel concreto, che la collaborazione smette di essere uno slogan e inizia davvero a creare valore per tutto l’ecosistema musicale. Quando parlo di “collaborazione sana” tra differenti società di gestione collettiva, penso a un cambio di paradigma che è già in corso, anche se il percorso non è avulso da fatiche e non sempre evidente all’esterno. Oggi esistono basi reali su cui lavorare, e queste si sviluppano su tre piani principali. Il primo è quello operativo. In Italia il sistema dei diritti è storicamente frammentato per tipologie di diritto e per repertori, ma questa complessità non può ricadere sugli utilizzatori di musica. Collaborare significa infatti ridurre le sovrapposizioni inutili e costruire soluzioni pratiche: interoperabilità tra sistemi, sportelli unificati, procedure coordinate di rendicontazione. Non vuol dire rinunciare alla propria identità o al proprio ruolo, ma rendere il sistema più leggibile e più semplice per tutti gli attori: broadcaster, piattaforme Web ed esercizi commerciali. Il secondo piano è quello tecnologico. Qui la centralizzazione non va intesa come una concentrazione di potere, ma come la condivisione delle infrastrutture fondamentali. Banche dati che dialogano tra loro, standard comuni per i metadati, sistemi affidabili di identificazione delle opere e delle registrazioni non sono più un’opzione, ma una necessità che la tecnologia oggi permetterebbe senza sacrificare l’autonomia dei singoli soggetti; quello che serve è tuttavia la volontà di investire insieme e di accettare regole comuni. È probabilmente questo il vero snodo per migliorare l’esperienza degli utilizzatori: meno duplicazioni, meno errori, più certezza del diritto. Infine, c’è un tema culturale e di governance. Una collaborazione davvero sana richiede trasparenza reciproca e un approccio orientato al mercato, non alla contrapposizione ideologica. Le collecting non sono soltanto organismi di tutela, ma anche fornitrici di servizi per un’industria che sta cambiando molto rapidamente. Se chi utilizza musica percepisce il sistema come inefficiente o conflittuale, il rischio è che cerchi scorciatoie o si allontani dal perimetro della legalità. Al contrario, un sistema complessivamente più efficiente rafforza la compliance e, nel medio-lungo periodo, tutela meglio anche chi quei diritti li detiene.

I recenti <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-755014/ai-universal-music-e-udio-hanno-raggiunto-un-accordo">accordi delle major</a> <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-755486/intelligenza-artificiale-wmg-sigla-accordi-con-udio-e-stability">con Udio</a> - e <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-755613/ai-warner-music-sigla-un-accordo-con-suno">di Warner Music con Suno</a> - stanno riscrivendo molto velocemente il rapporto tra settore discografico e AI generativa: con il vostro CdA <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-751864/scf-commento-bilancio-2024-intervista-mariano-fiorito">pronto a “valutare e, se necessario, adeguare”</a> le vostre policy in essere al riguardo, ritiene che in un prossimo futuro sia necessario prendere provvedimenti specifici, su questo fronte?

Il tema dell’AI generativa non è più una questione teorica o prospettica, ma è già un fattore che sta incidendo in modo concreto sui modelli di produzione, distribuzione e utilizzo della musica. Gli accordi siglati dalle major con Udio e Suno vanno letti proprio in questa chiave: non come una resa, ma come il tentativo di riportare un fenomeno inevitabile e avanzato dentro un perimetro regolato e concordato. Detto questo, è chiaro che il quadro attuale richiede grande attenzione e, con ogni probabilità, interventi mirati. Quando a livello di Consiglio di amministrazione SCF si parla di “valutare e, se necessario, adeguare” le policy esistenti, non è una formula di rito: è la presa d’atto che le regole nate per un ecosistema analogico, o anche per il digitale tradizionale, oggi non bastano più. Oggi l’utilizzatore si trova di fronte a uno scenario completamente diverso rispetto al passato: può scegliere tra musica tutelata dai diritti, repertori definiti “royalty-free” - che in realtà non sono mai davvero free, ma regolati da licenze specifiche - e, sempre più spesso, contenuti musicali generati integralmente da sistemi di intelligenza artificiale. In questo contesto, le policy esistenti devono essere in grado di governare non solo l’uso della musica, ma anche processi in cui l’AI genera, rielabora e apprende a partire da contenuti protetti, con confini giuridici ed economici ancora in via di definizione. Riconoscere questa complessità è il primo passo per evitare zone grigie che rischiano di creare incertezza sia per chi utilizza musica sia per chi quei diritti li detiene. C’è poi un nodo fondamentale che riguarda il ruolo delle società di gestione collettiva. In un contesto in cui i confini tra creazione umana, rielaborazione algoritmica e sfruttamento commerciale della musica diventano sempre più difficili da distinguere, le collecting hanno la responsabilità - e mi viene da dire l’opportunità - di contribuire alla definizione di regole condivise. Questo significa dialogare in modo strutturato sia con gli altri operatori dell’industria discografica sia con i nuovi operatori tecnologici, cercando punti di equilibrio concreti. Non si tratta di sostituirsi al legislatore, ma di mettere a disposizione del mercato soluzioni operative, strumenti e modelli che rendano il sistema più comprensibile e governabile, soprattutto per chi utilizza musica in modo professionale. Come sempre dico, l’innovazione ha senso solo se è in grado di generare valore sostenibile per tutti gli attori della filiera musicale.

L’adozione della tecnologia è, per SCF, l’arma migliore per efficientare i processi, costare di meno e - di conseguenza - <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-750854/scf-nuova-riduzione-dell-aggio-su-broadcast-e-web-2025">abbassare gli aggi</a>: in futuro, quali sono i settori per i quali - in virtù delle relative tendenze e peculiarità - è più probabile aspettarsi riduzioni?

Io parto sempre dal concetto che la tecnologia non è un fine, ma uno strumento molto concreto per rendere i processi più efficienti, ridurre i costi operativi e, di conseguenza, intervenire sugli aggi in modo responsabile. Detto questo, è importante chiarire che eventuali riduzioni non possono essere generalizzate né automatiche, in quanto dipendono dalle caratteristiche dei singoli settori e dal livello di maturità tecnologica che ciascun ambito riesce a raggiungere. In prospettiva, i settori in cui è più realistico attendersi margini di riduzione sono quelli caratterizzati da elevati volumi, processi standardizzabili e flussi di utilizzo sempre più tracciabili. Penso, ad esempio, ai grandi utilizzatori strutturati, come broadcaster dove l’automazione della rendicontazione, l’integrazione diretta dei sistemi e l’uso di dati sempre più granulari consentono di abbattere costi di gestione, verifiche manuali ed errori. Un altro ambito rilevante è quello delle utilizzazioni commerciali ricorrenti, dove l’adozione di strumenti digitali per la gestione delle licenze, dei pagamenti e dei controlli può ridurre in modo significativo il costo amministrativo unitario. Qui la tecnologia permette di passare da una logica “caso per caso” a una gestione scalabile, con benefici evidenti sia per la collecting sia per l’utilizzatore. Nei settori più frammentati o meno strutturati il tema centrale, quando si parla di possibili riduzioni dell’aggio, è soprattutto il costo della raccolta. In un Paese come l’Italia, caratterizzato da una diffusione capillare di piccole e piccolissime imprese su territori molto diversi tra loro, l’attività di presidio, censimento, informazione e gestione degli utilizzatori incide in modo rilevante sui costi complessivi. È lì che si concentra la parte più onerosa del processo. Per contro, a fronte delle somme raccolte in questi ambiti, la fase di ripartizione non presenta generalmente costi particolarmente elevati, anche perché si basa spesso su logiche non analitiche e su criteri standardizzati. Questo rende ancora più evidente come l’efficienza - e quindi l’eventuale spazio per una riduzione dell’aggio - dipenda in larga misura dalla capacità di ottimizzare i processi di raccolta. In questo scenario, prima di ipotizzare riduzioni strutturali, è necessario investire in tracciabilità, qualità dei dati e strumenti condivisi, con l’obiettivo di abbattere progressivamente i costi di raccolta. Solo intervenendo su questo parametro-chiave è possibile costruire un modello più sostenibile e, nel tempo, trasferire i benefici dell’efficienza anche agli utilizzatori.

Sempre durante il panel “Il futuro è connesso” ha parlato di Web e public performance come di segmenti “ancora non presidiati al meglio”: crede sia lecito attendersi, nei prossimi anni, un aumento nelle ripartizioni riguardanti questi ambiti? O ci sono fattori che possono concorrere a normalizzare i numeri anche su questi fronti?

Quando parlo di Web e public performance come di ambiti “non ancora presidiati al meglio”, non intendo una mancanza di attenzione, ma il fatto che esistano ancora ampi margini di miglioramento, soprattutto sul fronte della semplicità, della copertura e della qualità dei dati. E da questo punto di vista, un eventuale aumento della raccolta passa necessariamente da una semplificazione reale per gli utilizzatori, in particolare per quelli meno strutturati. Le esperienze estere mostrano chiaramente che la crescita non deriva tanto da un inasprimento delle regole, quanto da modelli più semplici e leggibili. La licenza unica e la raccolta centralizzata di tutti i diritti rappresentano, in questo senso, due strumenti fondamentali: riducono la complessità, abbassano le barriere all’ingresso e favoriscono una maggiore compliance. Quando l’utilizzatore capisce facilmente cosa deve fare, a chi deve rivolgersi e per cosa sta pagando, il sistema funziona meglio per tutti. Questo vale in modo particolare per la public performance, dove la frammentazione dei diritti e degli interlocutori rischia di diventare un deterrente, soprattutto per le realtà più piccole. Un approccio più integrato renderebbe il presidio più efficace e, di riflesso, inciderebbe positivamente anche sulle ripartizioni. A questo si aggiunge un tema spesso poco affrontato ma centrale: alcune tariffe del diritto connesso oggi in vigore risalgono a oltre vent’anni fa. Sono state definite in un contesto di mercato completamente diverso e, in molti casi, soffrono di una vera e propria obsolescenza. Una revisione di queste tariffe, che tenga conto dell’evoluzione dei modelli di utilizzo e del valore economico attuale della musica, è un passaggio necessario per riportare equilibrio tra royalty pagate dagli utenti e sostenibilità del sistema. In sintesi, è plausibile attendersi nei prossimi anni una crescita più corretta e strutturata su Web e public performance, ma solo a condizione di intervenire su questi fattori chiave: semplificazione per gli utilizzatori, strumenti di licensing più integrati e un aggiornamento di regole e tariffe che risentono ormai del peso del tempo. L’obiettivo non è far crescere i numeri a tutti i costi, ma renderli più aderenti alla realtà del mercato.

In che senso l’evoluzione delle esigenze dei vostri mandanti sta&nbsp;plasmando le strategie per il futuro di SCF? Ed è possibile individuare una o più tendenze che possano dare un’idea della strada che la collecting verrà chiamata a percorrere, nei prossimi anni?

Oggi produttori e aventi diritto chiedono qualcosa di diverso rispetto al passato. Non si tratta più soltanto di “raccogliere e ripartire”, ma di farlo in modo sempre più puntuale, trasparente e coerente con un mercato che cambia rapidamente. Una prima tendenza evidente riguarda la qualità delle informazioni. I mandanti chiedono dati migliori, più leggibili e più tempestivi per capire da dove arrivano i compensi, su quali utilizzi si basano e con quali criteri vengono ripartiti. Questo spinge SCF a investire su sistemi di tracciamento più evoluti, su una gestione più strutturata dei metadati e su processi che riducano le zone grigie, soprattutto nei segmenti più complessi come il digitale e il Web. Un secondo elemento riguarda la flessibilità. Il mercato non è più omogeneo perché in esso convivono grandi operatori strutturati, nuove piattaforme tecnologiche e una miriade di utilizzatori più piccoli. I mandanti sono sempre più consapevoli che la tutela dei diritti passa anche dalla capacità della collecting di adattare strumenti, modelli di licensing e processi di raccolta a scenari molto diversi tra loro, senza applicare soluzioni rigide o uguali per tutti. C’è poi una crescente attenzione all’efficienza e alla sostenibilità del modello. I mandanti guardano con interesse a come la tecnologia possa ridurre i costi, migliorare l’efficacia della raccolta e, nel tempo, incidere positivamente sugli aggi. Questo orienta SCF verso scelte strategiche che privilegiano l’automazione, la standardizzazione dove possibile e la collaborazione con altri soggetti della filiera, anche su infrastrutture comuni. Infine, emerge una tendenza di fondo che riguarda il posizionamento della collecting. I mandanti si aspettano sempre di più che SCF non sia solo un intermediario amministrativo, ma un soggetto capace di leggere l’evoluzione del mercato, anticipare i cambiamenti - come quelli legati all’intelligenza artificiale o ai nuovi modelli di utilizzo della musica - e contribuire attivamente alla costruzione di regole chiare e praticabili.

SCF, dopo il 25esimo anniversario i programmi per il futuro

Il DG Mariano Fiorito guarda avanti su interoperabilità tra collecting, AI, crescita di mercato e...

A quanto ammonta il patrimonio mondiale di diritti musicali, considerando sia quelli riguardanti le registrazioni, sia le edizioni? A questa domanda ha risposto l’economista Will Page, già Chief Economist a Spotify e a PRS For Music, che in una ricerca pubblicata sul suo sito Pivotal Economics ha stimato in 47,2 miliardi il valore del copyright musicale globale.

Il dato, riferito al 2024, ha fatto segnare un incremento del 5,2% (ovvero 2,3 miliardi di dollari) rispetto al 2023, perché - secondo Page - quello scorso è stato “il primo anno in cui gli effetti della pandemia sulla crescita sono svaniti". Rispetto al 2014, tuttavia, il valore complessivo dei diritti musicale a livello mondiale è quasi raddoppiato.

“Mettendo insieme i pezzi del puzzle, emerge un mix di statistiche di crescita”, osserva Page. “Le etichette discografiche sono cresciute del 5% su base annua, raggiungendo i 29 miliardi di dollari, le società di gestione collettiva degli autori sono cresciute dell'8%, raggiungendo i 13,6 miliardi di dollari, e i ricavi diretti degli editori (ovvero senza il coinvolgimento di una collecting) sono diminuiti leggermente, dell'1%, a 4,6 miliardi di dollari”.

Riguardo le prospettive future, per Page “un ostacolo che non ha bisogno di presentazioni è l'ascesa della musica basata sull'intelligenza artificiale. La domanda che tutti si pongono è: sarà complementare o cannibale rispetto all'attuale business da 47,2 miliardi di dollari? E’ qui che possiamo rivedere il nostro concetto di "equa ripartizione" e chiederci se le prospettive commerciali dei recenti accordi con Suno e Udio potrebbero aggiungere valore ai ricavi B2C, ma azzerare il valore del business B2B a causa della sostituzione delle librerie di musica di produzione. In tal caso, l'impatto dell'intelligenza artificiale potrebbe essere asimmetrico”.

“Un altro ostacolo che l'industria musicale deve affrontare riguarda quelli che gli economisti chiamano ritardi 'time-lags'”, prosegue Page: “I precedenti report sul valore globale dei diritti d'autore mostravano come i ricavi da streaming per le etichette discografiche stessero esplodendo, a fronte di una crescita più moderata per gli editori. Quest'anno, stiamo assistendo a una crescita più rapida di società di gestione collettiva ed editori (insieme) rispetto alle etichette discografiche. Forse è proprio questo il boom che le etichette discografiche hanno visto ieri, trasferito oggi agli editori, il che significa che il rallentamento che le etichette mostrano oggi si manifesterà negli incassi degli editori domani”.

Quanto valgono i diritti musicali a livello globale?

Secondo una ricerca di Will Page, 47,2 miliardi di dollari (nel 2024)

Nella notte tra mercoledì 17 e giovedì 18 dicembre è stato approvato l’emendamento alla prossima Legge di Bilancio presentato dai senatori Paolo Marcheschi (FdI) e Matteo Gelmetti (FdI) relativo <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-756027/live-verso-un-fondo-per-la-musica-popolare-contemporanea">all’istituzione di un Fondo per la Musica Popolare Contemporanea</a>: pensato per promuovere le imprese attive nella produzione e organizzazione degli eventi musicali nei settori della musica “pop, rock, la canzone dei cantautori e altri ambiti musicali creativi che non rientrano nel settore classico, lirico o sinfonico”, il provvedimento - con una dotazione di un milione e mezzo di euro - è volto a sviluppare, rafforzare e rilanciarne la competitività con criteri e modalità di accesso che verranno definiti attraverso un apposito decreto attuativo ministeriale da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge.

“L’approvazione, avvenuta questa notte in Commissione Bilancio dell’emendamento alla Legge di Bilancio 2026, rappresenta un ulteriore passo avanti per cui esprimiamo la nostra soddisfazione”, ha dichiarato Bruno Sconocchia, Presidente di AssoConcerti: “Siamo molto vicini a raggiungere un risultato storico per il settore della musica popolare contemporanea dal vivo, e ci auguriamo che si prosegua su questa strada fino al via libera definitivo dell’Aula, rendendolo legge a decorrere dal 2026. Seppure con una dotazione ridotta a 1,5 milioni di euro annui, si tratta di un risultato storico per il settore della musica popolare contemporanea dal vivo. Per la prima volta lo Stato riconoscerebbe, con un atto concreto, il valore culturale, sociale ed economico di un comparto chiave, determinante non solo per il mondo dello spettacolo, ma per l’intero Paese. Un segnale atteso da anni. Sin dalla sua fondazione, AssoConcerti si è impegnata a mantenere un dialogo costruttivo e continuativo con le Istituzioni, e questo risultato premia l’azione svolta dalla nostra Associazione nell’interesse dell’intera filiera delle imprese e dei professionisti che operano nell’industria dello spettacolo musicale dal vivo”.

“Dobbiamo costatare che lo stanziamento previsto con questa norma, pari a 1,5 milioni di euro annui, risulta senz’altro esiguo per poter esprimere la sua piena efficacia”, ha concluso Sconocchia: “Ma non possiamo che esprimere apprezzamento per il fatto che il mondo politico stia dimostrando di comprendere il valore di un comparto che genera occupazione, produce economia e contribuisce in modo rilevante alla crescita della socialità e alla vitalità dei territori. A differenza di quanto avviene per tutti gli altri comparti dell’ambito culturale, non è infatti mai esistita sinora una misura strutturata di sostegno specificamente rivolta alla musica popolare contemporanea. La prospettiva che una misura di questo tipo possa finalmente trovare attuazione rappresenta dunque un fatto di grande e indubbio rilievo”.

“Si tratta di un primo risultato”, ha dichiarato Carlo Parodi, Presidente di Assomusica: “Viene riconosciuto in modo chiaro e incontrovertibile il valore industriale, culturale e occupazionale della musica popolare contemporanea, che rappresenta una parte fondamentale dell’identità culturale del Paese e dell’economia dello spettacolo dal vivo. Un primo passo concreto per il sostegno alla musica dal vivo, che assume anche un valore simbolico particolare, nel ricordo del compianto Vincenzo Spera, che per anni ha portato avanti con determinazione questa battaglia”.

“Questo Fondo va nella direzione giusta: sostenere imprese che operano quotidianamente sul territorio, che investono in creatività, professionalità, innovazione e che contribuiscono alla crescita del pubblico e alla promozione della musica italiana, in Italia e all’estero. E’ un segnale di attenzione che rafforza la competitività del settore e ne riconosce finalmente la specificità”, ha concluso Parodi: “Ringrazio il Ministero della Cultura, il Sott. Gianmarco Mazzi e il Parlamento per aver ascoltato le istanze del settore. Continueremo a collaborare in modo costruttivo con le istituzioni affinché le modalità di accesso al Fondo siano efficaci, inclusive e realmente in grado di sostenere le periferie, lo sviluppo e la sostenibilità delle imprese della musica dal vivo. L’auspicio è che il Fondo possa crescere e aumentare di volume nel corso dei prossimi anni”.

Live, nasce il Fondo per la Musica Popolare Contemporanea

Approvato l’emendamento presentato dai senatori Marcheschi e Gelmetti: dotazione da €1,5 milioni

BMG Italy ha ufficializzato l’ingresso nel proprio roster di Roshelle, cantautrice classe 1995 con all’attivo collaborazione con - tra gli altri - Geolier, Giorgia, Elisa, Guè e Rkomi. “Diamo il benvenuto a Roshelle”, ha fatto sapere l’azienda in una nota, esprimendo “grande entusiasmo” per l’accordo siglato e dichiarandosi “pronta a lavorare con dedizione ai suoi prossimi traguardi di carriera, certi che il suo talento e la sua visione sapranno dar vita a nuove emozionanti prospettive”.

Originaria di Lodi, all’anagrafe Rossella Discolo, l’artista - dopo aver studiato canto, pianoforte e chitarra - ha mosso i primi passi pubblicando cover su YouTube, attirando l’attenzione di molti artisti di alto livello della scena italiana. Con Geolier ha dato vita al brano “Na Catena RMX”, mentre con Elisa, Giorgia ed Elodie ha contribuito alla realizzazione del singolo “Luglio”. Accanto a Guè, Mecna e Shablo ha preso parte alle session di “Ti amo, ti odio”, mentre con Emis Killa ha collaborato per il brano “Rosa naturale”. Tra le sue uscite figurano le canzoni “Nella tana del mostro”, “Melancholia”, e “Caffè e lacrime”.

Roshelle

BMG Italy, Roshelle entra nel roster

Per l’artista in arrivo ‘nuova musica’ nel 2026

Il rapper Jay-Z (che in realtà ha da tempo accantonato la carriera artistica&nbsp;per diventare uno degli investitori più oculati e lungimiranti del music business) ha deciso di puntare forte sulla Corea del Sud: la sua società finanziaria, MarcyPen Capital Partners, lancerà infatti un fondo di investimento da 500 milioni di dollari insieme alla coreana Hanwha Asset Management, allo scopo di "accelerare l'espansione globale del k-pop e delle sue industrie culturali e di lifestyle".

Fondata&nbsp;nel 2024, la società di private equity MarcyPen (il nome deriva dalle case popolari dove Jay-Z è cresciuto, i Marcy Projects di Brooklyn)&nbsp;gestisce oltre 900 milioni di dollari in vari asset: la partnership con Hanwha, che a sua volta gestisce 70,55 milioni di dollari in asset,&nbsp;è volta all'individuare le aziende asiatiche più innovative e con il migliore potenziale di espansione all'estero.

MarcyPen Capital Partners lancia un fondo di investimento k-pop

La società, di proprietà di Jay-Z, investirà allo scopo 500 milioni di dollari

Un commento e una lettura a proposito dell’<a href="https://musicbiz.rockol.it/news-756052/youtube-dal-16-gennaio-basta-dati-a-bllboard-per-le-classifiche">annuncio di Lyor Cohen di ritirare i dati di YouTube dalle classifiche di Billboard</a> si impongono, perché sono coinvolti la maggiore piattaforma di streaming al mondo e il simbolo delle chart per antonomasia: insieme contribuiscono a caratterizzare la narrazione mainstream, poiché il ranking è forse il più potente strumento di marketing a disposizione dell’industria musicale.

Chart: un metodo fragile

Il cuore del sistema classifiche di Billboard è ancora questo: tradurre comportamenti digitali eterogenei in una “unità album”. Questa eredità del mondo fisico implica ragionare su copie vendute, atto intenzionale e prezzo esplicito. Ma lo streaming è l’opposto: consumo continuo, comportamenti ripetitivi, assenza di “atto di acquisto”.

Forzare gli stream dentro l’equivalente di un’unità album è metodologicamente fragile, indipendentemente dal rapporto 1:3 o 1:2,5. Di fatto la discussione “paid vs ad-supported” è una battaglia di superficie. Cohen dice: “Ogni fan conta allo stesso modo”, ma in realtà sta difendendo la centralità di YouTube come consumption layer, a prescindere dalla coerenza del modello di classifica.&nbsp;

Billboard, dal canto suo non può abbandonare l’unità album perché è il pilastro di classifiche, comparabilità storica, narrazione popolare. Quindi è così che la ratio diventa il terreno su cui combattere, perché il metodo non è negoziabile.

Ma il metodo è intrinsecamente distorto perché il sistema attuale mescola intenzione (paid) e frizione zero (free) e, presumendo che 1.000 / 1.250 stream siano equivalenti&nbsp;a un atto di acquisto, ignora completamente fattori chiave come ripetizione, contesto, passività, algoritmo. In pratica misura il volume con parametri soggettivi e trascura il valore e l’impatto culturale. E questo è un problema strutturale, non di taratura.

La battaglia politica

Quando Cohen sostiene che “ogni ascolto dovrebbe contare allo stesso modo”, il vecchio volpone mente sapendo di mentire, perché un ascolto passivo non equivale a uno attivo, il modello di business è diverso, l’intenzionalità conta. Ma, anche se non lo esprime esplicitamente, non ha torto quando tra le righe “dice" che il sistema di conversione in album unit&nbsp;è superato.

La soluzione non può essere cambiare ratio o spostare decimali, ma sarebbe separare definitivamente le metriche. Idealmente si dovrebbe disporre di chart di consumo, di engagement e di valore economico. Ma ciò romperebbe 70 anni di narrazione, con l’aggravio di rendere i confronti storici impossibili e indebolire l’idea di “numero 1 assoluto”. Quindi non è probabile che accada.

Il problema delle classifiche non è quanto pesano gli stream, ma il fatto che si continui a fingere che possano equivalere a un’unità album, un concetto che non descrive più il comportamento musicale contemporaneo. La battaglia di Cohen è politica e industriale, non metodologica.

Radio, retail e streaming

Lo streaming è una tecnologia, non un modello di business. E questa tecnologia è ciò che ha reso lo streaming il luogo virtuale dove la radio ha incontrato il music retail&nbsp;e dove l'ascolto e le intenzioni di acquisto si sono fusi in un'esperienza diversa.&nbsp;Lo streaming non è “retail travestito” né “radio travestita”, ma il punto storico in cui i due mondi si sono fusi in qualcosa di nuovo. Se non si parte da qui, si sbaglia diagnosi.

Nel mondo pre-streaming due esperienze separate e complementari vedevano la radio come un’esperienza di ascolto passivo e di consumo senza atto economico diretto, con una funzione culturale e promozionale; e il retail (dischi / download) come un atto intenzionale, una decisione economica, una funzione di supporto all’artista. Fruizioni e metriche separate, con ruoli chiari. Con lo streaming succede una cosa inedita: l’ascolto è già una forma di consumo economico, ma senza passare da una decisione esplicita di acquisto. Questo è il vero cortocircuito.

Con lo streaming non esiste più un confine netto tra ascolto e acquisto. Lo streaming eredita dalla radio ripetizione, esposizione, passività ed eredita dal retail monetizzazione, tracciabilità, allocazione di valore. Ma non è riducibile a nessuno dei due.

Quindi quando Billboard prova a “ricondurlo” al retail (album unit), sta ignorando metà della sua natura. E il suo metodo scricchiola per ragioni strutturali.

Nell’era dello streaming, l’intenzione non è più un evento binario (compro / non compro), ma un comportamento distribuito nel tempo. L’intenzione oggi si manifesta con ritorno, frequenza, profondità, contesto - non con un gesto unico. Mentre il metodo Billboard cerca ancora un atto equivalente, dovrebbe invece leggere un pattern equivalente.

Se lo streaming è il luogo in cui radio e retail si sono fusi ed è evidente che forzare questa fusione dentro l’“album unit” è metodologicamente fragile, il problema non è trovare la ratio giusta, ma accettare che l’unità di misura ereditata dal retail non è più adatta a descrivere un’esperienza ibrida come lo streaming.

Finché le chart continueranno a fingere che lo streaming “simuli” l’acquisto, questo conflitto tornerà ciclicamente. Questa lettura industriale della vicenda sposta la discussione da “chi pesa di più” a “che cosa stiamo davvero misurando”. Eppure, intanto, aspettiamo fiduciosi che altri player si manifestino.

L’'album unit': un artificio che non regge più

Una lettura industriale della querelle tra YouTube e Billboard

Nella notte un <a href="https://blog.youtube/news-and-events/youtube-billboard-chart-update/" target="_blank">annuncio</a>&nbsp;sul blog ufficiale di YouTube di MBW ha reso noto che, a seguito di un cambiamento introdotto da Billboard nel peso ponderato degli stream che vengono conteggiati per elaborare le sue classifiche di vendita, la piattaforma di Alphabet smetterà di fornire alla testata i suoi dati che, quindi, non potranno più essere inclusi nelle chart che, di fatto, sono quelle ufficiali per il mercato U.S.A..

Lyor Cohen, Global Head of Music di YouTube, ha deciso in questo senso appena un giorno dopo che Billboard aveva rivelato le modifiche introdotte alla metodologia delle sue classifiche, reagendo negativamente alla riduzione del divario di ponderazione tra stream a pagamento e stream supportati dalla pubblicità.

Cosa cambia

Finora la formula di Billboard per la Billboard 100 e 200 prevedeva che una unità album&nbsp;equivalesse a 1.250 stream a pagamento/da abbonamento oppure a 3.750 stream supportati dalla pubblicità. La nuova formula restringe questo rapporto da 1:3 a 1:2,5, riconducendo un’unità album a 1.000 stream a pagamento oppure a 2.500 stream supportati dalla pubblicità.&nbsp;

Significa che (a) bastano meno stream (sia gratuiti che a pagamento) per raggiungere un’unità album e (b) che la distanza tra stream a pagamento e gratuiti è ridotta del 25%, con i secondi che proporzionalmente concorrono più dei primi che in passato a spingere un brano in classifica.

La reazione

A&nbsp;Lyor Cohen, tuttavia, la modifica non basta e non piace e ha dichiarato&nbsp;in una nota:&nbsp;«Billboard utilizza una formula obsoleta che attribuisce un peso maggiore agli stream supportati da abbonamento rispetto a quelli supportati dalla pubblicità… Questo non riflette il modo in cui oggi i fan interagiscono con la musica e ignora l’enorme coinvolgimento dei fan che non hanno un abbonamento…. Crediamo che ogni fan conti e che ogni ascolto debba contare allo stesso modo; pertanto, dopo il 16 gennaio, i dati di YouTube non saranno più forniti né presi in considerazione per le classifiche Billboard degli Stati Uniti».

YouTube: dal 16 gennaio basta dati a Bllboard per le classifiche

Lyor Cohen reagisce all’annunciata nuova formula di ponderazione degli stream nelle chart americane

Le crescenti tensioni nel campo delle società di servizi&nbsp;tra Unione Europea e Stati Uniti - culminate, lo scorso 6 dicembre, con la sanzione da 120 milioni di dollari comminata dalla Commissione UE a X per non conformità agli obblighi di trasparenza previsti dal Digital Services Act - hanno portato l’US Trade Representative, organo dell’ufficio presidenziale americano che si occupa di temi legati al commercio internazionale, a minacciare di ritorsioni diverse aziende europee operanti (con successo) sul mercato americano, tra le quali Spotify.

“L'Unione Europea e alcuni Stati membri dell'UE hanno continuato a perseguire cause legali, imposte, multe e direttive discriminatorie e vessatorie nei confronti dei fornitori di servizi statunitensi”, si legge in una nota diffusa da Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti sui propri canali social ufficiali: “Le società di servizi statunitensi forniscono servizi gratuiti sostanziali ai cittadini dell'UE e servizi aziendali affidabili alle aziende dell'UE, e sostengono milioni di posti di lavoro e oltre 100 miliardi di dollari di investimenti diretti in Europa”.

“Gli Stati Uniti hanno sollevato preoccupazioni con l'UE per anni su queste questioni, senza un coinvolgimento significativo o un riconoscimento di base delle preoccupazioni statunitensi”, prosegue il comunicato: “In netto contrasto, i fornitori di servizi dell'UE hanno potuto operare liberamente negli Stati Uniti per decenni, beneficiando dell'accesso al nostro mercato e ai consumatori in condizioni di parità. Tra i maggiori fornitori di servizi dell'UE che hanno finora beneficiato di questo ampio accesso al mercato figurano, tra gli altri, Accenture, Amadeus, Capgemini, DHL, Mistral, Publicis, SAP, Siemens e Spotify”.

“Se l'UE e gli Stati membri dell'UE insistono nel continuare a limitare, restringere e scoraggiare la competitività dei fornitori di servizi statunitensi attraverso mezzi discriminatori, gli Stati Uniti non avranno altra scelta che iniziare a utilizzare ogni strumento a loro disposizione per contrastare queste misure irragionevoli”, conclude l’US Trade Representative: “Qualora fossero necessarie misure di risposta, la legge statunitense consente, tra le altre azioni, la valutazione di tariffe o restrizioni sui servizi esteri. Gli Stati Uniti adotteranno un approccio simile a quello degli altri paesi che perseguono una strategia in stile UE in questo settore”.

USA, il governo minaccia Spotify

L’US Trade Representative lascia intendere che il DSP possa essere oggetto di ritorsioni, se...

Anche per il 2026 NUOVOIMAIE “sarà al fianco delle cantanti e musiciste mamme che, nonostante il lavoro artistico sia riconosciuto come fondamentale per la cultura e l’identità di una società, non godono degli stessi diritti delle altre lavoratrici”.

Dal 1 gennaio 2026 sarà possibile fare domanda per il <a href="https://www.nuovoimaie.it/mission/bandi-e-contributi/bandi-musica/bando-artiste-madri-2026/" target="_blank">Bando Artiste Madri 2026</a> – Settore Musicale per cui è stato stanziato un Fondo di 250.000 Euro.

A tutte le socie e le mandanti dirette che diventeranno madri, anche adottive o che avranno in affido preadottivo un figlio o una figlia, il NUOVO IMAIE erogherà un contributo di 4.000 Euro all’anno fino al compimento dei tre anni del bambino o della bambina per un massimo, quindi, di tre contributi per ogni figlio o figlia per cui viene presentata domanda.

La domanda dev’essere presentata esclusivamente attraverso il Portale Bandi art. 7 a <a href="https://portalebandi.nuovoimaie.it/" target="_blank">questo indirizzo</a>.

Contestualmente, l’Istituto ha pubblicato anche il <a href="https://www.nuovoimaie.it/mission/bandi-e-contributi/bandi-musica/bando-genitorialita-2026/" target="_blank">Bando Genitorialità 2026 per Artisti Padri</a>, operazione con la quale la collecting “intende sostenere la genitorialità con uno stanziamento di 200.000 Euro”.

Tutti i Soci e i Mandanti diretti del settore musicale che diventano padri, anche adottivi o che hanno un figlio in affido preadottivo, potranno avere, se in possesso dei requisiti richiesti, un contributo una tantum fino a 2.000 Euro: la domanda potrà essere presentata dal 1 gennaio 2026 al 1 febbraio 2027 esclusivamente accedendo al Portale Bandi art. 7 a <a href="https://portalebandi.nuovoimaie.it/" target="_blank">questo indirizzo</a>.

NUOVOIMAIE, pubblicati i bandi genitorialità 2026

Rivolto ad artiste e artisti musicali con figli: i dettagli per presentare la richiesta di sostegno

“Trasformare il pop – up store in un vero e proprio punto di contatto fisico per la community”: questo l’obiettivo dichiarato all’apertura di <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-755813/universal-music-dropzone-feltrinelli-apre-a-milano-temporary-store">Universal Music Dropzone</a>, temporary store che la filiale italiana della major ha inaugurato lo scorso 5 dicembre negli spazi della libreria Feltrinelli di Corso Buenos Aires 33, a Milano.

Per la verità - spiega Federico De Nigro, Product Sales &amp; Brand Partnership Director di Universal Music Italia - l’operazione condotta tra Piazzale Loreto e Porta Venezia va oltre la semplice evoluzione del concetto di pop-up store: per la prima volta un’azienda che da <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-733201/umg-italia-la-svolta-d2c-parla-federico-de-nigro">tempi non sospetti</a> ha <a href="https://musicbiz.rockol.it/news-737621/universal-music-italia-d2c-priorita-intervista-stefano-favotto">fatto del D2C una priorità</a> ha cercato di offrire uno sbocco “fisico” a un canale solitamente confinato nel virtuale. Sfruttando l’occasione per allargare la propria platea a nuove fasce di pubblico che - pur avendo tutte le carte in regola per andare a infoltire la sfaccettata e multiforme categoria dei superfans - ancora non è del tutto coinvolta nel mercato dei prodotti esclusivi a causa della scarsa confidenza con l’e-commerce… 
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Per profilo, posizionamento e orizzonte temporale, quello aperto a Milano presso la Feltrinelli di Corso Buenos Aires non può essere considerato un convenzionale temporary store natalizio: qual è stato il concept dal quale siete partiti per la realizzazione di questo progetto?

L'idea è quella di trasferire offline l'esperienza del nostro shop online ufficiale, replicando nel mondo retail gli elementi user experience e user interface caratterizzanti che fan e collezionisti solitamente vivono sull'e-commerce. E ovviamente, portando per la prima volta nel mondo retail una vasta selezione di prodotti D2C Exclusive. Insieme all'agenzia Display, che segue dal 2022 il nostro e-commerce e che ha curato anche l'identità del temporary store, ci siamo chiesti: come sarebbe il nostro e-commerce se fosse un negozio di dischi? Grazie a un lavoro su materiali, elementi grafici e scenografici, crediamo di essere riusciti a elevare l'esperienza online al mondo reale. L'obiettivo comune è quello di creare una nuova destination per gli appassionati di musica nel periodo di picco prima di Natale, senza dimenticarci delle nuove uscite discografiche che ci saranno nel mese di gennaio.

Cosa vi ha portato a individuare in Feltrinelli il partner per condurre questa operazione?

Feltrinelli è uno dei nostri principali partner B2B, la sinergia è nata condividendo i rispettivi obiettivi e la volontà di fare un esperimento per provare a raggiungerli insieme. Non si tratta solo di un temporary store: l'operazione include una vera e propria strategia di co-marketing che vedrà attivare campagne collaborative su tutti i canali, dai social media al CRM. Fin dal primo weekend di apertura i risultati sono molto interessanti, e anche il sentiment online rispetto alla collaborazione è positivo; ma si tratta di un primo test: tireremo insieme le somme dopo il 31 gennaio.

Quale credete sia il valore aggiunto di presentare i vostri prodotti fisici in un contesto come quello del Feltrinelli Store, che può essere considerato “affine” rispetto a quello dei temporary store tradizionali? Credete che il profilo del frequentatore di una libreria sia una tipologia di cliente da ancora - parzialmente - da conquistare?

Grazie alla disponibilità da parte di Feltrinelli di portare in store molti elementi del nostro e-commerce, come le rarità, per noi questa operazione rappresenta anche un banco di prova dell'importante lavoro di brand identity fatto in questi anni sul canale D2C: vedere come reagiscono i clienti dal vivo, raccogliere pareri e sensazioni, si sta rivelando molto interessante e utile per affinare la nostra strategia online a lungo termine. Dal punto di vista del target, non è un segreto che il nostro punto di forza online è sulle giovani generazioni e su generi specifici come Hip Hop e Pop. Poter arrivare a un target più adulto anche attraverso il temporary store è una sfida che stiamo accogliendo con molta curiosità: fin dai primi giorni, molti clienti della libreria lamentavano una scarsa disponibilità di titoli Classica &amp; Jazz: ci siamo messi subito al lavoro per accogliere le richieste e arricchire l'offerta.

Dal Web al mondo reale: la strategia di Universal Music Dropzone

Come UMG Italy  ha ‘trasferito’ a Milano l’esperienza del proprio shop online ufficiale

Per mezzo di una nota ufficiale AssoConcerti ha fatto sapere di aver “appreso con favore” che l’emendamento alla Legge di Bilancio 2026, presentato dai Senatori Paolo Marcheschi e Matteo Gelmetti, destinato alla costituzione di un “Fondo per lo sviluppo, per il rafforzamento e per il rilancio della competitività nonché per la promozione del sistema musicale italiano” sta continuando il suo iter e, riformulato dal Governo, anche se con una dotazione ridotta a 1,5 milioni di euro, dovrebbe diventare legge a decorrere dal 2026.

“E’ un risultato storico per il settore della musica popolare contemporanea dal vivo”, ha dichiarato Bruno Sconocchia, Presidente di AssoConcerti: “Per la prima volta, lo Stato riconoscerebbe con un atto concreto il valore culturale, sociale ed economico di un comparto chiave, determinante non solo per il mondo dello spettacolo, ma anche per tutto il Paese. Un segnale atteso da anni. Sin dalla sua fondazione, AssoConcerti si è impegnata a intrattenere un dialogo costruttivo e continuativo con le Istituzioni e questo risultato premia l’azione svolta dalla nostra Associazione nell’interesse dell’intera filiera delle imprese e dei professionisti che operano nell’industria dello spettacolo musicale dal vivo”.

Pensata per promuovere le imprese attive nella produzione e organizzazione degli eventi musicali nei settori della musica “pop, rock, la canzone dei cantautori e altri ambiti musicali creativi che non rientrano nel settore classico, lirico o sinfonico”, la misura è volta a sviluppare, rafforzare e rilanciarne la competitività con criteri e modalità di accesso che verranno definiti attraverso un apposito decreto attuativo ministeriale da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge.

“Dobbiamo constatare che lo stanziamento previsto con questa norma, pari a 1,5 milioni di euro annui, risulta senz’altro esiguo per poter esprimere la sua piena efficacia, ma non possiamo che&nbsp; esprimere apprezzamento per il fatto che il Governo, proponendo una riformulazione e dimostrando attenzione nei confronti di questa misura, apra una breccia significativa, dimostrando di comprendere il valore di un comparto che genera occupazione, produce economia e contribuisce in modo rilevante alla crescita della socialità e alla vitalità dei territori”, ha concluso Sconocchia: “A differenza di quanto avviene per tutti gli altri comparti dell’ambito culturale, non è infatti mai esistita sinora una misura strutturata di sostegno specificamente rivolta alla musica popolare contemporanea. La prospettiva che una misura di questo tipo possa finalmente trovare attuazione rappresenta dunque un fatto di grande e indubbio rilievo”.

Live, verso un fondo per la musica popolare contemporanea

AssoConcerti: ‘A un passo da un riconoscimento storico per il nostro settore’

Il Beggars Group, colosso fondato nel ‘77 da Martin Mills che possiede la 4AD e vanta partecipazioni al 50% in label di primissima fascia sul mercato indipendente come Matador, Rough Trade e Young (oltre che a quote di minoranza in società collegate come Rough Trade Retail, Remote Control Records, Popstock Distribution e Independent Distribution Cooperative LLC), ha acquisito la quota di maggioranza di XL Recordings, uno dei marchi più prestigiosi del panorama indie internazionale già casa - discograficamente parlando - di artisti come Adele, Prodigy, Fontaines DC, MIA, Radiohead e molti altri. L’operazione, non comunicata in via ufficiale, è emersa - come notato da MBW - dalla dichiarazione degli utili depositata dalla società presso il registro delle imprese britannico.

Secondo i documento depositati, nel 2024 Beggars ha registrato un fatturato pari a poco meno di 110 milioni di sterline, con un aumento del 6,5% su base annua e un utile operativo in forte crescita a +48,6% su base annua a quota 10,5 milioni di sterline.

A Beggars Group il controllo di XL Recordings

Al gruppo di Martin Mills in 51% delle quote dell’etichetta di Adele, Fontaines DC e molti altri

Benché gli indicatori di mercato, da ormai diversi anni a questa parte, ci raccontino di un’industria della musica registrata in perfetta salute (o quasi), il percorso che porta alla pubblicazione di una canzone non si può dire che sia privo di insidie, soprattutto per artisti e autori al debutto. Una bizzarra idea di condivisione del rischio di impresa, unita alla scarsa consapevolezza dei propri diritti, ha portato quelli che da sempre rappresentano una parte importante delle fondamenta del complesso economico-musicale - i “punti” editoriali, ovvero le quote di diritti e di proventi sulle edizioni di un’opera - a diventare, in determinati casi, una sorta di valore scambiabile tra i diversi attori che intervengono nel processo produttivo.

A Marcello Misitano&nbsp;- nella foto, esperto in diritto d’autore e of counsel dello Studio Legale Quiriconi, professore di “Diritto e Legislazione dello Spettacolo Musicale” presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, membro della International Artists Managers’ Association e Segretario Generale di Emusa, associazione di publisher che conta tra i propri associati tanto realtà multinazionali come Universal Music Publishing Group e BMG quanto importanti aziende italiane come Eclectic e Metatron - non interessa puntare il dito contro nessuno, ma solo fare chiarezza. Non solo a favore della categoria che rappresenta - gli editori - ma anche, e soprattutto, per senso di rispetto e lealtà nei confronti degli autori, ai quali oggi - purtroppo - spesso manca la consapevolezza dei propri diritti. Perché, malgrado, spesso ce ne si dimentichi, “tutto inizia da loro”...

Cosa fanno gli editori

“La collaborazione tra editori è all’ordine del giorno, e quando è genuina, ovviamente, non ha nessuna connotazione negativa”: spiega Misitano: “Il punto di partenza è sempre l’autore, che si avvale dell’editore per le attività di divulgazione, promozione e valorizzazione economica dell’opera. Nel caso di compresenza di due o più autori, è del tutto naturale che più editori cooperino per il bene dell’opera. Perché - è giusto ricordarlo - il bene dell’opera è anche il bene dell’autore”. “Quando più editori siglano (cosiddetti) contratti di co-edizione, i contraenti dovrebbero dividersi non solo le quote editoriali - i famosi ventiquattresimi – intese come proventi, ma anche l’esercizio dei diritti editoriali legati all’opera, ovvero gli oneri di svolgimento delle attività legate a essa, come - per esempio - la promozione in funzione di eventuali accordi di sincronizzazione”, prosegue Misitano.

Il malinteso con i produttori

“E’ sempre più frequente, tuttavia, che produttori fonografici chiedano, per pubblicare (la registrazione contenente) un’opera musicale, dei punti editoriali ad autori ed editori”, spiega il Segretario Generale di Emusa: “La richiesta, ovviamente, è finalizzata alla compartecipazione ai proventi generati dall’opera contenuta nella registrazione. Pratica, questa, che non mi sembra affatto salutare, perché il fonografico - in virtù della sua attività - non ha alcun diritto di partecipare ai proventi editoriali. E’ come se un editore pretendesse una quota sui diritti fonografici, o un organizzatore di eventi dal vivo una porzione di edizioni. Si verrebbe a creare una messe di partecipazioni, fenomeno che mi lascia francamente perplesso”.

Le ragioni del fenomeno

Si potrebbe pensare che tali richieste possano essere considerate una sorta di assicurazione per il rientro dell'investimento. “Ma sarebbe sbagliato”, commenta Misitano: “‘Prendere punti di edizioni’ implica la cessione delle quote da parte dell’editore, scelta non reversibile che si estende per tutta la durata del diritto [in vigore per tutta la vita dell’autore e fino a 70 anni dopo la morte dell’ultimo autore dell’opera, in caso di opera co-firmata ndr]. Lo trovo francamente eccessivo, solo per prendersi il rischio di pubblicare un album”. Anche perché, osserva Misitano, ci sono altri modi per condividere rischi del genere, come, per esempio, i cosiddetti accordi di rientro editoriale, forme di contratti atipici in virtù dei quali un editore può trasferire una porzione dei proventi – ma non dei diritti - a una terza parte per un periodo di tempo limitato e magari solo per alcune modalità di utilizzazione (a titolo di esempio, solo per proventi derivanti dalla riproduzione fonomeccanica o dalla pubblica esecuzione)”.

Le dimensioni del fenomeno

L’assegnazione indebita di quote editoriali, tuttavia, è sempre più diffusa. E lo è - sottolinea Misitano - “perché sta iniziando a essere percepita come qualcosa di normale. Non saprei dare dei numeri precisi, ma chi opera in questo settore - il più delle volte - trascura di comprendere quanto una scelta del genere possa incidere sul futuro della propria carriera”. Spesso, infatti, è una visione in prospettiva che induce ad adottare una pratica non corretta. “Quando parlo con giovani autori, vedo che la cessione di quote editoriali viene data quasi per scontata. Io chiedo: sapete cosa vuol dire ‘edizione musicale’? Sapete cosa significa ‘protezione dell’opera’? Significa che per tutta la vostra vita, e per i 70 anni che seguiranno la vostra morte, voi e i vostri eredi potrete beneficiare dei proventi generati dall’opera. E’ questo che state cedendo, una porzione rilevante dei vostri proventi. E, in quel momento, dal cambiamento della loro espressione capisco sempre che il concetto è passato”.

L’altra parte della barricata

“C’è una cosa che vorrei fosse chiara”, tiene a precisare Misitano: “L’ultima cosa che voglio è demonizzare una categoria. La quasi totalità dei produttori che conosco sono ottime persone, bravissimi professionisti con piena coscienza della natura della loro attività”. Allora perché questa deriva ha preso piede così velocemente? “Per comodità”, spiega Misitano: “Chi sa cosa sono e come funzionano le quote editoriali, sa bene che sono una rendita pluridecennale praticamente assicurata. Ecco perché, specie nel caso di artisti emergenti o al debutto, chiedere punti sulle edizioni è diventata una consuetudine…”.

Dai ventiquattresimi ai centesimi

Il termine carato - dall’arabo qīrāṭ, “ventiquattresima parte” - viene utilizzato, in metallurgia e in oreficeria, come unità di misura della massa (come, per esempio, nel caso di gemme e diamanti) o indicatore di purezza (come nel caso dell’oro). Nel diritto marittimo, in ventiquattresimi sono divise le quote di un natante in caso di comproprietà tra diversi armatori. “Storicamente, i ventiquattresimi sono legati ai beni preziosi”, osserva Misitano riferendosi a una svolta storica, ovvero il passaggio - nel conteggio delle quote editoriali da parte di SIAE - alla suddivisione in centesimi. “Se, da una parte, si è persa la connotazione ‘romantica’ della suddivisione, dall’altra una scelta del genere era inevitabile”, commenta il Segretario Generale di Emusa: “Un po’ per armonizzare la modalità di ripartizione a quelle delle altre collecting internazionali, un po’ per il progressivo aumento degli autori firmatari di un’opera: prima, quando ce n’erano tre, sembravano già tanti. Adesso non è raro trovare canzoni firmate da sette, otto o nove autori diversi”. Un cambiamento, quindi, imposto dal progresso. “E che potrebbe aggravare ulteriormente il fenomeno di frammentazione”, conclude Misitano: “Il punto, però, è un altro. Va benissimo la suddivisione in centesimi, ma non dobbiamo dimenticarci dei ventiquattresimi. Farlo significherebbe dimenticare quanto un’opera musicale sia un bene prezioso”.