Salvo capovolgimenti di fronte dell’ultima ora, sarà dunque il fondo finanziario europeo Terra Firma il nuovo “padrone” della EMI (vedi News). Il gruppo capeggiato da Guy Hands ha deliberato l'investimento di ingenti risorse nell'affare: la sua offerta da 3,2 miliardi di sterline (circa 4,7 miliardi di euro, vedi News) è la più alta in cinque anni di partecipazioni azionarie che avevano superato finora i 7 miliardi di euro; il suo obiettivo istituzionale, spiegano i suoi portavoce, è l’investimento in società “dotate di forti asset patrimoniali che sono spesso state trascurate, non adeguatamente gestite o poco sostenute finanziariamente dai loro proprietari”: un profilo che sembra calzare a pennello agli ultimi anni di vicissitudini vissute dalla major britannica. <br> I dati finanziari diffusi da quest’ultima praticamente in simultanea all’accettazione dell’offerta di Terra Firma indicano una pesante flessione, - 15,8 % (- 12,1 % a moneta costante) nel fatturato complessivo per i dodici mesi chiusi al 31 marzo 2007; a fronte di introiti pari a 1,75 miliardi di sterline, i profitti al lordo delle tasse sono crollati di oltre il 60 %. Il calo riguarda soprattutto la divisione discografica tradizionale, mentre le edizioni musicali EMI Music Publishing incassano un calo dello 0,9 % a moneta costante e le vendite di musica digitale crescono del 46,5 % rappresentando oggi il 9,4 % del giro d’affari complessivo. Eric Nicoli, amministratore delegato della casa discografica, ha ribadito che è sua intenzione ridistribuire le risorse focalizzandole nelle aree (digitale, partnership con altri operatori) che assicurano ritorni di investimento maggiori e più sicuri. Ma a questo punto bisognerà capire che ne pensano i suoi nuovi referenti, e soprattutto se questi, una volta insediatisi, decideranno di riconfermarlo in carica.